I Savoia
Nel 1946 l'Italia visse la sua "rivoluzione" democratica. Riposte le armi che
durante la Resistenza avevano contribuito alla vittoria alleata, si avvertiva l'esigenza
di un mutamento che non fosse traumatico. Togliatti, nell'aprile di due anni prima, aveva
voluto la "svolta di Salerno", che consisteva nel far assumere al Pci
responsabilità di governo e nel rinviare la definizione della questione istituzionale
alla fine della guerra. Pochi giorni più tardi, il 12 aprile '44, la Corona aveva
acconsentito ad un primo passaggio di poteri fra Vittorio Emanuele III e il figlio
Umberto; quest'ultimo, nominato Luogotenente generale del Regno, avrebbe assicurato la
continuità monarchica offrendo, nel contempo, la possibilità a Casa Savoia di
presentarsi all'opinione pubblica e agli anglo-americani come una dinastia desiderosa di
dimenticare la "parentesi" fascista. Il 18 giugno, poi, liberata Roma, la
continuità col regime liberale era riaffermata con l'insediamento di Ivanoe Bonomi alla
presidenza del Consiglio. Il nuovo "premier" tornava alla guida dell'Esecutivo a
distanza di ventidue anni. Una settimana più tardi, poi, il decreto legislativo
luogotenenziale 151/1944 stabiliva che "dopo la liberazione del territorio nazionale
le forme istituzionali" sarebbero state "scelte dal popolo italiano, che a tal
fine" avrebbe eletto "a suffragio universale, diretto e segreto, un'Assemblea
Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato".
Il percorso che ha condotto l'Italia a scegliere la forma repubblicana non fu privo di
ostacoli. Insediata la Consulta Nazionale e istituito il ministero per la Costituente, a
fine luglio '45 era chiaro che gli italiani avrebbero potuto incidere solo indirettamente
sulla forma istituzionale, perché sarebbero stati i costituenti ad esprimersi pro o
contro la monarchia: una decisione che avrebbe potuto avvantaggiare i Savoia, i quali
potevano contare sull'appoggio di parte consistente dei liberali e di una
"fetta" della Democrazia cristiana. Le sinistre, invece, erano repubblicane. A
guerra appena finita era difficile quantificare i reali rapporti di forza fra i partiti
del Comitato di Liberazione Nazionale, perciò tutto era avvolto nell'incertezza. Il
"vento del Nord", della Resistenza, spirava molto forte su una costruzione
istituzionale che nel '45 rivelava tutta la sua fragile provvisorietà. La monarchia era
sempre più debole, e l'eventualità di una Costituente formata prevalentemente da
deputati favorevoli alla Repubblica si faceva sempre più concreta. Il decreto legislativo
luogotenenziale del 16 marzo '46 affidava la decisione sulla forma istituzionale
direttamente al popolo, rimettendo tutto in discussione, perché il voto femminile (il
suffragio alle donne era stato concesso nel '45) era considerato - a ragione - molto più
conservatore di quello maschile. In un'Italia divisa a metà fra il Centro-Nord
repubblicano e il Sud monarchico, gli animi cominciavano ad accendersi. Il 9 maggio '46,
l'abdicazione di Vittorio Emanuele in favore di Umberto fece il resto.
Quel 2 giugno la situazione era critica. Le operazioni di voto si svolsero
ordinatamente; le schede erano due, una per la Costituente, l'altra per la scelta
monarchica-repubblica. Lo scrutinio fu lungo e ricco di contestazioni. Il 10 giugno la
Cassazione sentenziò che la Repubblica aveva vinto; i dati definitivi, però, arrivarono
otto giorni dopo. Nonostante l'esitazione di Umberto II a lasciare il Paese per l'esilio
(partirà solo il 13 giugno) e il milione di schede nulle o contestate, la monarchia perse
con uno scarto che non lasciava spazio a dubbi: circa 12 milioni e settecentomila italiani
votarono a favore della Repubblica, contro 10 milioni e settecentomila italiani che
chiedevano la continuità dello stato monarchico. De Gasperi, presidente del Consiglio
assunse le funzioni di capo provvisorio dello Stato.
La tredicesima disposizione transitoria della Costituzione della Repubblica
italiana, approvata il 1° gennaio 1948, stabilisce:
I
membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici
pubblici né cariche elettive.
Agli
ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati
l'ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale.
I
beni esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti,
dei discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di
diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.
Sabato 26 ottobre del 2002 è stata pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale la legge che fa cadere - dal 10 novembre 2002, data della sua entrata in vigore
- il divieto di ingresso in Italia dei Savoia.
per
approfondire:
Vittorio Emanuele
III, il re "travicello", di Francesco Ranocchi
I Savoia: Le
leggi razziali per noi macchia indelebile (repubblica on
line, 4 febbraio 2002)
Vittorio
Emanuele di Savoia: fedeltà alla Costituzione (repubblica on line, 10
novembre 2002)
Cent'anni di Savoia:
storia della dinastia
8 settembre '43:
la fuga del Re
Regno del Sud
L'Assemblea
Costituente
Nascita della Repubblica
percorsi
in rete:
Dossier sui Savoia Storia, documenti,
biografie, colpe della dinastia (grandinotizie.it)
Cronologia:
anno 1946 (cronologia.it)
Tutti i
Savoia 1033-1878 (cronologia.it)
I
Savoia e l'Italia
Savoia
e fascismo (dal sito dell'Anpi)
Storia dei Savoia
Il regno d´Italia: stemmi e
simboli
I
siti monarchici in Italia
Reali tombe del Pantheon
(scheda di Luca Tentoni, America Oggi, 1996)
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