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Lo sbarco in Sicilia

Vecchie storie di Mafia, Alleati e Dc

di Andrea Camilleri

Quando, nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943, le forze alleate iniziano lo sbarco in Sicilia, a tirare un sospiro di sollievo sono in tanti: i cittadini che vedono avvicinarsi l'ora della fine degli spaventosi bombardamenti; gli antifascisti che sentono il profumo della libertà; i mafiosi i quali, avendo appoggiato lo sbarco, sanno di poter disporre adesso di uno spazio di manovra che il fascismo aveva loro negato. E a proposito dei rapporti tra fascismo e mafia, vedi Sciascia. Viene formato l'Amgot (Allied military government of occupied territory), guidato dal discusso colonnello Charles Poletti per la parte che riguarda i "civil affairs" della Sicilia. A Poletti viene quindi lasciato il compito di nominare prefetti e sindaci. E Poletti lo fa. Sir Rennel O' Rodd, che sovrintendeva a tutti i compiti dell'Amgot, si espresse in questi termini nella prefazione al libro di G.R. Gayre, Italy in transition (Londra 1946): "La maggioranza dei comuni era lacerata da gelosie personali e faide ed aveva enormi difficoltà a proporre dei nomi. Di fronte al popolo che tumultuava perché fossero rimossi i podestà fascisti, molti dei miei ufficiali caddero nella trappola di scegliere in sostituzione i primi nomi che venivano proposti oppure seguire il consiglio d'interpreti che si erano accodati loro e che avevano imparato un po' d'inglese durante qualche loro soggiorno negli Stati Uniti. I risultati non erano sempre felici, le scelte finivano per cadere in molti casi sul locale boss mafioso o su un uomo-ombra il quale in uno o due casi era cresciuto in ambienti di gangster americani. Tutto ciò che poteva essere detto di questi uomini era che essi erano tanto antifascisti quanto indesiderabili da ogni altro punto di vista". In conclusione, molti mafiosi (l'elenco dei nomi sarebbe lungo e noioso) si risvegliarono dal "sonno" e divennero sindaci, cioè a dire che la mafia passò ad amministrare direttamente, come mai prima era stato possibile, più della metà dei comuni siciliani. Gli Alleati nominarono i prefetti (tra gli altri Angelo Cammarata a Caltanissetta), i rettori e i professori universitari, i nuovi magistrati. Tutti, in comune, dovevano essere rigorosamente antiseparatisti. Già, il separatismo. Se verso il Mis (Movimento indipendenza siciliana), proclamato da Finocchiaro Aprile il 10 luglio 1943 (vale a dire contemporaneamente allo sbarco alleato in Sicilia), l'Amgot ebbe un atteggiamento ufficiale di chiusura, altrettanto non si può dire del supporto ufficioso che gli americani offrirono al movimento. Un solo esempio per tagliar corto a discorsi che potrebbero diventare noiosi: primo cittadino di Palermo venne nominato Lucio Tasca, capo storico del movimento separatista, proprietario terriero, autore del volume Elogio del latifondo siciliano (che è quanto dire) che costituisce, assieme a La Sicilia ai siciliani del catanese Antonio Canepa, uno dei due pilastri sui quali si fonda il movimento. A Tasca, soprattutto nelle province della Sicilia occidentale, si aggiunsero altri sindaci separatisti e, in parte, mafiosi. Il capitano W.E. Scotten nell'ottobre 1943, nel suo Report on the problem of mafia in Sicily scrisse che "agli occhi dei siciliani l'Amgot si è circondato di amici dei separatisti e ha designato ai pubblici uffici sia dei "separatisti dichiarati che simpatizzanti tali. (...) Almeno l'80 per cento delle designazioni fatte dall'Amgot nell'area della provincia di Palermo sono state di questo genere". È bene ricordare che il Mis aveva un braccio armato (bene armato) che lasciò una lunga scia di sangue dietro di sé (colonnello dell'Evis - Esercito volontario indipendenza siciliana - era il bandito Giuliano). Concludiamo con le parole di Sir Rennell O'Rodd, una sorta di bilancio consuntivo a poche settimane dallo sbarco alleato. "Parlando in termini generali, questi uomini (i mafiosi) per l'opinione pubblica, ma anche nel fatto, sono antifascisti; ma non sono persone alle quali si possa concedere clemenza a cuor leggero col pretesto che sono prigionieri politici che hanno sofferto nelle mani dei fascisti. Mentre la mafia è essenzialmente una organizzazione criminale per l'estorsione, la "protezione" e i furti, in passato essa ha pure giocato un ruolo politico considerevole nelle competizioni elettorali. Suppongo che la mafia sia ora sicuramente associata al movimento per l'indipendenza siciliana".(...) Era successo che nel corso del 1947 la situazione in Sicilia era politicamente mutata. L'autonomia regionale, ma non solo quella, provocò lo scioglimento effettivo del movimento indipendentista. Il Movimento aveva avuto un peso politico non indifferente. Le province più separatiste erano state Agrigento, Ragusa, Catania, Palermo e Caltanissetta. In quest'ultima provincia c'erano i comuni appartenenti al cosiddetto "Vallone" tra i quali: Villalba ufficialmente rappresentata da Calogero Vizzini e Mussomeli rappresentata da Giuseppe Genco Russo (che succederà a don Calò Vizzini quale capo supremo della mafia). In conclusione: una volta sciolto il Movimento restavano a vagare dentro i confini dell'isola più di 150 mila voti. Prendiamo ad esempio quello che capitò a Caltanissetta dove già l'Amgot, nominando prefetto l'avvocato Cammarata, aveva, secondo le parole dell'onorevole Francesco Pignatone, emesso "un segnale positivo rivolto a quel coacervo di forze che col passare dei giorni si sarebbero manifestate come forze di qualità mafiosa". Racconta l'onorevole Giuseppe Alessi, uomo di punta della sinistra democristiana in Sicilia: "Alla riunione del comitato provinciale si presentò un gruppo guidato dall'allora soltanto dottore Calogero Volpe, che accompagnava i rappresentanti dello schieramento del "Vallone", da lui capeggiato, fino allora vivacemente separatista e prosperato sotto il patronato del prefetto Cammarata; ora che prefetto era Aldisio, quello schieramento col suo capo si era deciso ad entrare nel partito della Dc. Da parte mia non espressi alcuna opposizione di carattere personale verso i singoli: ma pretesi che ognuno presentasse singolarmente la domanda nelle sezioni, già costituite nei paesi del "Vallone". Il dottor Volpe fu preciso e deciso nella replica: tutto il gruppo entrava nel suo complesso organico, senza che il partito si permettesse di esaminare la posizione di ognuno dei componenti. Obiettai che in tal caso si trattava non già della richiesta dei singoli di entrare nel nostro partito, ma di una fusione tra due partiti; aggiunsi francamente che mi opponevo alla proposta così formulata, anche perché quello schieramento aveva dei contrafforti nell'onorata società, che a Mussomeli si esprimeva nella figura di Genco Russo. Si badi, e lo sottolineo con vigore: dissi, e ancora affermo, che non intendevo esprimere giudizi di carattere morale o di carattere religioso, perché non ne avevo diritto; debbo precisare che pronunziavo un giudizio di carattere strettamente politico". Parole rivelatrici da parte di un cattolico: nessun giudizio morale o religioso, solo politico, strettissimamente politico. A soccorrere l'onorevole Alessi in quel pericoloso momento, fu un' anima santa (così viene chiamata dallo stesso Alessi). L'anima santa in questione è quella del cavaliere Benintendi, presidente della Conferenza di San Vincenzo, il quale, chiamato in disparte Alessi, testualmente gli dice: "Caro il mio giovane avvocato, qui non siamo in sede di Azione Cattolica, per formulare simili discriminazioni, siamo in piano politico. Lei sa che i comunisti usano tali violenze contro i nostri da non consentire loro nemmeno le libere manifestazioni, i cortei. Ebbene, abbiamo bisogno della protezione di persone forti per fermare le violenze dei comunisti". Non me la sto inventando io, che sono abituato a scrivere romanzi, questa frase. L'elenco dei morti che precede ampiamente dimostra come quelle "persone forti" entrarono immediatamente in azione per far sì che i democristiani potessero fare i loro cortei. Così continua il racconto della sua pena l' onorevole Alessi: "Il cav. Benintendi era persona estremamente retta ed anima candida, veramente cristiana; ma, secondo me, sbagliava. Rimasi in minoranza, il "gruppo" entrò in massa e da quel momento si appropriò del partito". Ipse dixit. Lo stesso accadde nelle altre province siciliane.

(Micromega, novembre 1999)

 

 

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