Testataantifasc.gif (15270 byte)

www.storiaXXIsecolo.it 

antifascismo

home

   

      

Il primo antifascismo

a cura di Lucio Cecchini

pallanimred.gif (323 byte) La violenza del fascismo e la reazione dei partiti democratici

Il fascismo nacque come movimento vagamente di sinistra, tendente a far leva soprattutto sulle insoddisfazioni degli ex combattenti, e perfino con una venatura repubblicana. Tuttavia, la fase "di sinistra" fu molto breve. Le elezioni del 1919 furono un fiasco solenne per i fascisti, che non ottennero nemmeno un seggio. A quel punto ci fu una brusca virata ed il fascismo nascente trovò le sue fortune nella saldatura con gli interessi agrari e industriali, contro le aspirazioni, anch'esse confuse, di un mondo del lavoro che, dopo aver sopportato i tremendi sacrifici della guerra, voleva un profondo rinnovamento della vita nazionale a tutti i livelli.

L'altro aspetto rilevante della "svolta" fascista fu l'avvio di una violenza sistematica i cui obiettivi primari erano i sindacati, le camere del lavoro, le leghe contadine, oltre, naturalmente, alle sedi e alla esistenza stessa dei partiti che al fascismo si opponevano, e che erano in primo luogo i partiti della sinistra. 

Il primo documento che riproduciamo è una presa di posizione del Partito comunista del 3 marzo 1921, all'indomani di una sanguinosa scorreria a Firenze delle squadre fasciste, con numerose vittime tra gli oppositori:

"Compagni! In molte piazze e città d'Italia episodi sanguinosi della lotta tra il proletariato e le forze regolari ed irregolari della borghesia si susseguono con un crescendo eloquente. Tra le tante vittime, note od oscure, il partito comunista deve registrare la perdita di uno dei suoi militi più valorosi: Spartaco Lavagnini, caduto a Firenze al suo posto di responsabilità dinanzi al proletariato e al suo partito. Alla sua memoria, e a quella di tutti i proletari caduti, mandano i comunisti il saluto dei forti, temprandosi nell'azione e nella fede.

Gli eventi che incalzano mostrano che il proletariato rivoluzionario d'Italia non cede sotto i colpi del metodo reazionario inaugurato da alcuni mesi dalla classe borghese e dal suo governo, a mezzo delle bande armate dei bianchi, assalitori prepotenti dei lavoratori anelanti alla propria emancipazione. Dalla rossa Puglia, da Firenze proletaria, da tanti altri centri giungono le notizie che il proletariato, malgrado l'inferiorità dei suoi mezzi e della sua preparazione, ha saputo rispondere agli attacchi, difendersi, offendere gli offensori. La inferiorità proletaria, che sarebbe inutile dissimulare, dipende dalla mancanza nelle file del generoso nostro proletariato, di un inquadramento rivoluzionario quale può darlo solo il metodo comunista, attraverso la lotta contro i vecchi capi e i loro metodi sorpassati di azione pacifista e transigente.

I colpi della violenza borghese vengono ad additare alle masse la necessità di abbandonare le pericolose illusioni del riformismo e disfarsi dei predicatori imbelli di una pace sociale che è fuori delle possibilità della storia. La parola d'ordine del partito comunista è quella di accettare la lotta sullo stesso terreno su cui la borghesia scende, attrattavi irresistibilmente dalla crisi mortale che la dilania; è di rispondere colla preparazione alla preparazione, coll'organizzazione all'organizzazione, coll'inquadramento all'inquadramento, colla disciplina alla disciplina, colla forza alla forza, colle armi alle armi.

Il Partito Comunista d'Italia". 

 

pallanimred.gif (323 byte) Febbraio 1922, nasce l'Alleanza del Lavoro

Partiti e sindacati, sempre più investiti dall'offensiva fascista, cercarono di reagire con gli strumenti che erano loro più congeniali e che non comportavano lo scontro armato città per città e piazza per piazza. Nel febbraio del 1922 nacque così, a iniziativa delle maggiori organizzazioni sindacali l'Alleanza del Lavoro che si proponeva di difendere e tutelare le conquiste ottenute con dure lotte dai lavoratori:

"I rappresentanti delle organizzazioni operaie che agiscono sul terreno della lotta di classe (Confederazione generale del lavoro, Unione sindacale italiana del lavoro, Sindacato ferrovieri, Federazione nazionale lavoratori dei porti); premesso che l'unione delle forze del lavoro nella lotta contro il capitalismo è condizione essenziale per il raggiungimento dell'emancipazione proletaria; considerato che detta unione maggiormente si impone nei momenti (quale è quello che attraversiamo) in cui la violenza organizzata dalle forze reazionarie si abbatte ciecamente sulle organizzazioni dei lavoratori allo scopo di distruggerle privando così il proletariato dello strumento della propria difesa e della propria conquista; delibera di opporre alle forze coalizzate della reazione l'alleanza delle forze proletarie, avendo di mira la restaurazione delle pubbliche libertà e del diritto comune unitamente alla difesa delle conquiste di carattere generale della classe lavoratrice, tanto sul terreno economico che su quello morale; per il raggiungimento degli scopi di cui sopra, i convenuti reputano opportuno addivenire alla costituzione di un comitato nazionale composto di rappresentanze di tutte le organizzazioni alleate col preciso incarico di attendere al coordinamento e alla disciplina dell'azione difensiva della classe lavoratrice.

Il comitato nazionale inizierà il suo funzionamento con la compilazione di un programma pratico di attività (senza esclusione di alcun mezzo di lotta sindacale, compreso lo sciopero generale), che valga a sollevare le depresse energie del proletariato e trasfondere in esso la persuasione che mediante l'unione combinata dei propri sforzi si renderà prontamente possibile la ripresa del libero esercizio delle proprie funzioni sindacali e politiche".

Nei mesi successivi, con l'intensificarsi della violenza fascista cominciò, per certi aspetti, il lungo periodo della clandestinità. Nell'agosto l'Alleanza del Lavoro proclamò uno sciopero generale il cui appello fu firmato in modo significativo "Il Comitato segreto d'azione". Si era ormai alla vigilia della marcia su Roma ed appariva chiara l'intenzione del movimento fascista di impadronirsi del potere politico con la forza, sostenuta dalla complicità della monarchia, che apparirà ancora più evidente in seguito, e di buona parte degli apparati militari e amministrativi dello Stato, inerti se non partecipi della violenza sistematica messa in atto:

"I lavoratori di tutte le categorie, appena verranno a conoscenza del presente comunicato, dovranno immediatamente abbandonare il lavoro.

L'ordine di ripresa sarà loro comunicato per il tramite dei fiduciari delle organizzazioni responsabili. Con la proclamazione dello sciopero generale il sottoscritto comitato si propone come obiettivo la difesa delle libertà politiche e sindacali minacciate dalle insorgenti fazioni reazionarie, le quali mirano mediante la soppressione di ogni garanzia legale allo schiacciamento delle organizzazioni operaie, premessa necessaria per poter susseguentemente rimbalzare i lavoratori da uno stato di relativa libertà ad uno stato di assoluta schiavitù. Da una dittatura sostanziale se non anche formale, quale i forsennati della reazione vagheggiano e perseguono, ne sortirebbe, oltre che la soffocazione di ogni libera e civile manifestazione di pensiero e di movimento, la rovina del paese.

È stretto dovere di tutti gli spiriti liberi di spezzare, col blocco delle unite resistenze, l'assalto reazionario, difendendo, in questo modo, le conquiste della democrazia e salvando la nazione dal baratro in cui la follia dittatoriale, qualora - dannata ipotesi! - dovesse avere il sopravvento, la trascinerebbe immancabilmente. Dallo sciopero generale, compatto e severo, deve uscire un solenne ammonimento al governo del paese perché venga posta fine e per sempre ad ogni azione violatrice delle civili libertà, che debbono trovare presidio e garanzia nell'impero della legge. Nello svolgimento dello sciopero generale i lavoratori debbono assolutamente astenersi dal commettere atti di violenza che tornerebbero a scapito della solennità della manifestazione e si presterebbero alla sicura speculazione degli avversari; salvi i casi di legittima difesa delle persone e delle istituzioni contro le quali, malauguratamente, la violenza avversaria dovesse scatenare i suoi furori. Nessun ordine deve essere eseguito che non provenga dalle organizzazioni responsabili. Lavoratori in piedi! In difesa di quel che vi è di più sacro per ogni uomo civile: LA LIBERTÀ. Il Comitato Segreto d'Azione". 

 

pallanimred.gif (323 byte) Ottobre 1922, i fascisti marciano su Roma

Troppo note sono le vicende della cosiddetta marcia su Roma del 28 ottobre 1922 per tornarvi sopra in modo dettagliato. Il re abdicò alla sua funzione di garante dello Statuto affidando la guida del governo al capo di squadre armate che, senza trovare opposizione da parte delle forze armate ufficiali, attendeva prudentemente l'esito della sua impresa da Milano, ben lontana da Roma dove i suoi "marciavano", ma molto vicina al rassicurante confine svizzero, qualora ci fosse stata una reazione da parte dell'esercito. Si formò il governo con alla testa Mussolini.

Alla Camera e nel Paese ci furono opposizioni, come testimoniano gli interventi di Filippo Turati e di Giovanni Conti e l'articolo di Palmiro Togliatti (clicca qui per leggerli).

 

pallanimred.gif (323 byte) La legge Acerbo e le elezioni del 1925

Un Parlamento ormai esautorato e ridotto all'ombra di una assemblea elettiva votò una legge elettorale - con l'assenso anche del Partito popolare evidentemente per le forti pressioni della gerarchia ecclesiastica, la famigerata legge Acerbo in base alla quale la lista che avesse ottenuto il 25 per cento dei voti avrebbe conquistato la maggioranza assoluta dei seggi.

Le elezioni si svolsero in un clima di violenza in forza del quale le opposizioni furono impedite in modo sistematico di svolgere una campagna elettorale degna di questo nome. Era in gioco, infatti, la sopravvivenza fisica e familiare di chiunque, candidato o elettore, avesse provato a contendere i voti al "listone" messo in piedi dai fascisti con la adesione di parecchi cosiddetti "liberali". 

L'ultimo discorso parlamentare di Giacomo Matteotti, implacabile contestazione della validità di elezioni che di legale non avevano avuto nulla, mostra in tutta la sua drammaticità il clima di questa fase della vita italiana. L'intervento di Matteotti risale al 30 maggio 1924. Il parlamentare socialista ebbe quasi la profetica premonizione della sua sorte, tanto è vero che, finito di parlare, disse ai colleghi: "Ed ora, potete preparare il mio funerale".

Da "Patria indipendente" n. 10 del 1999.

 

pallanimred.gif (323 byte) Il delitto Matteotti

pallanimred.gif (323 byte) L'ultimo discorso di Matteotti alla Camera e l'articolo su "Machiavelli,   Mussolini ed il Fascismo" pubblicato sulla rivista "English Life"

antifascismo
ricerca
anpi
scrivici
home

 

.