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Amintore Fanfani

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Nato a Pieve San Martino, un paese in provincia di Arezzo, il 6 febbraio 1908. Laureatosi in economia nel 1930, insegnò alla Cattolica di Milano a partire dal 1936. E proprio alla Cattolica nacque l'amicizia e la stima con Dossetti. I due, che insieme a Lazzati e La Pira furono soprannominati «i professorini», studiarono e discussero fin dal '42 ruolo e compiti che avrebbe poi assunto la Dc. E a Fanfani, durante la campagne elettorale per la costituente, Dossetti confessò l'intenzione di volersi fare prete. Dall'8 settembre 43 all'aprile del 45 fu esule in Svizzera, dove organizzò corsi universitari per i rifugiati italiani.
Dopo la guerra, entrò a far parte della Dc, per la precisione nell'ufficio «Spes» che si occupava della propaganda. Eletto alla Costituente, Fanfani partecipò in prima persona alla scrittura della Costituzione. Sua è la formula «L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro». Dal '47 al '50 fu ministro del Lavoro, dal '51 ministro dell'Agricoltura, dal '53 ministro dell'Interno. Nel gennaio del 1954 arrivò la prima nomina a presidente del Consiglio (in tutto guiderà sei governi). E nel luglio dello stesso anno l'elezione alla segreteria della Dc.
Nella Dc Fanfani si collocava sulle posizioni dei progressisti. La sua politica potè dispiegarsi appieno negli anni del centrosinistra. Dopo aver convinto la Chiesa e gli Stati Uniti della possibilità di coinvolgere i socialisti nel governo senza che questo significasse per l'Italia una resa ai «rossi», Fanfani a capo di vari governi, nazionalizzò l'energia elettrica, varò la scuola dell'obbligo e promosse una serie di importanti riforme sociali. Conscio dell'importanza della comunicazione per la conquista del consenso, Fanfani puntò sin dall'inizio sulla giovane televisione italiana.
Il direttore generale di viale Mazzini, Ettore Bernabei, fu un suo fedelissimo e garantì che la programmazione della Rai rinsaldasse la centralità della Democrazia Cristiana nella classe media italiana.
Nella seconda fase del centrosinistra, a partire dal 1965, fu responsabile del ministero degli Esteri, da dove cercò di bilanciare la politica filoatlantica dell'Italia con il dialogo verso i paesi arabi. Nel '65, per un breve periodo, fu eletto il Presidente della XX Assemblea dell’Onu. Suo unico cruccio, quello di non essere riuscito nell'impresa di farsi eleggere alla presidenza della Repubblica. Le lotte intestine nella Dc gli furono fatali più volte: nel 1964, quando al Quirinale fu eletto il socialdemocratico Giuseppe Saragat, e nel '71, quando fu bocciato a scrutinio segreto dai «franchi tiratori» dc, che gli preferirono Giovanni Leone.
Nel '68 fu eletto presidente del Senato; nel '72 Giovanni Leone, dopo la conquista del Quirinale a sue spese, lo nominò, probabilmente con un intento riparatore, senatore a vita. Ma questo non significò affatto un ritiro dall'attività politica.
Nel 1973, di nuovo segretario della Dc, si lanciò nella battaglia contro il divorzio. Quello che fu uno dei suoi pochi errori politici, portò alla vittoria dei no nel referendum del '74, il primo vero scossone per la Dc, da trent'anni abituata a vincere.
Dal 1976 al 1982 tornò ad essere presidente del Senato. Nel 1987 la classe politica fece ricorso alla sua esperienza per dar vita a un governo, l'ultimo da lui presieduto, che portò il paese alle elezioni anticipate.
Dopo la fine della Dc si iscrisse al gruppo del Ppi al Senato, mantenendo buoni rapporti con i cattolici dei due schieramenti: le sue ultime uscite politiche sono state l'intervento all'Assemblea che sancì la nascita del PPI e il voto di fiducia al governo Prodi. Oltre agli studi e alla politica, la sua grande passione fu la pittura, che esercitò fin da giovane dopo studi accademici. Morì a Roma il 20 novembre del 1999.










 

info.gif (232 byte) per saperne di più:

pallanimred.gif (323 byte) Amintore Fanfani Biografia del "cavallo di razza" della Dc, a cura di Luca Molinari

 

 

   

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