I partigiani dellANPI di
Roma si propongono di approfondire adeguatamente l'esame del lungo, prolisso documento
(intessuto di ripetizioni che denunciano il collage anche se l'estensore manuale è, si
può giurarci, uno solo) diffuso dalle nuove Brigate Rosse dopo l'assassinio di Marco
Biagi. Un documento che si presenta come programma e autoritratto del movimento
rivoluzionario che intende agire in parallelo con la rinascita (o ricostituzione) di quel
Partito Comunista Combattente autodissoltosi dopo l'assassinio di Aldo Moro, da riproporre
in Italia ma legato idealmente (e in cerca di collegamenti con le varie forme di
terrorismo "nell'area europea, mediterranca e mediorientale") al movimento
internazionale "antimperialista" (non meglio individuato e definito).
Si tratta di un esame che semiologi e politologi stanno conducendo per
trovarvi le matrici ideologiche e i propositi che i nuovi brigatisti vogliono tradurre in
"azione militare", allo scopo, dicorto, di "disarticolare lo stato e
colpirlo al cuore" facendo opera di proselitismo tra diseredati e scontenti, ma
soprattutto, come in passato, uccidendo qua e là "personaggi significativi".
Una tesi aberrante, il terrore sanguinario come sottolineatura della lotta politica.
Ad una prima analisi di questa "risoluzione strategica", non
si coglie però alcuna novità rispetto a quelle della prima ondata terroristica.
Abbondano frasi e luoghi comuni che gli stessi
Curcio, Franceschini, Moretti hanno collocato in una fase storica
irripetibile. Chi ha scritto la risoluzione ha letto male Marx e niente affatto Dahrendorf
e non tiene in nessun conto il pensiero di Lenin. Essi affondano le loro radici in
concezioni blanquiste e soreliane liquidate già alla fine dellOttocento dal
movimento operaio e comunista. Ben più serio e documentato è quanto dicono sulla
globalizzazione, sul liberismo, sulle speculazioni finanziarie dei potentati
internazionali, sul riarmo e le guerre di affermazione della leadership americana
politologi ed economisti di scuola liberale, e non solo esponenti della sinistra
d'ispirazione socialista, cristiana e comunista. La denuncia che per i nuovi brigatisti
dovrebbe muovere le masse alla rivoluzione in Italia e nel mondo non ha neppure la forza
dei messaggi di una Chiesa Cattolica che chiede la fine del mostruoso squilibrio tra aree
sviluppate e aree di sottosviluppo (dove aumentano in modo esponenziale i morti per fame e
malattie) per arrivare ad un nuovo ordine internazionale coniugato con la giusta
ripartizione delle risorse. Questo delle nuove Brigate Rosse è un condensato di retorica
populista privo di un qualsiasi progetto. Un urlo (e quanto atroce) fine a se stesso.
Anche se di fronte allimpotenza dell'ONU, i risultati sono sconfortanti, l'unica
strada praticabile è la mobilitazione popolare nei singoli stati e nel consesso mondiale,
seguendo le regole democratiche. Una sfida, questa, la sola. possibile, anche se ardua
tanti sono gli egoismi da superare, a fronte della scorciatoia sanguinaria brigatista,
inaccettabile sul piano morale, inattuabile politicamente per arrivare all'egualitarismo
che molti di noi sognano se non altro in nome della dignità della persona umana.
Anche sul piano interno assistiamo certamente al deterioramento della
democrazia. I sintomi sono molti, li conosciamo. Desta scandalo l'uso della politica per
coprire interessi, asservire la magistratura, impadronirsi dei mezzi d'informazione per
trasformarli in gigantesca macchina del consenso, ridurre i margini dello stato sociale e
dei diritti acquisiti dai lavoratori. Ma i nuovi brigasti rossi vogliono davvero la
democrazia ? 0 non la respingono ripetendo errori ed orrori che la storia ha
irrimediabilmente condannato? Ma c'è di più. Questo terrorismo senza sbocco e senza
futuro rende un servizio incommensurabile alle forze politiche ed economiche le più
retrive. Assicura adesione e supporti ai centri di potere che "garantiscono
lordine", favorisce lautoritarismo, addirittura, data lemergenza,
legittimandolo. Rievocare la nascita del fascismo (e del nazismo) non è in questo caso un
puro esercizio intellettuale. Non accadrà di nuovo, ma nessuno ci assicura che non possa
accadere.
Come dunque definire questi nuovi brigatisti rossi? Lenin li taccerebbe
di infantilismo criminale ma si adatta bene loro anche il termine di anarco fascisti.
Certo non di comunisti. Altri erano quelli nella Resistenza e durante le lotte per la
conquista e laffermazione delle libertà democratiche. Ogni accostamento è non solo
improprio, ma anche assurdo. Altrettanto arbitrario e vile è dirsi continuatori della
Resistenza per cercare di nobilitare atti che sono e restano delitti ripugnanti per ogni
coscienza civile.