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Dossier: le Foibe e la questione di Trieste
INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE DEL "GIORNO DEL RICORDO"
Quirinale, 10 febbraio 2007
Lo scorso anno il Presidente Ciampi volle che si svolgesse qui la prima cerimonia di
conferimento della medaglia del "Giorno del Ricordo" a famigliari delle vittime
- come recita la legge dell'aprile 2004 - "delle foibe, dell'esodo e della più
complessiva vicenda del confine orientale". Raccolgo l'esempio del mio predecessore a
conferma del dovere che le istituzioni della Repubblica sentono come proprio, a tutti i
livelli, di un riconoscimento troppo a lungo mancato. Nell'ascoltare le motivazioni che
hanno questa mattina preceduto la consegna delle medaglie, abbiamo tutti potuto
ripercorrere la tragedia di migliaia e migliaia di famiglie, i cui cari furono
imprigionati, uccisi, gettati nelle foibe. E suscitano particolare impressione ed emozione
le parole : "da allora non si ebbero di lui più notizie",
"verosimilmente" fucilato, o infoibato. Fu la vicenda degli scomparsi nel nulla
e dei morti rimasti insepolti.Una miriade di tragedie e di orrori ; e una tragedia
collettiva, quella dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati, quella
dunque di un intero popolo. A voi che siete figli di quella dura storia, voglio ancora
dire, a nome di tutto il paese, una parola di affettuosa vicinanza e solidarietà.
Da un certo numero di anni a questa parte si sono intensificate le ricerche e le
riflessioni degli storici sulle vicende cui è dedicato il "Giorno del Ricordo"
: e si deve certamente farne tesoro per diffondere una memoria che ha già rischiato di
esser cancellata, per trasmetterla alle generazioni più giovani, nello spirito della
stessa legge del 2004. Così, si è scritto, in uno sforzo di analisi più distaccata, che
già nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell'autunno
del 1943, si intrecciarono "giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo
nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento" della presenza italiana
da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e
di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel
Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una "pulizia
etnica".
Quel che si può dire di certo è che si consumò - nel modo più evidente con la disumana
ferocia delle foibe - una delle barbarie del secolo scorso. Perché nel Novecento - l'ho
ricordato proprio qui in altra, storica e pesante ricorrenza (il "Giorno della
Shoah") - si intrecciarono in Europa cultura e barbarie. E non bisogna mai smarrire
consapevolezza di ciò nel valorizzare i tratti più nobili della nostra tradizione
storica e nel consolidare i lineamenti di civiltà, di pace, di libertà, di tolleranza,
di solidarietà della nuova Europa che stiamo da oltre cinquant'anni costruendo. E'
un'Europa nata dal rifiuto dei nazionalismi aggressivi e oppressivi, da quello espressosi
nella guerra fascista a quello espressosi nell'ondata di terrore jugoslavo in Venezia
Giulia, un'Europa che esclude naturalmente anche ogni revanscismo..
Il caro amico Professor Paolo Barbi - figura esemplare di rappresentante di quelle terre,
di quelle popolazioni e delle loro sofferenze - ha mirabilmente ripercorso la sua
esperienza : specie quando ha parlato del "sogno" e del progetto europeo in cui
egli ed altri cercarono in modo illuminato il risarcimento e il riscatto oltre l'incubo
del passato e l'amarezza del silenzio.
Ed è giusto quel che egli ha detto : va ricordato l'imperdonabile orrore contro
l'umanità costituito dalle foibe, ma egualmente l'odissea dell'esodo, e del dolore e
della fatica che costò a fiumani, istriani e dalmati ricostruirsi una vita nell'Italia
tornata libera e indipendente ma umiliata e mutilata nella sua regione orientale. E va
ricordata - torno alle parole del Professor Barbi - la "congiura del silenzio",
"la fase meno drammatica ma ancor più amara e demoralizzante dell'oblio".
Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell'aver negato, o
teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e
dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali.
Oggi che in Italia abbiamo posto fine a un non giustificabile silenzio, e che siamo
impegnati in Europa a riconoscere nella Slovenia un amichevole partner e nella Croazia un
nuovo candidato all'ingresso nell'Unione, dobbiamo tuttavia ripetere con forza che
dovunque, in seno al popolo italiano come nei rapporti tra i popoli, parte della
riconciliazione, che fermamente vogliamo, è la verità. E quello del "Giorno del
Ricordo" è precisamente, cari amici, un solenne impegno di ristabilimento della
verità. |