Il primo antifascismo
a cura di Lucio Cecchini
La violenza del fascismo e la reazione dei partiti
democratici
Il fascismo nacque come movimento vagamente di
sinistra, tendente a far leva soprattutto sulle insoddisfazioni degli ex combattenti, e
perfino con una venatura repubblicana. Tuttavia, la fase "di sinistra" fu molto
breve. Le elezioni del 1919 furono un fiasco solenne per i fascisti, che non ottennero
nemmeno un seggio. A quel punto ci fu una brusca virata ed il fascismo nascente trovò le
sue fortune nella saldatura con gli interessi agrari e industriali, contro le aspirazioni,
anch'esse confuse, di un mondo del lavoro che, dopo aver sopportato i tremendi sacrifici
della guerra, voleva un profondo rinnovamento della vita nazionale a tutti i livelli.
L'altro aspetto rilevante della "svolta" fascista fu l'avvio di
una violenza sistematica i cui obiettivi primari erano i sindacati, le camere del lavoro,
le leghe contadine, oltre, naturalmente, alle sedi e alla esistenza stessa dei partiti che
al fascismo si opponevano, e che erano in primo luogo i partiti della sinistra.
Il primo documento che riproduciamo è una presa di
posizione del Partito comunista del 3 marzo 1921, all'indomani di una sanguinosa scorreria
a Firenze delle squadre fasciste, con numerose vittime tra gli oppositori:
"Compagni! In molte piazze e città d'Italia episodi sanguinosi
della lotta tra il proletariato e le forze regolari ed irregolari della borghesia si
susseguono con un crescendo eloquente. Tra le tante vittime, note od oscure, il partito
comunista deve registrare la perdita di uno dei suoi militi più valorosi: Spartaco
Lavagnini, caduto a Firenze al suo posto di responsabilità dinanzi al proletariato e al
suo partito. Alla sua memoria, e a quella di tutti i proletari caduti, mandano i comunisti
il saluto dei forti, temprandosi nell'azione e nella fede.
Gli eventi che incalzano mostrano che il proletariato rivoluzionario
d'Italia non cede sotto i colpi del metodo reazionario inaugurato da alcuni mesi dalla
classe borghese e dal suo governo, a mezzo delle bande armate dei bianchi, assalitori
prepotenti dei lavoratori anelanti alla propria emancipazione. Dalla rossa Puglia, da
Firenze proletaria, da tanti altri centri giungono le notizie che il proletariato,
malgrado l'inferiorità dei suoi mezzi e della sua preparazione, ha saputo rispondere agli
attacchi, difendersi, offendere gli offensori. La inferiorità proletaria, che sarebbe
inutile dissimulare, dipende dalla mancanza nelle file del generoso nostro proletariato,
di un inquadramento rivoluzionario quale può darlo solo il metodo comunista, attraverso
la lotta contro i vecchi capi e i loro metodi sorpassati di azione pacifista e
transigente.
I colpi della violenza borghese vengono ad additare alle masse la
necessità di abbandonare le pericolose illusioni del riformismo e disfarsi dei
predicatori imbelli di una pace sociale che è fuori delle possibilità della storia. La
parola d'ordine del partito comunista è quella di accettare la lotta sullo stesso terreno
su cui la borghesia scende, attrattavi irresistibilmente dalla crisi mortale che la
dilania; è di rispondere colla preparazione alla preparazione, coll'organizzazione
all'organizzazione, coll'inquadramento all'inquadramento, colla disciplina alla
disciplina, colla forza alla forza, colle armi alle armi.
Il Partito Comunista d'Italia".
Febbraio 1922, nasce l'Alleanza del Lavoro
Partiti e sindacati, sempre più investiti
dall'offensiva fascista, cercarono di reagire con gli strumenti che erano loro più
congeniali e che non comportavano lo scontro armato città per città e piazza per piazza.
Nel febbraio del 1922 nacque così, a iniziativa delle maggiori organizzazioni sindacali
l'Alleanza del Lavoro che si proponeva di difendere e tutelare le
conquiste ottenute con dure lotte dai lavoratori:
"I rappresentanti delle organizzazioni operaie che agiscono sul
terreno della lotta di classe (Confederazione generale del lavoro, Unione sindacale
italiana del lavoro, Sindacato ferrovieri, Federazione nazionale lavoratori dei porti);
premesso che l'unione delle forze del lavoro nella lotta contro il capitalismo è
condizione essenziale per il raggiungimento dell'emancipazione proletaria; considerato che
detta unione maggiormente si impone nei momenti (quale è quello che attraversiamo) in cui
la violenza organizzata dalle forze reazionarie si abbatte ciecamente sulle organizzazioni
dei lavoratori allo scopo di distruggerle privando così il proletariato dello strumento
della propria difesa e della propria conquista; delibera di opporre alle forze coalizzate
della reazione l'alleanza delle forze proletarie, avendo di mira la restaurazione delle
pubbliche libertà e del diritto comune unitamente alla difesa delle conquiste di
carattere generale della classe lavoratrice, tanto sul terreno economico che su quello
morale; per il raggiungimento degli scopi di cui sopra, i convenuti reputano opportuno
addivenire alla costituzione di un comitato nazionale composto di rappresentanze di tutte
le organizzazioni alleate col preciso incarico di attendere al coordinamento e alla
disciplina dell'azione difensiva della classe lavoratrice.
Il comitato nazionale inizierà il suo funzionamento con la
compilazione di un programma pratico di attività (senza esclusione di alcun mezzo di
lotta sindacale, compreso lo sciopero generale), che valga a sollevare le depresse energie
del proletariato e trasfondere in esso la persuasione che mediante l'unione combinata dei
propri sforzi si renderà prontamente possibile la ripresa del libero esercizio delle
proprie funzioni sindacali e politiche".
Nei mesi successivi, con l'intensificarsi della violenza fascista
cominciò, per certi aspetti, il lungo periodo della clandestinità. Nell'agosto
l'Alleanza del Lavoro proclamò uno sciopero generale il cui appello fu firmato in modo
significativo "Il Comitato segreto d'azione". Si era ormai alla
vigilia della marcia su Roma ed appariva chiara l'intenzione del movimento fascista di
impadronirsi del potere politico con la forza, sostenuta dalla complicità della
monarchia, che apparirà ancora più evidente in seguito, e di buona parte degli apparati
militari e amministrativi dello Stato, inerti se non partecipi della violenza sistematica
messa in atto:
"I lavoratori di tutte le categorie, appena verranno a
conoscenza del presente comunicato, dovranno immediatamente abbandonare il lavoro.
L'ordine di ripresa sarà loro comunicato per il tramite dei
fiduciari delle organizzazioni responsabili. Con la proclamazione dello sciopero generale
il sottoscritto comitato si propone come obiettivo la difesa delle libertà politiche e
sindacali minacciate dalle insorgenti fazioni reazionarie, le quali mirano mediante la
soppressione di ogni garanzia legale allo schiacciamento delle organizzazioni operaie,
premessa necessaria per poter susseguentemente rimbalzare i lavoratori da uno stato di
relativa libertà ad uno stato di assoluta schiavitù. Da una dittatura sostanziale se non
anche formale, quale i forsennati della reazione vagheggiano e perseguono, ne sortirebbe,
oltre che la soffocazione di ogni libera e civile manifestazione di pensiero e di
movimento, la rovina del paese.
È stretto dovere di tutti gli spiriti liberi di spezzare, col
blocco delle unite resistenze, l'assalto reazionario, difendendo, in questo modo, le
conquiste della democrazia e salvando la nazione dal baratro in cui la follia
dittatoriale, qualora - dannata ipotesi! - dovesse avere il sopravvento, la trascinerebbe
immancabilmente. Dallo sciopero generale, compatto e severo, deve uscire un solenne
ammonimento al governo del paese perché venga posta fine e per sempre ad ogni azione
violatrice delle civili libertà, che debbono trovare presidio e garanzia nell'impero
della legge. Nello svolgimento dello sciopero generale i lavoratori debbono assolutamente
astenersi dal commettere atti di violenza che tornerebbero a scapito della solennità
della manifestazione e si presterebbero alla sicura speculazione degli avversari; salvi i
casi di legittima difesa delle persone e delle istituzioni contro le quali,
malauguratamente, la violenza avversaria dovesse scatenare i suoi furori. Nessun ordine
deve essere eseguito che non provenga dalle organizzazioni responsabili. Lavoratori in
piedi! In difesa di quel che vi è di più sacro per ogni uomo civile: LA LIBERTÀ. Il
Comitato Segreto d'Azione".
Ottobre 1922, i fascisti marciano su Roma
Troppo note sono le vicende della cosiddetta marcia
su Roma del 28 ottobre 1922 per tornarvi sopra in modo dettagliato. Il re abdicò alla sua
funzione di garante dello Statuto affidando la guida del governo al capo di squadre armate
che, senza trovare opposizione da parte delle forze armate ufficiali, attendeva
prudentemente l'esito della sua impresa da Milano, ben lontana da Roma dove i suoi
"marciavano", ma molto vicina al rassicurante confine svizzero, qualora ci fosse
stata una reazione da parte dell'esercito. Si formò il governo con alla testa Mussolini.
Alla Camera e nel Paese ci furono opposizioni, come testimoniano gli
interventi di Filippo Turati e di Giovanni Conti e l'articolo di Palmiro Togliatti (clicca qui per leggerli).
La legge Acerbo e le elezioni del 1925
Un Parlamento ormai esautorato e ridotto all'ombra di una assemblea
elettiva votò una legge elettorale - con l'assenso anche del Partito popolare
evidentemente per le forti pressioni della gerarchia ecclesiastica, la famigerata legge
Acerbo in base alla quale la lista che avesse ottenuto il 25 per cento dei voti avrebbe
conquistato la maggioranza assoluta dei seggi.
Le elezioni si svolsero in un clima di violenza in forza del quale le
opposizioni furono impedite in modo sistematico di svolgere una campagna elettorale degna
di questo nome. Era in gioco, infatti, la sopravvivenza fisica e familiare di chiunque,
candidato o elettore, avesse provato a contendere i voti al "listone" messo in
piedi dai fascisti con la adesione di parecchi cosiddetti "liberali".
L'ultimo discorso parlamentare di Giacomo
Matteotti, implacabile contestazione della validità di elezioni che di legale non avevano
avuto nulla, mostra in tutta la sua drammaticità il clima di questa fase della vita
italiana. L'intervento di Matteotti risale al 30 maggio 1924. Il parlamentare socialista
ebbe quasi la profetica premonizione della sua sorte, tanto è vero che, finito di
parlare, disse ai colleghi: "Ed ora, potete preparare il mio funerale".
Da "Patria indipendente" n. 10 del 1999.
Il delitto
Matteotti
L'ultimo discorso di Matteotti alla Camera e l'articolo
su "Machiavelli, Mussolini ed il Fascismo"
pubblicato sulla rivista "English Life" |