Biografie della Resistenza
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Giuseppe Macchi Nato a Varese il 9 marzo del 1921. Di famiglia operaia cresce
nell'ambiente dei socialisti come suo padre Achille, perseguitato
Pietro Malvestiti Nacque in provincia di Macerata, ad Apiro, il 26 giugno 1899 e fu il primo di dieci figli. Trasferitosi in Lombardia ottenne, in un collegio religioso, il diploma di ragioniere. Partecipò in qualità di ufficiale alla prima guerra mondiale e gli fu conferita la Croce al Merito. Subito dopo il conflitto trovò lavoro presso la Banca Popolare di Milano e frequentò un corso per propagandisti cattolici. Ne seguì un forte impegno nella propaganda religiosa che lo portò ad essere un costante oratore nelle Settimane sociali che si svolgevano nella diocesi Milanese. Non mancò inoltre di impegnarsi verso il movimento operaio e nei confronti dei reduci. Nel primo caso fu un sindacalista bianco, nel secondo venne invece nominato segretario provinciale dellUnione nazionale reduci di guerra. In questo ruolo, per via delle prudenti posizioni assunte dallassociazione verso il fascismo, entrò presto in contrasto con la dirigenza romana e fondò la Lega lombarda reduci di guerra che fu poi una delle prime associazioni sciolte dal regime. Contestò il fascismo fin dalle origini rifiutando la sua idea dellunità etica dello Stato, la creazione del sindacato unico, la concezione corporativa, non mancando di rimproverare quei cattolici che appoggiavano il regime nellintento di cristianizzarlo. Allinterno dellAzione Cattolica lavorò per la formazione del Movimento guelfo dazione che si costituì nel 1928. Subito dopo lo scontro del 31 fra Chiesa e fascismo, il Movimento guelfo intraprese una campagna in nome di "Cristo re" contro il regime ritenuto essere la negazione del cattolicesimo. Tali posizioni portarono lOvra a compiere numerosi fermi; lo stesso Malvestiti fu arrestato il 20 marzo del 1933 e dopo nove mesi di carcere condannato dal Tribunale speciale a cinque anni di reclusione. Scarcerato per via delle precarie condizioni di salute dovette impegnarsi a non svolgere attività politica per tutta la durata della condanna. Costretto a lavori saltuari presso diverse aziende, riallacciò cautamente i rapporti politici ed elaborò i "dieci punti" del movimento neoguelfo e il "programma di Milano", piattaforma essenziale per la nascita della Democrazia Cristiana. Fra il settembre e lottobre del 1944 fu ministro delle Finanze della Repubblica partigiana sorta in Val dOssola e dopo la sua caduta riparò in Svizzera, dalla quale fece ritorno nel 1945 come membro del Comitato nazionale di liberazione per lAlta Italia. Nel secondo dopoguerra è stato membro della Democrazia Cristiana e più volte deputato, assumendo anche incarichi di Governo. Fra il 1958 e il 1959 è stato vicepresidente della Commissione Cee e nel triennio 1960-1963 presidente dellAlta Autorità della Ceca. E morto a Milano il 5 novembre 1964. (a cura di Massimiliano Tenconi)
Giuseppe (Pino) Maras Nato nel marzo del 1922. Partecipò alla seconda guerra mondiale, con il grado di sottotenente dei bersaglieri. L'8 settembre del '43 si trovava di stanza a Zara. Reagì con le armi ai tedeschi che gli intimavano la resa, unendo i suoi uomini ad un reparto di carabinieri con il quale formò il battaglione "Garibaldi" che, insieme a un altro battaglione anch'esso composto da militari italiani, il "Matteotti", costituì la Brigata "Italia". Successivamente la brigata divenne Divisione "Italia", con Maras al comando, e fu inquadrata nelle formazioni di Tito. La Divisione "Italia" partecipò a numerosi combattimenti e alla liberazione di Belgrado e Zagabria. Nel dopoguerra, Maras fu insignito dallo Stato italiano della medaglia d'oro al valor militare e dal governo jugoslavo delle più alte decorazioni al valor militare. Ha partecipato attivamente all'Anpi. E' morto a Roma il 12 maggio del 2002, all'età di 80 anni.
Sabato Martelli Castaldi Generale di brigata aerea in congedo, di 46 anni. Nato a Cava de' Tirreni il 18 agosto 1896 da Sabato Castaldi e da Argìa Martelli. Sposato con Luisa Barbiani, aveva tre figli (Giorgio, Vittoria e Sabatino). Partito volontario per la prima guerra mondiale, fu protagonista di più di cento voli di guerra, abbattendo diversi apparecchi nemici e conquistando sul fronte una medaglia d'argento e due medaglie di bronzo al valor militare. Ebbe una carriera brillantissima: fu uno dei piloti della Crociera delle capitali europee e uno degli organizzatori delle due prime Giornate dell'Ala, del Carosello aereo e della seconda trasvolata oceanica. Capo di gabinetto del ministero con Italo Balbo, a 36 anni era già generale, il più giovane d'Italia. Ma nel '34, quando presentò a Mussolini un memoriale sullo stato disastroso dell'aviazione italiana, fu posto in congedo assoluto, senza stipendio. Perseguitato dal Regime, solo nel '39 riuscì a ottenere un impiego stabile come direttore del Polverificio Stacchini. Il 9 settembre era a Porta San Paolo, insieme all'amico Roberto Lordi, con un fucile da caccia, a difendere Roma dai tedeschi. Subito dopo entrò a far parte del Fronte militare clandestino di Montezemolo, col nome di battaglia "Tevere". Fornì armi ed esplosivi ai partigiani del Lazio e dell'Abruzzo; aiutò a nascondersi ebrei, ufficiali, renitenti alla leva nella villa di Genzano dell'amico; incitò i giovani a resistere ai bandi della Repubblica di Salò; organizzò bande di partigiani ai Castelli romani, sui Monti Prenestini e intorno ad Alatri; trasmise rilievi di zone ed installazioni militari agli Alleati. Il 17 gennaio del 44, insieme a Lordi, si consegnò ai tedeschi per ottenere il rilascio del proprietario del Polverificio. Trattenuto da Kappler, fu rinchiuso nella cella n. 2 di via Tasso per 67 giorni e torturato, ma non parlò. Fu fucilato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo. Prima che la scarica lo abbattesse, gridò "Viva lItalia". Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Enrico Mattei Nasce ad Acqualagna il 29 aprile del 1906. Non ama molto la scuola e a 15
anni si impiega in una fabbrichetta di mobili in ferro con mansioni di verniciatore. Un
anno dopo è fattorino alla "Conceria Fiore": qui il lavoro gli piace di più, e
a diciassette anni diventa operaio, poi operaio specializzato, poi aiutante chimico; a
diciannove anni è vicedirettore e a venti direttore. Alla fine del 1928 però la Conceria
Fiore deve chiudere i battenti in seguito alla grave crisi economica susseguente alla
politica deflazionistica instaurata dal fascismo nel ' 26 e Mattei si ritrova senza
lavoro. Egli parte allora per Milano, dove non gli è difficile trovare un posto di
venditore alla Max Mayer, già fornitrice alla conceria di Matelica di vernici, smalti e
solventi per la lavorazione del cuoio. Anche in questo ruolo, il suo forte carattere gli
permette di avere subito successo, e già tre mesi dopo lo troviamo rappresentante
esclusivo per l'Italia di un'altra ditta tedesca di prodotti per concerie, la Loewenthal.
Nel 1931, senza per questo abbandonare il suo ruolo commerciale presso la ditta tedesca,
Mattei apre una sua piccola fabbrica di emulsioni per conceria, con due soli operai.
E' l'inizio del successo: tre anni dopo la sua azienda è ormai lanciata: conta
venti dipendenti e si chiama "Industria chimica lombarda grassi e saponi". La
fortuna gli viene incontro poco dopo, quando egli riesce a mettere a punto un innovativo
prodotto per zuccherifici, in grado di sostituire tutti quelli importati. (sintesi della biografia di Maria Grazia Mazzocchi, da storiainrete.net)
Gianfranco Mattei Docente di chimica, di 29 anni. Nato a Milano l11 dicembre 1916 da Ugo e da Clara Friedmann, primogenito di sette fratelli. Nel '38 si laureò in chimica alluniversità di Firenze, con il massimo dei voti. Assistente del premio Nobel Giulio Natta allistituto di chimica industriale del Politecnico di Milano, ebbe poi lincarico di insegnamento di chimica analitica quantitativa. In quegli anni iniziò alcune importanti ricerche sulla struttura e lorientamento delle molecole polari, e si occupò di studi sulla produzione di detersivi sintetici. Dal 36 al 38 frequentò il corso allievi ufficiali a Pavia. Fin dal 37, con la sorella minore Teresita ("Chicchi") partecipava al movimento antifascista lombardo, e aveva stretto rapporti con il Partito d'Azione. Allo scoppio della guerra, fu chiamato alle armi. La sera del 25 luglio del 43, insieme a pochi altri docenti universitari, compilò un manifesto che reclamava un cambiamento radicale della vita universitaria. Nelle settimane successive fece la spola tra Firenze e Milano, tenendo i contatti fra i gruppi di antifascisti attivi nelle due città. Dopo l'armistizio, costretto ad allontanarsi da Milano dove il padre era ricercato (aveva diretto la Confederazione dell'Industria durante il governo Badoglio), si trasferì nel lecchese e in Valfurva, dove si formavano i primi gruppi di partigiani. Nell'ottobre lasciò la Lombardia, dove era troppo conosciuto, e si recò a Roma per combattere il fascismo nelle file del Pci. Insieme a Giorgio Labò organizzò la "santabarbara" dei Gap, in via Giulia n. 25 bis. La produzione delle bombe migliorò dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo e vennero fabbricati anche nuovi tipi di ordigni, come una bomba a mano a "doppio effetto" molto utile contro i mezzi blindati. Diede un contributo anche alla progettazione degli attentati. Ma il pomeriggio del primo febbraio fu sorpreso dai tedeschi nel laboratorio e rinchiuso nel carcere di via Tasso insieme a Labò. Torturato, per non tradire i compagni nella notte tra il 6 e il 7 febbraio s'impiccò nella sua cella, con la cintura dei pantaloni.
Ermenegildo Moretti Nato il 5 maggio del 1918 a Gallarate, da Giulio. Studente alla Normale di Pisa. Dopo le vacanze pasquali del 1938, espatria clandestinamente per combattere in Spagna. Opera con la Brigata Garibaldi fino alla smobilitazione delle Brigate internazionali poi entra nella XV brigata e partecipa all'estrema difesa di Barcellona per proteggere l'esodo verso la Francia. Internato, in seguito, ad Argelès, evade e riprende la lotta. Dopo l'8 settembre 1943 rientra in Italia ed è uno dei principali dirigenti del Fronte della Gioventù, l'organizzazione giovanile comunista di allora. Catturato dai nazisti nella primavera del '44, riesce anche qui ad evadere e continua la sua attività fino alla Liberazione.
Don Giuseppe Morosini Sacerdote, di 31 anni. Nato il 19 marzo 1913 a Ferentino (Frosinone) da Giuseppe e da Maria De Stefanis. Fu ordinato sacerdote il giorno di Pasqua del 37. Partecipò alla Seconda Guerra Mondiale come cappellano militare, presso il 4° reggimento di artiglieria di stanza a Laurana, in Istria. Congedato dopo le operazioni in Dalmazia, si stabilì a Piacenza dove diventò direttore spirituale in un collegio. Nel '43 fu chiamato a Roma alla direzione di una scuola per ragazzi profughi delle zone più colpite dal conflitto. Restò al suo posto anche dopo il 25 luglio, quando i gerarchi a capo dell'opera che sosteneva la scuola fuggirono dalla capitale, portando con loro tutti i generi alimentari destinati ai ragazzi e le riserve economiche dell'istituto. Dopo l'8 settembre entrò nella Resistenza, diventando il cappellano della banda partigiana "Mosconi" di Monte Mario, alla quale forniva assistenza morale, ma anche servizi concreti: procurando viveri, indumenti, scarpe. Compì missioni segrete, acquistò e nascose armi e diresse il servizio di informazioni. Fu anche cappellano della formazione "Bandiera Rossa". Carpì ad un ufficiale svizzero addetto all'Ufficio operazioni dello Stato maggiore della Wehrmacht una copia del piano operativo dello schieramento delle forze tedesche sul fronte di Cassino, e lo fece pervenire al Comando supremo degli alleati. Catturato il 4 gennaio del '44 davanti al Collegio Leoniano, insieme al tenente Marcello Bucchi, su delazione della spia Dante Bruna, fu portato prima all'Albergo Flora, poi in diverse stazioni delle SS, ed infine rinchiuso nel terzo braccio di Regina Coeli, nella cella 382. Torturato, resistette alle sevizie e non rivelò mai i nomi dei suoi assistiti. In carcere si prodigò in favore dei compagni di pena e degli ebrei reclusi. Fu condannato a morte il 18 marzo dal Tribunale militare di guerra tedesco; venne respinta anche la domanda di grazia presentata dallo stesso Papa Pio XII. Fu fucilato il 3 aprile a Forte Bravetta, dopo avere celebrato l'ultima messa: la prima scarica non lo uccise (avendo tutti i soldati sparato in aria) e allora fu finito con un colpo di pistola alla nuca dall'ufficiale fascista. Medaglia doro al valor militare alla memoria.
Vincenzo Moscatelli (detto Cino) Nacque a Novara il 3 febbraio 1908, nel rione operaio di Sant'Andrea,
da Enrico e da Carmelita Usellini. Quarto di sette figli; padre ferroviere, madre
casalinga, crebbe nell'ambiente della periferia novarese e iniziò a frequentare fin da
giovanissimo il Circolo ferrovieri, "covo di 'rossi', di rivoluzionari". Già in
V elementare provocò uno sciopero. Divenuto il "capo dei fanciulli proletari"
del quartiere, che si battevano contro i "balilla", nel settembre 1920, appena
dodicenne, durante l'occupazione delle fabbriche, partecipò all'occupazione della Rumi,
in cui lavorava come garzone; nell'estate del 1922, durante la "battaglia di
Novara", si distinse assieme ai suoi compagni apprendisti e ad altri operai della
Scotti e Brioschi nella difesa a sassate della Camera del lavoro e di circoli proletari
dagli assalti delle squadracce fasciste. Nel 1925 organizzò con uno stratagemma uno
sciopero degli apprendisti alle Officine meccaniche novaresi. In quel periodo, introdotto
da Giuseppe (Pinéla) Rimola, si iscrisse alla gioventù comunista e fu incaricato
dell'attività di stampa e propaganda. L'anno seguente si licenziò dalle Omn e trovò,
assieme a Rimola, lavoro a Milano, all'Alfa Romeo. (sintesi della biografia a cura di Piero Ambrosio)
Nata a Roma nel 1925 da Domenico e da Bastianina Martini. I genitori erano originari di Sassari, legati ai Berlinguer, di idee antifasciste. Entrò nell'organizzazione clandestina del PCI nel '42, ad appena sedici anni, insieme ad Adele Maria Jemolo, sua compagna al Liceo Mamiani, tramite Lucio Lombardo Radice (che poi sarebbe diventato marito di Adele). Iscrittasi all'università di fisica, dopo l'armistizio partecipò alla battaglia per la difesa di Roma e successivamente aderì ai Gap, con il nome di battaglia di "Rosa", nella formazione guidata da Franco Calamandrei, della quale facevano parte tra gli altri Carla Capponi, Rosario Bentivegna, Mario Fiorentini e Lucia Ottobrini. Partecipò a varie azioni contro i tedeschi, tra cui quella di via Rasella, del 23 marzo del '44. Fu catturata dalla polizia il 7 aprile, insieme a Pasquale Balsamo e a Ernesto Borghesi. Il commissario Antonio Colasurdo e il commissario De Longis, che erano in collegamento con il CLN, li spacciarono per una banda di rapinatori. Così Balsamo e Borghesi furono rinchiusi a Regina Coeli, nella sezione dei detenuti comuni, e lei nel carcere femminile delle Mantellate. Dopo il tradimento di Guglielmo Blasi, prima che questi ne rivelasse l'appartenenza ai Gap, si finse malata e a fine maggio, all'Ospedale Santo Spirito, con l'aiuto di alcuni medici legati alla Resistenza, riuscì ad evadere. Nel dopoguerra si sposò con Valentino Gerratana e fu insignita della medaglia d'argento al valor militare. Continuò l'attività politica nel PCI, lavorando per anni con Enrico Berlinguer nel movimento giovanile comunista e nella Fgci e entrando a far parte del comitato centrale del partito. Dopo la separazione con Gerratana, si è unita ad Aldo Poeta, da cui ha avuto tre figli (Sergio, Claudio e Giovanna). Giornalista a "Paese Sera" e a "L'Unità", è stata inviata a Praga nel '68, in Vietnam, in Mozambico e in Palestina. E' morta a Roma il 3 novembre del 2002.
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