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Stalin

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Iosif Vissarionovic Dzhugashvili nasce il il 21 dicembre 1879 nel villaggio di Gori, tra i monti della Georgia.  Suo padre Vissarion è un ciabattino alcolizzato e violento. Sua madre, contadina e analfabeta,  lo vorrebbe vedere pope e lui frequenta la scuola del seminario ortodosso di Tiflis, l'attuale Tbilisi.

La sua carriera politica ha inizio nel 1899 quando si iscrive al Partito operaio socialdemocratico russo e fa opera di propaganda presso i ferrovieri di Tbilisi. Ricercato dalla polizia per attività rivoluzionarie, viene arrestato nel 1902: trascorre più di un anno in prigione e quindi viene esiliato in Siberia, da dove fugge nel 1904. Fra il 1902 e il 1913 viene arrestato otto volte, e per sette condannato all'esilio, ma sistematicamente riesce a fuggire forse anche, come si è detto, per i suoi legami con la polizia segreta. Il periodo di confino più lungo è l'ultimo, che dura dal 1913 al 1917.

Nel 1904 entra a far parte della fazione bolscevica guidata da Lenin. Dopo la rivoluzione fallita del 1905, partecipa agli scioperi del 1908 e fornisce un grande contributo alla formazione dei primi soviet operai e contadini. Nel 1912, Lenin lo chiama a Pietrogrado (ora San Pietroburgo) a far parte del Comitato centrale del partito e comincia a farsi chiamare Stalin (uomo d'"acciaio"); l'anno seguente, dirige per breve tempo il nuovo giornale del partito, la "Pravda" (Verità) e, su richiesta di Lenin, scrive la sua opera principale, Il marxismo e la questione nazionale, nella quale esprime le proprie teorie politiche.

La sua grande occasione arriva con la prima guerra mondiale. Nel 1917, quando Lenin torna a ottobre per ordinare il colpo di Stato e la presa del potere, Stalin si trova in Siberia e- a differenza di altri leader bolscevichi come Kamenev o Zinoviev - non esita ed è dalla sua parte. Torna a San Pietroburgo, dove gli viene affidata la direzione della Pravda assieme a Lev Kamenev. Nel primo governo bolscevico è commissario del popolo per le nazionalità; dal 1919 diviene commissario all'ispettorato operaio e contadino e, dal 4 aprile 1922, su proposta di Lenin, è anche segretario generale del Comitato centrale del partito: incarico che terrà fino alla morte e che trasformerà da organo puramente esecutivo in solida base di potere. Nel 1923 è già così potente da poter trattare a male parole Nadezda Krupskaja, la moglie di Lenin. Questi è devastato dalla malattia, immobilizzato, incapace di parlare, ormai escluso da tutte le decisioni. Un anno dopo, già prossimo alla morte, sarà lo stesso Lenin a lamentare l'ormai eccessiva arroganza di Stalin. Troppo tardi però. La strada della successione era spianata.

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Dopo la morte di Lenin, la guida del paese è nelle mani di una troika composta da Stalin, Grigorij Zinov'ev e Kamenev. All'interno del partito, il principale oppositore di Stalin è Lev Trotzkij che propugna la teoria della "rivoluzione permanente" contraria a quella staliniana della "costruzione del socialismo in un solo paese". Nel 1927, forte dell'appoggio di Zinov'ev e Kamenev, Stalin riesce prima a isolare Trotzkij, e poi si schiera con Nikolaj Bucharin e Aleksej Rykov contro i suoi ex alleati che, insieme a Trotzkij,  costituiscono la cosiddetta "ala di sinistra". Con un'abile propaganda, illustrando la propria interpretazione dei principi di Lenin, Stalin riesce a far prevalere le sue posizioni. Tra il 1927 e il 1928 Trotzkij e Zinov'ev vengono espulsi: nel 1929 Stalin è ormai unanimemente riconosciuto come l'unico successore di Lenin e diviene il leader incontrastato dell'Unione Sovietica.

Gli anni '30 sono quelli della creazione di nuove industrie pesanti, che sfruttano gli immensi giacimenti minerari della Siberia, della fondazione di migliaia di scuole per preparare nuovi tecnici e debellare la piaga dell'analfabetismo, ma anche della collettivizzazione forzata delle terre, della soluzione finale nei confronti di centinaia di migliaia di kulaki, i contadini ucraini e russi più intraprendenti. Già sotto Lenin, il sistema delle grandi epurazioni era stato sperimentato sulla società, attraverso la creazione dei primi grandi campi di concentramento e di lavoro forzato, attivi fin dal 1919, dove venivano raccolti e presto liquidati i nemici di classe: "bianchi" e menscevichi, socialrivoluzionari ed elementi antisociali, ufficiali zaristi che non s'erano convertiti al verbo dell'Armata rossa e anarchici irriducibili. Ma Stalin, assai prima dei grandi processi di Mosca che avrebbero riempito il Gulag di centinaia di migliaia di bolscevichi dissidenti, perfeziona anche il sistema di controllo sulla società deportando intere popolazioni da un capo all'altro dell'Urss e lanciando vere e proprie campagne di sterminio, come quella contro i kulaki, i contadini ricchi.

Ma la stagione delle purghe più feroci è compresa tra il 1937 e il '38 quando la mannaia del boia e gli stenti dei gulag si abbattono in pochi mesi su alcuni milioni di «nemici del popolo»: intellettuali, religiosi e «borghesi» sfuggiti ai massacri della guerra civile e del «terrore rosso» leninista, ma anche militari fedeli alla causa sovietica, tecnici, semplici cittadini, vecchi bolscevichi e persino nuovi militanti stalinisti apparentemente ortodossi. Gli ex rivali Zinov'ev, Kamenev e Bucharin vengono giudicati con processi sommari e condannati a morte con l'accusa di aver commesso crimini contro lo stato. In tutto il paese si instaura un clima di terrore, fomentato anche dall'azione della polizia segreta, il KGB.

Nell'agosto del 1939, Stalin firma il patto di amicizia con Hitler, che dura fino al giugno del 1941 quando con l'«operazione Barbarossa» le armate naziste aggrediscono l'Unione Sovietica a tradimento. Con Hitler, Stalin si spartisce la Polonia, d'accordo con Hitler si impadronisce della Bessarabia, dei tre paesi baltici (Estonia, Lituania, Lettonia) e cerca infine di piegare la resistenza della Finlandia. Dopo l'invasione nazista e l'avanzata che sembra irresistibile dei tedeschi nel cuore dell'Unione Sovietica, nel 1942 a partire dalla battaglia di Stalingrado  le sorti del conflitto si ribaltono e la guerra si risolve per Stalin e per l'Armata Rossa in un trionfo epico. Stalin siede al tavolo delle trattative con gli Alleati a Jalta (1945) e Potsdam (1945), e ottiene il riconoscimento di una sfera di influenza sovietica in Europa orientale; dopo la guerra, estende il controllo sovietico sulla maggior parte dei paesi liberati dall'Armata Rossa ed acquisisce in tempi brevi l'arma atomica. Negli ultimi anni di vita è circondato dall'ossequio di decine di milioni di militanti comunisti nel mondo. Colpito da ictus la notte del primo marzo 1953, la sua morte viene annunciata solo il 5 marzo. La denuncia del suo successore, Nikita Kruscev, nel XX Congresso del 1956 costituirà la prima vera picconata al mito del «meraviglioso georgiano».

 

Stalin e i pogrom

Tra il 1946 ed il 1953, anno della sua morte, Stalin tentò di realizzare un pogrom di dimensioni mai viste. Il fine ultimo: liberare l'Urss dall'influenza ebraica. La stessa paranoia di Hitler ammorbava la mente del dittatore rosso. Tutto era pronto per essere realizzato. Sarebbe scomparso, con una tipica purga staliniana, circa il 15% dell' intelligenza sovietica. Fortunatamente Stalin non riuscì a realizzare il suo progetto. Morì poco prima che avesse potuto dare inizio al programma. La motivazione: gli ebrei sarebbero stati colpevoli di essere sionisti, parassiti ed antipatriottici. Insomma non veri sovietici. A distanza di cinquant'anni esce per uno studio accurato sull'antisemitismo sovietico, opera di Louis Rapoport («La guerra di Stalin contro gli ebrei»). Le fonti sono gli archivi dell'ex Unione Sovietica e decine di interviste di testimoni. Testimonianza indiretta dell'antisemitismo staliniano era stata già fornita dalla sorte riservata a «Il libro nero» di Vasilij Grossman e Il'ja Erenburg, vietata da Stalin nell'immediato dopoguerra. Stava iniziando il pogrom. Le stampe vennero bruciate e le lastre per la distrutte. Per caso sopravvissero i manoscritti.

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