Censurato, criticato, additato come il principale responsabile
della caduta della Monarchia. Il giudizio della storia sulla figura di re Vittorio
Emanuele III è spietato, senza appello; ma fu veramente questa sorta di sciagura o solo
un personaggio travolto da eventi imprevedibili? Vittima o colpevole dunque? Una cosa è
certa: il figlio di Umberto I, per sua stessa ammissione, non aveva né lindole né
il carattere per governare ma la tragica morte del padre, per mano di Gaetano Bresci, lo
proiettò, oltretutto giovanissimo, sul trono di una fragile monarchia come quella
italiana, assolutamente bisognosa di un capo carismatico, capace e deciso. Pur non avendo tali caratteristiche Vittorio Emanuele rimarrà in sella
per ben 46 anni, costellati da immani lutti e tragedie, a partire dal primo conflitto
mondiale, originatosi a Sarajevo e al quale lItalia regia si affacciava senza
inizialmente intervenire.
La decisione di entrare in guerra fu presa esclusivamente dal sovrano,
in collaborazione con il primo ministro Salandra, desideroso com'era di completare
lunità nazionale con la conquista di Trento e Trieste, ancora in mano austriaca.
Malgrado lottimismo del capo di stato maggiore Luigi Cadorna, il
conflitto fu, come noto, tremendo per le nostre forze armate, che andarono incontro ad una
spaventosa carneficina, tra il fango, la neve delle trincee e tra indicibili stragi e
sofferenze.
Il Piave e Vittorio Veneto ci diedero la vittoria ma, al momento di
ottenere i giusti riconoscimenti, lItalia fu, al tavolo della pace, completamente
snobbata ed umiliata; il cosiddetto "trionfo mutilato"vanificò dunque tre anni
di sacrifici e dimostrò lassoluta carenza di carisma di un re che non fece nulla
per imporre la volontà di un paese capace di annientare il grande Impero Austro-Ungarico.
Umiliata diplomaticamente, precipitata nel caos post-bellico,
lItalia Regia vide affermarsi il fascismo di Benito Mussolini, che nellottobre
del 1922, decise di marciare, alla testa delle sue camicie nere, su Roma.
Vittorio Emanuele III si trovò di fronte ad un bivio: o mobilitare
lesercito contro i fascisti o lasciare fare; il re optò per questultima
soluzione e conferendo a Mussolini lincarico di formare il nuovo governo, aprì la
via al ventennio ed alla conseguente dittatura, sparendo nel nulla ed agendo
nellombra.
Il Duce aveva esautorato la monarchia, ridotta a mera facciata, a mero
simbolo, ma al re sembrava non importare: erano i tempi del fascismo trionfante, del
fascismo ammirato e preso a modello dallemergente Hitler, erano i tempi delle
conquiste imperiali, che davano lustro allo stesso re, che giovavano al suo prestigio
personale.
Soltanto quando il fascismo cadde in disgrazia, soltanto quando
lItalia stava sprofondando, travolta in Russia, in Africa e messa in ginocchio dai
bombardamenti, re Vittorio decise di intervenire ma anziché essere il condottiero di un
popolo resistente, anziché riscattare venti anni di oblio, fu solo un fuggitivo
qualunque, immemore del suo popolo e delle sue forze armate e solo attento alla sua
incolumità personale.
Si può dunque dedurre che il regno di questo controverso personaggio
fu, per i contenuti e per lintensità degli eventi, ancora più lungo dei 46 anni
della sua durata.
Per molti gli errori di re Vittorio cominciarono nel 1914, con la
sopracitata decisione di voler entrare in guerra, ma non bisogna dimenticarsi che il paese
era diviso a metà tra interventisti e neutralisti e che Trento e Trieste erano ancora
città italiane soggette allaltrui dominazione.
Lunità dItalia non era stata dunque completata e non era
possibile prima o poi non portarla a termine.
Loccasione si presentò allo scoppio delle ostilità e fu colta
al balzo, in quella che può essere considerata una sorta di IV guerra
dindipendenza.
Biasimando il re per tale decisione, bisognerebbe allora biasimare pure
Carlo Alberto, il Cavour e Vittorio Emanuele II per le carneficine dellesercito
piemontese nel corso delle lotte risorgimentali.
Semmai, a differenza dei suoi illustri predecessori, Vittorio Emanuele
III non ebbe il carisma per imporre le volontà di una nazione che più di ogni altra,
dopo gli Stati Uniti, aveva contribuito, alla vittoria dellIntesa e che invece
uscì, praticamente umiliata.
Venendo agli eventi dellottobre del 1922, appartiene alla storia
la nefasta decisione del sovrano di non firmare lo stato dassedio contro la marcia
su Roma e dunque la responsabilità della dittatura non può che ricadere su costui, ma
tale scelta, rivelatasi, col senno di poi, tragica per i destini del popolo italiano, si
denotava meno facile del previsto se si considera quella che era la situazione del
momento.
In seguito alla crisi post-bellica lItalia era un paese in
ginocchio, in crisi, sullorlo di esplodere.
Le insurrezioni, i tumulti, le manifestazioni di piazza erano
allordine del giorno ed in questo caos accresceva, giorno dopo giorno, il suo
prestigio Benito Mussolini con il suo movimento.
Il fascismo faceva sempre più adepti e trovava sempre più consensi
per cui, quando Mussolini decise di puntare su Roma, non era facile per il re decidere il
da farsi.
Mobilitare lesercito poteva significare far scoppiare una guerra
civile che probabilmente avrebbe fatto saltare i fragili equilibri del regno.
Inoltre, in quel clima di crisi, di instabilità, parve opportuno al
sovrano, memore di quanto avvenuto in Russia pochi anni addietro, puntare su quella che,
apparentemente, forte dei consensi ottenuti, era la figura più idonea a riportare i
giusti equilibri. Non si dimentichi, infine, che il primo Ministero Mussolini vide la
partecipazione anche dei popolari e dei liberali.
Ma le possibili e pur discutibili, giustificazioni delle scelte di
Vittorio Emanuele III di Savoia finiscono qua; tutto ciò che sarebbe venuto dopo, sarebbe
stato sintomo ed espressione del suo poco coraggio e della sua limitata capacità di
comando.
Le leggi razziali emanate dal regime hanno costituito e costituiscono
tuttora la pagina più nera della storia del nostro paese e recavano la firma di un
sovrano che accettava lantisemitismo e la furia xenofoba dellalleato tedesco,
fiero di un Mussolini che laveva fatto re dAlbania ed imperatore
dEtiopia; tale giudizio mutò repentinamente a distanza di soli 4 anni, quando le
batoste e le umiliazioni subite dalle nostre malandate e carenti forze armate e lo sbarco
degli alleati in Sicilia, portano il regime al collasso; fu solo a questo punto che re
Vittorio, decise di sbarazzarsi del Duce e di un regime, ormai agonizzanti.
In seguito alla sfiducia di Mussolini, nel Gran Consiglio del fascismo
del 25 luglio 1943, ne dispose dunque larresto e la sua sostituzione con Badoglio;
terminavano così venti lunghi anni di dittatura e poteva essere questa la possibilità,
per il sovrano, di nuovo a capo della nazione, di riscattare i suoi errori, assurgendo al
ruolo di condottiero di un popolo nella lotta anti-nazista.
Ed è qui che emerse, in tutta la sua tragica realtà, lassoluta
pochezza di questo personaggio che, anziché divenire il punto di riferimento per
unItalia smarrita, pensò solo a salvare la pelle, fuggendo, con tutto il suo
seguito, tra le braccia degli alleati. Nei quarantacinque giorni del Governo Badoglio,
poi, non alzò un dito per revocare le leggi razziali, che rimasero in vigore.
L'8 settembre del '43 nessun ordine, nessun comando fu impartito alle
truppe, nessun invito alla resistenza fu da lui pronunciato.
Il re dItalia, abbandonava la patria al suo destino, abbandonava
i suoi frastornati soldati alle barbarie dei tedeschi, senza nessun rimorso di coscienza.
Guidare la resistenza sarebbe stato per lui un obbligo, restare in
prima linea un dovere, anche a costo della vita, ma il coraggio non era dalla sua, quel
coraggio dimostrato, viceversa dalla divisione Acqui o dai partigiani nella loro lotta al
nemico.
Settecentomila soldati italiani internati in Germania, la strage di
Cefalonia ed altri indicibili episodi del genere sono il pesante dazio che lItalia
regia dovette pagare a causa delle azioni di Vittorio Emanuele III che preferì vivere nel
rimorso e in esilio piuttosto che tentare di salvare la sua patria e il prestigio della
sua gloriosa casata, costretta a cedere il posto ad una repubblica, figlia del
risentimento degli italiani nei confronti del penultimo re di casa Savoia.
Vittorio Emanuele III morì, mestamente ed in esilio, ad Alessandria
dEgitto nel 1947: fu un re di certo non fortunato trovandosi di fronte, nel corso
del suo lungo regno, ad alcuni tra gli eventi più tragici della storia
dellumanità, di fronte ai quali ogni sorta di decisione, vista con locchio
del momento, non poteva dirsi, di certo, facile.
Sbagliò tanto, tantissimo, ma mentre le decisioni iniziali, pur se
sbagliate ed azzardate, con il senno di poi, potevano essere dettate da una certa logica
ed, in qualche modo, giustificabili, ciò che, viceversa non può che essere condannato è
il suo silenzio dinanzi agli orrori di una dittatura, da lui sfruttata, per titoli ed
onori, negli anni dei trionfi e rinnegata solo nel momento della disfatta.
Ciononostante re Vittorio avrebbe potuto riscattare le sue colpe
assumendo il comando di unItalia allo sbando ma la sua fuga, con tutte le
conseguenze che ne derivarono, rappresentò il definitivo fallimento di 46 anni di regno,
fallimento che gettò nel fango il suo casato, distrusse, agli occhi degli italiani, il
ricordo delle imprese dei suoi gloriosi ascendenti e costrinse e tuttora costringe i suoi
discendenti allesilio dal suolo patrio; neppure 56 anni hanno infatti rimosso dalle
coscienze, il ricordo di quegli anni di orrore.
Breve biografia Vittorio Emanuele III
Re dItalia, figlio di Umberto e Margherita di Savoia. Nato
a Napoli l'11 novembre del 1869. Segue nella prima gioventù i corsi d'istruzione
militare, percorrendo rapidamente la successiva carriera. Il 24 ottobre 1896 a Roma sposa
Elena Petrovich Niegosh, figlia di Nicola I, Principe del Montenegro. Diviene re in
seguito all'assassinio del padre, Umberto I, nel 1900. Sotto il suo regno, nel campo
sociale sono da ricordare, nel 1913, le prime elezioni a suffragio universale maschile.
Nel '14 è tra i sostenitori dell'intervento dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale, che
può essere considerata l'ultima tra le guerre d'indipendenza e porta all'unione con
la Patria le regioni del Trentino Alto Adige, della Venezia Giulia, della Città di
Trieste, della penisola d'Istria e della Dalmazia. Nel maggio del 1915, riconfermata la
sua fiducia nel governo interventista di A. Salandra, subito dopo l'apertura delle
ostilità, seguendo lo Statuto, il re assume il comando supremo delle Forze armate e
rimane al fronte per tutta la guerra.
Nel '22 e negli anni seguenti non si oppone all'ascesa del fascismo, che istaura un regime
totalitario che dura sino al 1943. Nel 1936 Vittorio Emanuele III acquisisce il titolo di
Imperatore d'Etiopia e, nel 1939, quello di Re d'Albania. Nel frattempo, nel '38 firma le
leggi razziali volute da Mussolini. Il 25 luglio del 1943 il regime fascista viene
dichiarato decaduto, il re ordina l'arresto di Mussolini e conferisce al Maresciallo
Badoglio l'incarico di formare il nuovo governo. L'8 settembre Badoglio annuncia alla
radio l'armistizio con gli Alleati e viene a cessare anche l'alleanza con la Germania,
contro la quale, il 13 ottobre, viene dichiarata guerra, dopo l'accettazione dell'Italia
come nazione cobelligerante da parte degli alleati. Il re e i suoi familiari con i membri
del Governo si rifugiano a Brindisi. Nel novembre dello stesso
anno, rinuncia alle corone di Albania ed Etiopia. Nel '44, prima di ritirarsi a Ravello,
dopo loccupazione anglo-americana di Roma, nomina luogotenente del regno il figlio
Umberto. Nell'intento di favorire il successo monarchico nell'imminente referendum
istituzionale, il 9 maggio 1946 abdica al trono e si ritira in esilio ad Alessandria
d'Egitto, dove muore il 28 dicembre 1947. |
per approfondire:
Dossier
sui Savoia
I Savoia Storia, documenti,
biografie, colpe della dinastia (grandinotizie.it)
Fascismo e Savoia (anpi.it)
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