All'inizio del Novecento le comunità israelitiche
sono quasi del tutto integrate in Italia, e lantisemitismo è limitato a frange
minoritarie del mondo cattolico e ad alcune riviste, come La Civiltà Cattolica dei
gesuiti. Alcuni esponenti delle comunità ricoprono cariche importanti nella politica e
nellesercito: nel 1902, fra i 350 senatori nominati dal re, figurano 6 senatori
ebrei (nel 1920 diventeranno addirittura 19); nel 1906 il barone Sidney Sonnino, ebreo
convertito al protestantesimo, è nominato presidente del Consiglio, dopo essere stato
ministro delle Finanze e degli Esteri; nel 1910 un altro ebreo, Luigi Luzzati, questa
volta non convertito, ricopre la carica di primo ministro, dopo essere stato
anchegli ministro delle Finanze. Il sociologo Leopoldo Franchetti è senatore
conservatore per molti anni, prima di suicidarsi dopo la sconfitta italiana di Caporetto.
Salvatore Barzilai, giornalista irredentista di Trieste, è eletto deputato per otto
mandati e, dopo la Grande Guerra, fa parte della delegazione italiana alla conferenza per
la pace a Versailles. Ernesto Nathan, ebreo e massone, è sindaco di Roma dal 1907 al
1913. Giuseppe Ottolenghi, primo ebreo a rivestire il grado di generale nel 1888, diventa
istruttore del futuro Vittorio Emanuele III e nel 1902 viene nominato senatore e ministro
della Guerra. E significativo anche il contributo ebraico al primo conflitto
mondiale: lItalia ha 50 generali ebrei; uno di questi, Emanuele Pugliese, sarà il
più decorato dellesercito; un altro, il generale Roberto Segre, idea le difese sul
Piave.
Nascita del fascismo: ebrei
fascisti e ebrei oppositori
Lavvento del fascismo non mette in crisi lintegrazione
degli ebrei in Italia. Nella famosa riunione in piazza San Sepolcro a Milano (23
marzo1919), fra i 119 fondatori del fascismo ci sono anche cinque ebrei, ed è uno di loro
(Cesare Goldman) a procurare la sala all'associazione industriali dove Mussolini tiene a
battesimo il movimento. Tra i "martiri fascisti" che muoiono negli scontri con i
socialisti fra il 1919 e il 1922, figurano tre ebrei: Duilio Sinigaglia, Gino Bolaffi e
Bruno Mondolfo. Più di 230 ebrei partecipano alla marcia su Roma nellottobre del
1922 e risulta che a quella data gli iscritti al partito fascista o a quello nazionalista
(che poi nel 1923 si fondono) siano ben 746. A Fiume con D'Annunzio ci sono ebrei, fra cui
Aldo Finzi che diviene poi sottosegretario agli interni di Mussolini e membro del Gran
Consiglio (allontanato dal Regime, entrerà poi nella Resistenza e morirà alle Fosse
Ardeatine), mentre Dante Almansi ricopre addirittura sotto il fascismo la carica di vice
capo della polizia. Guido Jung è eletto deputato fascista e viene nominato ministro delle
Finanze dal 1932 al 1935. Maurizio Rava è nominato vicegovernatore della Libia,
governatore della Somalia e generale della milizia fascista. Tanti altri ebrei, pur
occupando posti di minore importanza, contribuiscono allaffermazione del fascismo,
come il commendator Elio Jona, finanziatore de Il Popolo dItalia, e come gli
industriali lombardi di origine ebraica che, per paura del comunismo, sostengono
finanziariamente il movimento.
Lo stesso Benito Mussolini conta fra i suoi amici esponenti
dellebraismo quali la russa Angelica Balabanoff, Cesare Sarfatti e Margherita
Sarfatti, per lungo tempo amante del duce, condirettrice della rivista fascista
"Gerarchia" e autrice della prima biografia di Mussolini dal titolo Dux,
tradotta in tutte le lingue, che contribuisce significativamente a propagandare il
fascismo a livello mondiale.
Questo non significa che lebraismo italiano sposi la causa del
fascismo. Mussolini, fin dai primi anni, deve fare i conti con lopposizione anche di
molti ebrei: i socialisti Treves e Modigliani sono fra i protagonisti dellAventino;
il senatore Vittorio Polacco pronuncia un coraggioso discorso, che ha una vasta eco nel
paese; Eucardio Momigliano, che era stato uno dei sansepolcristi ebrei, abbandona il
fascismo quasi subito, fondando lUnione democratica antifascista; il deputato Pio
Donati, aggredito e percosso due volte, è costretto allesilio e muore in solitudine
nel 1926; alcuni professori universitari rifiutano fedeltà al Regime (tra i 12 coraggiosi
in tuttItalia, tre sono ebrei: Giorgio Errera, Giorgio Levi della Vida e Vito
Volterra), il presidente della Corte Suprema Ludovico Mortara si dimette; nel maggio del
25 il Manifesto degli intellettuali fascisti redatto da Croce è sottoscritto da 33
ebrei.
Primi anni del Regime, il problema ebraico non esiste
Nei primi anni Venti per il fascismo il problema ebraico non esiste,
anzi Mussolini quando ciò corrisponde ai suoi fini politici non manca di
corteggiare le comunità israelitiche, come testimoniano le sue parole sul Popolo
dItalia del 1920: "In Italia non si fa assolutamente nessuna differenza fra
ebrei e non ebrei, in tutti i campi, dalla religione, alla politica, alle armi,
alleconomia... la nuova Sionne, gli ebrei italiani, lhanno qui, in questa
nostra adorabile terra". Solo dopo il 38, molti zelanti gerarchi italiani
filo-nazisti, per far piacere a Hitler, spulceranno alcuni vecchi discorsi di Mussolini,
con qualche frase che si poteva interpretare razzista (sul Popolo d'Italia del 4
giugno 1919 il duce affermava: "Sulla Rivoluzione Russa mi domando se non è stata la
vendetta dell'ebraismo contro il cristianesimo, visto che l'80 per cento dei dirigenti dei
soviet sono ebrei... La finanza dei popoli è in mano agli ebrei, e chi possiede le
casseforti dei popoli dirige la loro politica" e concludeva che il bolscevismo era
"difeso dalla plutocrazia internazionale, e che la borghesia russa era guidata dagli
ebrei; quindi proletari non illudetevi").
Ma si tratta soltanto di battute. Nel novembre del 23 Mussolini,
dopo aver ricevuto il rabbino di Roma Angelo Sacerdoti, fa diramare un comunicato
ufficiale in cui si legge: "(
) S.E. ha dichiarato formalmente che il governo e
il fascismo italiano non hanno mai inteso di fare e non fanno una politica antisemita, e
che anzi deplora che si voglia sfruttare dai partiti antisemiti esteri ai loro fini il
fascino che il fascismo esercita nel mondo". Nel 1930, lanno dopo il Concordato
col Vaticano, il duce fa approvare la Legge Falco sulle Comunità israelitiche italiane,
accolta molto favorevolmente dagli ebrei italiani.
In realtà con questa legge il fascismo vuole soltanto servirsi degli
ebrei per la sua politica. Il rabbino di Alessandria dEgitto (David Prato) è un
italiano; in tal modo si pensa che linfluenza italiana nel Levante si affermi; viene
perciò aperto un Collegio rabbinico a Rodi; i consoli italiani fanno opera di persuasione
perché gli ebrei italiani allestero non rinuncino alla cittadinanza; si facilita
liscrizione alle Università italiane di quegli studenti stranieri che provengono da
paesi dove vige il "numerus clausus". Il Collegio rabbinico da Firenze viene
nuovamente trasferito a Roma. Nel 32 la Mondadori pubblica i famosi Colloqui con
Mussolini di Emil Ludwig, e il duce condanna il razzismo senza riserve, definendolo
una "stupidaggine", quanto allantisemitismo, afferma che "non esiste
in Italia". Dopo la presa del potere da parte di Hitler, i profughi ebrei dalla
Germania vengono accolti e il loro insediamento non è ostacolato dalle Autorità.
Se non si tratta di un corteggiamento, poco ci manca. La risposta delle
comunità ebraiche è ottima: tra lottobre del 1928 e lottobre del 1933, sono
4920 gli ebrei che si iscrivono al partito fascista; poco più del 10 per cento della
popolazione ebraica italiana.
1933-34, comincia l'antisemitismo
I primi germi dellantisemitismo incominciano a manifestarsi dopo
la conquista del potere da parte di Hitler in Germania nel 1933. Su diversi giornali
fascisti appaiono i primi segni dellantisemitismo che, raccogliendo la letterature
tradizionali, accusano gli ebrei di voler conquistare il potere mondiale.
Nel marzo del 1934 due giovani ebrei torinesi aderenti a Giustizia e
Libertà, Sion Segrè e Mario Levi, sono fermati dallOvra alla frontiera mentre
tentano di introdurre manifestini e propaganda antifascista. Levi riesce a darsi alla fuga
gettandosi nelle acque del Lago Maggiore. Nella rete cadono anche i loro
"complici": Leone Gizburg, Carlo Mussa Ivaldi, Barbara Allaso, Augusto Monti.
Questo fatto da occasione a molti giornali di sfogare il loro livore antisemita.
tanto che il gerarca Roberto Farinacci invita tutti gli ebrei italiani a scegliere tra
sionismo e fascismo. E mentre alcuni ebrei corrono ai ripari, e nella stessa Torino viene
fondato il giornale La nostra bandiera, diretto da Ettore Ovazza (che poi nel
43 sarà ucciso dai tedeschi), esponente dei buoni "cittadini italiani di
religione israelitica" , devoti al Regime, altri continuano a tenere un contegno
degno delle più nobili tradizioni risorgimentali; fra questi i due fratelli Nello e Carlo
Rosselli - discendenti da Pellegrino Rosselli e Jeannette Nathan Rosselli, che ospitarono
Mazzini - uccisi in Francia da sicari fascisti nel 1937. Carlo Rosselli, in esilio a
Parigi, fonda il movimento "Giustizia e libertà" e poi combatte nella guerra
civile in Spagna.
Dal 34 è un crescendo di "segnali" antiebraici. La
stampa ospita sempre più di frequente articolo razzisti. Nel 1936, a Tripoli, alcuni
esponenti della Comunità ebraica vengono fustigati nella pubblica piazza perché i
commercianti ebrei della città si rifiutano di tenere i negozi aperti di sabato.
Mussolini, autonominatosi "protettore dellIslam", appoggia gli Arabi di
Palestina, inviando loro armi; si parla di minaccia ai luoghi santi da parte del Sionismo,
sostenuto dalla Gran Bretagna. Nel novembre del 36 il Ministro degli esteri Galeazzo
Ciano emana precise istruzioni affinché si eviti che funzionari ebrei della Farnesina
siano incaricati di trattare con la Germania.
Eppure si tratta ancora di episodi limitati, non ancora di una scelta
politica dichiarata dellintero partito. E infatti si registrano anche avvenimenti di
segno opposto.
Nel 34 Mussolini da il via libera alla creazione della
sezione ebraica della scuola marittima di Civitavecchia (molti dei partecipanti
costituiranno poi il nucleo della marina israelina): Lanno dopo diversi ebrei
partecipano alla guerra d'Etiopia e, successivamente, alla guerra di Spagna Uno dei caduti
in Spagna (Alberto Liuzzi) è perfino decorato di medaglia d'oro. Anche quando la Società
delle Nazioni sanziona lItalia, ladesione alla "giornata della fede"
e allofferta delloro da parte delle comunità ebraiche è larghissima. La
guerra in Africa mette il Governo italiano in contatto coi 30 mila Falascia che vivono in
Abissinia, un nucleo di negri professante la religione ebraica, ma vissuto per secoli in
assoluto isolamento. Mussolini, ritenendo opportuno favorire questo gruppo, dopo che i
capi Falascia hanno prestato il giuramento di fedeltà, lo mette in relazione con gli
ebrei dItalia. Anche se, contemporaneamente, il Regime mette in cantiere una
legislazione indirizzata a contenere il meticciato fra italiani e popolazioni indigene
africane che fa da apristrada a a concezione di superiorità della razza italica.
La situazione va nettamente peggiorando col graduale avvicinamento del
governo fascista a quello hitleriano, anche se Mussolini, il 16 febbraio del 38, con
il documento n. 14 dellInformazione diplomatica, il bollettino semiufficiale
adoperato dal regime per comunicare le sue scelte di politica estera, smentisce
ufficialmente le voci, sempre più insistenti, provenienti dallestero, di misure
antisemite che il governo italiano andrebbe elaborando.
Ne sono consapevoli i vertici delle comunità ebraiche. E infatti nel
37, dopo che una delegazione italiana ha partecipato al Congresso antisemita di
Erfurt, viene pubblicato un coraggioso "Manifesto dei rabbini dItalia ai loro
fratelli", aperta rampogna agli ebrei italiani che seguendo altre ideologie si
ritengono avulsi dal loro ceppo di origine.
Nella primavera del 37 Paolo Orano, rettore dellUniversità
di Perugia, pubblica "Gli Ebrei Italiani". In questo libro Orano chiede agli
ebrei di diventare in tutto e per tutto italiani, di prendere le distanze dal sionismo e
di tagliare i ponti con gli ebrei dei paesi liberal-democratici per sostenere la lotta
contro linternazionale ebraica. Intanto Giovanni Preziosi diffonde in Italia il
falso documento "I Protocolli dei Savi Anziani di Sion", pesantemente
antisemita.
La campagna di stampa si fa sempre più pesante. Il giornale Regime
Fascista pubblica regolarmente articoli razzisti firmati Farinacci. Altri giornali
antisemiti, Il Tevere, Giornalissimo, Quadrivio, vomitano insulti e
calunnie contro gli ebrei; il più zelante divulgatore di odio razziale è Telesio
Interlandi, autore del libello "Contra Judaeos".
1938, la visita di Hitler e le leggi razziali
Nel maggio del 1938 Hitler viene a Roma per ricambiare la visita di
Mussolini. Storicamente non esiste la prova di un collegamento diretto tra la visita e la
svolta razzista del Regime (e secondo molti storici, a partire da De Felice, sarebbe
ingiusto scaricare le responsabilità dellItalia e del fascismo su Hitler). Fatto
sta che il mese dopo una delegazione di esperti tedeschi di razzismo viene in Italia per
istruire funzionari italiani su questa pseudo-scienza; e appena due mesi dopo, il 14
luglio del 1938, viene pubblicato il "Manifesto della razza" , firmato da un
gruppo di professori, di cui il più autorevole è Nicola Pende, in cui si sostiene la
teoria della purità della razza italiana, prettamente ariana, il cui sangue va difeso da
contaminazioni: quindi, gli ebrei sarebbero estranei e pericolosi al popolo italiano.
Sempre in luglio lufficio demografico del Ministero dellinterno si trasforma
in Direzione generale per la demografia e la Razza.
Il massimo consenso alla campagna razzista si manifesta tra gli
intellettuali e i docenti universitari. Tutto ciò suscita scarsi dissensi. Uniche
eccezioni di rilievo sono il filosofo Giovanni Gentile, lo scrittore Massimo Bontempelli,
e il fondatore del futurismo Tommaso Marinetti. Voci discordi si levano anche in ambienti
cattolici (in particolare ad opera del gruppo fiorentino di Giorgio La Pira), preoccupati
tra laltro della piega "pagana" che sembra prendere la persecuzione
antiebraica, e inizialmente anche da parte del Vaticano che però come scrive Renzo
De Felice tutto sommato non si dimostra contrario "ad una moderata azione
antisemita". E infatti il 10 ottobre lambasciatore italiano presso la santa
Sede comunica per telespresso a Mussolini: "(
) le recenti deliberazioni del
Gran Consiglio in tema di difesa della razza non hanno trovato in complesso in Vaticano
sfavorevoli accoglienze (
) le maggiori per non dire uniche preoccupazioni della
Santa Sede si riferiscono al caso di matrimoni con ebrei convertiti".
Contemporaneamente al "Manifesto della razza" viene lanciata
(in data 15 luglio 1938) unedizione speciale dei "Protocolli"; e per
sostenere e diffondere la teoria razziale, nuova per gli italiani, inizia le sue
pubblicazioni una rivista: La difesa della razza, diretta da Telesio Interlandi.
Durante tutta lestate del 38 tutta la stampa italiana pubblica articoli
diffamatori contro gli ebrei per preparare lopinione pubblica alla normativa
razziale. Il 1° settembre 1938 viene emanata la legge: tutti gli ebrei italiani sono
messi al bando della vita pubblica; perfino le scuole sono precluse ai bambini ebrei.
Allinterno del partito fascista, tra i pochi ad opporsi cè Italo Balbo.
La persecuzione degli ebrei italiani
Il periodo 1938-1943 è tragico per gli ebrei italiani. Michele
Sarfatti nel suo studio certifica che in questi sei anni vengono assoggettate alla
persecuzione circa 51.100 persone, cioè poco più dell1 per mille della popolazione
della penisola; i perseguitati sono in parte (circa 46.600) ebrei effettivi e in parte
(circa 4500) non-ebrei classificati "di razza ebraica". Lantisemitismo
permea la vita del paese in tutti i suoi comparti. In un solo anno, dei 10 mila ebrei
stranieri presenti in Italia, 6480 sono costretti a lasciare il Paese. Uno degli epicentri
della "pulizia etnica" del fascismo sono le scuole e le Università. Nel giro di
poche settimane, 96 professori universitari, 133 assistenti universitari, 279 presidi e
professori di scuola media, oltre un centinaio di maestri elementari, oltre 200 liberi
docenti, 200 studenti universitari, 1000 delle scuole secondarie e 4400 delle elementari
vengono allontanati dagli atenei e dalle scuole pubbliche del regno: una profonda ferita,
mai completamente rimarginata, viene inferta alla cultura italiana. Molti illustri docenti
sono costretti allesilio (come Enrico Fermi, che ha una moglie ebrea); altri
costretti al silenzio e alla miseria, esclusi da quegli istituti che hanno creato, come
Tullio Levi Civita (fisico e matematico), che si vede persino negare lingresso alla
biblioteca del suo Istituto di Matematica della Università di Roma dal nuovo direttore,
Francesco Severi. La stessa tragica sorte subiscono 400 dipendenti pubblici, 500
dipendenti privati, 150 militari e 2500 professionisti, che perdono i loro posti di lavoro
e vengono ricacciati nel nulla, senza possibilità non solo di proseguire la loro
carriera, ma spesso anche di sopravvivere. Gli episodi di violenza fisica da parte
fascista sono per fortuna contenuti (qualche incidente si verifica solo a Roma, Trieste,
Ferrara, Ancona e Livorno)
Gli ebrei come reagiscono? Quelli che hanno la possibilità, emigrano:
i più verso le Americhe, molti in Palestina (alla data del 28 ottobre 1941 risultano aver
lasciato il regno 5966 ebrei di nazionalità italiana). L1 per mille dei
perseguitati si suicida. Il caso più drammatico è quello di Angelo Fortunato Formiggini,
giornalista, editore, fra i primi a rendersi conto della pericolosità del fascimo. Si
registrano anche molte abiure e pubbliche dissociazioni (3880 casi tra il 1938 e il 1939)
ed anche qualche "arianizzazione", ottenuta col presentare documenti falsi e
forti somme di denaro. Sono invece pochi quelli che fanno valere una legge, emanata ad
hoc, secondo la quale era da considerarsi "ariano" lebreo che dimostrava
di essere figlio di un adulterio. Gli altri si adattano a vivere come possono, si
organizzano in seno alle stesse Comunità e continuano, malgrado le loro peggiorate
condizioni, ad aiutare i fratelli doltralpe che dallavvento di Hitler al
potere continuano ad affluire numerosi in Italia (tra il 38 e il 41,
nonostante i divieti e le leggi razziali, ne arrivano almeno 3mila, anche grazie alla
compiacenza delle guardie di frontiera).
Nel 1939, Dante Almansi, presidente dellUnione delle comunità
ebraiche italiane, è autorizzato dal governo a creare unorganizzazione per
assistere i rifugiati ebrei giunti in Italia da altre parti dEuropa. Conosciuta come
Delasem, il nome per esteso di questa organizzazione era Delegazione Assistenza Emigranti
Ebrei. Tra il 1939 e il 1943 la Delasem aiuta oltre cinquemila rifugiati ebrei a lasciare
lItalia e raggiungere Paesi neutrali, salvando loro la vita.
II guerra mondiale, la persecuzione si aggrava
La politica razziale del fascismo dovrebbe concludersi con
lallontanamento di tutti gli ebrei dalla penisola. Mussolini decide nel settembre
1938 lespulsione della maggioranza degli ebrei stranieri e nel febbraio 1940
lespulsione entro dieci anni degli ebrei italiani. Lingresso dellItalia
in guerra il 10 giugno 1940 blocca lattuazione di queste decisioni.
Con la guerra, però, il fascismo aggrava la persecuzione dei diritti,
istituendo nel giugno 1940 linternamento degli ebrei italiani giudicati maggiormente
pericolosi (per il regime) e degli ebrei stranieri i cui paesi avevano una politica
antiebraica. Nel 40 gli ebrei italiani internati o confinati sono 200 (tra essi, vi
è Leone Ginzburg con la moglie Natalia); nel 43 raggiungeranno il migliaio. Il
numero degli ebrei stranieri internati è di gran lunga più alto, anche se mancano dati
precisi al riguardo.
Campi di concentramento vengono aperti in ogni parte dItalia. I
più importanti sono quelli di Campagna e di Ferramonti. De Felice nel suo libro
"Storia degli ebrei sotto il fascismo", parla di oltre 400 tra luoghi di confino
e campi di internamento, ma non è stato ancora fatto un censimento attendibile. Ebrei
vengono rinchiusi anche nelle prigioni delle maggiori città italiane, San Vittore a
Milano, Marassi a Genova e Regina Coeli a Roma.
Non è finita. Nel maggio 1942 gli israeliti di età compresa tra i 18
e i 55 anni sono precettati in servizi di lavoro forzato(ma su 11.806 precettati, ne
saranno avviati al lavoro solo 2038). Nel maggio-giugno 1943 vengono creati dei veri e
propri campi di internamento e lavoro forzato per gli ebrei italiani.
Soltanto allEstero, la situazione è visibilmente migliore: in
Francia, Jugoslavia e Grecia, i comandi italiani intervengono spesso a difesa degli ebrei
e sottraggono molti di loro ai tedeschi, salvandoli dalla persecuzione e dalle
deportazioni. Scriverà in un rapporto a Berlino un alto ufficiale delle SS, Roethke:
"La zona di influenza italiana (
) è divenuta la Terra Promessa per gli Ebrei
residenti in Francia".
Il 25 luglio del '43 viene destituito Mussolini e sciolto il partito
fascista. Il governo Badoglio rilascia i prigionieri ebrei, abroga le norme che prevedono
il lavoro obbligatorio e i campi di internamento ma nonostante la sollecitazione
dei partiti antifascisti - lascia in vigore le leggi razziali, che non sono revocate
neppure dal Re. Badoglio scriverà nelle sue memorie che "non era possibile, in quel
momento, addivenire ad una palese abrogazione delle leggi razziali, senza porsi in
violento urto coi tedeschi". Un comodo alibi. Forse qualche peso nella decisione ha
anche la nota della Santa Sede al Ministro dellInterno badogliano secondo cui la
legislazione in questione "ha bensì disposizioni che vanno abrogate, ma ne contiene
pure altre meritevoli di conferma".
1943, l'occupazione tedesca, la Rsi e le deportazioni
Dopo larmistizio dell8 settembre 1943, gli ebrei rifugiati
al Sud tirano un sospiro di sollievo. La persecuzione è finita e il Governo Badoglio
prende atto delle richieste degli Alleati. Larticolo 31 del cosiddetto armistizio
lungo è chiaro al riguardo: "Tutte le leggi italiane che implicano
discriminazioni di razza, colore, fede od opinioni politiche saranno, se questo non sia
già stato fatto, abrogate". E infatti il 24 novembre del 43 il consiglio dei
ministri comincia ad abrogare le leggi razziali.
Nel centro-nord occupato dai tedeschi, invece, la situazione degli
ebrei si aggrava ulteriormente. Già il 15-16 settembre 1943 i nazisti arrestano e
deportano 22 ebrei di Merano, e negli stessi giorni rapinano e uccidono quasi 50 ebrei
sulla sponda piemontese del lago Maggiore, a Meina, Baveno, Arona. Il 23 settembre il
RSHA, la centrale di polizia tedesca che gestiva la politica antiebraica, comunica che gli
ebrei di cittadinanza italiana sono divenuti immediatamente assoggettabili alle
"misure" in vigore per gli altri ebrei europei. La prima retata delle SS è
quella del 16 ottobre 1943 a Roma: quel sabato vengono rastrellati 1259 ebrei; due giorni
dopo 1023 di essi vengono deportati ad Auschwitz (tra di essi vi è anche un bambino nato
dopo larresto della madre); di questi deportati, solo 17 sopravviveranno.
La neonata Repubblica di Salò non è più tenera del fascismo con gli
ebrei, anzi. La Carta di Verona del 14 novembre 1943 - il manifesto politico della Rsi -
risolve il problema degli ebrei italiani nel capitolo settimo, affermando che tutti i
membri della razza ebraica sono "stranieri e parte di una nazione nemica".
LOrdine di Polizia numero 5, emanato il 30 novembre 1943 e trasmesso il giorno
seguente alla radio, annuncia che tutti gli ebrei saranno inviati ai campi di
concentramento, fatta eccezione per quelli gravemente malati o di età superiore ai
settantanni. Tutte le proprietà ebraiche nella Repubblica di Salò saranno
sequestrate e assegnate alle vittime dei bombardamenti alleati. Una legge del 4 gennaio
1944 trasforma i sequestri in confische (alla data di Liberazione il numero dei decreti di
confisca sarà di circa 8mila; la Rsi si approprierà di terreni, fabbricati, aziende,
titoli, mobili, preziosi, merci di famiglie ebraiche pari a oltre 2 miliardi di lire).
Già il 1° dicembre le autorità italiane cominciano ad arrestare gli
ebrei e a internarli in campi provinciali; alla fine di quel mese iniziano a trasferirli
nel campo nazionale di Fossoli, nel comune di Carpi, in provincia di Modena. Nella
"caccia agli ebrei", i più accaniti sono i fascisti delle bande autonome, la
banda Carità a Firenze, la banda Kock a Roma e poi a Milano, la legione Muti, e la
Guardia nazionale repubblicana, le Brigate Nere, le SS italiane. Ma si macchiano di
complicità con i nazisti pure le prefetture, la polizia e i carabinieri (alcune
prefetture e comandi scrive De Felice ci mettono "uno zelo veramente
incredibile, fatto al tempo stesso di fanatismo, di sete di violenza, di rapacità").
E un fatto ormai accertato che i 4210 ebrei deportati dopo lOrdine n. 5, siano
stati arrestati quasi tutti dalle autorità italiane. Una "caccia" che durerà
fino alla fine: il 25 aprile del 45, un gruppo di militi fascisti in fuga verso la
Francia, si ferma a Cuneo per prelevare sei ebrei stranieri e li uccide, gettando i loro
corpi sotto un ponte.
L8 febbraio del 1944 il campo di Fossoli passa sotto il comando
tedesco e il comandante italiano del campo, che pure aveva assicurato più volte che non
avrebbe mai consegnato i suoi prigionieri ai nazisti, allatto pratico non mantiene
le sue promesse. A Fossoli si realizza come ha scritto Sarfatti "la
saldatura tra le politiche antiebraiche italiane e tedesca". Dal campo modenese,
infatti, gli ebrei catturati dalle autorità italiane vengono inviati nei lager
dellEuropa orientale. E che in quei luoghi gli ebrei non vadano in gita ma vengano
uccisi, Mussolini lo sa almeno dal febbraio del 43, quando aveva ricevuto un
rapporto segreto di Ciano sulle deportazioni e le "esecuzioni in massa degli
ebrei" in Germania.
Il 15 marzo del 44 Mussolini compie un ulteriore grave passo:
istituisce un Ufficio per la razza, alle dipendenze della Presidenza del Consiglio, e vi
pone a capo il super-razzista Giovanni Preziosi che sostiene apertamente che il
"primo compito" della Rsi è "quello di eliminare gli ebrei". Preziosi
si adopera per inviare nei campi di concentramento non solo gli ebrei puri, ma anche i
cittadini di "origine mista", e per confiscare i beni anche degli ebrei
"arianizzati".
Prima dellarrivo delle forze alleate, gli ebrei vengono
trasferiti nel campo di Bolzano-Gries, luogo noto per le torture e gli assassinii. Dalla
Risiera di San Sabba a Trieste un numero alto di ebrei viene indirizzato a morte sicura e
lo stesso destino incontrano 1805 ebrei di Rodi e Kos. Le SS e la milizia fascista
catturano e giustiziano sommariamente più di duecento ebrei (77 vengono fucilati alle
Fosse Ardeatine, il 24 marzo, insieme a molti partigiani). In questo sono aiutati da due
collaboratori ebrei - a Roma e Trieste - che identificano i correligionari e li consegnano
ai loro carnefici.
Per fortuna la persecuzione degli ebrei trova scarso consenso nel
popolo italiano, salvo poche eccezioni; molti, pur consci del pericolo cui si espongono,
salvano la vita a ebrei italiani e stranieri, nascondendoli nelle loro case; i partigiani
accompagnano alla frontiera svizzera vecchi e bambini, e li mettono in salvo. Tra tutti,
spiccano gli atti di eroismo di Giorgio Perlasca e del questore di Fiume Giovanni
Palatucci (poi morto a Dachau). Anche la Chiesa Cattolica interviene in modo deciso. Molti
ebrei trovano rifugio e salvezza nei monasteri o nelle parrocchie (solo a Roma il Vaticano
aiuta oltre 4 mila ebrei).
Quante vittime ha fatto la deportazione degli ebrei in Italia? Liliana
Picciotto Fargion nell'aggiornamento del "Libro della Memoria" (Mursia) riscrive
le cifre. Gli ebrei arrestati e deportati nel nostro Paese furono 6807; gli arrestati e
morti in Italia, 322; gli arrestati e scampati in Italia, 451. Esclusi quelli morti in
Italia, gli uccisi nella Shoah sono 5791. Ovvero circa il 20 per cento della popolazione
ebraica italiana ( tra i rabbini-capo la percentuale sale al 43 per cento). A questi vanno
aggiunte 950 persone che non si è riusciti a identificare e che quindi non sono
classificabili.
Ci sono novità anche sul meccanismo della persecuzione. La Picciotto
è convinta, sulla base delle circolari che i nazisti inviavano alle autorità italiane,
che tra i ministeri degli Interni tedesco e della Rsi ci fosse un accordo preciso: gli
italiani avrebbero pensato alle ricerche domiciliari, agli arresti e alla traduzione nei
campi di transito (in particolare quello di Fossoli); i tedeschi alla deportazione nei
campi di sterminio. "Manca il documento- precisa - ma i sospetti sono oramai quasi
realtà".
Chi si salvò? Secondo i calcoli di Michele Sarfatti, i perseguitati
che non vennero deportati o uccisi in Italia furono circa 35.000. Circa 500 di essi
riuscirono a rifugiarsi nellItalia meridionale; 5500-6000 riuscirono a rifugiarsi in
Svizzera (ma per lo meno altri 250-300 furono arrestati prima di raggiungerla o dopo
esserne stati respinti); gli altri 29.000 vissero in clandestinità nelle campagne e nelle
città. Circa 2000 ebrei, tra i quali Enzo e Emilio Sereni, Vittorio Foa, Carlo Levi,
Primo Levi, Umberto Terracini e Leo Valiani, parteciparono attivamente alla Resistenza
(1000 inquadrati come partigiani e 1000 in veste di "patrioti"), pari al 4 per
cento della popolazione ebraica italiana. Una percentuale di gran lunga superiore a quella
degli italiani nel loro complesso. Circa 100 ebrei caddero in combattimento o, arrestati,
furono uccisi nella penisola o in deportazione; cinque furono insigniti di medaglia
doro alla memoria. Fra i caduti, vanno ricordati il bolognese Franco Cesana, il più
giovane partigiano dItalia, il torinese Emanuele Artom, i triestini Eugenio Curiel e
Rita Rosani, il milanese Eugenio Colorni, il toscano Eugenio Calò, gli emiliani Mario
Finzi e Mario Jacchia, e lintellettuale Leone Ginzburg. Un alto contributo al
ritorno della libertà e della democrazia in Italia.