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Il sindacalismo cattolico dall'unità sindacale alla nascita della Cisl

 

pallanimred.gif (323 byte) Dalla scissione allo sviluppo organizzativo della Cisl: influenza cattolica, partitica e adesione delle varie realtà lavorative (1948-1950)

In precedenza sono state analizzate le principali ragioni , o almeno quelle più apparentemente evidenti, che portarono la presenza cattolica ad abbandonare il progetto del sindacato unitario nella Cgil e alla nascita della Lcgil: <le scissioni seguirono fatalmente al fallimento del tentativo di dare alla Cgil un carattere Tradeunionista,[…]le scissioni vennero quando la costruzione capitalistica era ormai praticamente compiuta, ma si trattava di renderla irreversibile, di piegare gli operai-come si vedrà più avanti- ad accettare passivamente tutte le conseguenze> (1).

Ma prendendo in esame le ragioni più profonde della scissione sindacale, potremmo vedere come Chiesa e Democrazia Cristiana operarono perchè i loro rappresentanti abbandonassero ogni qualsiasi forma di compromesso con il sindacalismo social-comunista. La Chiesa aveva sempre osteggiato questo rapporto promiscuo con le forze marxiste e bolsceviche, mentre, siamo ancora negli anni che vanno dal 1945 al 1947, il partito di De Gasperi (che in quel breve periodo governava con l'appoggio del Pci e del Psi) non aveva ancora la forza elettorale sufficiente per spingere ad una rischiosa scissione. L' elezioni del 18 aprile del 1948, con la netta affermazione democristiana sul Fronte Democratico Popolare (Pci-Psi) diedero la possibilità al fronte cattolico anticomunista di premere il settore sindacale e portarlo sempre di più alla rottura definitiva. Il rapporto con la gerarchia ecclesiastica si rafforzava, dopo la vittoria elettorale, ed era funzionato anche il collegamento tra lavoratori e Chiesa operato dalle Acli, queste infatti coordinarono i lavoratori cattolici presenti nel sindacato unitario.

Nella Cgil gli undici rappresentanti sindacali cattolici, facevano parte integrante del gruppo parlamentare della Dc (lo stesso Pastore fu eletto nelle prime legislature repubblicane) (2). Musella (3) definisce la presenza nelle file della Dc dei sindacalisti cattolici come finalizzata allo svolgersi di interessi particolari, legati al contratto di rappresentanza dei propri interessi locali di elettorato. Esisteva allora una duplicità, tra un sindacato che dopo la scissione si dichiarerà autonomo e laico ma che tendenzialmente seguì le scelte partitiche ed ecclesiastiche.

La nascita della Lcgil ha come discussione fondamentale al suo interno la forma nuova da dare al sindacato cattolico perchè riuscisse a sopravvivere allo strappo con la Cgil e si facesse carico di tutti quei settori lavorativi che non avevano aderito, iscrivendosi al sindacato unitario, perchè questo, secondo loro, rappresentava troppo gli interessi di alcune specifiche categorie sociali (come ad esempio il proletariato di fabbrica).

Per Foa :

Il produttivismo della Lcgil , poi Cisl, non era né socialmente né politicamente neutro , in quanto tentava di proporzionare le rivendicazioni alle disponibilità delle imprese e quindi modellava l'azione sindacale sulle linee dello sviluppo capitalistico differenziato[…] anche l'autonomia dai partiti , riaffermata incessantemente dalla Cisl e coerente col suo rifiuto del confessionalismo cattolico-come si vedrà nei capitoli successivi- era allora una premessa per la collaborazione col governo e si risolveva in una organica collaborazione di classe a livello delle imprese attraverso il parametro della produttività aziendale e a livello statale con una partecipazione subalterna (4).

Le elezioni e l'affermazione di correnti di pensiero, come quelle legate al movimento dell' "Uomo qualunque" esprimevano l'emergere di un altro vasto strato della popolazione, molto spesso legata alla classe medio-borghese che non si sentiva rappresentata né dal Pci, né dalla Cgil sul piano sindacale.

Questa "massa grigia" di lavoratori aveva i suoi interessi da difendere, era uscita allo scoperto ( ma solo per un breve periodo) per dare la possibilità ai vari partiti di centro-destra di organizzarsi per raccoglierla e dare a loro garanzie precise.

Non era la sola forza a cui si doveva rivolgere il partito e il nascente sindacato cattolico, esisteva una "quarta forza" in Italia numericamente inferiore alla massa lavorativa, alla rappresentanza politico-religiosa, ma che deteneva il potere nei punti chiave dello sviluppo economico- commerciale del Paese e nella Stampa giornalistica.

La Confindustria, ma anche personalità legate alla dirigenza di grossi trust editoriali, potevano dare un appoggio molto forte all'affermazione della Dc e allo sviluppo del nascente sindacato, se questi avessero agevolato il loro operato, specialmente ora che le commissioni di lavoro e gli incentivi economici del piano Marshall avrebbero fornito capitali investibili per un rilancio della produzione e della circolazione del denaro.

Non è negabile che la presenza forte del gruppo di "sinistra" della Dc, incise su una certa linea politica del partito cattolico, ma la convergenza più grande, quella che portò alla Dc i numeri e gli strumenti necessari ad imporsi nel governare l'Italia nelle prime due legislature scaturirono dal gruppo di centro-destra, più conservatore.

Ecco come la Dc e la Lcgil (ed in seguito la Cisl) raccolsero il consenso e il potere necessario per combattere la presenza forte delle forze di sinistra.

La Lcgil nel 1948 contava un numero di iscritti che superava il milione di lavoratori (5), questo enorme afflusso di lavoratori non intaccò minimamente gli aderenti alla Cgil, che risulta in quegli anni passare da 5.588.370 lavoratori del 1948 ai 5.037.089 del 1949 (6).

Come mai la scissione fece comparire questo numero d'iscritti alla Lcgil senza sottrarli all'ex sindacato unitario?

Le risposte, che si ricollegano a molte delle situazioni affermate in precedenza, sono molteplici, le più valide e documentate risultano essere la presenza di quella "massa grigia" di lavoratori che non si ritrovava nelle scelte troppo a sinistra della Cgil e del suo classismo. Analizzando la composizione degli iscritti alla Lcgil, prima, e della Cisl , dopo, per categoria lavorativa, si ritrova una massiccia presenza dei dipendenti pubblici (operatori P.T., ferrovieri, impiegati statali, insegnanti, operai dei monopoli, etc), e lavoratori legati al settore bancario e a quello assicurativo.

Se si prendono in considerazione questi dati, sul totale degli iscritti alla Cisl nel 1950 il 41,6% appartiene all'industria, il 24,7 all'agricoltura, al pubblico impiego il 17,5% ed altri lavori (quali servizio, commercio, artigianato, etc) il 16,2% (7), quattro anni dopo diminuiscono le presenze legate ai lavori industriali ( scendendo al 28%) ed aumentano sensibilmente l'agricoltura (8) (27,4%), il pubblico impiego, con gli altri lavori, raggiunge la quota del 44,1% degli iscritti al sindacato, questo denota l'adesione sempre più crescente di queste categorie al sindacato cattolico.

Non solo, ma spiegano in parte l'azione sindacale volta dalla Cisl al non riconoscimento degli articoli 39 e 40 della Costituzione italiana. Per l'art. 40 (sul diritto di sciopero) come afferma Turone:<ogni volta che veniva sollevato il tema del diritto di sciopero, la logica voleva che le prime categorie per cui s'invocava una disciplina limitatrice fossero quelle dei dipendenti dello stato[…]> (9).

Per l'art. 39 (sull'obbligatorietà dell'iscrizione) se in un primo momento, in fase costituente, la Dc scelse questa impostazione per garantirsi l'appoggio dei lavoratori non social-comunisti, per bilanciare le presenze nel sindacato unitario, in seguito (soprattutto con la Cisl): < in contraddizione con l'atteggiamento tenuto il passato dalla corrente sindacale cristiana- ma in coerenza con la necessità di sottolineare la propria autonomia anche rispetto allo Stato- maturò la tesi favorevole alla natura privatistica del sindacato> (10) che la portò ad essere sfavorevole a questa norma.

Secondo Foa (11), la repressione che si ebbe negli anni del "Centrismo" (anni cinquanta) in Italia e che portò negli anni sessanta ad un cambiamento del quadro operaio, successe perchè in quel periodo un notevole aiuto si ebbe dal "miracolo economico", cioè da quella fase di ripresa produttiva ed economica delle aziende che risollevò il Paese dalla disastrosa situazione postbellica e diede il miraggio di un raggiunto benessere economico diffuso così: <nella classe operaia non si preparò allora soltanto la rottura del vecchio muro dei consumi e dei costumi proletari e l'avvento del consumo di massa[…], fra il 1951 e il 1960 il reddito nazionale lordo dell'agricoltura […] crebbe del 18%, quello del settore terziario del 54%, ma quello dell'industria ebbe un balzo del 104%[…]> (12).

Questo cambiamento fu una delle cause che portò alla Cisl un crescente numero di iscritti e la fece affermare nel panorama sindacale italiano, senza più bisogno di porsi contro la Uil, che come altro sindacato non di sinistra era visto come un pericoloso concorrente, ma anche perché si convinsero (come si vedrà nella vertenza del "conglobamento") che nella concertazione sindacale avrebbero avuto più forza, quando gli sarebbe mancato l'appoggio della Cgil.

Va anche detto che Cisl e Uil :< volevano evitare la lotta e quindi dimensionavano le rivendicazioni in modo da renderle accettabili dai padroni[…]> (13).

Note:

1. V.Foa, "sindacati e lotte sindacali", in AA.VV., Storia d'Italia, Vol.V-T.2, cit. In bibliogr., p.1823.

2. <[...]i maggiori esponenti della Cisl furono in parlamento fra i banchi della Dc fino al 1969> cit. Da S.Turone, Storia del sindacato in Italia, cit. In bibliogr., p.194.

3. Cfr. L.Musella, "i sindacati..", cit. In bibliogr.

4. V.Foa, "sindacati e lotte sindacali", cit., p.1823.

5. I dati che cito sono tratti dalle Tab. Riportate da L.Musella , "I sindacati...", cit. In bibliogr., pp.891-908.

6. Ibidem.

7. Ivi, tab.10 p.895.

8. Anche se come già affermato precedentemente i coltivatori diretti confluiscono nella Coldiretti (sempre cattolica).

9. S.Turone, Storia del sindacato in Italia, Cit. In bibliogr., p.198.

10. Ivi, p.199.

11. Cfr. V.Foa, "sindacati e lotte sindacali", in AA.VV., Storia d'Italia, Vol.V-T.2, cit. In bibliogr.

12. Ivi, p.1826.

13. Ivi, p.1824.

(a cura di Simone Galgano)

 

 

   

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