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Rudolph Hess

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Fu l’incarnazione della follia, dell’esoterismo, colui che visse ai confini della realtà, attraversando, unico tra i grandi gerarchi, quasi tutto il ventesimo secolo fino alla morte, per suicidio, nel carcere di Spandau il 17 agosto 1987, nel settantesimo anniversario della fondazione della Thule, la setta da cui trasse origine quel partito nazional-socialista dei lavoratori tedeschi, destinato, di lì a poco, a sconvolgere i destini del mondo; quasi un macabro simbolo di lucidità in una mente da tempo assente, sconclusionata, persa nel vuoto. Nato ad Alessandria d’Egitto il 26 aprile 1894, da una facoltosa famiglia di commercianti tedeschi, Hess rappresentò il volto oscuro e misterioso del nazionalsocialismo. Esperto aviatore, partecipò alla grande guerra e, come tale, assistette, impotente, alla fine dell’impero del Kaiser Guglielmo II. Giunto a Berlino alla fine del conflitto, cominciò a dedicarsi all’occultismo, iscrivendosi a circoli esoterici e fu proprio in quel periodo che conobbe l’uomo della svolta, un giovane austriaco dal nome Adolf Hitler, con il quale entrò a far parte del neonato partito nazional-socialista. Nel 1923 prese parte al Putsch di Monaco e, pur riuscito a scampare all’arresto, preferì costituirsi per seguire le sorti del futuro fuhrer il quale, in carcere, gli dettò il Mein Kampf, ossia la bibbia dell’ideologia nazista. Nel 1933 Hitler divenne cancelliere del Reich ed il compagno della prima ora Hess ne condivise l’ascesa, divenendo suo vice, ma quello che però sembrava un idillio indistruttibile finì, invece, ben presto con lo spezzarsi: Hess era sempre meno lucido, praticava occulti riti iniziatici, si circondava di strani talismani, appariva sempre più sconclusionato e distante dalla realtà, come se la sua mente vagasse nel nulla. Allo scoppio delle ostilità Hitler decise, dunque, di declassarlo, nominando Goring come vice-fuhrer; come riferito da molti testimoni del tempo Hess fu sempre più un simbolo e sempre meno un uomo di potere, divenendo un personaggio di facciata che, tuttavia, nella sua lucida follia, stava covando un piano per realizzare quello che credeva essere un desiderio del suo vecchio, inseparabile, camerata. Secondo il suo folle pensiero, Hitler avrebbe voluto la pace con l’Inghilterra, per poi attaccare, il vero nemico della grande Germania, ossia Stalin ed i suoi bolscevichi, al fine di realizzare il dominio dei due grandi popoli del nord, quello inglese e quello tedesco. Alle sei del pomeriggio del 10 maggio 1941, alla guida di un aereo, decollò dall’aeroporto militare di Augusta alla volta della Manica, ancora una volta, nella sua mente e come sempre, al servizio del suo fuhrer, al fine di avviare trattative con i vertici di sua maestà. Fu un viaggio senza ritorno, che gli valse la scomunica di uno sconvolto Hitler e una prigionia che durò diversi anni, finchè, dopo anni di silenzio, smagrito, pallido e smarrito, ricomparve al processo di Norimberga. Durante la sua deposizione fu come se la sua mente si fosse arrestata agli anni del nazismo trionfante, esaltando i trascorsi felici accanto all’amico di un tempo, accanto a quello che definì il figlio più illustre prodotto dal popolo tedesco, manifestando tutto il suo orgoglio per essere stato suo fedele seguace; condannato all’ergastolo passò il resto della sua vita nel carcere di Spandau, totalmente scollegato dalla vita reale, fino all’ultimo, sconvolgente gesto di cosciente follia: il suicidio nel giorno in cui, settanta anni prima erano cominciati i suoi tempi gioiosi, consumati in simbiosi fraterna con quello che fu la persona più importante della sua lunga esistenza, Adolf Hitler, compagno della prima ora e guida suprema del grande Reich destinato, nei progetti, a dominare sul mondo intero. <

 

pallanimred.gif (323 byte) Il caso Hess: la misteriosa missione in Inghilterra nel 1941 a cura di Francesco Ranocchi

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