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Il sindacalismo cattolico dall'unità sindacale alla nascita della Cisl

 

pallanimred.gif (323 byte) La Cisl dal primo congresso al "conglobamento" (1951-1954)

Nel periodo che parte dalla nascita della Cisl, dal suo primo congresso fino alla lunga vertenza sul "conglobamento", si affrontarono le principali questioni nodali per la creazione di una base e di una struttura organica per il "sindacato nuovo".

Rispondendo ad un questionario per inserire alcune sue personali osservazioni sulla Cisl in un libro di storia sindacale, Pastore enunciò quelle che a suo avviso sarebbero state le linee programmatiche di partenza per il sindacato: <Per noi - affermò Pastore- il problema della classe lavoratrice italiana non si pone come problema politico, di modificazione dello Stato, ma si pone come problema di acquisto di consapevolezza della propria posizione e della propria funzione da parte della classe stessa nell' ambito dell'attuale situazione storica del nostro Paese> (1). La novità di Pastore era intesa ad un unione delle forze di lavoro , dove i loro singoli interessi si riflettevano, direttamente e indirettamente su tutta l'economia nazionale.

Nel primo congresso di Napoli (11-14 novembre 1951) si cercò di stabilire i punti fermi del "sindacato nuovo". Giulio Pastore ,presentando la sua relazione al congresso, riassunse così gli scopi della Cisl: <si tratta dunque di sapere: se i lavoratori italiani hanno definitivamente ripudiato gli ingannevoli metodi della demagogia comunista; se il sindacato democratico in Italia ha la capacità e la possibilità di far valere nei confronti degli imprenditori dello stesso Stato le sue realistiche e responsabili impostazioni> (2).

Nel suo intervento a Napoli Pastore parlò anche riguardo ai rapporti che il sindacato avrebbe dovuto tenere con i partiti, un' altra delle principali innovazioni del "sindacato nuovo", differenti da quelli tradizionali. La Cgil del periodo 1944-48 era stata definita come esempio di "sindacato partitico", perchè formata in accordo tra correnti sindacali dei partiti di cui si consideravano espressione. All' atto di nascita della Cisl erano forti gli scambi di opinione tra la DC e il sindacato nuovo. De Gasperi vedeva nel sindacato un possibile interlocutore per un miglioramento dei rapporti tra sindacato e Governo. Infatti la Cgil comunista era a quell'epoca un elemento di contrapposizione di quel movimento operaio, che con la caduta del fascismo si era riorganizzato. In un' epoca di blocchi contrapposti (USA-URSS, DC-PCI e la tensione del conflitto coreano), per la DC avere un sindacato dalla propria parte avrebbe agevolato il suo confronto con il mondo dei lavoratori, ma Pastore e la Cisl rifiutarono un legame troppo vincolante con la DC e gli altri partiti di governo. Per questo fu scelta e sempre ribadita (ne sono espressione le relazioni dei congressi della Cisl) la formula del sindacato autonomo. Sull' 'indipendenza della Cisl Pastore afferma :

[...] noi non intendiamo la nostra indipendenza come qualche cosa che crei una frattura fra noi e gli uomini dei partiti. Non per nulla s'era già detto che desideriamo mantenere buoni rapporti coi partiti e i movimenti ideologici.[...] un sindacalismo libero e democratico si realizza sul piano dell' indipendenza sostanziale; vale a dire che può e deve mantenere buoni rapporti con tutti e quindi anche con i partiti.[...] rapporti corretti , allora, rapporti cordiali che tuttavia , ricordo, non devono dar luogo a firme di cambiali o a rendiconti.[...] cinquanta anni di tradizione hanno indotto troppa gente a considerare il sindacato come un agenzia elettorale (3).

Il lungo discorso di Pastore continuò poi cercando di toccare tutti i punti nodali delle problematiche del mondo dei lavoratori dalla piaga dei licenziamenti, alla questione agricola meridionale, dove in quel periodo la Coldiretti ( unione dei lavoratori agricoli vicina alla DC ) cercava di risolvere con scioperi la situazione di definizione dei contratti per i braccianti e dell 'attribuzione della terra ai contadini ed ai mezzadri. Pastore cercò di spiegare che la Cisl si sarebbe posta sul piano della "contrattazione aziendale", intesa come rinuncia ad un sistema di richiesta di aumento salariale generalizzato, dove le eventuali elevazioni salariali o qualitative del lavoro si sarebbero discusse ognuno secondo la specifica realtà produttiva dell'azienda .

Fu chiarita da Pastore la scelta sindacale della Cisl a livello internazionale dove, oltre all'adesione all' unione dei sindacati liberi e cattolici europei, il sindacato avrebbe operato la sua scelta "occidentale" orientando il suo modello a quello anglosassone, con l'accettazione del modello capitalistico industriale.

In quello stesso anno fu fondata a S.Domenico (frazione di Fiesole) la "scuola sindacale della Cisl", fortemente voluta da Pastore per la formazione della futura dirigenza del sindacato, un innovazione per l'Italia in fatto di formazione al sindacalismo.

La Cisl cominciava così il suo cammino verso l'effettiva autonomia, per questo fu importante in quel momento che si chiarissero quali sarebbero stati i nuovi rapporti tra Cisl e Acli, due organizzazioni che rappresentavano realtà diverse, ma anche, avrebbero dovuto rappresentare, meglio di altre forme strutturate di impegno cattolica, la fine di un epoca.

Le Acli vengono così considerate, al di fuori di ogni modello precedente:<il polo lavoratore della DC> (4). Nelle Acli si sviluppano le condizioni per la scelta laica e autonoma della Cisl. Infatti, essendoci già una rappresentanza cattolica dei lavoratori, la Cisl poteva basare il suo nuovo sindacalismo sulla formula laica e aconfessionale per ottenere un maggior numero di iscritti anche tra i lavoratori di ispirazione non cattolica. Ma il ruolo delle Acli era quello di mantenere un' identità culturale tra i lavoratori cristiani nel periodo della Cgil unitaria. Comunque, per la scelta citata in precedenza, fatta dalla Cisl in materia di indirizzo non confessionale, si mantenne un equilibrio tra Acli e Cisl che permise la sopravvivenza di tutti e due i sindacati.

Il "conglobamento" fu invece una fase della politica salariale nazionale che vide impegnati i sindacati, da una parte, e la Confindustria, dall'altra, negli anni dal 1952 al 1954. Per conglobamento si intendeva la richiesta di mettere insieme sotto un unica voce nella paga-base l'assegno di carovita e le indennità minori, tutto questo in un riassetto zonale tenendo conto del raggruppamento delle: < preesistenti novanta diverse situazioni salariali provinciali in un più ristretto numero di zone> (5). Con questo sistema per zone in alcune province i lavoratori non avrebbero realizzato alcun aumento di stipendio. Quello che volevano garantire i sindacati era almeno un aumento minimo per tutti. La Cisl chiedeva:<ritocchi salariali differenziati da un settore industriale all' altro, secondo la maggiore o minore produttività> (6). La Confindustria: < assunse fin dal principio un atteggiamento negativo sulla vertenza> (7) e nella discussione si confusero i toni di lotta sindacale con quelli legati alle vicende elettorali del 1953.

Nel periodo delle elezioni la Cisl: < seguì senza riserve la sinistra democristiana nell'adesione all'iniziativa elettorale di De Gasperi> (8) ma nonostante il partito puntasse ad una forte maggioranza, che gli sarebbe derivata grazie alla nuova legge elettorale (chiamata anche "legge truffa") che avrebbe assegnato una quota aggiuntiva di seggi alla coalizione che avesse superato il 50% più uno dei voti, ma che nella reltà vide ridimensionare il progetto democristiano (che ottenne il 40% dei voti e vide scendere anche i suoi partiti "partners" di governo) (9) e declinare anche il progetto centrista degasperiano. L'elettorato aveva espresso un contrasto con la politica repressiva della prima legislatura, così ne uscì fuori un voto che potè aprire uno spiraglio alle correnti di sinistra democristiane per quello che, negli anni sessanta, porterà questa corrente al governo. Per la Cisl il risultato delle elezioni non danneggiò la struttura del sindacato ma ebbe la opportunità di rafforzare la sua scelta di autonomia (condannando le scelte errate della Dc) e facendolo sembrare più aperto al dialogo a sinistra e al contributo nella risoluzione dei problemi lavorativi. Emerse infatti, nella discussione sugli aumenti salariali, ancora più forte il divario tra Nord e Sud e la difficile questione dell' emigrazione interna. La vertenza fu regolata alla fine delle trattative con gli accordi del giugno 1954: dallo stipendio del manovale a quello delle qualifiche superiori. La Cgil, al contrario delle posizioni della Cisl e della Uil, voleva un aumento generale dei salari del dieci percento su scala nazionale. La Confindustria accettò le richieste della Cisl e della Uil, ma non quelle della Cgil non ritenendole ragionevoli. La Cgil si ritirò dall'accordo con la Confindustria, appellandosi all'articolo 39 della Costituzione. Cisl e Uil cercarono di chiudere le trattative ottenendo un riequilibrio della situazione retributiva generale: limitando gli oneri finanziari a quelli strettamente derivati dalle operazioni di conglobamento. Cisl e Uil poterono presentare l'accordo come un successo della loro politica sindacale, mentre Giuseppe di Vittorio, leader della Cgil, polemizzando per la conclusione delle trattative disse: < E' sempre molto facile vendere a basso prezzo> (10), volendo far intendere come Uil e Cisl avessero condotto la trattativa con un tacito accordo con la Confindustria. Va detto che secondo i dati dell' economia europea dei primi anni cinquanta in Italia, dopo la soluzione della questione sul conglobamento, gli aumenti salariali furono modesti rispetto ad altri paesi europei e alla crescita del costo della vita come afferma Turone:< nel 1956 l' "Economist" calcolò che,[...],i salari italiani - pur cresciuti di 88 volte rispetto all' anteguerra- erano inferiori del 50% ai salari inglesi e di un terzo rispetto a quelli francesi tedeschi e belgi> (11). Giulio Pastore, in un discorso tenuto a Milano (il 13 giugno del 1954) alla fine della discussione sulla vertenza del "conglobamento", celebrò quella che per lui era stata: <la prima grande vittoria sindacale dell'Italia democratica> (12). Lasciando da parte i toni trionfalistici del leader della Cisl occorre sottolineare quanto lui affermò sul lavoro svolto:

la vertenza del conglobamento rispondeva alla esigenza fondamentale di mettere finalmente ordine nell'istituto della retribuzione. Questa vertenza, pertanto, rappresentava e rappresenta la terza fase di un' unica azione sindacale: la prima fu la rivalutazione dei salari, la seconda la rivalutazione degli assegni familiari e la terza è [stata] l'unificazione delle voci salariali e il riordino delle paghe provinciali (13).

e al riguardo delle dichiarazioni di Di Vittorio rispose che era solo la voce di chi reagisce ad una sconfitta, parlando del futuro del sindacato riaffermò che la base dello sviluppo della Cisl si sarebbe fondata sulla contattazione aziendale.

Per grande o piccola che sia stata la vittoria ottenuta dall Cisl nei primio anni cinquanta sul conglobamento, si può affermare che per il neo sindacato questo avvenimento fu il trampolino di lancio per la sua affermazione a livello nazionale, portandolo oggi a essere con Cgil e Uil una delle maggiori rappresentanze sindacali del Paese.

Note:

1. Cit. Dalle risposte di G.Pastore al questionario di A. Muratore per il libro: I sindacati in Italia , contenute in G. Baglioni, Analisi della Cisl, pp.3-8, cit. In bibliogr.

2. Cit. Di G.Pastore in G.Baglioni, Analisi della Cisl, pp.44-45, cit. In bibliogr.

3. G. Pastore, "L' unità sindacale e i partiti", discorso al I° congresso della Cisl cit. In id. , I lavoratori nello Stato, pp.153-154, in bibliogr.

4. R.Orfei , " Acli e Cisl ", in G. Baglioni , Analisi della Cisl, pp.77-95, In bibliogr.

5. V. Saba, " Verso un sindacato nuovo (luglio 1943- 1955)", in S.Zaninelli, il sindacato nuovo, Cit. In bibliogr. , p.366.

6. S.Turone, Storia del sindacato in Italia, p.206, cit. In bibliogr.

7. Ivi , p.206.

8. Ivi, p.201.

9. Cfr. S.Colarizi, Storia dei partiti nell'Italia repubblicana, Cit. In bibliogr., pp.166-170.

10. Ivi , p. 209. cfr. Conferenza stampa di fine anno della Cgil del 29 dicembre 1954.

11. Ivi , p.209 n.1.

12. G.Pastore, I lavoratori nello Stato, Cit. In bibliogr., pp.258-262.

13. Ivi, p.259-260.

(a cura di Simone Galgano)

 

 

   

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