Biografie della Resistenza
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Dino Saccenti Nato a Prato nel 1901. Operaio, aderì sul finire degli anni "venti" al movimento comunista. Nel 1935 espatriò in Francia e, l'anno dopo, passò in Spagna nelle file delle Brigate internazionali. Arrestato dalla polizia francese nel 1940, venne consegnato alle autorità italiane che lo confinarono a Ventotene. Dopo l'armistizio prese parte alla lotta partigiana in Toscana. Sindaco di Prato e deputato alla Costituente. Dal 1948 al 1958 ha fatto parte della Camera dei deputati.
Fernando Santi nacque, il 13
novembre del 1902 alle porte di Parma, a Golese, un paese di braccianti stagionali, di
carrettieri e di pochi ferrovieri. Nel 1917, a quindici anni, aderisce al partito
socialista, iscrivendosi alla sezione degli "adulti" perché i giovani sono
quasi tutti al fronte. A guerra finita, viene eletto segretario della Federazione
Giovanile parmense e membro del Comitato centrale nazionale. Diventa anche vicesegretario
della Camera del Lavoro a fianco di Alberto Simonini, collabora attivamente all'organo
locale dei socialisti, L'Idea. (sintesi della biografia a cura di Gaetano Arfè)
Giuseppe Saragat Nasce il 19 settembre 1898 a
Torino da una famiglia di origine sarda e ben presto aderisce al neonato partito
socialista. Fin dalla gioventù è su posizioni riformiste, la stessa corrente dei padri
storici del socialismo nazionale come Filippo Turati, Claudio Treves, Andrea Modigliani,
Camillo Prampolini e Ludovico DAragona. (a cura di Luca Molinari, dal sito www.ossimoro.it)
Pietro Secchia Nato ad Occhieppo Superiore (Biella) nel dicembre del 1903. Già
segretario del Fgci di Biella, dopo la fondazione del PcdI, nel 1924 rappresenta i giovani
comunisti al quinto congresso dell'Internazionale Comunista a Mosca e nel 1926 è già
membro del C.C. del partito. In questo periodo ha già conosciuto il carcere tre volte.
Arrestato dall'Ovra nel 1931, fu condannato a 17 anni di carcere dal Tribunale speciale, e
poi al confino a Ponza e Ventotene.
Emilio Sereni Storico, scienziato. Nasce il 13 agosto 1907 a Roma da una
famiglia ebrea; il padre Samuele è medico della Real Casa (ma è anche il "dottore
dei poveri" fra gli artigiani e gli operai romani). Emilio - Mimmo, come lo chiamano
in casa - è il più piccolo di quattro figli. E una famiglia intellettuale; la
madre, Alfonsa, appartiene ai Pontecorvo di Pisa; nella cerchia di casa, figure come
Eugenio Colorni (ucciso dai tedeschi a Roma nel 1944), Tullio Ascarelli, Nello e Carlo
Rosselli, Eugenio Artom, Max Ascoli, Ermanno Cammarata, Pietro Grifone, Manlio Rossi
Doria. Una famiglia di colti ebrei osservanti e antifascisti. Ben presto Sereni trova la
sua strada. In pochissimo tempo, con uno studio intensissimo, si impadronisce delle
dottrine economiche, dei problemi sociali e politici, della storia dei partiti antichi e
moderni, leggendo una quantità enorme di libri e con un completo esame delle opere di
Marx e di Engels. Allo stesso tempo si impegna in una basilare, completa preparazione
scientifica. In ciò aiutato dalla perfetta conoscenza di una infinità di lingue antiche
e moderne; Mimmo è un "mostro": oltre il tedesco, linglese, il francese,
il russo, conosce benissimo il greco, il latino, lebraico, impara varie lingue slave
e anche alcune antiche, comprese quelle espresse in scritture cuneiforme, come
laccadico, il sumero, littita. E negli anni del carcere si impegnerà a
studiare il giapponese. Nota anche la sua passione di bibliofilo. Quando nel 1927 si
laurea a Portici in agronomia, è già da un anno iscritto al Partito comunista
dItalia, e inizia unopera di proselitismo tra il proletariato di Napoli. E
nella città partenopea frequenta gli ambienti culturali che gravitano intorno a Giustino
Fortunato e Benedetto Croce, conosce Giorgio Amendola. E qui che si precisa il suo
interesse per la questione meridionale e lo studio dellagricoltura. Nel 30 è
a Parigi in contatto con il centro esterno del Partito Comunista; nel settembre dello
stesso anno è arrestato: "per ricostituzione del disciolto partito comunista,
appartenenza al medesimo e propaganda", il Tribunale speciale lo condanna a venti
anni, ridotti poi a 15 per il cumulo delle pene. Comincia il duro peregrinare da un
carcere allaltro, è a Poggioreale, Regina Coeli, Lucca, Viterbo, Civitavecchia.
Liberato per amnistia nel 35, chiamato a far parte del Centro estero del PdcI,
espatria clandestinamente raggiungendo Parigi; qui è responsabile del lavoro culturale e
redattore capo di "Stato operaio" e "La Voce degli italiani". Ed è
nella capitale francese che lo coglie lo scoppio della seconda guerra mondiale: assume
lincarico di organizzare lattività politica fra gli emigrati. E lui
lestensore del documento di Tolosa del settembre 1941, che è in pratica latto
di nascita di quel comitato dazione di cui fanno parte, oltre Sereni e Dozza per il
Pci, Nenni e Saragat per il Psi, Silvio Trentin e Fausto Nitti per Giustizia e libertà.
Continua a studiare - è di questi anni La questione agraria e la rinascita nazionale -;
ma intanto è in azione prima a Tolone e poi a Nizza per organizzare il lavoro di
propaganda tra le truppe italiane di occupazione. Fonda il giornale La Parola del soldato,
ma non sta certo seduto alla scrivania. Nominato commissario politico dei Franc tireurs et
partisans delle Alpi Marittime compie azioni di sabotaggio, attentati, colpi di mano. Nel
giugno del 43 è arrestato; il tribunale straordinario di guerra della IV armata
italiana lo processa e lo condanna a 18 anni di carcere per "associazione sovversiva,
emigrazione, istigazione di militari, documenti falsi". Dopo falliti tentativi di
evasione dal carcere di Fossano, resta rinchiuso per sette mesi nel braccio della morte
alle Nuove di Torino. Solo nellagosto 1944 riesce a fuggire e si stabilisce a
Milano, dove il partito gli assegna lincarico di dirigere lufficio di
agitazione e propaganda. E nella lotta di resistenza, con Longo rappresenta il Pci
nel Cln ed è membro del comando generale delle brigate Garibaldi; nellaprile
45 è tra i dirigenti dellinsurrezione al Nord. Al V° congresso del Pci (29
dicembre 1945) è eletto membro del Comitato centrale e della Direzione (della quale
continuerà a fare parte fino al 1975). Due volte ministro, senatore, membro
dellesecutivo mondiale dei Partigiani della pace, presidente dellAlleanza
nazionale dei contadini, direttore di "Critica marxista": anche la sua
attività, come la sua capacità di studio, è eccezionale, instancabile. Comunista
ortodosso, nel drammatico 56, al tempo dellUngheria, si schierò dalla parte
dellUrss. Tra le sue opere principali Il capitalismo nelle campagne, Il Mezzogiorno
allopposizione, La questione agraria nella rinascita nazionale italiana, La
rivoluzione italiana; ma i suoi scritti sono innumerevoli. Quando il 20 marzo 1977 muore,
il suo archivio - diventerà il "Fondo Emilio Sereni" - conta oltre duemila
buste, ci sono 63.000 pezzi e 1.843 voci, dalle questioni agrarie al Mezzogiorno,
dallarcheologia e dallantichità alla storia economica e sociale. Non solo una
cultura di stampo umanistico, nei suoi interessi cè posto per matematica, fisica,
cibernetica, linguistica; anche per la " cultura materiale", il folclore, i
canti popolari, i miti, i costumi, la storia dellalimentazione. La bibliografia
curata da Giuseppe Prestipino elenca ben 1.071 scritti, il primo dei quali risale al
1930. (sintesi della biografia di Claudio Grassi)
Simone Simoni Generale di divisione, di 63 anni. Nato a Patrica (Frosinone) il 24 dicembre 1880 da Antonio e da Rosa. Sposato con Mercedes Biscossi, aveva quattro figli (Gastone, Piera, MariaPia, Vera). Ufficiale di carriera, prestò servizio per 35 anni nell'esercito, partecipando a tutte le campagne militari italiane dalla Libia in poi, conseguendo numerose decorazioni e scalando tutti i gradini della scala gerarchica, fino al grado di generale. Durante la Prima Guerra Mondiale, si distinse alla battaglia di Caporetto, dove riuscì a tenere testa per due giorni all'avanzata nemica, al comando di un piccolo gruppo di uomini. In quelloccasione fu catturato dai tedeschi e relegato in un campo di prigionia in Germania per due anni. Nel '32 fu collocato nella riserva per un'infermità dovuta a una ferita riportata in guerra. Grande invalido di guerra, l'8 settembre del '43 fu fra i più convinti sostenitori della necessità di difendere la capitale dai tedeschi, e per questo motivo subì un attentato da parte dei fascisti. Entrato a far parte del Fronte militare clandestino di Montezemolo, fece del proprio ufficio e della propria casa centri di azione cospirativa ai quali facevano capo, oltre ai generali Fenulli e Cadorna, numerosi ufficiali dell'esercito e uomini politici quali Lussu, Bonomi e Siglienti. Nascose ed aiutò ufficiali e soldati e svolse numerose missioni. Arrestato dalle SS il 22 gennaio del '44, nella sua abitazione, fu rinchiuso nel carcere di via Tasso, nella cella n. 12. Torturato più volte, per estorcergli una confessione fu anche condotto davanti al plotone d'esecuzione. Senza risultato. Fu fucilato il 24 marzo alle Fosse Ardeatine. Medaglia d'oro al valor militare.
Alessandro Sinigaglia Nato a Fiesole (Firenze) nel 1900 e morto nel 1944. Operaio, aderì nel 1926 al movimento comunista. Nel 1930 espatriò in Francia dove frequentò una scuola di partito. Dopo aver partecipato alla guerra civile spagnola come ufficiale delle Brigate internazionali, nel 1940 venne arrestato dalla polizia francese che lo consegnò alle autorità italiane. Confinato a Ventotene venne liberato nell'agosto 1943. Comandante delle formazioni gappiste a Firenze, venne ucciso il 13 febbraio 1944.
Edgardo Sogno Rata del Vallino Nato a Torino il 29 dicembre del 1915 da famiglia nobile (era conte). Conseguita la maturità nel 1933, frequentò la Scuola Allievi Ufficiali di Pinerolo e fu nominato sottotenente nel Reggimento "Nizza Cavalleria". Dopo la laurea in giurisprudenza e il concorso diplomatico partecipò alla guerra di Spagna come volontario sul fronte nazionalista e franchista (agosto 1938). Successivamente conseguì altre due lauree, si trasferì a Roma ed entrò (1940) al Ministero degli Esteri. Nella capitale frequentò gli ambienti dell'antifascismo clandestino, i circoli liberali vicini a Croce e conobbe Giaime Pintor. Nel 1942, richiamato alle armi, venne destinato alle forze di occupazione e difesa costiera in Francia. Nel maggio del 1943 fu arrestato per alto tradimento, essendosi espresso pubblicamente a favore della vittoria alleata. Monarchico, dopo l'8 settembre prese parte alla Resistenza armata dapprima come rappresentante del partito liberale nel comitato militare piemontese, poi alla guida dei partigiani bianchi dell'Organizzazione Franchi da lui stesso creata in accordo con la Special Force britannica e infine come membro del comando militare generale del CLNAI in rappresentanza del Partito Liberale. Gli inglesi erano i suoi referenti immediati, attraverso Radio Londra; la sua formazione armata venne aiutata con numerosi e ricchi lanci di armi e materiali. Coraggioso fino al limite estremo dellincoscienza, si cimentò anche in imprese impossibili, come la liberazione di Ferruccio Parri a Milano. Con Parri, Pajetta e Pizzoni costituì la delegazione del CLNAI che concluse con il comando alleato gli accordi di Roma per la collaborazione politico militare (novembre 1944). Per il suo valore, venne insignito della medaglia d'oro al valor militare. Dopo la fine della guerra fondò e diresse (1945-46) il quotidiano milanese "Corriere Lombardo", la rivista "Costume" e fu eletto membro della Consulta Nazionale in rappresentanza del partito liberale. In occasione del referendum istituzionale partecipò attivamente alla campagna elettorale in favore della monarchia, presentando poi uno dei ricorsi alla Cassazione contro l'esito del voto. Dal 1946 al 1954 fu in servizio diplomatico a Buenos Aires, a Parigi, a Londra (membro italiano del "Planning and Coordination Group" della Nato) e nuovamente a Parigi, al Nato Defense College. Figura controversa, nel 1953 simpegnò a organizzare la sezione italiana del movimento anticomunista transnazionale Paix et Liberté. Successivamente passò alcuni anni fuori dallItalia come diplomatico in Usa e in Birmania. Rientrato in Italia fondò nel 1971 i Comitati di Resistenza Democratica in funzione anticomunista. Nel 1974, a Torino, il giudice istruttore Luciano Violante aprì uninchiesta su un presunto tentativo di «golpe bianco» compiuto da Sogno e da Randolfo Pacciardi che lo fece finire in carcere per un mese e mezzo; ma nel 1978 il giudice istruttore dichiarò di non doversi procedere. Nel '96 fu candidato nel collegio senatoriale di Cuneo per il Polo, nelle file di Alleanza Nazionale, ma non fu eletto. E' morto a Torino il 5 agosto del 2000.
Nacque a Roma il 31 agosto 1907. Nel 1924, diciassettenne, aderì al partito comunista e divenne segretario interregionale della gioventù comunista nel centro Italia, per poi, dopo aver subito una condanna al confino di polizia nel 1926 - subito dopo l'entrata in vigore delle leggi speciali - passare in clandestinità e trasferirsi nel Nord Italia. Il 3 giugno 1927, non ancora ventenne, veniva arrestato a Milano e tradotto a Roma per essere processato dal Tribunale speciale e viene condannato a 16 anni e 8 mesi di carcere. Dopo un primo periodo, di circa un anno, trascorso a Regina Coeli a Roma in attesa di processo e in attesa di trasferimento, Spinelli viene imprigionato a Lucca, dove resterà quasi 3 anni, e da dove verrà trasferito a Viterbo, per poi essere definitivamente incarcerato a Civitavecchia nel 1932 insieme a molti altri fra i massimi esponenti dell'antifascismo. Nel carcere di Civitavecchia, inoltre, ha occasione di conoscere ed entrare in rapporti di stretta amicizia, nonché di discutere tesi di matrice culturale diversa, con alcuni fra i principali esponenti dell'antifascismo, fra cui Umberto Terracini e Leo Valiani. Pur godendo di due amnistie decise dal regime in occasione del decennale della Marcia su Roma e in occasione di un matrimonio in casa Savoia, rispettivamente di cinque e due anni, il 28 gennaio del 1937, scontato il periodo di carcerazione, Spinelli, anziché venire liberato, subisce un'ulteriore, arbitraria condanna a cinque anni di confino, che poi diventeranno più di sei, e viene tradotto prima a Ponza e poi alla destinazione definitiva di Ventotene. Anche in questo caso la decisione del Tribunale speciale venne motivata con l'essere Spinelli uno dei capi riconosciuti del partito comunista (da cui era stato espulso, ironia della sorte, nel 1937 poco dopo l'arrivo al confino di Ponza per dissensi sulla valutazione dell'opera e della figura di Stalin). Gli anni del confino sono gli anni fondamentali della svolta politica di Altiero Spinelli; a Ventotene fa gli incontri fondamentali della sua vita: Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann (sorella del futuro Premio Nobel per l'economia Otto Albert Hirschmann e futura moglie di Spinelli). Nel corso della permanenza sull'isola ha modo di discutere approfonditamente e "liberamente" con svariati intellettuali e uomini politici delle più disparate matrici culturali ed ha l'intuizione che porterà alla redazione del "Manifesto per un'Europa Libera e Unita" (meglio noto come "Manifesto di Ventotene"). Il Manifesto presenta alcune concezioni politiche nuove, ovvero che la battaglia per la federazione europea è una battaglia da fare subito e che questa azione avrebbe creato un nuovo spartiacque fra le correnti politiche. Ma dal Manifesto si traggono anche due importantissime indicazioni strategiche, ovvero che è necessario creare un Movimento Federalista Europeo e che, basandosi sulla intuizione che anche in altri paesi europei dovessero esserci persone che erano giunte a simili conclusioni, questa esperienza organizzativa avrebbe dovuto essere estesa su scala sovranazionale. Finalmente, dopo le dimissioni di Mussolini da capo del Governo, il 4 agosto 1943 Spinelli viene liberato e torna a Roma, da dove, quasi immediatamente, si reca a Milano. Qui, il 27 e 28 agosto 1943, nel corso di una riunione in casa di Mario Rollier, fonda il Movimento Federalista Europeo, insieme a Ernesto Rossi e vari altri esponenti, tra cui Manlio Rossi Doria, Leone Ginsburg, Vittorio Foa. Dopo pochissimi giorni e dopo aver scritto alcuni documenti da diffondere attraverso i canali clandestini nel circuito della Resistenza, Spinelli, insieme a Ursula Hirschmann raggiunge Ernesto Rossi e altri in Svizzera dove pone le basi per la battaglia federalista sovranazionale. Dalla Svizzera mantiene le fila del Movimento in Italia, scrivendo numerosi saggi e collaborando alla diffusione di materiale antifascista negli altri paesi. Riattiva, inoltre, vecchi contatti, fra cui quello con il già citato Leo Valiani e ha l'opportunità di conoscere altri antifascisti esuli, fra cui Adriano Olivetti. Dalla Svizzera Spinelli e altri importanti esuli intrattengono costanti rapporti epistolari con il Comitato di Liberazione Nazionale e coordinano la pubblicazione di numerose riviste, documenti, libri. Su iniziativa di Ernesto Rossi, Luigi Einaudi viene coinvolto nell'attività del MFE. L'azione internazionale svolta dagli estensori del Manifesto di Ventotene, pur con le oggettive difficoltà del periodo storico, comincia a dare i suoi primi frutti e in Francia, nel 1944, nasce il CFFE (Comitato Francese per la Federazione Europea). L'organizzazione francese, nei documenti costitutivi, sposa integralmente le tesi che Spinelli andava quotidianamente elaborando, fra cui quella di lottare perché la federazione europea fosse la condizione prima del ritorno del continente alla democrazia. Dopo aver constatato il successo dell'iniziativa sovranazionale, Spinelli decide di rientrare in Italia e partecipa attivamente alla Resistenza dal settembre 1944 al gennaio 1945, aderendo al Partito d'Azione, della cui attività fu uno degli ispiratori e per il quale scrisse il "Progetto di Piano di Lavoro", fino a quando, anche su pressione di altri importanti esponenti politici, decide di varcare clandestinamente la frontiera italiana per recarsi a Parigi, dove, insieme ad altri esponenti della Resistenza europea fonda il Comitato Internazionale per la Federazione Europea. Nel 1946 Spinelli e Rossi escono dal Movimento Federalista Europeo, ritenendo ormai assai improbabile la realizzazione del loro progetto di Europa libera e federata. Era infatti il periodo di spartizione fra le grandi potenze del controllo territoriale del Vecchio Continente. L'abbandono di Spinelli non è però definitivo; infatti nel corso della sua storia più volte rientrerà nel Movimento per poi abbandonarlo nel momento in cui riteneva che fosse più produttiva una lotta sviluppata con altri mezzi. Agli inizi degli anni cinquanta, l'azione di Spinelli e del Movimento federalista Europeo sul governo italiano si rivela decisiva per fare della costituente europea la questione centrale nelle trattative intergovernative per la creazione della Comunità Europea di difesa (CED). E' grazie a questa azione che l' Assemblea ad hoc (l'assemblea allargata della CECA) viene incaricata di elaborare lo statuto della Comunità politica europea, cioè dell'organismo politico incaricato di controllare l'esercito europeo. L'Assemblea assolve al suo mandato elaborando un testo di costituzione, ma la sua opera viene vanificata dalla mancata ratifica della CED da parte della Francia (1954). Nonostante questa sconfitta, fra il 1954 e il 1960 Spinelli e il MFE rilanciano la lotta federalista impegnandosi per mobilitare l'europeismo ormai diffuso in una protesta popolare crescente - azione del Congresso del Popolo europeo - diretta contro la legittimità stessa degli stati nazionali. Dopo aver abbandonato il Movimento Federalista Europeo negli anni sessanta, nel 1970 viene nominato membro della Commissione esecutiva della CEE. Dal 1976 al 1986 è membro del Parlamento europeo, divenendo nel 1984 presidente della Commissione istituzionale. E' nel Parlamento europeo che Spinelli, per la seconda volta, ha l'opportunità di avviare un'azione di tipo costituzionale, promuovendo all'interno del Parlamento europeo, ormai eletto direttamente, l'elaborazione di un Progetto di Trattato di Unione europea (approvato a larghissima maggioranza il 14 febbraio 1984). Questa iniziativa viene frenata e insabbiata dai governi nazionali, che nel 1985 varano il meno ambizioso Atto Unico europeo. Essa segna tuttavia l'ingresso sulla scena europea del Parlamento europeo come nuovo soggetto politico nel processo di democratizzazione delle istituzioni comunitarie. Muore a Roma il 23 maggio 1986. (biografia e bibliografia a cura di Alberto Soave; le notizie finali sono tratte dal sito della Gioventù Federalista Europea)
Gianluca Spinola Nato a Roma il 23 dicembre 1919, dal marchese Luigi e dalla contessa Luisa Elia, apparteneva al ramo romano degli Spinola, una antica ed illustre casata nobiliare di origine genovese e dal lato materno agli Elia, nobile e facoltosa famiglia piemontese. Compiuti gli studi liceali fu arruolato nell'Arma di Cavalleria, prima alla scuola di Pinerolo e poi nel Reggimento Guide, a Parma, con il grado di tenente. Di carattere forte e generoso aborriva la mollezza e l'opportunismo e nella tragedia della guerra scelse sempre di essere in prima linea, al pari del più umile soldato. Impaziente di andare al fronte fece domanda per essere mandato in Africa: fu arruolato negli Squadroni Spahis sulla frontiera tunisina e, dopo, combatté sul fronte cirenaico negli squadroni corazzati. Rimpatriato a seguito di una grave malattia, fu assegnato ai Reparti corazzati della scuola di Civitavecchia. La proclamazione dell'Armistizio lo colse nei pressi di Firenze. Lo sfacelo dell'esercito e l'invasione dell'Italia da parte delle forze armate tedesche provocarono in Gianluca una generosa reazione. Egli si sentì moralmente impegnato a non restare passivo e, come estremo sacrificio, a dare la sua giovane vita per "salvare l'onore della Patria". Con la sua autoblinda si diede a percorrere le strade della bassa Val di Sieve, tendendo imboscate ai tedeschi che transitavano per la via Aretina. Le sue azioni ben presto si resero largamente note e il suo nome era sulla bocca di molti.Data la vicinanza del teatro di guerra con l'abitazione ove si trovava sfollata la sua giovane sposa, per non esporla a temute rappresaglie nazifasciste, decise di trasferirsi presso Volterra, ad Ariano, nella villa che la famiglia Elia-Formigli vi possedeva fin dalla fine degli anni Trenta, e che era al centro della vastissima tenuta agricola Ariano-Casette, comprendente diciotto grandi poderi. Probabilmente lo accompagnò suo cugino Franco Stucchi Prinetti e lo raggiunsero, in date successive, due ex militari sardi, con i quali costituì, di fatto, una banda partigiana che seguitò a molestare e danneggiare il nemico, entrò in relazione coi componenti il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN) e vagò da un luogo all'altro, portando viveri, munizioni, materiale recuperato dai lanci alleati, per alimentare la Resistenza e la lotta anti-tedesca. Gianluca venne a conoscenza che la sua presenza nel volterrano era stata individuata dal nemico, ma, nonostante fosse diventato padre di una bambina che adorava, e che sapesse di un'altra gravidanza della moglie Maria Concetta Giuntini, non abbandonò, anzi intensificò la lotta, mettendosi in stretto contatto coi partigiani delle Brigate Garibaldi "Spartaco Lavagnini" e "Guido Boscaglia", operanti nella zona montuosa compresa tra Colle Val d'Elsa, Volterra e Pomarance, dedicandosi a pericolosi atti di sabotaggio ai ponti della strada statale N. 68, Volterra-Colle Val d'Elsa, ove transitavano ingenti truppe tedesche in ritirata. Alle ore 21 del 12 giugno 1944, insieme con altri partigiani della sua "banda": Vittorio Vargiu e Francesco Piredda, rispettivamente ex attendente ed ex sottufficiale dello Spinola, il cugino Franco Stucchi Prinetti, una guardia campestre della Tenuta di Ariano, Bruno Cappelletti e Basilio Aruffo, uscì dalla fattoria avviandosi con un camioncino sulla strada provinciale. Lattacco ad una colonna motorizzata tedesca causò ingenti perdite al nemico, ma quattro partigiani - tra cui Gianluca - furono intercettati, arrestati, torturati nel tetro carcere del "Mastio" di Volterra, poi portati in incognito a Castelnuovo di Val di Cecina e, il 14 giugno 1944, il fatale giorno della fucilazione dei 77 minatori di Niccioleta, fucilati e abbandonati irriconoscibili sul terreno.(biografia a cura di Carlo Groppi)
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