La battaglia di Cassino
L'epopea polacca nella battaglia per Cassino
Durante la campagna
dItalia nel Maggio del 1944 gli Alleati danno inizio al loro terzo (secondo alcuni
quarto) massiccio attacco alla linea Gustav, che taglia la penisola italiana dalle
foci del Garigliano ad ovest a quelle del Sangro ad est. Il compito di conquistare questa
volta labbazia di Montecassino, difesa dai paracadutisti tedeschi, spetta ai soldati
polacchi, i quali simmolano su quelle pendici per la nostra e la loro libertà.
di Saverio Malatesta
Il cielo era grigio nellAprile 1944 sopra le macerie del
monastero di Montecassino. Come un vecchio guardiano ferito, dominava ancora la valle del
Liri e la statale n° 6 Casilina, arteria stradale che porta a Roma.
Erano ormai quattro mesi che gli Alleati, per dilagare nella penisola
con le loro truppe, tentavano di sfondare la linea del fronte denominata Gustav,
che proprio qui aveva il suo punto di forza. In tre battaglie non era servito finora a
nulla radere al suolo lantica abbazia benedettina e cancellare con più di 1000
tonnellate di bombe labitato di Cassino ai piedi di questa. I paracadutisti tedeschi
della I divisione, denominati per il loro coraggio "diavoli verdi", erano
più decisi che mai a resistere fino allultimo nascosti tra le macerie della città,
del monastero o nelle caverne scavate nella roccia delle colline circostanti.
Il fallimento dellultima battaglia di Cassino svoltasi a Marzo
fece entrare in crisi gli Alleati. Entrarono in crisi i soldati, nel rendersi conto che le
fatiche e gli sforzi di mesi non erano serviti a niente. Migliaia di soldati erano già
morti dal Luglio 1943, giorno dello sbarco in Sicilia, lungo la penisola italiana e il
pochissimo terreno conquistato era costato molte vite. Ora bisognava velocemente
sostituire le divisioni più provate da tante fatiche e cercare forze nuove. Chi avrebbe
tentato questa volta di scardinare le difese di Montecassino?
Il generale Alexander, comandante del 15° gruppo dArmata a cui
spettava ogni decisione nel teatro di guerra italiano, aveva già preso la sua scelta
allindomani dellultimo insuccesso; sarebbe toccato ai Polacchi. Per scacciare
i paracadutisti non bastavano truppe normali, occorrevano dei soldati particolari, degli
uomini che combattessero con qualcosa di più nelle vene. I Polacchi questo qualcosa
lavevano; si poteva chiamare desiderio di vendetta e dodio nei confronti di
coloro che avevano devastato e occupato la loro patria.
I soldati del II° corpo polacco avevano lasciato alle loro spalle una
vera via crucis. Il Generale Anders, loro comandante, combatté fin dal 1939,
allindomani dellinvasione tedesca, nellovest della Polonia e il 30
Settembre fu fatto prigioniero dai sovietici che invasero il paese ad est. Come un
delinquente comune venne deportato nella famigerata Lubjanka e tenuto lì per 20 mesi. Fu
liberato il 4 Agosto del 1941. Laccordo di Londra del 30 Luglio 1941, che ristabilì
dei rapporti normali tra Russia e Polonia, diede la libertà ad Anders. Un decreto
promulgato da Stalin nellAgosto1941 ordinò la libertà di tutti i cittadini
polacchi prigionieri nellURSS e il riordino di unarmata polacca la cui
sussistenza sarebbe spettata al governo sovietico. Secondo un calcolo approssimativo dal
1939 al 1941 furono deportati in Russia un milione e mezzo di Polacchi, uomini donne e
bambini. Quando però le porte dei campi di prigionia si aprirono, i soldati polacchi si
trovarono abbandonati a se stessi. I sovietici non si curavano affatto di mettere a loro
disposizione, come previsto dallaccordo, i mezzi di trasporto destinati a portarli
nei campi di raccolta. I Polacchi si trascinarono scalzi, stracciati e ridotti a
scheletri, fino ai campi daddestramento di Tetzkoje in Russia.
Quando finalmente Anders ebbe raccolto 46000 uomini, si costatò che la
percentuale degli ufficiali che avevano raggiunto il campo era insolitamente bassa. A poco
a poco risultò che 10000 ufficiali non si trovavano più. Il governo polacco chiese
spiegazioni a Mosca, che rispose in maniera molto perentoria: "Tutti i Polacchi
esistenti in URSS sono stati liberati". Stalin era perfettamente informato invece che
più di un anno prima i ricercati ufficiali polacchi erano stati sepolti a Katyn, dove
erano stati brutalmente assassinati dai sovietici. Rimaneva però il problema dei
rifornimenti. Stalin si giustificò con la scusa delle grandi difficoltà che il suo
esercito doveva fronteggiare contro i tedeschi. Fu deciso allora dalle autorità polacche
di trasferire i loro connazionali nel Vicino Oriente dove si sarebbero trovati più vicini
alle fonti di rifornimento occidentale. Nel Marzo del 1942 i Polacchi abbandonarono la
Russia insieme a donne e bambini e raggiunsero la Persia; lì furono sottoposti alla
tutela della 9a Armata britannica. Soltanto allora si scoprirono quanto gravi fossero i
danni alla salute che la prigionia russa aveva inflitto loro. Un gran numero non era in
grado di svolgere alcun servizio militare: la maggior parte soffriva di una forma maligna
di malaria. Molti impiegarono un anno per potersi rimettere un po. Nacque però
così il II° corpo polacco al comando di Anders e ora tal esercito si trovava in Italia
pronto a combattere.
Il comando alleato aveva stabilito di scatenare la sua offensiva su
tutta la Gustav nel mese di Maggio, quando le condizioni del terreno e del cielo
sono di solito favorevoli. In un primo tempo fu fissata la data del 24 Maggio e anche i
tedeschi tramite lo spionaggio militare ne vennero a conoscenza. Ma quella data poi non
parve più opportuna e fu anticipata all11. Questa volta i tedeschi non si curarono
di accertare se qualcosa era stato cambiato e i comandanti tedeschi convinti di poter
trascorrere tranquillamente due settimane, partirono in licenza. Rimasero a vigilare il
fronte solo pochi comandanti tra cui il generale Heidrich della I divisione paracadutisti.
Egli riteneva che un nuovo attacco sarebbe giunto molto presto e che si sarebbe sviluppato
secondo una direttiva del tutto diversa dalle precedenti. Era certo che il colle del
monastero sarebbe stato preso dentro "una manovra a tenaglia". Quindi il nemico
avrebbe fatto irruzione alle loro spalle tra le montagne, con probabili puntate su quota
593 detto anche "Monte Calvario" e attacchi con mezzi corazzati verso la
Masseria Albaneta, una fattoria fortificata ai piedi del monte.
Alla sede del II° corpo polacco, intanto il generale Anders decise il
piano di battaglia, che coincideva effettivamente con le supposizioni di Heidrich. Alla
divisione Karpacka (alle divisioni spettava il nome della regione da cui provenivano i
soldati) spettò la conquista del "Calvario" e della Masseria Albaneta, alla
divisione Kresowa la regione più a nord, quota 575 e le colline attorno.
Il 17 Aprile i 51962 uomini del corpo polacco si mossero verso Cassino
con al seguito 1200 muli ciprioti, usati per portare in prima linea viveri e rifornimenti,
500.000 granate, 1.400.000 litri di benzina e 339.000 porzioni di viveri. Nonostante
questimmenso arsenale, gli ufficiali pronosticavano un massacro; ognuno sapeva ormai
bene che sloggiare i "diavoli verdi" non sarebbe stato facile. Tuttavia
quest ultimi non erano al massimo delle forze. Erano dei soldati straordinari per
abilità combattiva, una vera divisione delitè. Si erano già opposti in
Dicembre ad Ortona in Abruzzo alle divisioni canadesi, riuscendo ad infliggere loro
perdite spaventose, dando vita ad una battaglia simile soltanto a quella di Stalingrado.
Per queste loro capacità erano stati destinati a Cassino perché lì sarebbe stato per
mesi il punto cruciale dellattacco alleato. Ora però la situazione si era resa più
complicata a causa dei continui bombardamenti aerei alleati alle vie di comunicazione
fondamentali ai loro rifornimenti. Da qualche tempo ormai non avevano più mine;
lacqua, le munizioni e i medicinali arrivavano solo di notte e non bastavano mai, le
armi erano di media potenza e le munizioni erano razionate. La vita, nelle caverne piene
di pulci, ratti e umidità, continuava in estenuante attesa. Erano ormai cinque i mesi che
non riposavano ma erano decisi a resistere e a respingere il nemico ancora una volta. A
questo erano stati addestrati e questo a loro si richiedeva.
La sera dell11 Maggio, alle ore 23:00 esatte, quando il cielo
silluminò a giorno per il lampeggiare del fuoco di 1600 cannoni alleati, il
generale Heidrich si sentì finalmente sollevato. Comunque andasse, la lunga attesa era
finalmente finita. Il caporale tedesco Karl Kabbmann, guardò per lennesima volta la
matassa di filo spinato che gli stava davanti. Era sulla cima del "Calvario" da
due settimane e durante quelle lunghe veglie notturne, si era impresso nella mente ogni
particolare delle cose che gli erano attorno. Incastrato tra i fili cera ancora il
corpo di un soldato indiano morto a Febbraio, quando era toccato a neozelandesi e indiani
tentare la conquista del monte. Era già quasi del tutto decomposto e nelle giornate
ventose il fetore era insopportabile. Quando le prime granate caddero, il caporale balzò
in piedi, prese la sua mitragliatrice e corse a perdifiato dentro la sua buca, rimanendo
in attesa di scorgere al più presto le sagome dei soldati polacchi.
La prima divisione polacca a muoversi fu la Kresowa su quota 575 ma
appena si mossero nelloscurità furono fatti bersaglio della micidiale artiglieria
tedesca. Le perdite subite furono tanto terribili da spingere Anders a ritirare la
divisione nelle sue posizioni di partenza. Fu il turno allora della Karpacka che con un
colpo di mano riuscì a conquistare il "Monte Calvario". Fu un notevole successo
iniziale dato anche dal fatto che i Polacchi riuscirono a respingere ben 4 contrattacchi
dei paracadutisti. Verso mezzogiorno la guarnigione polacca era ridotta 1 ufficiale e 7
soldati!
Fra questi vi era il sottotenente Ramon Skwara. Arrivò per primo sulla
quota 593 quando allimprovviso vide che le rocce davanti a lui cadevano a picco da
tutti i lati. Se lera immaginata diversa la cima, un qualcosa di epico, con una
distesa di nemici morti. E invece non cera niente. Era uno spiazzo abbastanza ampio,
brullo, con qualche buca. Con i resti del plotone decise di andare avanti verso
lultima collina da conquistare prima dellabbazia ma i suoi compagni vennero in
pochi secondi freddati dalle mitragliatrici tedesche. Decise allora di tornare,
strisciando, verso la sede del comando dislocato in una casa diroccata ai piedi del monte,
per cercare rinforzi. La scena che gli si presentò fu agghiacciante. Era tutto un
brulicare duomini con il corpo dilaniato dalle ferite, che attendevano di essere
curati. Il medico faceva ciò che poteva,in fretta, amputando un arto o fermando alla
meglio emorragie. La luce era scarsa, il tanfo insopportabile; dalle ferite al ventre
uscivano intestini e schegge, il sangue formava pozze.
AllAlbaneta, baluardo che per la sua posizione era ritenuto dai
Polacchi portante di tutto il sistema difensivo di Montecassino, le cose andavano ancora
peggio. Tutti i carri armati erano stati fermati e gli equipaggi allinterno bruciati
vivi. Tre compagnie avevano cessato di esistere. Erano state spazzate via. I pochi
superstiti ebbero lautorizzazione di ritirarsi. Soltanto alle 21:00 del 12 Maggio la
lotta si spense. Restarono i morti e sorse di nuovo la Luna; sotto la sua luce sembrò che
tutta la montagna martoriata gemesse debolmente. Il 13 e il 14 Maggio i Polacchi
attaccarono ancora 4 volte il "Calvario", ma invano. Di nuovo la morte fece un
ricco raccolto di giovani vite. La situazione anche per i difensori divenne sempre più
difficile ed è descritta chiaramente dal maggiore tedesco Veth che in quei giorni
scriveva: "Impossibile trasportare i feriti. Molti morti davanti alla quota. Puzza.
Niente acqua. Non si dorme da tre giorni. Al posto di comando vengono eseguite
amputazioni".
Il sottotenente polacco Tchorzewski aveva fatto pochi passi che fu
colpito da una granata. Fu il primo a cadere nella nuova offensiva su quota 593. Ancora
una volta dunque bisognava conquistare le posizioni tedesche: ogni masso, ogni grotta,
ogni trincea doveva essere ripulita. Chi si lanciava in campo aperto sapeva che sarebbe
morto sopra una mina o per una granata o per una scarica di mitragliatrice. Questi soldati
si stavano immolando per un sogno che era morto sul nascere. Gli avevano fatto credere che
stavano combattendo per la Polonia, per ricostruire la patria, come loro lavrebbero
voluta: libera e democratica. La Polonia invece aveva già trovato il suo destino
nellURSS e ancora non lo sapevano. Il caporale Sowicki quando fu colpito, prima di
cadere ebbe la forza di urlare: "Avanti ragazzi!
Per la Siberia, per i lager, per tutte le umiliazioni" poi spirò.
I paracadutisti tedeschi accovacciati dietro il pietrame, ben protetti,
stavano aspettando quelle figure che si muovevano sempre più vicine. Non cera odio
nel loro cuore ma solo rispetto ed un po di pietà per quei soldati, così giovani
come loro, che stavano correndo incontro a morte sicura. Si continuò così per 3 giorni.
Tutti gli attacchi a quota 575 furono fermati. Il caporale Dobrowski arrivato al posto di
comando disse: "La situazione è disperata. Siamo rimasti in 20, mandateci
granate!" Poi come arrivato, scomparve per tornare a morire sulla quota come tutti i
suoi compagni. Il capitano Leonard Krolak si alzò per ordinare la ritirata: era già
stato ferito due volte e sempre alla stessa mano sinistra. Un terzo proiettile gli
attraversò ancora larto. "Torna indietro!" gli urlò un compagno e nello
stesso istante una salva di colpo di mortaio si abbatté su di loro. Krolak sentì
unondata di fuoco al ventre e guardando in giù vide le proprie interiora che gli
pendevano sopra la cintura. Accorse un infermiere e non poté far altro che fissare
incredulo le budella traboccanti dal ventre squarciato. "Io qui non ci posso fare
niente" mormorò, e subito fu ucciso dalla scheggia di una granata esplosagli alle
spalle. Il capitano tentò allora di aggiustarsi da solo, spingendosi con le mani le
interiora nel loro posto naturale.
Le radio inoltravano appelli disperati: "Mandateci munizioni,
bombe a mano
caricatori, munizioni
.munizioni!". Ma lannientamento
dei Polacchi era ormai finito perché non cera più niente da annientare quel 17
Maggio. Lordine della ritirata non giungeva mai, al contrario Anders, sullorlo
della disperazione, inviò a combattere anche autisti e cuochi, prelevati nelle retrovie,
che non avevano imbracciato mai un fucile in vita loro. Poi finalmente sopraggiunse la
notte, che portò pace ai morti e desolazione a quelli che erano ancora vivi.
La mattina del 18 Maggio aleggiava uno strano silenzio sui monti
attorno allabbazia distrutta. Allimprovviso nella tenda del reparto operativo
polacco iniziarono ad arrivare uno dietro laltro rapporti incomprensibili; tutti i
tedeschi si erano ritirati!
Nelle ore della notte i paracadutisti avevano ricevuto lordine di
abbandonare le loro posizioni. La linea Gustav era stata sfondata più a sud presso
i Monti Aurunci dai reparti coloniali francesi e se non volevano essere circondati
dovevano andarsene al più presto. La posizione non era più difendibile.
Le prime pattuglie polacche entrarono incredule nella Masseria Albaneta
alle ore 6, alle 7:15 fu messo piede su quota 593 e alle 10:20 la bandiera polacca iniziò
a sventolare sopra le rovine del monastero. Nello stesso istante le telescriventi degli
inviati speciali per le agenzie di stampa annunciarono la notizia in tutto il mondo:
"Il monastero di Montecassino conquistato dal II° corpo polacco-18 Maggio-la strada
per Roma aperta". Dopo cinque mesi di stallo lItalia poteva così continuare ad
essere liberata.
Dopo qualche anno la fine del conflitto mondiale ai piedi del
"Monte Calvario", dove tanto sangue fu versato, fu costruito un grandissimo
cimitero per i 1200 soldati polacchi lì caduti. Sulla cima fu eretto un obelisco sul
quale una scritta tuttoggi recita queste tristi ed emozionanti parole: "Per la
nostra e la vostra libertà noi soldati polacchi demmo lanima a Dio, i corpi alla
terra dItalia, alla Polonia i cuori".
Bibliografia:
"Monte Cassino", Rudolf Bohmler- Ed. Baldini e Castoldi,
Milano 1964
"Cassino", Walter Nardini- Ed. Mursia, Milano 1975
"Cassino- ritratto di una battaglia", Fred Majdalany- Ed.
Mondadori, Milano 20003
"La guerra in Europa", Frido von Senger und Etterlin-
Ed.Longanesi, Milano 2002
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per altre informazioni:
La battaglia
di S. Maria Infante-Minturno (cronologia.it)
Il martirio di S. Maria Infante
Nota:
le notizie sulla fase finale della battaglia di Cassino sono in gran
parte tratte dal sito "Cassino
- La seconda guerra mondiale"
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