Dossier
Le Foibe e la questione di Trieste
Le foibe sono cavità carsiche,
solitamente di origine naturale (grotte),
con ingresso a strapiombo. Le foibe sono diffuse soprattutto nella provincia di Trieste,
nelle zone della Slovenia già
parte della scomparsa regione Venezia Giulia
nonché in molte zone dell'Istria e
della Dalmazia. Le
foibe sono state usate per occultare cadaveri in diversi periodi storici, in particolare
nel corso della seconda guerra mondiale. La storia funesta delle foibe nel 1943-1945, che
vide protagonista il movimento partigiano di Tito, ha molte ascendenze, ma certamente la
più rilevante è quella che ci riporta alle origini del fascismo nella Venezia Giulia.
La violenza dell'occupazione fascista in
Jugoslavia
In seguito al Trattato di Rapallo, firmato nel 1920
tra il regno dItalia e quello dei Serbi, Croati e Sloveni, furono annesse
all'Italia: Gorizia, Trieste, l'Istria e Zara (mentre Fiume fu dichiarata città libera;
successivamente, con il Trattato di Roma, il 24 gennaio 1924 fu annessa all'Italia). Negli
anni successivi, il regime fascista impose in tutto il Venezia Giulia una violenta
politica di snazionalizzazione. Come recita il testo definitivo dellanalisi
bilaterale Italia-Slovenia dell'aprile 2001: «Nella Venezia Giulia vennero
progressivamente eliminate tutte le istituzioni nazionali slovene e croate, le scuole
furono italianizzate, gli insegnanti licenziati o costretti ad emigrare, vennero posti
limiti allaccesso degli sloveni nei pubblici impieghi». Alleliminazione
politica delle minoranze, si accompagnò da parte del regime mussoliniano unazione
che «aveva lintento di arrivare alla bonifica etnica della Venezia Giulia, con la
repressione attuata nei confronti del clero, che rappresentava un importante momento di
sintesi della coscienza nazionale delle minoranze, e «labolizione delluso
della lingua slovena nella liturgia e nella catechesi».
La prima conseguenza di «questo programma di
distruzione integrale delle identità» fu la fuga di gran parte delle minoranze dalla
Venezia Giulia: «Secondo stime jugoslave emigrarono 105 mila sloveni e croati». Ma
soprattutto si consolidò, agli occhi di queste minoranze, un fortissimo sentimento anti
italiano, «lequivalenza tra Italia e fascismo» che portò «la maggioranza degli
sloveni al rifiuto di quasi tutto ciò che appariva italiano». Come reazione, si
radicalizzarono gli obiettivi delle organizzazioni clandestine slovene che, verso la metà
degli anni Trenta, «abbandonarono le rivendicazioni di autonomia culturale
nellambito dello Stato italiano per puntare invece al distacco dallItalia dei
territori considerati loro». Unazione che trovò lappoggio del Partito
comunista italiano. La risposta fascista fu pesante.
Anche nel '41, dopo loccupazione dei territori
jugoslavi, il regime fascista usò la mano dura contro le minoranze, facendo leva
sulla violenza, «con deportazioni nei campi istituiti in Italia (Arbe, Gonars, Renicci),
il sequestro di beni e lincendio di case».
Le prime foibe del settembre 1943
Nel clima di vendetta che seguì l'armistizio dell'8
settembre del '43, si registrò il primo fenomeno di foibe, in Istria e in Dalmazia, con
l'uccisione da parte dei titini di alcune centinaia di italiani. Seguì una nuova ondata
di violenze di matrice nazifascista. Per
l'occupazione dell'Istria (completata intorno al 4-5 ottobre 1943) i nazisti, guidati dai
fascisti, la misero a ferro e fuoco - e se ne vantarono nei loro stessi documenti -, con
l'incendio di decine di villaggi, l'uccisione di 3000 partigiani e la deportazione nei
campi in Germania di 10.000 persone.
Le foibe di maggio-giugno '45
Tra marzo e aprile del '45, alleati e jugoslavi si
impegnarono nella corsa per arrivare primi a Trieste. Vinse la IV armata di Tito che
entrò in città il 1º maggio alle 9.30. Suppergiù nelle stesse ore i titini entravano
anche a Gorizia. Come scrive Gianni Oliva, gli ordini di Tito e del suo ministro degli
esteri Kardelj non si prestavano a equivoci: «Epurare subito», «Punire con severità
tutti i fomentatori dello sciovinismo e dellodio nazionale». Come recita il testo
definitivo dellanalisi bilaterale Italia-Slovenia dell'aprile 2001: il movimento
partigiano di Tito scatenò «unondata di violenza nella zona di Trieste, nel
Goriziano e nel Capodistriano», che portò «allarresto di molte migliaia di
persone, in larga maggioranza italiane, ma anche slovene contrarie al progetto politico
comunista jugoslavo»; a centinaia di esecuzioni sommarie immediate nelle foibe; a
deportazioni nelle carceri e nei campi di prigionia (tra i quali va ricordato quello di
Borovnica)».
La commissione, su questo punto, cerca di analizzare
il contesto storico che portò a queste efferatezze: «Tali avvenimenti si verificarono in
un clima di resa dei conti per la violenza fascista e appaiono essere il frutto di un
progetto politico preordinato in cui confluivano diverse spinte: leliminazione di
soggetti legati al fascismo e lepurazione preventiva di oppositori reali». Il tutto
nasceva «da un movimento rivoluzionario (quello titino, n.d.r. ) che si stava
trasformando in regime, convertendo quindi in violenza di Stato lanimosità
nazionale ed ideologica diffusa nei quadri partigiani».
L'ondata di violenze finì il 9 giugno 1945, quando
Tito e il generale Alexander tracciarono la linea di demarcazione Morgan, che prevedeva
due zone di occupazione la A e la B dei territori goriziano e triestino,
confermate dal Memorandum di Londra del 1954. È la linea che ancora oggi definisce il
confine orientale dellItalia. La persecuzione degli italiani, però, durò almeno
fino al '47, soprattutto nella parte dell'Istria più vicina al confine e sottoposta
all'amministrazione provvisoria jugoslava.
Le radici delle foibe
La commissione italo-slovena, nella sua relazione
dell'aprile 2001, ha cercato di analizzare il contesto storico che portò a queste
efferatezze: «Tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la
violenza fascista e appaiono essere il frutto di un progetto politico preordinato in cui
confluivano diverse spinte: leliminazione di soggetti legati al fascismo e
lepurazione preventiva di oppositori reali». Il tutto nasceva «da un movimento
rivoluzionario (quello titino, n.d.r. ) che si stava trasformando in regime, convertendo
quindi in violenza di Stato lanimosità nazionale ed ideologica diffusa nei quadri
partigiani».
Insomma, come ha scritto lo storico Enzo Collotti,
"fino a quando si continuerà a voler parlare della Venezia Giulia, di una regione
italiana, senza accettarne la realtà di un territorio abitato da diversi gruppi nazionali
e trasformato in area di conflitto interetnico dai vincitori del 1918, incapaci di
affrontare i problemi posti dalla compresenza di gruppi nazionali diversi, si continuerà
a perpetuare la menzogna dell'italianità offesa e a occultare (e non solo a rimuovere) la
realtà dell'italianità sopraffattrice (...) Ma che cosa sa tuttora la maggioranza degli
italiani sulla politica di sopraffazione del fascismo contro le minoranze slovena e croata
(senza parlare dei sudtirolesi o dei francofoni della Valle d'Aosta) addirittura da prima
dell'avvento al potere; della brutale snazionalizzazione (proibizione della propria
lingua, chiusura di scuole e amministrazioni locali, boicottaggio del culto, imposizione
di cognomi italianizzati, toponimi cambiati) come parte di un progetto di distruzione
dell'identità nazionale e culturale delle minoranze e della distruzione della loro
memoria storica? (...) Che cosa sanno dell'occupazione e dello smembramento della
Jugoslavia e della sciagurata annessione della provincia di Lubiana al regno d'Italia, con
il seguito di rappresaglie e repressioni che poco hanno da invidiare ai crimini nazisti?
Che cosa sanno degli ultranazionalisti italiani che nel loro odio antislavo fecero causa
comune con i nazisti insediati nel Litorale adriatico, sullo sfondo della Risiera di S.
Sabba e degli impiccati di via Ghega? Ecco che cosa significa parlare delle foibe:
chiamare in causa il complesso di situazioni cumulatesi nell'arco di un ventennio con
l'esasperazione di violenza e di lacerazioni politiche, militari, sociali concentratesi in
particolare nei cinque anni della fase più acuta della seconda guerra mondiale. È qui
che nascono le radici dell'odio, delle foibe, dell'esodo dall'Istria".
"Le foibe - sintetizza lo storico triestino
Roberto Spazzali - furono il prodotto di odii diversi: etnico, nazionale e ideologico.
Furono la risoluzione brutale di un tentativo rivoluzionario di annessione territoriale.
Chi non ci stava, veniva eliminato".
La storia (1866-1960):
dall'irredentismo triestino all'esodo italiano dall'Istria e dalla Croazia
La Campagna di
Jugoslavia e il regime di occupazione italiana in Jugoslavia
(1941-1943)
1941-3: la repressione antipartigiana e i campi di concentramento italiani
nella Jugoslavia occupata
Il fascismo nella Venezia Giulia e la persecuzione antislava
(saggio di Alberto Buvoli , Patria Indipendente, 27 febbraio 2005)
Le foibe.
Istria, settembre-ottobre 1943 (saggio di Galliano Fogar, Patria
Indipendente, 27 febbraio 2005)
Giù le mani dalle foibe (commento di Enzo Collotti)
Foibe: una
pagina di storia nazionale (saggio di Giannantonio Paladini)
Foibe, è il caso di parlarne (di
Maria R. Calderoni, Liberazione)
«Le
stragi delle foibe furono violenza di Stato». Il testo definitivo
dellanalisi bilaterale Italia-Slovenia (di Francesco Alberti, Corriere della Sera 4
aprile 2001)
Quei duemila operai di Monfalcone traditi da Tito e
abbandonati dal Pci (di Marzio Breda, Corriere
della Sera 8 ottobre 2001)
La questione di Trieste: cronologia 1944-1975
Giornata della memoria
sull'esodo degli italiani dall'Istria (10 febbraio 1947)
per saperne di più:
Il
discorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulle Foibe (10
febbraio 2007)
Ciampi
per la Giornata del Ricordo: "E' giunto il momento che i ricordi ragionati
prendano il posto dei rancori esasperati" (9 febbraio 2005)
Ciampi: non confondere le foibe e la
Resistenza (5 maggio 2002)
Le tragedie «usate» e il valore
della Resistenza di Claudio Magris (5 maggio 2002)
Bibliografia su Porzus e sulle
Foibe
Le
vittime italiane dei lager di Tito (link al sito
dei giovani delle Acli)
Le
Foibe spiegate a scuola (portalescuola.it)
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