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        La Resistenza in Europa 
          
        La Resistenza in Jugoslavia 
          
        Il 6 aprile del 1941 la Jugoslavia fu invasa
        da Germania e Italia (con l'appoggio di Bulgaria e Ungheria) e occupata nel giro di soli
        11 giorni. Il 17 aprile l'esercito jugoslavo firmò
        la capitolazione e il Re Pietro II con il Governo si recò in esilio a Londra.
        Seguì una rapida spartizione. Il Paese passò sotto la diretta occupazione tedesca
        (Serbia), italiana (Montenegro, Dalmazia, Slovenia, Albania e Kosovo), bulgara (Macedonia)
        e ungherese (Vojvodina). Il 10 aprile in Croazia fu  proclamato uno stato
        indipendente, nominalmente affidato al Duca di Spoleto, che comprendeva anche l'Erzegovina
        e ampie fasce territoriali della Bosnia.  Il potere fu esercitato in realtà dagli
        ustascia, i fascisti locali, sotto la guida di  Ante Pavelic. Protetto dai nazisti e
        benedetto dalle autorità religiose di Zagabria, il regime ustascia si abbandonò ad
        efferati atti criminali contro le minoranze serbe, contro gli ebrei, i rom e naturalmente
        contro gli antifascisti, comunisti e non.  
        In una prima fase il Partito comunista jugoslavo, seguendo le direttive di Mosca,
        adottò una posizione di non intervento nella guerra imperialista. Ma dopo l'attacco della
        Germania all'Urss mutò atteggiamento, iniziando la lotta antifascista. Il maresciallo Tito
        (Josip Broz), croato, segretario del Partito Comunista, nel maggio del 1941,  lanciò
        un proclama invitando alla resistenza i popoli della ex-Jugoslavia. Una lotta che,
        secondo le direttive di Mosca, avrebbe dovuto auto-limitarsi alla liberazione nazionale,
        senza trasformarsi in rivoluzione socialista. In quest'ottica i comunisti cercarono degli
        accordi anche con i partigiani filo-monarchici e serbi di Mihailovic  (detti
        "cetnici"), appoggiati da Re Pietro II, dal Governo in esilio a Londra e dalla
        stessa Gran Bretagna. 
        Nell'estate del 1941 i partigiani di Tito conquistarono momentaneamente gran parte del
        territorio serbo, ma furono ricacciati in Bosnia dalle truppe tedesche. In Bosnia i gruppi
        di Tito si riorganizzarono e le formazioni partigiane arrivarono a contare diverse
        migliaia di combattenti di tutte le nazionalità.  
          
        Tito 
        Nel novembre del '42 a Bihac venne fondato il Consiglio antifascista di liberazione
        popolare della Jugoslavia (Avnoj) che proclamava nel suo documento programmatico
        l'inviolabilità della proprietà privata.  
        Tra i monarchici del colonnello serbo Mihailovic e i comunisti di Tito scoppiarono
        però duri scontri (secondo alcuni storici, se la guerra cagionò alla Jugoslavia
        1.400.000 caduti, di questi, 305.000 caddero durante operazioni di guerra contro tedeschi
        e italiani, mentre ben 1.090.000 morirono durante le lotte fra le varie formazioni
        partigiane). La visione pan-serba di Mihailovic e la collaborazione dei monarchici con gli
        italiani e a volte perfino con gli stessi tedeschi - e, dopo il 1942, la partecipazione di
        unità di cetnici ad operazioni condotte da Italia e Germania contro i partigiani di Tito
        - screditarono il movimento agli occhi degli inglesi, i cui interessi erano soprattutto di
        tipo contingente: lo scontro militare in corso tra le forze terrestri e le potenze
        dell'Asse. In questo ambito essi erano pronti a fornire il proprio appoggio a chiunque
        fosse disposto ad uccidere il maggior numero di tedeschi. Da questi piani rimasero
        logicamente esclusi fin dall'inizio tutti quegli anticomunisti in Slovenia, Croazia e
        nella stessa Serbia che (per propria convinzione o in base a ragioni tatiche) si erano
        allineati in modo esplicito alle potenze dell'Asse. Ma ciò finì per provocare anche la
        sconfitta dei cetnici, sebbene gli inglesi giungessero alla decisione di interrompere gli
        aiuti loro destinati molto a malincuore e relativamente in ritardo - circa alla fine del
        1943.  
        La perdita del sostegno della Gran Bretagna fu un brutto colpo per i cetnici, sia dal
        punto di vista politico che da quello militare. Allo stesso modo, l'appoggio militare e
        politico della Gran Bretagna rappresentò uno degli elementi chiave della vittoria finale
        dei partigiani di Tito. Nel '46, dopo la vittoria dell'armata partigiana contro i
        tedeschi, Mihajlovic sarà processato e mandato davanti ad un plotone di esecuzione.  
        Al contrario, Tito si pose a capo di un'ampia coalizione al cui interno
        erano rappresentati serbi e non serbi, su base paritaria. Oltre a coloro che professavano
        un'ideologia antifascista, indipendentemente dalla propria nazionalità. Ciò contribuì
        ad attrarre: 
        a) Sloveni, il cui paese era stato frazionato dal Terzo Reich e
        dall'Italia fascista, nell'ambito del "nuovo ordine" propugnato da Hitler
        mettendone in pericolo la sopravvivenza; 
        b) Serbi che provenivano dalla Croazia, dalla Bosnia e dall'Erzegovina,
        sotto la minaccia dello sterminio da parte del regime ustascia. Ma non tutti i
        serbo-croati in fuga dal regime di Pavelic finirono per infoltire le schiere dei
        partigiani di Tito. Alcuni di loro si unirono alle milizie cetniche, soprattutto nelle
        regioni meridionali sotto il controllo delle truppe italiane, in particolare intorno a
        Knin. Le autorità italiane ne finanziarono l'arruolamento nelle truppe ausiliarie
        necessarie sia a contrastare la guerriglia partigiana sia ad evitare che il governo croato
        in carica potesse imporre la propria autorità su territori croati sottoposti
        all'occupazione italiana. 
        c) Croati, provenienti soprattutto da regioni meridionali annesse
        dall'Italia e successivamente, dal 1942 in poi, anche da altre. Il più importante
        serbatoio per il reclutamento di partigiani consisteva in croati che erano stati
        richiamati in servizio nell'esercito regolare croato - i cosiddetti domobrani - (o
        difensori della patria) - che si misero regolarmente e in gran numero a disposizione di
        Tito, insieme ai loro ufficiali, alle armi e agli equipaggiamenti. I partigiani furono
        inoltre aiutati dalla reazione dei croati contro le atrocità compiute dai cetnici.  
        d) Musulmani della Bosnia, nonostante le offerte di collaborazione di
        Pavelic - per il quale essi erano il "fior fiore della nazione croata" - il
        quale fece perfino erigere loro una moschea nella città di Zagabria, la capitale a
        maggioranza cattolica della Croazia. Ben presto, perfino quei musulmani dei quali Pavelic
        aveva inizialmente cercato l'appoggio iniziarono a defilarsi, dopo aver potuto constatare
        la natura autoritaria del suo regime. Ciò che contribuì ad agevolare il loro
        avvicinamento al regime di Tito fu la promessa dell'autonomia della Bosnia e
        dell'Erzegovina e, come già si era verificato per i croati, la necessità di trovare
        protezione nei confronti dei cetnici, di orientamento fortemente antimusulmano. 
        e) macedoni, delusi dalla natura del regime bulgaro e attratti dalla
        promessa formulata da Tito della creazione di una repubblica macedone nell'ambito della
        federazione jugoslava. 
        f) albanesi del Kosovo, contattati con difficoltà e con notevole
        ritardo con la richiesta di unirsi alle milizie di Tito da comunisti albanesi che
        auspicavano  di potersi riunire nello stato albanese. 
        La resistenza dei titini, cominciata in Serbia e Montenegro, si estese gradatamente a
        tutta la Jugoslavia. L'armistizio del settembre 1943 vide accogliere nelle file dei
        partigiani iugoslavi interi battaglioni di italiani sbandati, il cui
        contributo in uomini, mezzi e materiali alla vittoria finale fu decisivo e riconosciuto
        apertamente dallo stesso Tito, che, liquidato Mihailovic, era ormai divenuto il simbolo
        stesso della resistenza armata al nazifascismo. La disfatta italiana ebbe anche un'altra
        ripercussione in Jugoslavia: i gruppi fascisti croati si dissolsero. Nel novembre di
        quell'anno l'Avnoj costituì un governo provvisorio con Tito primo ministro. Dopo la
        sconfitta, nel '44, di un tentativo di Mihailovic e del governo collaborazionista serbo di
        salvare la monarchia, le truppe dell'esercito popolare e dell'Armata rossa entrarono (il
        28 ottobre) a Belgrado. Nel '45 anche la Croazia venne liberata. In maggio la Jugoslavia
        era tutta sotto il controllo di Tito. Il 2 maggio del '45 le truppe jugoslave entrarono a
        Trieste, assumendo il controllo dell'amministrazione della città  (vedi scheda sulla
        questione
        di Trieste) 
          
        I titini entrano in Belgrado (1944) 
        La guerra si concluse dunque con i comunisti di Tito che controllando l'intero paese
        iniziarono le confische dei beni dei collaborazionisti, ma anche la nazionalizzazione
        delle principali industrie e delle banche nonché la riforma agraria. Era la dinamica
        della lotta di liberazione che aveva assunto un carattere di lotta di classe contro la
        borghesia scavalcando nei fatti le decisioni della burocrazia moscovita e gli stessi
        accordi di Yalta tra Stalin e l'imperialismo "democratico" - che prevedevano una
        spartizione della Jugoslavia tra i due blocchi. 
        L'11 novembre del '45 le elezioni confermarono la vittoria del fronte popolare guidato
        da Tito, con il 96% dei voti. Abolita la monarchia, il 29 novembre fu proclamata la Repubblica
        Federativa Popolare di Jugoslavia, che era formata da sei repubbliche (Serbia,
        Croazia, Montenegro, Slovenia, Bosnia-Erzegovina e Macedonia) e due regioni autonome
        (Vojvodina e Kosovo) ed entrò a far parte del Cominform (Ufficio d'informazioni dei
        partiti comunisti europei). 
        Presto però la nuova Jugoslavia si mostrò indipendente sul piano della politica
        estera. Ciò era intollerabile per Stalin e nel 1947 si arrivò alla rottura con l'Unione
        Sovietica.  
        A sua volta però Tito aveva delle mire sull'Albania: là i partigiani comunisti albanesi
        (con a capo Enver Hoxha) avevano liberato da soli il territorio contribuendo anche in
        maniera determinante alla liberazione del Kosovo. Dal Kosovo però i partigiani albanesi
        furono costretti dagli jugoslavi a sloggiare dato che questi ultimi erano intenzionati ad
        annettersi (come avrebbero fatto) la regione. Da qui ha origine la rottura di Hoxha (che
        si schiererà con Stalin) con Tito. 
        Il regime che si instaurò in Jugoslavia era monopartitico, anche se più liberale di
        quello sovietico. La liberalità non arrivava comunque a permettere la minima espressione
        di indipendenza da parte di sindacati, partiti, organizzazioni di varia natura. Dal punto
        di vista economico si distingueva dall'URSS per la cosiddetta autogestione. In realtà gli
        operai gestivano assai poco. Si trattava di un sistema che lasciava parecchia autonomia
        alle imprese (dirette comunque da una burocrazia). Formalmente tutte le repubbliche della
        Federazione (e le due regioni autonome all'interno della Repubblica Serba) contavano allo
        stesso modo, anche se in realtà c'era una prevalenza dell'elemento serbo, specie
        nell'esercito. Questo era costituito dall'Armata Federale coadiuvata da milizie (la Difesa
        Territoriale) che dipendevano dalle singole repubbliche. Nel 1980, con la morte di Tito,
        si aprì una fase nuova che vide il ritorno della democrazia ma anche il risorgere dei
        nazionalismi e l'esplosione di sanguinosi conflitti civili, con la nascita di nuovi Stati. 
          
          Cronologia 
        27 settembre 1940 - Germania, Italia e Giappone firmano a Berlino il patto
        tripartito. 
        28 ottobre 1940 - L'Italia attacca la Grecia. 
        25 marzo 1941 - A Vienna il presidente del Consiglio jugoslavo Dragisa Cvetkovic,
        così come in precedenza era già stato fatto da Ungheria, Romania, Slovacchia e Bulgaria,
        firma l'adesione al patto tripartito. 
        27 marzo 1941 - A Belgrado un gruppo di ufficiali dell'aeronautica, guidati dal
        Capo di Stato Maggiore gen. Dusan Simovic attua un colpo di stato rovesciando il governo
        filotedesco dei Karageorgevic, depone il reggente Paolo e insedia re Pietro II che ripudia
        l'alleanza con Hitler, il quale ordina di liquidare la Jugoslavia. 
        1 aprile 1941 - In Jugoslavia viene ordinata la mobilitazione generale. 
        5 aprile 1941 - Trattato di amicizia e di non aggressione tra Jugoslavia e URSS. 
        6 aprile 1941 - La Germania invade la Jugoslavia e dichiara guerra alla Grecia.
        L'aviazione tedesca bombarda Belgrado (operazione "Castigo"). Anche l'Italia
        dichiara guerra alla Jugoslavia. 
        10 aprile 1941 - Occupazione tedesca di Zagabria e nascita della Croazia
        indipendente governata dal movimento filofascista degli "ustascia" di Ante
        Pavelic. 
        11 aprile 1941 - L'Ungheria dichiara guerra alla Jugoslavia. La II armata italiana,
        comandata dal gen.Ambrosio, entra in Jugoslavia dalla frontiera giuliana. 
        12 aprile 1941 - Le forze armate tedesche occupano Belgrado. 
        17 aprile 1941 - Capitolazione dell'esercito jugoslavo. Re Pietro II e il governo,
        a bordo di aerei inglesi, vanno in esilio prima in Grecia e poi a Londra. 
        3 maggio 1941 - L'Italia si annette la provincia di Lubiana. 
        5 maggio 1941 - Il Partito comunista jugoslavo decide la resistenza armata con la
        guida di Tito. 
        15 maggio 1941 - Viene costituito, sotto il controllo italiano, il Regno di
        Croazia. 
        8 maggio 1941 - Il Duca di Spoleto, Ajmone di Savoia - Aosta, è nominato re di
        Croazia con il nome di Tomislao II. 
        22 giugno 1941 - La Germania attacca l'URSS (operazione Barbarossa). 
        7 luglio 1941 - Primi combattimenti tra partigiani jugoslavi e reparti tedeschi e
        italiani. 
        3 ottobre 1941 - Il Montenegro occupato diventa protettorato italiano. 
        ottobre 1942 - Il Comitato esecutivo del Fronte di liberazione sloveno si pronuncia
        per la "riunificazione di tutto il popolo sloveno da Spielfield a Trieste". 
        26 novembre 1942 - Si riunisce per la prima volta a Bihac, in Bosnia, il consiglio
        antifascista di liberazione nazionale jugoslavo cui partecipano delegati di tutto il
        paese. 
        1 giugno 1943 - Il Fronte popolare di liberazione croato diffonde il proclama
        "Al popolo istriano". 
        13 - 14 giugno 1943 - Il Consiglio per la liberazione della Croazia incita alla
        "liberazione e unificazione di tutte le località croate" comprese l'Istria,
        Zara, Fiume e tutte le isole dell'Adriatico. 
        10 luglio 1943 - Le truppe angloamericane (gli "alleati") sbarcano in
        Sicilia. 
        24 - 25 luglio 1943 - Si riunisce il Gran Consiglio del fascismo che sfiducia
        Mussolini. 
        25 luglio 1943 - Vittorio Emanuele III destituisce e arresta Mussolini nominando,
        poi, come nuovo capo del Governo il maresciallo Badoglio il quale dichiara che "la
        guerra continua". 
        8 settembre 1943 - Viene reso noto l'armistizio tra l'Italia e gli Alleati. Inizia
        immediatamente lo sfacelo dell'esercito e delle istituzioni italiane mentre le truppe
        tedesche disarmano gli italiani e occupano il territorio italiano fin oltre Roma. 
        8 - 13 settembre 1943 - Insurrezione popolare in Istria; gli slavi cominciano ad
        arrestare e a infoibare gli italiani e gli avversari politici. 
        9 settembre 1943 - Lo Stato Indipendente Croato di Ante Pavelic proclama
        l'annessione della Dalmazia. In Italia, il re e il governo si portano prima a Pescara e
        poi a Brindisi. A Roma i rinati partiti politici italiani creano il Comitato di
        Liberazione Nazionale (C.L.N.) per condurre la resistenza contro i nazifascisti. 
        10 settembre 1943 - Una parte dei territori italiani subisce una più accentuata
        dominazione tedesca: le province di Bolzano, Belluno e Trento costituiscono il
        "Voralpenland" mentre il territorio di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e
        Lubiana costituisce l'"Adriatisches Kustenland"; area che le forze armate
        germaniche occupano progressivamente tra il 9 settembre e il 12 ottobre. 
        12 settembre 1943 - Mussolini viene liberato da un commando tedesco e portato in
        Germania. 
        13 settembre 1943 - A Pisino il Governo provvisorio insurrezionale croato proclama
        l'unione dell'Istria "alla madrepatria croata". 
        16 settembre 1943 - Il Consiglio di liberazione nazionale della Slovenia decreta
        l'annessione del Litorale. 
        23 settembre 1943 - Mussolini annuncia la nascita della Repubblica Sociale Italiana
        (R.S.I.) con capitale Salò. 
        1 ottobre 1943 - I tedeschi istituiscono la Zona d'Operazioni Litorale Adriatico,
        amministrata dal Commissario Supremo Friedrich Rainer. 
        13 ottobre 1943 - Il governo del Sud guidato da Badoglio dichiara guerra alla
        Germania. 
        2 novembre 1943 - Iniziano i bombardamenti su Zara che, nel corso di un anno,
        porteranno alla distruzione della città e al suo progressivo sfollamento. 
        29 novembre 1943 - La Presidenza dell'AVNOJ (Consiglio antifascista di liberazione
        nazionale della Jugoslavia) sancisce la legittimità dei decreti di annessione del
        Comitato di liberazione sloveno e di quello croato. 
        31 gennaio 1944 - Il C.L.N. di Milano assume la guida della Resistenza contro i
        tedeschi trasformandosi in Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (C.L.N.A.I.). 
        6 giugno 1944 - Inizia lo sbarco in Normandia. 
        Estate 1944 - Primi profughi in fuga dalla Dalmazia e dal Quarnero. 
        11 settembre 1944 - L'ammiraglio Stone afferma che il "comando supremo ha,
        presentemente, l'intenzione di mantenere sotto il governo militare alleato le province di
        Bolzano, Trento, Fiume, Pola, Trieste e Gorizia al momento della liberazione dell'Italia
        settentrionale". 
        16 settembre 1944 - A Negotin, sul Danubio presso la frontiera con la Romania, le
        truppe sovietiche si congiungono con quelle dell'Esercito di liberazione jugoslavo. 
        15 - 21 ottobre 1944 - Truppe sovietiche e jugoslave liberano Belgrado. 
        28 ottobre - 1 novembre 1944 - Partigiani jugoslavi entrano a Spalato e a Zara. 
        7 febbraio 1945 - 19  partigiani non comunisti della "Osoppo",
        contrari all'annessione jugoslava, vengono barbaramente uccisi alle Malghe Porzus dai
        partigiani garibaldini. 
        Marzo 1945 - Circa 1000 civili abbandonano Pola; il Ministro degli esteri on. De
        Gasperi inizia un'azione diplomatica a Washington per ottenere l'occupazione alleata di
        tutta la Venezia Giulia. 
        22 aprile 1945 - Truppe jugoslave occupano Brioni e le isole adiacenti mentre altri
        reparti marciano verso Trieste e Monfalcone. 
        23 - 25 aprile 1945 - Il C.L.N.A.I. dirama gli ordini per l'insurrezione. Il giorno
        25 Mussolini fugge verso il lago di Como. Il fascismo è finito. 
        1 maggio 1945 - Le forze jugoslave fanno la loro apparizione nelle zone periferiche
        di Trieste. 
        2 maggio 1945 - A Trieste i tedeschi si arrendono alle forze neozelandesi. Il
        comando jugoslavo occupa la città e ne assume l'amministrazione. 
        3 maggio 1945 - Le truppe jugoslave entrano a Fiume. 
        3 - 20 maggio 1945 - Si verificano prevalentemente in questo periodo le esecuzioni
        sommarie e gli infoibamenti nella zona di Trieste e di Gorizia. Le deportazioni verso i
        campi di concentramento jugoslavi continuano anche nei mesi successivi. 
        5 maggio 1945 - Trieste risponde all'occupazione jugoslava con una manifestazione
        di popolo e cinque cittadini rimangono uccisi nel conflitto con gli slavi. 
        7 maggio 1945 - I tedeschi firmano la resa incondizionata agli "alleati". 
        8 maggio 1945 - Duro promemoria di Alexander a Tito per richiamarlo al rispetto
        degli accordi precedenti. 
        9 giugno 1945 - Belgrado. Tito, pur protestando, firma un accordo con il generale
        Morgan: il territorio ad occidente della linea Trieste - Caporetto - Tarvisio e gli
        ancoraggi di Pola e della costa occidentale dell'Istria sono posti sotto controllo diretto
        degli alleati. 
        12 giugno 1945 - Le truppe jugoslave lasciano Gorizia, Trieste e, momentaneamente,
        Pola.  
         
         
         
          per
        approfondire: 
          Biografia di Tito 
          La Resistenza dei
        militari italiani in Jugoslavia (anpi.it) 
          Le Foibe Nel '43 e nel '45 il terrore titino colpisce gli italiani: precedneti,
        storia, bibliografia 
          L'eccidio di Porzus e le Foibe
        (due capitoli tragici del biennio '43-'45 e della
        Resistenza: approfondimenti, documenti, bibliografia) 
          La questione di Trieste:
        cronologia 1944-1975 
         
        Jugoslavia
        Dossier di Cnn Italia sulla dissoluzione della Jugoslavia, i
        conflitti di questa regione e il regime di Milosevic. 
          
         
           
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