Che la mafia, sconfitta sul piano militare,
covasse in realtà sotto la cenere e mantenesse un suo controllo sulla società siciliana
sembra confermato dalle vicende dell'estate del 1943, in occasione dello sbarco in Sicilia
degli Alleati. La strategia militare che il Pentagono decise di attuare nel momento in cui
si decise di aprire uno nuovo fronte contro i nazi-fascisti in Italia, fu quella di
iniziare l'offensiva dalla Sicilia, sia per evidenti ragioni geografiche (per evitare
l'accerchiamento da parte del nemico), sia perché si poteva costituire una testa di ponte
in Sicilia proprio sfruttando la mafia.
E' normale che in guerra non si vada molto per il sottile. Così, la CIA contattò
alcuni importanti boss mafiosi italo-americani in carcere negli Stati Uniti, e gli offrì
un patto: la libertà in cambio di un appoggio al momento dello sbarco. Fu ciò che
avvenne: alla fine della guerra molti mafiosi americani furono liberati ed espulsi dagli
Stati Uniti come "indesiderabili", con il tacito accordo che sarebbero tornati
in Italia. I casi più noti riguardarono i boss Lucky Luciano e Vito Genovese, il quale
prestò addirittura servizio per il quartier generale alleato di Nola.
Contemporaneamente, gli Alleati affidarono molte cariche, nel governo provvisorio della
Sicilia dopo lo sbarco, a noti mafiosi: Calogero Vizzini fu nominato sindaco di Villalba,
Giuseppe Genco Russo divenne sindaco di Musumeli, Vincenzo Di Carlo fu nominato
responsabile dell'Ufficio per la requisizione del grano, ecc. Ciò diede nuova e sicura
autorità ai mafiosi, oltre a concrete possibilità di arricchimento e di accrescimento
del loro potere.
In questo periodo, la mafia cercò di organizzare la sua presenza, anche politica, in
Sicilia, contribuendo alla nascita del Movimento Indipendentista Siciliano (MIS),
formazione politica che si prefiggeva l'indipendenza della Sicilia dal resto d'Italia e,
in alcuni momenti, persino la stramba idea di far aderire la Sicilia agli Stati Uniti.
Il MIS non fu composto solo da mafiosi, ma ebbe diverse anime e diverse adesioni.
Certo, però, la componente mafiosa, o vicina alla mafia, era molto importante. D'altro
canto, i mafiosi potevano vantare, paradossalmente, di essere stati
"perseguitati" dal Fascismo, facendosene un merito, come se il problema fosse
stato politico e non criminale. Il MIS ebbe un sviluppo molto ampio dal 1943 al 1947, sia
per il seguito popolare, sia perché "i responsabili del governo militare di
occupazione affidarono il 90% delle amministrazioni a politici separatisti", come
denunciava la prima relazione della Commissione parlamentare antimafia del 1972
(Tranfaglia, p. 4).
La crescita del movimento non si limitò, tuttavia, al piano legale ed elettorale. Il
MIS costituì persino un suo esercito, l'EVIS (Esercito volontario di indipendenza
siciliana), nel quale militarono banditi e mafiosi di grosso calibro. Capo dell'EVIS fu
Salvatore Giuliano, e fu proprio questi a provocare la fine dell'esperienza separatista,
con la strage di Portella della Ginestra, una località vicino Palermo, dove, "il 1
maggio 1947, si erano radunati, secondo una vecchia tradizione, i lavoratori della zona
per celebrare la festa del lavoro. In quella occasione, erano pervenuti nella località
molti gruppi di lavoratori con le proprie famiglie ed era iniziato da poco il discorso del
segretario socialista della zona quando, improvvisamente, dalle alture circostanti
partirono i primi colpi di mitra. Ci fu un improvviso clamore, quasi di gioia, perché i
più ritenevano che si trattasse di spari festosi. Poi le prime urla e quindi un confuso
fuggire tra lamenti e pianti." (il racconto è ancora tratto dalla Relazione della
commissione antimafia del 1972: Tranfaglia, p. 32). Vi furono 11 morti e 35 feriti.
L'orrore suscitato in tutta Italia dalla strage provocò una reazione decisa da parte
dello Stato, come spesso sarebbe accaduto anche in seguito. Tuttavia, si decise di trovare
una soluzione al problema non proprio onorevole. Si distinsero nettamente le
responsabilità del bandito Giuliano da quelle dei politici del MIS e dei mafiosi. Si
contrattò con la mafia la fine di Giuliano, che fu tradito da un suo luogotenente
(Gaspare Pisciotta), ucciso e consegnato alla polizia. Dapprima si cercò di far passare
la versione che Giuliano fosse morto in uno scontro a fuoco, ma, grazie anche ad alcune
inchieste giornalistiche, si venne infine a sapere la verità.
Quando, un paio di anni dopo, Pisciotta cominciò a far intendere di essere disposto a
rivelare alcuni scottanti retroscena, fu trovato morto nel carcere dell'Ucciardone, a
Palermo, per aver bevuto un caffè alla stricnina.
Mafia, politica e affari. 1943-91, a cura di Nicola Tranfaglia, Bari, Laterza,
1992 - La Commissione Antimafia ha una storia molto lunga, essendo stata istituita per la
prima volta nel 1963. Questo libro raccoglie una selezione dei brani più significativi
delle sue relazioni e di altri documenti ufficiali (rapporti di polizia, estratti di
sentenze). Il volume e' essenziale per la ricostruzione di alcune fasi della storia
italiana, a partire dal Dopoguerra.