Biografie della Resistenza
Romana A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V Z
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Ariosto Gabrielli Nato a Roma il 29 ottobre 1907. Comunista e attivo antifascista, nel giugno del 1928 fu arrestato e deferito al Tribunale speciale, che però lo assolse per insufficienza di prove. Fu quindi confinato a Ponza e a ventotene. Dopo l'armistizio prese parte alla guerra di liberazione, nelle file della Resistenza romana.
Aldo Garosci Nato a Meana di Susa nel 1907. Era poco più di un ragazzo
quando, a Torino, approdò alle rive dell'antifascimo. Era la Torino di Gramsci, di
Gobetti, di Venturi, la città che Vittorio Foa descrive come una specie di "zona
franca, una zona che accompagna l'Italia senza farsene integrare". Sarà il delitto
Matteotti a sospingerlo nell'agone. Via via, conseguita la laurea in Lettere, si dipanerà
una milizia epica, che parte dal ricordo di Piero Gobetti all'Università nel 1927. In
quegli anni nasce a Torino un movimento di giovani intellettuali "che si situano
fuori del fascismo, contro il fascismo e che non sono comunisti". Un gruppo di cui
Garosci e Mario Andreis sono gli animatori e che dà vita al foglio clandestino "Voci
d' officina". L'intonazione è "operaistica", risente della suggestione
delle idee gobettiane, ed ha una certa diffusione nelle università e nei licei. Nel
gennaio del 1932 tutto il gruppo, Garosci in testa, viene arrestato. Dopo il carcere la
fuga a Parigi capitale dei fuoriusciti e punto d'incontro e di scontro tra le varie
correnti politiche e ideologiche. Nazismo e fascismo trionfavano in gran parte d'Europa.
In Spagna erano in corso le prove generali di una guerra civile considerata l'anticamera
del conflitto mondiale. Gramsci, insieme a Carlo Rosselli, fu tra i primi, nell'estate del
1936, ad avvertire che l'ora dell'azione era arrivata. La colonna italiana, di cui Garosci
faceva parte, contava 150 uomini di tutte le età e condizioni, intellettuali e operai, in
maggioranza anarchici (un'ottantina), venti i giellisti, e i restanti repubblicani,
socialisti e comunisti. In Aragona Garosci partecipò tra l'altro alla battaglia di Monte
Pelato, e fu anche ferito. Dopo la sconfitta in Spagna, e l'occupazione nazista della
Francia, la fuga negli Stati Uniti. A New York Garosci sarà nel 1941 uno degli animatori
della "Mazzini society" pattuglia liberaldemocratica e liberalsocialista -
intelligente, estrosa, e litigiosissima - che propugnava la creazione di una Legione
italiana da affiancare agli alleati. Collaborò anche ai «Quaderni italiani» di Bruno
Zevi. Tra le sue opere vanno ricordate la «Vita di Carlo Rosselli» (1945), la «Storia dei fuorusciti» ('53), «Gli intellettuali e la guerra di Spagna» ('59), e «San Marino. Mito e storiografia» ('67).
Manlio Gelsomini Medico, di 36 anni. Nato a Roma il 9 novembre 1907 da Ugo e da Sparta Notari. Si laureò nel 31 in Medicina e Chirurgia all'Università di Siena, esercitando poi la libera professione. Nel gennaio del '34 fu ammesso alla Scuola di Sanità Militare di Firenze e ottenne la nomina a sottotenente. Ultimato il servizio di leva, tornò a Roma e aprì uno studio in Piazza del Popolo. Nel maggio del '43 fu richiamato alle armi con il grado di tenente e prestò servizio come ufficiale medico. L'8 settembre partecipò ai combattimenti di Porta San Paolo per la difesa della capitale; in seguito entrò nel Fronte militare clandestino di Montezemolo. Sfuggito alla cattura da parte dei tedeschi, gli fu affidato il compito di raccogliere i militari sbandati a nord di Roma e i giovani renitenti alla leva fascista disposti a lottare contro i nazisti e di recuperare tutto il materiale possibile del disgregato esercito italiano. In poche settimane organizzò e coordinò le bande del Concentramento Militare "Monte Soratte", nel viterbese, e del Concentramento Militare "Sant'Oreste", in provincia di Roma e nel reatino. A capo di una delle bande del "Monte Soratte", compì azioni di sabotaggio a linee ferroviarie e telefoni e assaltò automezzi militari tedeschi. Oltre a partecipare alle azioni militari, curava i partigiani feriti e ammalati ospitati in ricoveri di fortuna o improvvisati ospedali. Proprio per dare soccorso a un partigiano, il 13 gennaio del '44 cadde in una trappola che gli era stata tesa dalle SS, avvertite da una spia. Fu rinchiuso in via Tasso e torturato più volte. Durante la prigionia, scrisse poesie. Per convincerlo a parlare i tedeschi arrestarono e condannarono a morte anche la madre, che passò un mese in carcere (la pena non fu eseguita). Fu fucilato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo. Medaglia doro al valor militare.
Valentino Gerratana Nato a Scicli (Ragusa) il 14 febbraio del 1919: Laureato in Legge. Nel '39. mentre frequentava il corso allievi ufficiali a Salerno, con altri antifascisti, tra cui Giaime Pintor, ebbe i primi contatti con l'organizzazione comunista clandestina. Dal '42 si impegnò nell'attività antifascista e dopo la caduta di Mussolini prese parte al lavoro di riorganizzazione del PCI a Roma. Dall'8 settembre del '43 alla liberazione della capitale fu tra i promotori della Resistenza romana e partecipò alla lotta nelle file dei GAP. Nel dopoguerra ha diretto le Edizioni Rinascita, curando la pubblicazione in Italia dei classici del marxismo.
Gioacchino Gesmundo Professore di filosofia, di 35 anni. Nato a Terlizzi (Bari) il 20 novembre 1908 da Nicola e da Raffaella Vendola. Cattolico, fin da giovanissimo sentì una forte inclinazione verso il socialismo utopistico e la figura di Giuseppe Mazzini. In seguito studiò il pensiero di Marx e di Lenin. Nel 28, trasferitosi a Roma, s'iscrisse all'Istituto superiore di Magistero, dove si diplomò nel '32. Insegnò prima al liceo di Formia, poi, dal '35, al liceo scientifico "Cavour". Il suo insegnamento, che andava oltre i programmi della scuola fascista, allargandosi anche ad argomenti "proibiti" come il Risorgimento o la Questione Meridionale, proseguiva anche fuori dalla mura scolastiche: riceveva a casa i propri alunni, in un palazzo popolare di Porta Metronia, iniziando molti di loro alle idee del comunismo. Il 25 luglio del '43 lo trovò già in piena attività organizzativa del Pci, al quale aveva aderito a inizio anno per tramite di Giovanni Roveda. Dopo l'armistizio fu a capo del movimento che riuscì ad impedire l'inizio delle lezioni da parte dei professori collaborazionisti. La sua casa diventò un centro di lotta contro i nazifascisti, prima come redazione clandestina dell'Unità, poi come arsenale di armi per i Gap. Amico personale di don Pietro Pappagallo (anche lui originario di Terlizzi), Gesmundo era infaticabile: era a capo del servizio di controspionaggio del Pci, teneva corsi di formazione ideologica dei compagni di lotta, scriveva articoli, preparò una storia completa del comunismo (andata purtroppo perduta), diffondeva copie dell'Unità, armato di un pennello e di un barattolo di vernice tracciava sui muri scritte inneggianti al Pci e alla libertà. Fu arrestato dai tedeschi il 29 gennaio del '44, pochi giorni dopo lo sbarco degli Alleati ad Anzio, durante una perquisizione fattagli dalla polizia fascista mentre stava preparando un'azione di sabotaggio, gli furono scoperti in casa due sacchi di chiodi, a tre punte. Rinchiuso in via Tasso nella cella n. 13, torturato più volte, tentò di togliersi la vita per non parlare. Il 24 marzo fu processato dal Tribunale militare di guerra tedesco, condannato a morte e quello stesso giorno fucilato alle Fosse Ardeatine. Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Maurizio Giglio Tenente di fanteria, di 23 anni. Nato a Parigi il 20 dicembre 1920 da Armando e da Anna Isnard. Frequentò il liceo classico a Roma e dopo la maturità si laureò in giurisprudenza. Amava lo sport: la caccia, lo sci, il nuoto, lalpinismo, lautomobilismo. Nel 40 si arruolò volontario per la campagna in Grecia, dove combattè valorosamente. Ferito, fu costretto al riposo forzato per mesi e fu decorato con una medaglia di bronzo al valor militare. Dopo la guarigione, fu comandato presso la commissione darmistizio con la Francia, a Torino. Ma egli definiva la vita di ufficio "una specie di imboscamento". Ottenne di tornare a un reggimento e fu assegnato all81° fanteria di stanza nella capitale. L8 settembre del 43 combattè contro i tedeschi a Porta San Paolo nella battaglia di Roma. Poi si diede alla macchia nel Sud, nei pressi di Benevento. Superata la linea tedesca, si mise a disposizione della V Armata americana e, dopo un breve periodo di addestramento, cominciò a collaborare con lOss, il servizio segreto americano. Il 28 ottobre tornò nella capitale e, per ingannare il nemico e agire tranquillamente durante il coprifuoco, entrò a far parte della polizia ausiliaria repubblicana. Compì missioni al Sud, procurandosi notizie di carattere militare che poi trasmetteva via radio al Comando Alleato. Preparava inoltre basi per il passaggio di partigiani e militari nellItalia liberata, in contatto con la spia americana Peter Tompkins. Nella sua attività trovò anche il sostegno di un sacerdote, monsignor Nobles, che nascondeva la sua radio trasmittente nella chiesa di S. Agnese, a Piazza Navona, e gli faceva da "palo", quando si metteva in contatto con gli Alleati. La sua attività fu febbrile: era dappertutto, tanto che fu soprannominato "il Cervo". Il 17 marzo del 44, mentre trasportava la radio su un galleggiante, fu fatto arrestare dalla spia fascista della banda Kock, Walter Di Franco. Condotto alla pensione Oltremare, fu torturato e seviziato, ma non rivelò i nomi dei compagni. Fu fucilato il 24 marzo alle Fosse Ardeatine. Medaglia doro al valor militare.
Leone Ginzburg Docente universitario e dirigente editoriale, di 34 anni. Nato ad Odessa (Russia) il 4 aprile 1909 da Fiodor e da Vera Griliches. Ebreo, sposato con Natalia Levi, aveva tre figli (Carlo, Andrea e Alessandra). Giunto in Italia da bambino, studiò prima a Viareggio e poi al Liceo DAzeglio di Torino. Qui si laureò in lettere nel 31 con una tesi su Maupassant. Nel 32 ottenne la libera docenza di letteratura russa. Vinse una borsa di studio e si recò a Parigi dove frequentò l'ambiente degli emigrati antifascisti (Carlo Rosselli e Gaetano Salvemini). Nel gennaio del '34 fu esonerato dall'insegnamento per essersi rifiutato di prestare giuramento al PNF. Arrestato il 13 marzo insieme a Carlo Levi, nel novembre dello stesso anno fu condannato a quattro anni di carcere dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato per la sua appartenenza a Giustizia e Libertà. Scontò due anni nel penitenziario di Civitavecchia, poi, grazie a un'amnistia generale, il 13 marzo del 36 fu scarcerato. Per la sua condizione di vigilato speciale, gli fu preclusa ogni forma di collaborazione a riviste e giornali. Si dedicò quindi soprattutto al lavoro editoriale: dal 33 collaborava con Giulio Einaudi alla fondazione dell'omonima casa editrice, e ne divenne uno dei principali ispiratori. Nel 40 fu assegnato al confino a Pizzoli (L'Aquila). Dopo il 25 luglio del '43 fu uno degli organizzatori del movimento Giustizia e Libertà, aderendo poi al Partito d'Azione. Durante loccupazione tedesca, insieme a Muscetta e Fancello, diresse l'"Italia libera", lorgano romano del Partito d'Azione, di cui curava la stampa nella tipografia clandestina di Via Basento 55. Arrestato dalla polizia fascista il 20 novembre, a seguito di irruzione nella tipografia, fu rinchiuso in un primo momento nel reparto italiano di Regina Coeli, grazie ai documenti falsi in suo possesso, da cui risultava chiamarsi Leonida Gianturco. Ma ai primi di dicembre i tedeschi scoprirono la sua vera identità e così fu trasferito nel terzo braccio, quello dei prigionieri politici. Percosso e ridotto in fin di vita, morì in carcere il 5 febbraio del 44.
Giorgio Giorgi Ragioniere, di 23 anni. Nato a S. Agata Feltria (Pesaro) il 6 marzo 1921 da Giuseppe e da Alma Andreani. Iscritto alla facoltà di scienze economiche dell'Università di Roma, lavorava come impiegato nello stabilimento della ditta Innocenti. Dopo l'8 settembre del 43, entrò a far parte del Partito d'Azione e fu tra i suoi militanti più attivi. In comunicazione con le bande dei partigiani nei Castelli romani, fu tradito da una spia mentre stava preparando una spedizione di armi, munizioni e vestiario a un capitano inglese nascosto nella boscaglia. Arrestato dai fascisti, fu fucilato il 24 marzo del '44 alle Fosse Ardeatine.
Massimo Gizzio Studente, di 19 anni. Nato a Roma nel 1924. Ebreo, il padre era prigioniero nelle Indie. Allievo del Liceo "Dante Alighieri", aderì al PCI all'inizio del '43 e in maggio fu deferito al Tribunale speciale. Dopo l'armistizio prese parte alla guerra di liberazione, nelle file della Resistenza romana, aderendo al Comitato studentesco che si era costituito per dirigere l'agitazione contro gli invasori tedeschi e i fascisti. Il 29 gennaio del '44 il Comitato proclamò uno sciopero generale di protesta in tutte le scuole di Roma. Un folto gruppo di studenti del Liceo "Dante Alighieri", con alla testa Vincenzo Lapiccirella, Carlo Lizzani e Massimo Gizzio, si portò a manifestare in piazza della Libertà. Il preside Landogna richiese l'intervento d'urgenza della milizia fascista. Arrivò una squadra "Roma o morte" e tentò di fermare gli studenti e di arrestare Gizzio, che fu colpito nel tentativo di sottrarsi alla cattura. Ferito gravemente, fu ricoverato all'ospedale di Santo Spirito, e qui morì l'1 febbraio del '44.
Aladino Govoni Dottore in scienze economiche, di 35 anni. Nato a Tamara (Ferrara) il 17 novembre del 1908 da Corrado. Laureato in scienze economiche e commerciali. Capitano di fanteria del 1° Reggimento granatieri in Roma, dopo aver prestato servizio nei Balcani, al momento dell'armistizio si trovava nella Capitale. Dopo essersi battuto contro i tedeschi alla testa della sua compagnia alla Cecchignola e a Porta San Paolo, sfuggì alla cattura ed entrò nel movimento clandestino, nelle file di Bandiera Rossa, guidando numerose azioni di guerra contro i nazifascisti. Nel febbraio del '44 fu arrestato dalla polizia tedesca e sottoposto a tortura, finché il 24 marzo venne ucciso nella strage delle Fosse Ardeatine . Suo padre, il famoso poeta Corrado Govoni, che pure era stato fascista, nel novembre del '44 pubblicò un poema intitolato "La fossa carnaia ardeatina". Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Giuseppe Gozzer. Dottore in legge, di 30 anni. Nato a Magré (Trento) nel 1914. Partecipò nel '35 alla guerra in Africa Orientale e nel '37 a quella di Spagna. Congedatosi e conseguita la laurea in giurisprudenza, nel '40 fu richiamato alle armi. Passato nei paracadutisti, fu promosso capitano nel 3° Battaglione del 185° Reggimento fanteria della Divisione "Nembo". L'8 settembre del '43 si trovava a Roma, riuscì a sfuggire ai tedeschi e si uni al fronte della Resistenza. Catturato dai nazisti nel gennaio del '44 per l'opera partigiana svolta, uscì di prigione solo il 4 giugno, giorno della liberazione della Capitale. Ottenne di riprendere subito un posto nella lotta e venne paracadutato nella Carnia. Nominato capo di stato maggiore presso il Comando del Gruppo divisioni "Osoppo", alla metà di dicembre del '44 fu catturato a Chievolis (Pordenone). Inviato nel gennaio successivo nel campo di concentramento di Flossenburg e poi in quello di Herbruck (Germania), venne qui fucilato dai tedeschi nella prima decade del marzo del '45. Medaglia d'oro al valor militare.
Giuseppe Peppino Gracceva
Silvio Gridelli Tenente carrista. Nato ad Aversa (Caserta). L'8 settembre del '43 si trovava a Roma. Il 10 settembre partecipò con la compagnia carri M alla battaglia di Porta S. Paolo contro i tedeschi. Inviato in ricognizione alla testa di un plotone, nonostante rimanesse ferito da un colpo d'artiglieria nemica, continuò a combattere, finché un nuovo colpo non lo uccise. Medaglia d'argento al valor militare alla memoria.
Vincenzo Guarniera Meccanico. Nato a Catania il 14 aprile del 1906. Antifascista, fu deferito al Tribunale speciale, ma fu assolto dalle accuse il 31 maggio del '30. Arruolatosi nella leva di Marina, tornò sotto le armi nel '36, come motorista nel sommergibile "Goffredo". Conseguito il brevetto di pilota civile, all'inizio della seconda guerra mondiale fu assegnato all'Aeronautica. Decorato di medaglia d'argento al valor militare, raggiunse il grado di maresciallo. Dopo 1'armistizio, trovatosi a Roma, prese parte alla guerra di liberazione con il nome di "Tommaso Moro". Attivissimo comandante partigiano, alla testa di una formazione di Bandiera Rossa che raggiunse la forza di 172 uomini, compì azioni di straordinaria audacia nel territorio della capitale e nei suoi dintorni, tra cui - il 30 novembre del '43 - la liberazione dei condannati a morte di Forte Bravetta. I tedeschi gli davano la caccia e giunsero a porre sulla sua testa una taglia (astronomica per quei tempi) di 1.500.000 lire, ma tutto fu inutile. Attraversò più volte le linee nemiche sul fronte di Cassino e compì varie missioni a Napoli, rientrando poi sempre a Roma. Verso la fine del maggio '44 la banda intensificò la propria attività attaccando le colonne tedesche in ritirata sull'Aurelia, finché nella notte tra il 4 e il 5 giugno le unità della V Armata americana e delI'VIII Armata britannica liberarono Roma. Dopo la Liberazione ricevette le felicitazioni del generale Alexander che lo decorò della Bronzo-Star per "l'efficace, costante aiuto dato all'avanzata alleata verso Roma e per il prodigioso coraggio dimostrato", e lo definì "uno dei primi uomini della V Armata". Continuò a operare anche dopo la liberazione della Capitale. La sua ultima missione fu quella di attraversare le linee nemiche per portare al patrioti fiorentini 716.000 lire e 53 kg di medicinali. Tornato alla vita civile nel dopoguerra, riprese il suo lavoro di meccanico.
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