Biografie della Resistenza Italiana          

A B C D E F GI J K L M N O P Q R S T U V Z

   

pallanimred.gif (323 byte) Giustina Abbà

Nata a Rovigno (Istria) nel 1903, morta a Rovigno il 24 settembre 1974, operaia. Occupata alla Manifattura Tabacchi di Rovigno, nel 1942 la Abbà, che proprio quell’anno si era iscritta al Partito comunista clandestino, organizzò con altre sue compagne di lavoro un riuscito sciopero "contro la fame e la guerra". La Milizia fascista e i carabinieri intervennero, repressero la manifestazione ed arrestarono Giustina e le compagne che più si erano esposte. Rilasciata, la tabacchina fu presto tra i fondatori del Movimento popolare di liberazione di Rovigno. Giustina Abbà fu anche la prima donna italiana ad entrare nel movimento partigiano dell’Istria, a fianco del padre e del figlio. Nel secondo dopoguerra fu attiva, sino alla morte, nel Fronte femminile antifascista di Rovigno. (dal sito dell'Anpi nazionale)

 

pallanimred.gif (323 byte) Luigi Abbiati

Nato a Melegnano (Milano) il 26 giugno 1897, ucciso a San Bernardino Verbano il 5 giugno 1944, operaio. La storia di Luigi Abbiati e della sua famiglia (la moglie, Antonia Oscar, detta Ninì, fu sempre al suo fianco nella lotta al fascismo e nella Resistenza; il
primogenito Franco, che dopo l’arresto della madre durante l’occupazione si era dato alla macchia combattendo in Valdossola, è stato decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare; la figlia Dolores, praticamente cresciuta al confino, è stata staffetta partigiana e, nel dopoguerra, a più riprese, parlamentare del PCI), si può definire politicamente esemplare. Luigi, giovane metalmeccanico socialista, nel 1921 fu a Brescia tra i fondatori del Partito comunista; ne divenne quindi responsabile dell’attività sindacale nella città. Un anno dopo, il giovane operaio è in Sicilia ad organizzare i contadini. Viene arrestato a Caltanissetta con altri militanti e rimane in carcere fino all’agosto del 1924, quando è rispedito nel Bresciano con foglio di via e fa in tempo a candidarsi per le elezioni alla Camera, risultando primo dei non
eletti. Delegato a partecipare al III Congresso del PCd’I. del 1926 a Lione, Luigi Abbiati tenta di raggiungere la Francia passando da Domodossola con un passaporto falsificato; viene arrestato con altri otto delegati e finisce in carcere per 40 giorni. L’anno successivo, una condanna a cinque anni di confino vede Abbiati finire a Lipari, dove viene raggiunto da Ninì con il piccolo Franco, di soli due anni, e la neonata Dolores. A Lipari nascerà Loris. Gli Abbiati torneranno al Nord nel 1933, ma non più a Brescia. A Milano la famiglia rimarrà sino al 1937, quando "Gino" Abbiati e Ninì – che avevano ripreso nel capoluogo lombardo la loro attività antifascista – vengono di nuovo arrestati. Altri sei anni di confino tra l’isola di Ponza e le Tremiti, poi,
con la caduta del fascismo, il ritorno a Brescia. Poche settimane di tregua e arriva l’8 settembre del 1943. Ninì viene quasi subito arrestata dai fascisti e rimane in carcere sino all’aprile del 1945; Gino fugge in montagna, come aveva già fatto il suo primogenito, e si aggrega ad
una formazione partigiana. Luigi Abbiati combatte i nazifascisti per quasi dieci mesi, ma è catturato e fucilato in località Ponte Casletto di Rovegro. Medaglia d’Argento al Valor Militare alla memoria. (dal sito dell'Anpi nazionale)

 

pallanimred.gif (323 byte) Filippo Acciarini

Nato a Recanati (Macerata) il 5 marzo 1888, morto a Mauthausen il 2 marzo 1945, ragioniere. Impiegato delle Ferrovie dello Stato e militante del Partito socialista, Acciarini fu tra i collaboratori dell’Ordine Nuovo e, in seguito, corrispondente e redattore dell’Avanti!. Licenziato dalle Ferrovie perché antifascista, nel dicembre del 1922 fu anche oggetto di un attentato squadrista. Nel 1928 fu arrestato e deferito al Tribunale speciale. Il processo si concluse con un’assoluzione per insufficienza di prove. Nel 1942 Acciarini entrò nella Direzione centrale del Partito socialista italiano, ricostituita clandestinamente, ed un anno dopo assunse la direzione dell’Avanti! clandestino. Nel marzo del 1944 fu tra gli organizzatori, a Torino, dello sciopero generale contro la fame e il terrore e, proprio in conseguenza di questa grande mobilitazione operaia  contro i fascisti e gli occupanti tedeschi, fu arrestato. Filippo Acciarini fu dapprima rinchiuso nel carcere di San Vittore a Milano e poi trasferito, per un breve periodo, nel campo di concentramento di Fossoli. Deportato a Mauthausen, lasciò la vita in quel lager.  (dal sito dell'Anpi nazionale)

 

pallanimred.gif (323 byte) Maria Luisa Alessi

Nata a Falicetto (Cuneo) il 17 maggio 1911, impiegata  Nella Resistenza cuneese la conoscevano come Marialuisa. Il suo nome
completo lo si apprese soltanto il 26 novembre del 1944, quando i fascisti la fucilarono sul piazzale della stazione di Cuneo insieme ai partigiani Pietro Fantone, Giacomo Garelli, Rocco Repice e Antonio Tramontano. Maria Luisa Alessi, l’impiegata, era diventata un’antifascista attiva sin dal 1935, quando si era iscritta al Partito comunista. Dall’8 settembre 1943 divenne un’animatrice della Resistenza. Fu staffetta partigiana della 181a Brigata "Morbiducci" operante in Val Varaita, dove assolse a numerose e pericolose missioni. L’8 settembre del 1944, forse per una soffiata, fu catturata dai brigatisti neri della "Lidovicci". Condannata a morte, fu fucilata circa tre mesi
dopo. Nella sua ultima lettera ai familiari, scrisse: "Mi trovo a Cuneo nelle scuole, sto bene e sono tranquilla. Prego solo non fare tante chiacchiere sul mio conto e di allontanare da voi certe donne alle quali io devo la carcerazione. Solo questa sicurezza mi può fare contenta, e sopra tutto rassegnata alla mia sorte. Anche voi non preoccupatevi, io so essere forte. Tante affettuosità". (dal sito dell'Anpi nazionale)

 

pallanimred.gif (323 byte) Angelo Aliotta

Nato a Caltagirone (Catania) il 22 aprile 1905, fucilato a Cerreto
Lomellina (Pavia) il 29 agosto 1944, meccanico. Antifascista a Milano, alla fondazione del Partito comunista vi aderì. Giovanissimo partecipò alle azioni degli Arditi del Popolo. Costretto ad emigrare, continuò l’attività tra gli esuli antifascisti in Francia e Svizzera. Rientrato clandestinamente in Italia nel 1927, fu arrestato e condannato a 3 anni di reclusione dal Tribunale speciale. Uscito dal carcere riprese l’attività
clandestina e nel 1943 fu tra gli organizzatori degli scioperi del marzo contro il fascismo e la guerra. All’armistizio organizzò a Milano squadre di gappisti ed assunse il comando di un distaccamento della 3a GAP. Individuato dalla polizia, raggiunse le formazioni partigiane dell’Oltrepò Pavese. Distintosi per audacia e capacità militare, ad Aliotta (nome di battaglia Diego), fu affidato il comando della 51a Brigata Garibaldi "A. Capettini". L’assegnazione dell’incarico avvenne proprio mentre era in corso un massiccio rastrellamento nazifascista. "Diego" riuscì a guidare l’azione di sganciamento della sua formazione dal nemico, ma fu ferito in combattimento. Catturato dai tedeschi, fu fucilato insieme con altri
due partigiani dopo essere stato seviziato. Alcuni giorni dopo, in pieno rastrellamento, nella stessa zona fu costituita una Divisione Garibaldi (formata da tre Brigate: la 51a, la 87a e la 88a), che raggruppava complessivamente 800 uomini e alla quale fu dato il nome di "'Diego’ Aliotta". Tre settimane dopo la Divisione Aliotta sarebbe stata protagonista della vittoriosa battaglia di Varzi. (dal sito dell'Anpi nazionale)

 

pallanimred.gif (323 byte) Giorgio Amendola

Nato nel 1907, era figlio del Ministro liberale antifascista Giovanni che fu ispiratore dell’Aventino e che fu tra i primi martiri a cadere vittima delle violenze del fascismo e di Mussolini. Il padre riparò in Francia, dove, in una clinica di Cannes, morì il 12 aprile 1926 a seguito delle lesioni riportate in un vile pestaggio del luglio precedente a Montecatini. Colpito per la sorte toccata al padre, il giovane Giorgio nel 19289 entra nel Pci perché sono gli unici che hanno avuto la forza di mantenere in vita il partito  e l’attività anche dopo lo scioglimento di tutti i partiti operata dal regime fascista. Condannato al confino per la sua attività antifascista divenne, dopo l’8 settembre 1943, uno dei principali organizzatori e leader della Resistenza per conto del Pci.
Nel secondo dopoguerra fu uno dei massimi esponenti del Pci e dell’intera classe politica italiana. Deputato alla Costituente nel 1946 e poi alla Camera da 1948, rimanendo sempre al vertice del partito. Uomo di grande rigore e preparazione, fu attivista politico indomito e privo di cedimenti opportunistici. Nel Pci divenne il leader dell’ala moderata e riformista (la cosiddetta “destra amendoliana”) che si adoperò per collocare il partito in un’ottica europea, vicina ai grandi partiti socialisti e socialdemocratici europei senza, tuttavia, rinnegare la peculiarità (la “diversità” come ebbe poi a dire Enrico Berlinguer) del Pci ed il suo legame affettivo più che politico con l’Urss. 
Grazie all’opera politica di Amendola anche il Pci, fin dalla metà degli anni ’60, diviene fortemente europeista. Amendola sarà, infatti, con gli ex azionisti Ugo La Malfa ed Altiero Spinelli uno dei più autorevoli ed impegnati europeisti italiani fra i politici della seconda generazione repubblicana. Da “comunista italiano” sarà sempre pronto a condannare ogni forma di estremismo e di massimalismo. È da leggere in quest’ottica la condanna e l’opposizione di Amendola agli aspetti più violenti e più edonisti del movimento studentesco del ’68.
Nel 1976 il Pci ha una grande avanzata elettorale e, in ottemperanza degli accordi raggiunti con gli altri partiti democratici (Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli) ai comunisti va la Presidenza della Camera dei Deputati.
Il segretario del Pci, Enrico Berlinguer, propone proprio a Giorgio Amendola l’elezione a tale carica, ma l’anziano esponente del Pci rifiuta affermando di non avere le competenze adatta a presiedere l’Assemblea di Montecitorio, lui che affermava di “non saper presiedere neppure un’assemblea di comunismo”. Verrà poi eletto il suo storico rivale interno, Pietro Ingrao, leader dell’ala sinistra del Pci.
Nel 1980, il 5 giugno, all’età di 73 anni, muore a Roma di malattia. Poche ore dopo il suo decesso, stroncata dal dolore muore anche la moglie, Germaine Lecocq, francese, conosciuta a Parigi durante gli anni di esilio, che gli era stata accanto per tutta la vita e che non lo ha voluto abbandonare  nemmeno nell’ora suprema.

(sintesi della biografia a cura di Luca Molinari)

 

pallanimred.gif (323 byte) Tina Anselmi

Nata a Castelfranco Veneto nel 1927, insegnante  La notorietà di Tina Anselmi non deriva tanto dal contributo da lei personalmente dato alla Resistenza, quanto dall’attività politica da lei svolta nel dopoguerra. Eppure proprio la guerra partigiana ha determinato le sue scelte. Tina Anselmi, infatti, decise da che parte schierarsi quando, giovanissima, vide un gruppo di giovani partigiani portati al martirio dai fascisti. Divenne così staffetta della brigata autonoma "G.Battisti" e del
Comando regionale del Corpo volontari della libertà. Nel 1944 si iscrisse alla DC e - non si era ancora laureata in lettere - partecipò attivamente alla vita del suo partito, non dimenticando mai le ragioni profonde della sua scelta antifascista. Nel dopoguerra Tina Anselmi è stata via via dirigente sindacale, incaricata dei giovani nella DC, vice presidente dell’Unione europea femminile. Parlamentare dalla V alla X legislatura eletta nella Circoscrizione Venezia-Treviso, ha fatto parte delle Commissioni Lavoro e previdenza sociale, Igiene e sanità, Affari sociali, occupandosi molto dei problemi della famiglia e della donna. Ha inoltre presieduto per due volte la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia P2. Tina Anselmi è stata tre volte sottosegretaria al Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, e ha retto una volta il ministero del Lavoro e due volte quello della Sanità. (dal sito dell'Anpi nazionale)

 

pallanimred.gif (323 byte) Ugo Arcuno

Nato a Napoli il 7 settembre 1900, morto a Napoli il 3 novembre
1953, giornalista. Giovane comunista, nel 1922 fu tra i delegati al congresso dell’Internazionale giovanile a Mosca. Negli anni Venti collaborò alla stampa di partito clandestina e negli anni del fascismo visse facendo il libraio nella sua città. Dopo l’8 settembre 1943 partecipò alla Resistenza in Valdossola e divenne quindi rappresentante del PCI nella delegazione del CLN Alta Italia a Lugano. Nel dopoguerra diresse il settimanale "La voce di Milano", fu capo redattore della rivista "Nord Sud", direttore a Venezia de "Il Mattino del Popolo" e, infine, capocronista e inviato speciale de "l’Unità" a Milano. (dal sito dell'Anpi nazionale)

 

pallanimred.gif (323 byte) Mario Argenton

Nato a Este (PD) nel 1907, ufficiale dell’esercito, maggiore di
artiglieria. In servizio presso il Comando del corpo motocorazzato “Ariete”, l’8 settembre ’43 prende parte alla difesa della capitale contro i tedeschi al fianco del col. Montezemolo. Raggiunta successivamente l’Italia settentrionale, promuove la costituzione delle prime formazioni
partigiane denominate Autonome. Come rappresentante del Partito liberale italiano (PLI) e delle Formazioni Autonome, è nominato
componente del Comando generale del Corpo volontari della libertà (CVL). Arrestato e imprigionato dalla banda fascista Carità nell'autunno del ’44 nel corso di una missione clandestina nel Veneto. Riuscito fortunosamente ad evadere, riprende l’attività a Milano come
capo di Stato maggiore del gen. Cadorna, comandante del CVL, assolvendo a delicati incarichi direttivi nella condotta della Resistenza.
A metà giugno ’45, sciolto il Comando generale del CVL, ne dirige l’Ufficio Stralcio. È nominato componente della Consulta nazionale per la formazione dell’assemblea parlamentare costituente. Membro del Comitato nazionale dell’ANPI, poi Presidente della Federazione italiana volontari della libertà (FIVL). Ha presieduto per molti anni la Commissione di 2° grado Riconoscimento qualifiche ed esame delle
proposte ricompense al Valor Militare ai partigiani.  (dal sito dell'Anpi nazionale)

 

pallanimred.gif (323 byte) Alcide Arnoulet

Nato a Torre Pellice (Cuneo) nel 1892, morto in Valle Pellice il 14 febbraio 1944, contadino, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. Di famiglia valdese, subito dopo l’armistizio prese parte alla lotta armata contro i nazifascisti costituendo, con altri, il gruppo detto dei Chabriols (o anche dei "Ventuno", dal numero dei primi componenti), che fu attivissimo tra Villar e Torre Pellice. Si deve ad Arnoulet, e al suo compagno René Poet, una curiosa invenzione militare. I "Ventuno" avevano, infatti, deciso di colpire una caserma tenuta dal nemico, servendosi dei proiettili di mortaio da 81 di cui erano venuti in possesso; non possedevano però il mortaio. Arnoulet e Poet non si persero d’animo: alle bombe di mortaio assicurarono una sorta di
miccia a combustione rapida, costruirono una specie di robusta fionda e con tutto l’armamentario si portarono sul tetto di una casa prossima alla caserma. Di lì tirarono contro l’obiettivo, producendo notevoli danni. Il non più giovane contadino valdese partecipò ancora, da protagonista, a vittoriosi fatti d’arme contro le forze nemiche e si distinse particolarmente negli scontri che avvennero in Val Pellice nei primi giorni del febbraio 1944. Proprio il giorno 3, a conclusione di un combattimento, che aveva visto i partigiani mettere in fuga il nemico facendo anche molti prigionieri, Arnoulet, mentre i suoi si sganciavano, volle tornare sul luogo dello scontro per recuperare le molte armi e munizioni abbandonate sul terreno dai nazifascisti. Mentre stava occultando il materiale, fu sorpreso e catturato. Per più di una settimana i nazifascisti sottoposero il partigiano a feroci sevizie, contando di averne informazioni. Visti inutili i tentativi di piegare il prigioniero, lo passarono per le armi. (dal sito dell'Anpi nazionale)

 

 

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