Biografie della Resistenza
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Franco Calamandrei Nato a Firenze il 21 settembre del 1917 da Piero. Si laureò in giurisprudenza all'Università fiorentina nel '39, ma i suoi interessi andavano alla letteratura. Dopo aver collaborato a Firenze con varie riviste letterarie ("Rivoluzione", "Campo di Marte"), si trasferì a Roma. Nel '43 si iscrisse al PCI. Partecipò alla Resistenza romana come vice-comandante dei Gap, con il nome "Cola". Fu a capo della formazione che organizzò l'azione di via Rasella, del 23 marzo del '44. Fu anche protagonista di una rocambolesca fuga dalla pensione Jaccarino, in via Romagna, adibita a carcere dai torturatori della banda Koch. Insignito di medaglia d'argento al valor militare, dopo la Liberazione lavorò a Milano al "Politecnico" di Elio Vittorini e a "l'Unità" come corrispondente da Londra (1950-53), inviato in Cina (1953-56) e nel Vietnam ('54). Nel '68 fu eletto al Senato e fu rieletto nelle legislature successive. È stato vice-presidente della commissione esteri, della Commissione d'inchiesta sulla P2 e della commissione del Consiglio d'Europa per i rapporti con i parlamenti nazionali, fino alla sua morte, nel settembre del 1982.
Carla Capponi Nata a Roma il 7 dicembre del 1918 da Giuseppe e da Maria Tamburri. Studentessa di
Legge, subito dopo la caduta del fascismo cominciò a collaborare attivamente con il Pci,
tramite Gioacchino Gesmundo. L'8 settembre del '43 a Porta San Paolo salvò un ufficiale
italiano ferito, intrappolato in un tank. Poi la sua casa borghese in piazza del Foro di
Traiano aveva iniziato ad ospitare le riunioni dei Gap, guidati da Antonello Trombadori,
Carlo Salinari e Franco Calamandrei. Di carattere estremamente deciso, Carla Capponi,
detta l«inglesina», aveva rifiutato però di essere confinata in un ruolo
sussidiario e nell'ottobre del '43 si era procurata da sola una pistola disarmando su un
autobus un milite della Gnr (i suoi compagni dei Gap gliela negavano, perché preferivano
riservare alle donne funzioni di appoggio). Entrò poi a far parte del Gap comandato da
Carlo Salinari, insieme al fidanzato Rosario Bentivegna (poi diventato suo marito), con il
nome di battaglia di "Elena". Partecipò a varie azioni contro i tedeschi, tra
cui l'attacco alle carceri di Regina Coeli. Da sola fece saltare in aria un automezzo
tedesco e attaccò postazioni tedesche. Il 23 marzo del 1944 fu tra gli organizzatori e
gli esecutori dellattacco di via Rasella contro un contingente dellesercito
tedesco. Fu anche vicecomandante di un'unità partigiana nei pressi di Roma, a
Palestrina e sui Monti Prenestini. Riconosciuta partigiana combattente con il grado di
capitano, è stata decorata di medaglia doro al valore militare per aver
partecipato, si legge tra laltro nella motivazione, "alle più eroiche imprese
nella caccia senza quartiere che il suo gruppo di avanguardia dava al nemico annidato
nella cerchia abitata della città di Roma". Più volte parlamentare del PCI, membro
della Commissione Giustizia nei primi anni settanta, consigliere comunale a Roma, ha fatto
parte fino all'ultimo del Comitato di presidenza dellANPI. Nel 96, per
iniziativa di un parente di un ragazzo rimasto ucciso in via Rasella, era finita sotto
inchiesta insieme a Rosario Bentivegna e a Pasquale Balzamo. Ma la Cassazione aveva chiuso
definitivamente la questione con un non luogo a procedere perché «il fatto non è
previsto dalla legge come reato».
Carlo Chiappa ("Abele") Nacque a Sedriano (Milano) il 20 agosto 1915 da Trezzi Giuseppina e Chiappa Domenico. Il padre morì quando aveva solo due anni e la madre, per mantenere lui e un altro fratello, fu costretta a sobbarcarsi doppi turni di lavoro in fabbrica. A undici anni Chiappa abbandonò la scuola per iniziare a lavorare come aiuto muratore, unoccupazione che svolse fino alla chiamata al servizio di leva che assolse a Piacenza, fra il 1936 e il 1937, presso il 4° Reggimento Artiglieria. Congedato trovò lavoro come manovale alla Isotta Fraschini. Nel maggio del 1940, con ladesione dellItalia alla seconda guerra mondiale, fu inviato al fronte francese, ma dopo solo quattro mesi venne congedato per motivi di salute. Nel dicembre dello stesso anno fu assunto alla Borletti di Milano e si iscrisse al Partito comunista. La difficile situazione economica delle masse fu alla base delle numerose agitazioni che esplosero nel corso del 1943. A maggio lo sciopero coinvolse anche la Borletti e Chiappa, incitando la sospensione del lavoro e sfidando le autorità della fabbrica, fu uno dei protagonisti della protesta; nei giorni della mobilitazione operaia riuscì a sfuggire allarresto solo grazie allaiuto delle donne del reparto. Seguirono due mesi da sbandato fino a quando, il 15 giugno, fu fermato dai Carabinieri e tradotto al carcere di San Vittore. Il 28 luglio, conseguentemente alla destituzione di Mussolini da parte del Re e alla formazione del Governo Badoglio, venne liberato e in settembre cominciò a lavorare per dare una prima organizzazione ai soldati sbandati che vagavano nelle campagne del sud ovest milanese. La sua azione fu particolarmente attiva anche in fabbrica: rientrato in novembre allo stabilimento Borletti di Vittuone, diede vita alla prima squadra di azione patriottica. Il salto di qualità però Chiappa lo compì nel successivo mese di giugno quando il Partito comunista, dopo che gli scioperi del mese di marzo avevano evidenziato la necessità di trasformare le agitazioni economiche in lotta di massa, gli affidò lincarico di organizzare lintero settore a ovest di Milano, zona che sarà denominata "blocco D". Su segnalazione del Partito, e grazie alle proprie amicizie, contattò numerose personalità e già in settembre risultarono costituite tre Brigate: la 168^, la 169^ e la 170^ che arrivarono a inquadrare allincirca 450 uomini e che opereranno dalle porte di Milano fino ad Abbiategrasso e Magenta. Le tre brigate costituiranno poi la Divisione Magenta e Chiappa ne diventerà il commissario politico. Nei giorni della liberazione, con i tedeschi e alcuni uomini della X Mas che in ritirata occuparono Abbiategrasso, sarà provvidenziale il suo intervento presso lappena nominato prefetto di Milano, Riccardo Lombardi, per scongiurare la possibilità di un bombardamento alleato sulla città. Alla fine della guerra si trasferì definitivamente ad Abbiategrasso e riprese il suo lavoro alla Borletti di Milano. A livello politico assumerà incarichi marginali: fra il 1948-1949 fu segretario di sezione del Pci e, contemporaneamente, responsabile stampa e propaganda fino al 1951. Più duraturo invece il suo impegno in fabbrica dove fece parte degli organismi di contrattazione e dove fu, fra 1962 e 1972 membro della Commissione Interna. Nel decennio precedente, fra il 1952 e il 1962, aveva rivestito il ruolo di responsabile di fabbrica del Partito comunista. E scomparso il 3 gennaio 1986. (a cura di Massimiliano Tenconi)
Riccardo Chiodini ("Corvo") Nacque a Ozzero (Milano) il 14 marzo 1922 da genitori che amministravano una media azienda agraria. Chiodini si diplomò in ragioneria e seguì poi la scuola per allievi ufficiali. Quando venne dato lannuncio dellarmistizio, non era ancora stato impiegato in linea. Alla fine di settembre riuscì a tornare ad Ozzero e lì continuò il lavoro presso lazienda di famiglia ignorando i richiami alle armi della Repubblica di Salò. Fra la fine del 1943 e linizio del 1944 decise di passare allazione diretta contro il fascismo. Con altri due individui costituì una pattuglia che, per via di come sono soprannominati gli abitanti del paese, si denominò "Corvi Rossi", e assunse il nome di battaglia di "Corvo". Fu un gruppo di azione ristretto che però, data la debolezza del movimento partigiano nellAbbiatense, per i vertici milanesi divenne un punto di riferimento importante. La pattuglia, che arriverà a contare una decina di elementi, agiva lungo i paesi del Naviglio compiendo azioni di sabotaggio, di propaganda, di disarmo e forniva supporto logistico ai gruppi della Valsesia. Nellautunno la pattuglia fu aggregata alla 169^ Brigata "Scrosati" e il compito di Chiodini fu quello di mantenere i vari contatti con i responsabili della provincia Milanese. Allinizio del 1945 fu nominato vice comandante della Divisione Magenta che raggruppava la 168^, la 169^ e la 170^ Brigata Garibaldi. Nei giorni della liberazione, dato il suo ruolo di vice comandate, fu attivissimo e il 26 aprile occupò direttamente con i suoi uomini il Comune di Vermezzo. Il 10 maggio successivo alla liberazione fu proclamato dal Cln sindaco di Ozzero: era il primo cittadino più giovane dItalia e rivestì tale carica ininterrottamente fino al 1995. (a cura di Massimiliano Tenconi)
Carlo Azeglio Ciampi Banchiere centrale e uomo politico, nato a Livorno il 9 dicembre 1920 da Pietro (l'ottico più noto della città) e Maria. Studia presso l'istituto dei gesuiti, San Francesco Saverio. Consegue la laurea in Lettere e il diploma della Scuola Normale di Pisa nel 1941. Antifascista, alla Normale rimane affascinato dal suo professore, il filosofo Guido Calogero. All'università conosce anche Franca, la futura moglie. Chiamato alle armi nel '41, è sottotenente dell'esercito in Albania. L'8 settembre 1943, si trova in permesso in Italia. Rifiuta di aderire alla Repubblica di Salò e si da' alla macchia, rifugiandosi a Scanno, in Abruzzo, col suo maestro Calogero, esponente di primo piano del pensiero liberalsocialista che andava saldandosi attorno al partito d'Azione. Dopo sei mesi tra i monti d'Abruzzo, riesce a passare le linee del fronte sulla Majella per arrivare a Bari e consegnare a Tommaso Fiore un manoscritto sul «catechismo liberalsocialista del Partito d'azione» datogli da Calogero e si arruola nelle file del rinato esercito italiano, iscrivendosi nel frattempo al PdA. Alle elezioni del 1946 gli azionisti prendono solo l'1,46 per cento dei voti. Comincia la diaspora. Da quella repubblicana di Ugo La Malfa e Adolfo Tino a quella di sinistra di Vittorio Foa e Riccardo Lombardi, Tristano Codignola. Il '46 è un anno importante per Ciampi: sposa Franca, consegue la laurea in Giurisprudenza presso l'Università di Pisa e, dopo aver vinto un concorso, entra come impiegato in Banca d'Italia, per rimanerci 47 anni, 14 da governatore. Nel 1946, si iscrive anche alla Cgil e ne conserva la tessera fino al 1980. Nell'ottobre 1979 è nominato Governatore della Banca d'Italia e presidente dell'Ufficio Italiano Cambi, funzioni che assolve fino al 28 aprile 1993. Il 26 aprile 1993, Ciampi viene nominato presidente del Consiglio e per la prima volta indica ministri pidiessini. L'assoluzione in Parlamento di Bettino Craxi porta però alle dimissioni dei prescelti. Dall'aprile 1993 al maggio 1994 presiede un governo chiamato a svolgere un compito di transizione. Durante la XIII legislatura è Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, nel governo Prodi (dall'aprile 1996 all'ottobre 1998) e nel governo D'Alema (dall'ottobre 1998 al maggio 1999), dando un contributo fondamentale all'entrata dell'Italia in Europa. Il 13 maggio del 1999 è eletto, in prima votazione, decimo Presidente della Repubblica Italiana con 707 voti di preferenza.
Eugenio Colorni Filosofo e docente. Nasce a Milano nel 1909 da famiglia ebraica mantovana. Dopo gli studi al Liceo-Ginnasio "Manzoni" di Milano, nel 1926 si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Milano, dove segue le lezioni di G.A.Borgese e di P. Martinetti, con cui si laurea nel 1930 con una tesi su Leibniz. Dopo un giovanile entusiasmo per il sionismo, aderisce all'antifascismo militante, collaborando con "Giustizia e libertà". Dopo gli arresti del 1935, prende contatto con il Centro interno socialista, di cui diviene uno dei maggiori responsabili. Arrestato nel 1938, è confinato a Ventotene, dove stringe amicizia con Altiero Spinelli e Ernesto Rossi e aderisce alle idee federalistiche. Partecipa alla stesura del Manifesto europeista di Ventotene, nell'agosto del 1941. Il manifesto è diffuso grazie a Colorni che trasferito da Ventotene a Melfi di Puglia, nel maggio del '43 riesce a fuggire, dandosi alla vita clandestina. Il 27 agosto del 1943 a Milano, in casa di un grande scienziato, Alberto Mario Rollier, Colorni insieme a Spinelli è tra i fondatori del Movimento Federalista Europeo, che si propone di diffondere le idee contenute nel Manifesto. Rientrato a Roma, riprende il lavoro politico collegandosi al ricostituito Partito Socialista di Unità Proletaria. Dopo l'8 settembre è capo redattore dell'Avanti! e organizzatore del centro militare del partito. Ferito da una pattuglia della Banda Koch il 28 maggio 1944, muore due giorni dopo all'Ospedale San Giovanni di Roma, all'età di 35 anni.
Don Virginio Colzani Nacque a Giussano (Milano) il 10 giugno 1920. Apparteneva a una famiglia numerosa, assieme a lui ci sono altri 10 fratelli, che subì la violenza e le minacce fasciste; il padre, apertamente socialista, fu costretto allesilio. Venne nominato sacerdote a Milano nel giugno del 1944 e fu destinato come coadiutore alloratorio di Ponte Vecchio di Magenta. Qui fu subito contattato da un membro del Cln milanese e aderì, come dichiarerà egli stesso, "nei limiti del possibile ma con entusiasmo" alla Resistenza. Inizialmente gli fu affidato il compito di portare informazioni e denaro ad altre formazioni partigiane, in modo particolare a quelle dislocate in Valsesia e in Val dOssola. Successivamente venne inserito attivamente nella zona del Magentino dove collaborò, senza alcun problema, con il locale comandante comunista Anselmo Arioli. Il suo oratorio, come altri della zona, divenne il punto di riferimento di un nucleo di circa trenta partigiani. Don Virginio fu nominato comandante del distaccamento di Ponte Vecchio della 168^ Garibaldi e assunse anche lincarico di cappellano della Brigata cattolica Colombini, costituitasi nel marzo del 1944 e collegata ai nuclei resistenziali cattolici dellAlto Milanese. In seguito fu aggregato alla Divisione cattolica "Alfredo Di Dio" che operava prevalentemente nella zona di Busto Arsizio. Ciò nonostante continuò a collaborare attivamente con la 168^ distribuendo ordini, informazioni, denaro e assumendo la responsabilità del centro raccolta armi. Un lavoro intenso che lo espose a mille pericoli: la sua abitazione fu perquisita più volte, causa del furto di una pistola fu picchiato duramente da un ufficiale nazista, venne arrestato in due circostanze e in altrettante occasioni rischiò la fucilazione, infine fu ferito dallo scoppio di una bomba tedesca. Alla fine della guerra gli sono stati conferiti il diploma di "Combattante di distaccamento" e di "partigiano ferito" , mentre per il valore militare mostrato ricevette la "Croce al Merito". (a cura di Massimiliano Tenconi)
Alessandro
Coppi
Alfeo Corassori
Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo Colonnello di Stato Maggiore, di 42 anni. Nato a Roma il 26 maggio 1901 da Demetrio e da Luisa Dezza. Sposato con Amalia Dematteis, aveva cinque figli (Manfredi, Andrea, Lydia, Isolda e Adriana). Ufficiale degli alpini nella guerra 15-18, al termine del conflitto entrò nel Genio militare. Si laureò in ingegneria civile nel '23. Volontario nel '37 in Spagna, fu promosso tenente colonnello per merito di guerra. Nel '40 fu chiamato al Comando Supremo e assegnato allo Stato Maggiore generale. Nominato colonnello, nel 42 assunse le funzioni di capo scacchiere in Africa. Dopo l'arresto di Mussolini, il capo del governo Badoglio lo chiamò allo Stato Maggiore dell'esercito. L'8 settembre il generale Calvi di Bergolo gli conferì l'incarico di capo dell'Ufficio Affari Civili del comando di Roma Città Aperta. Il 23 settembre, quando i tedeschi circondarono il ministero della Guerra per arrestare Calvi e i suoi collaboratori, sfuggì allarresto ed entrò in clandestinità. Fedele al re e alla monarchia, divenne l'animatore e il capo del Fronte militare clandestino, sotto il falso nome di ingegnere Giacomo Cataratto (che poi cambiò in professor Giuseppe Martini). In breve tempo mise su numerose bande militari e un servizio informazioni efficientissimo, con diramazioni nel centro e nel nord del Paese. Collegato via radio con il legittimo governo del Sud, teneva per suo conto i collegamenti con il Cln e forniva notizie importantissime al Comando Alleato. Considerato da Kappler il suo più temibile nemico, fu catturato dai tedeschi il 25 gennaio del 44 insieme all'amico Filippo de Grenet, mentre usciva da una riunione con il generale Armellini. Fu rinchiuso in via Tasso per cinquantotto giorni; più volte torturato, non rivelò i nomi dei compagni. Fu fucilato il 24 marzo alle Fosse Ardeatine. Prima che la scarica lo abbattesse, gridò "Viva lItalia!". Medaglia d'oro al valor militare.
Olinto Cremaschi Eugenio Curiel Nato a Trieste l'11 dicembre del 1912 da Giulio. A sedici anni, nell'ambiente liceale, maturò idee antifasciste. Conseguito il diploma, si iscrisse inizialmente alla facoltà di ingegneria all'Università di Firenze, ma passò poi al corso di fisica. Discepolo del noto fisico Bruno Rossi, lo seguì all'Università di Padova, dove si laureò nel '33 col massimo dei voti. Cultore di studi filosofici, strinse amicizia con l'intellettuale comunista Atto Braun, che gli fece leggere le opere di Marx. Insieme a Braun, a Guido Goldschimd e a Renato Mieli, costituirono una cellula comunista clandestina. Nel '34 il gruppo fondò un giornale universitario, "Il Bo", che trattava temi sindacali e fu diffuso in molte fabbriche d'Italia, mascherato come giornale fascista. Inviato a Parigi, prese contatto con i dirigenti del partito, e tornato in Italia elaborò un piano di infiltrazione all'interno delle organizzazioni di regime, diventando dirigente del settore culturale del GUF. Nel '38, però, in seguito alle leggi razziali, fu esonerato dall'insegnamento universitario. L'anno dopo, mentre cercava di passare clandestinamente in Francia, fu fermato dalla polizia francese e imprigionato in Svizzera. Rientrato a Trieste, il 23 giugno del '39 fu arrestato, detenuto per alcuni mesi nel carcere di San Vittore a Milano e infine condannato a cinque anni di confino a Ventotene. Lasciò l'isola solo il 21 agosto del '43, dopo la caduta del fascismo. Si recò prima in Veneto, per organizzare il movimento antifascista, e poi a Milano, dove adottò il nome di battaglia di "Giorgio", divenne uno dei dirigenti dell'"Unità" clandestina e della rivista "La nostra lotta" e il principale animatore del Fronte della Gioventù a livello nazionale, chiamando a partecipare alla Resistenza i giovani comunisti. Il 24 febbraio del '45, a Milano, una squadra di fascisti lo riconobbe per strada. Ferito da una prima scarica di mitra, si rialzò cercando rifugio in un portone. Fu raggiunto e finito a colpi di mitra. Medaglia d'oro alla memoria.
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