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Il centrosinistra
(febbraio
1962 - luglio 1976)
Pietro Nenni
Le riforme
Il quarto governo Fanfani, nato allinizio del 1962, ottiene
la fiducia grazie allastensione dei socialisti e segna linizio dellera
del centrosinistra, cioè lalleanza tra Dc e Psi. Rimane in carica poco più di un
anno, fino alle elezioni del giugno 1963, ma realizza alcune delle grandi riforme care ai
socialisti e punti cardine dellintero programma di governo del centrosinistra. Nel
1962 viene istituita una commissione per la programmazione economica e, in dicembre, viene
nazionalizzata lindustria dellenergia elettrica con la nascita dellEnel.
Allinizio dellanno successivo vengono adottati i provvedimenti di riforma
della scuola, con la realizzazione della scuola media unica e lestensione a 14 anni
della frequenza obbligatoria. Non saranno mai realizzati, invece, il piano verde per
lagricoltura e lattuazione dellordinamento regionale previsto in
Costituzione, che rappresentavano altri obiettivi prioritari dellalleanza di
governo.
Alla vigilia delle elezioni, dunque, la spinta riformatrice del
centrosinistra ha già perso vigore, anche perché inizia un periodo di crisi economica
caratterizzato dalla forte crescita dellinflazione. Il risultato elettorale,
inoltre, mette in luce tutta la debolezza dellalleanza DC-PSI: il partito cattolico
perde voti a vantaggio del PLI (strenuo oppositore dellapertura a sinistra) e del
PSDI, mentre a sinistra cresce il PCI.
I socialisti entrano direttamente nella compagine di governo solo alla
fine dellanno quando, dopo il governo balneare formato da Leone, Aldo Moro dà vita
al primo dei tre governi consecutivi cui partecipano tutti i membri del quadripartito di
centrosinistra (DC, PRI, PSDI, PSI). Il programma di riforme originario, rimasto
incompiuto, viene subito rilanciato ma la coalizione sembra aver perduto forza e la
incisività iniziale. La crisi economica in atto frena la realizzazione di interventi
radicali molto costosi, e inoltre Moro deve fare i conti con le pressioni dei grandi
potentati economici delledilizia, dei finanzieri, delle lobby agrarie, favorevoli
alla conservazione dello status quo normativo.
Nel 1966 PSI e PSDI si fondono nuovamente, dando vita al PSU. Il PCI
dopo la morte di Togliatti nel 1964, al quale succede Luigi Longo - rimane così
isolato e quasi totalmente immobile. Due anni dopo, però, le elezioni del 1968 decretano
il fallimento del PSU. Il 2 luglio 1969 lanima socialista e quella
socialdemocratica, confluite nel PSU, divorziano nuovamente e rientrano separatamente
nella compagine governativa. Nel frattempo si susseguono governi di transizione guidati da
Leone e da Rumor. Ma la carica innovatrice e riformatrice del centrosinistra si è ormai
irrimediabilmente esaurita, mentre in seno alla società civile aumentano le tensioni, cui
si aggiungono gli scandali legati allesistenza - vera o presunta - di piani di
destabilizzazione e di colpi di Stato (il piano "Solo" di De Lorenzo, ad
esempio). È iniziata una nuova stagione, quella della contestazione studentesca prima, e
del terrorismo poi.
Dallautunno caldo agli anni di piombo
Nel 1968 esplode la contestazione studentesca. La società del
miracolo economico, infatti, ha promesso benessere e successo per tutti, che in realtà
non può offrire. Di qui il rifiuto, anche da parte dei giovani di estrazione sociale
piccolo e medio borghese, dei valori e dei modelli figli del miracolo stesso. Alla
società consumistica di massa i giovani studenti contrappongono lalternativa del
collettivismo, da realizzare attraverso una rivoluzione culturale e linstaurazione
di una controcultura. In questo quadro, lautorità e i valori della famiglia
diventano i principali bersagli dei contestatori. Mentre da un punto di vista ideologico i
miti di riferimento sono lantifascismo, la dottrina marxista (ma solo dopo
unattenta revisione dei tratti originari) e lantimperialismo (ma non più con
riferimento allURSS, bensì alle rivoluzioni contadine e culturali sul modello
cinese o vietnamita).
Alla contestazione giovanile e studentesca si somma anche quella
operaia. In questo clima di alta tensione, infatti, il movimento sindacale giunge
allapice della sua forza, facendosi portavoce di richieste relative ad un vastissimo
arco di problemi, fino a mettere sotto accusa le basi stesse dellintero sviluppo
economico degli ultimi anni. Lo sciopero, quindi, cessa di essere uno strumento di lotta
finalizzato esclusivamente alle rivendicazioni salariali o ai problemi specifici del mondo
del lavoro, e si tramuta in mezzo più funzionale alla strategia sindacale che mira
allattuazione di quelle riforme radicali che i governi di centrosinistra non hanno
avuto la forza di realizzare. Tanto è vero che si è parlato di
"pansindacalismo", cioè di un tentativo dei sindacati di sostituirsi ai partiti
politici, guadagnandosi un canale privilegiato di dialogo e trattativa col governo. Il
loro limite. Però, è di non riuscire a coagulare intorno al proprio programma
lintera società, a causa della naturale propensione a difendere gli interessi della
sola classe operaiache li costringe a rimanere chiusi e isolati nel mondo delle fabbriche.
Di fronte alla contestazione, i partiti politici rimangono spiazzati.
La destra italiana, diversamente da quella francese ad esempio, non riesce ad esprimere un
forte partito conservatore capace di coinvolgere, in nome della salvaguardia di interessi
comuni, tutte le forze che guardano con timore alla contestazione. A sinistra, invece, né
il PCI né tantomeno il PSI sono in grado di imporsi alla testa del movimento e quindi di
sfruttarlo, poiché il loro patrimonio culturale ed ideologico ancora non si è adeguato
ai tempi e non cè possibilità di dialogo con i giovani, portatori di ambizioni
spesso estremistiche, radicali e globali.
Le vicende dellautunno caldo del 1968-69, tuttavia, condizionano
lattività legislativa degli anni seguenti, contribuendo ad alimentare una nuova
spinta riformatrice che si concretizzerà nellapprovazione dello statuto dei
lavoratori, nellattuazione delle regioni, nei referendum e negli interventi in tema
di divorzio. Malgrado ciò, il bilancio di questa stagione è deludente non solo perché
il movimento studentesco non riesce come era scontato ad imporre una
trasformazione rivoluzionaria della società e della politica, ma soprattutto perché le
forze progressiste riescono ad attuare solo una piccola parte sia pure importante -
del loro programma di riforme. Intanto si fa strada la consapevolezza che prima di ogni
altra riforma, occorrerebbe una radicale revisione dellintero apparato
burocratico-amministrativo dello Stato.
Lesperienza della contestazione fallisce, in certa misura, anche
sul piano culturale poiché ha come bersagli lautorità, il capitalismo, la
repressione sessuale, la famiglia e il consumismo, ma è proprio verso questi valori,
scaturiti dal miracolo economico, che la società italiana continuerà a dirigersi. I
modelli di riferimento adottati dai contestatori, del resto, appartengono a realtà
terzomondiste, come Cuba, la Cina e il Vietnam, che male si adattano alla società
italiana. Il movimento rivoluzionario, inoltre, è una piccola minoranza che non riesce a
coinvolge la maggioranza degli operi, anche a causa delle profonda eterogeneità della
classe proletaria italiana (grande industria del nord; campagna industrializzata della
terza Italia, ecc.).
Nei primi anni Settanta la contestazione studentesca e loffensiva
sindacale (che ha ottenuto la firma dei contratti collettivi) perdono vigore. Nel nord del
Paese, contro i disordini provocati dai gruppi di estrema sinistra, scende in piazza la
cosiddetta "maggioranza silenziosa". Al sud, invece, è la destra ad alzare la
voce come nel caso della rivolta di Reggio Calabria e de LAquila (alle elezioni
amministrative del 13 giugno 1971, nei centri meridionali si registra un netto balzo in
avanti del MSI).
LItalia arriva così alla vigilia di una nuova e ben più grave
emergenza, quella del terrorismo, i cosiddetti "anni di piombo", caratterizzati
da una incredibile serie di attentati e stragi. Il terrorismo non ha un volto unico, ma è
un fenomeno estremamente variegato e poliedrico. Cè un terrorismo di destra e un
terrorismo di sinistra (su tutti, le Brigate Rosse). E si è perfino ipotizzata
lesistenza di un terrorismo di Stato, cioè ad opera di rami deviati dei servizi
segreti, funzionale cioè agli interessi di determinate parti politiche. Ma sulla gran
parte degli avvenimenti di quegli anni, la magistratura ancora non ha fatto piena luce.
Verso il compromesso storico
La quinta legislatura è la prima a finire con lo scioglimento
anticipato delle camere. Questa soluzione fa comodo a tutti i partiti perché permette di
rinviare lo svolgimento del referendum abrogativo della legge sul divorzio: le forze di
sinistra, che hanno voluto fortemente la legge, temono infatti di essere sconfessate dagli
elettori, mentre la DC vuole ad ogni costo evitare di dover combattere una accesa
battaglia referendaria contro il divorzio spalla a spalla col MSI, pregiudicando la
possibilità di rimettere in piedi la coalizione di centrosinistra.
Lultimo governo della quinta legislatura ed il primo della
successiva sono guidati da Giulio Andreotti, con lappoggio di liberali,
socialdemocratici e repubblicani. Sono i cosiddetti governi della "centralità",
e segnano una battuta darresto del censtrosinistra.
Lalleanza DC-PSI viene ripristinata nellestate del 1973,
grazie allaccordo di palazzo Giustiniani fra i tre principali esponenti
democristiani Moro, Fanfani e Rumor. Il problema più urgente da fronteggiare è la crisi
economica. La politica di dilatazione della spesa pubblica finora seguita, la cosiddetta
"politica delle mance", ha fatto crescere linflazione. Il 1973 è anche
lanno della crisi petrolifera, che costringe ad adottare severe misure restrittive
di risparmio energetico. Per fronteggiare questa situazione, il quarto governo Rumor si
affida ad uno speciale direttorio interministeriale, la cosiddetta troika, con Colombo
alle Finanze, Giolitti al Bilancio e La Malfa al Tesoro.
Il PCI, dal canto suo, annuncia una opposizione più tenue sui temi di
politica economica e il voto favorevole sui provvedimenti utili ad alleviare la crisi.
Inizia così la marcia di avvicinamento al governo e sul finire del 1973 il nuovo
segretario Berlinguer - succeduto a Longo - lancia per la prima volta lidea del
"compromesso storico", tra Dc e Pci. A livello internazionale, intanto, sta per
essere inaugurata, con i partiti comunisti di Francia e Spagna, la linea
delleurocomunismo, incentrata sulla richiesta di una maggiore autonomia da Mosca
nellelaborare, nei diversi contesti in cui si opera, la propria strategia per la
conquista del potere.
Nel maggio del 1974 si svolge il referendum sul divorzio, che
rappresenta un momento di passaggio decisivo nella storia politica italiana ed in
particolare nella vicenda del centrosinistra. La scelta imposta dal referendum, infatti,
segna una netta spaccatura tra laici e cattolici e perciò mette a nudo lincapacità
dellalleanza tra DC e PSI di proporsi come guida della società civile a causa del
forte disaccordo su molti temi cruciali come, oltre al divorzio, laborto, la
politica economica e lordine pubblico (la legge Reale, che da più poteri alle forze
di polizia, passa malgrado lastensione socialista, grazie al voto favorevole dei
missini).
A fine anno i socialisti escono dal governo Rumor, al quale succede un
esecutivo guidato dal leader democristiano Aldo Moro, favorevole ad instaurare un dialogo
con lopposizione comunista. Sei mesi più tardi, alle elezioni amministrative, le
prime in cui votano anche i diciottenni, il PCI ottiene un notevole successo, ridisegnando
a vantaggio delle forze di sinistra la mappa del potere locale. Per lo scenario politico
italiano è un piccolo terremoto: il massiccio spostamento a sinistra dellelettorato
- non solo quello giovanile giovani, ma anche ceti medi e cattolici dimostra che
per la prima volta si guarda al PCI non più come fautore di tendenze rivoluzionarie,
bensì di tecniche di buon governo.
Sullo sfondo, intanto, impazza il terrorismo in un clima di terrore e
di tensione. E proprio per fronteggiare questa drammatica situazione, si fa strada
lidea di un governo di solidarietà nazionale, cioè con la partecipazione anche del
PCI. La legislatura termina con lo scioglimento anticipato delle camere, per iniziativa
dei socialisti che vogliono sfruttare alle politiche londa del successo elettorale
delle amministrative. Le elezioni del 20 giugno 1976, segneranno una nuova svolta nella
storia politica italiana.
CRONOLOGIA
21 febbraio 1962 - 6 maggio 1963. Governo Fanfani (IV) (DC, PRI,
PSDI).
6 maggio 1962. Antonio Segni eletto Presidente della Repubblica.
Giugno 1963. Elezioni Camera dei Deputati (DC 38,3% - PCI 25,3% -
PSI 13,8% - PLI 7% - PSDI 6,1% - MSI 5,1% - Mon. 1,7% - PRI 1,4% - ALTRI 4,8%).
Elezioni Senato della Repub. (DC 36,5% - PCI 25,2% - PSI 14% - PLI 7,4%
- PSDI 6,3% - MSI 5,3% - Mon. 2,1% - PRI 0,8% - ALTRI 2,6%).
21 giugno 1963 - 5 novembre 1963. Governo Leone (I) (DC).
4 dicembre 1963 - 26 giugno 1964. Governo Moro (I) (DC, PRI, PSDI,
PSI).
2 luglio 1964 - 21 gennaio 1966. Governo Moro (II) (DC, PRI, PSDI,
PSI).
28 dicembre 1964. Giuseppe Saragat eletto Presidente della
Repubblica.
23 febbraio 1966 - 5 giugno 1968. Governo Moro (III) (DC, PRI, PSDI, PSI).
Giugno 1968. Elezioni Camera dei Deputati (DC 39,1% - PCI 26,0% -
PSU 14,5% - PLI 5,8% - MSI 4,4% - Mon. 1,3% - PRI 2% - ALTRI 2,8%).
Elezioni Senato della Repub. (DC 38,3% - PCI 30% - PSU 15,2% - PLI 6,8%
- MSI 4,8% - Mon. 1,1% - PRI 2,2% - ALTRI 1,5%).
24 giugno 1968 - 19 novembre 1968. Governo Leone (II) (DC).
12 dicembre 1968 - 5 luglio 1969. Governo Rumor (I) (DC, PRI, PSU).
5 agosto 1969 - 7 febbraio 1970. Governo Rumor (II) (DC).
27 marzo 1970 - 6 luglio 1970. Governo Rumor (III) (DC, PRI, PSDI,
PSI).
6 agosto 1970 - 15 gennaio 1972. Governo Colombo (DC, PRI, PSDI,
PSI).
24 dicembre 1971. Giovanni Leone eletto presidente della Repubblica.
17 febbraio 1972 - 26 febbraio 1972. Governo Andreotti (I) (DC).
7 - 8 maggio 1972. Elezioni Camera dei Deputati (DC 38,8% - PCI
27,2% - PSI 9,6% - MSI 8,7% - PSDI 5,1% - PLI 3,9% - PRI 2,9% - PSIUP 1,9% - ALTRI 1,1%).
Elezioni Senato della Repub. (DC 38,1% - PCI 28,1% - PSI 10,7% - MSI
9,1% - PSDI 5,4% - PLI 4,4% - PRI 3% - ALTRI 1,3%).
26 giugno 1972 - 2 giugno 1973. Governo Andreotti (II) (DC, PSDI, PLI).
7 luglio 1972 - 2 marzo 1974. Governo Rumor (IV) (DC, PSI, PSDI,
PRI).
14 marzo 1974 - 3 ottobre 1974. Governo Rumor (V) (DC, PSI, PSDI).
12 - 13 maggio 1974. Referendum sul divorzio. Sconfitta degli
antidivorzisti.
23 novembre 1974 - 7 gennaio 1976. Governo Moro (IV) (DC, PRI).
15 giugno 1975. Elezioni amministrative.
12 febbraio 1976 - 30 aprile 1976. Governo Moro (V) (DC).
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Biografia Amintore Fanfani
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