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Il sindacalismo cattolico dall'unità sindacale alla nascita della Cisl

 

pallanimred.gif (323 byte) Il declino del sindacato fascista e il "Patto unitario dei lavoratori

Il sindacato fascista si era imposto in Italia così come il fascismo si era imposto in tutte le altre istituzioni italiane, da quando, nel periodo 1925 e 1926, il governo Mussolini divenne una dittatura. La federazione delle corporazioni sindacali fasciste, creata nel 1922, soppiantò le prime confederazioni sindacali sorte alla fine della I guerra mondiale: la CIL (cattolica) e la CGL (socialista). Il "patto di palazzo Vidoni", tra fascismo e confederazione generale degli industriali, del 3 ottobre 1925, decretò la fine del libero sindacato, Cil e Cgl furono sciolte nel 1926 e 1927.

Il nuovo ministro della giustizia Alfredo Rocco con la legge del 3 aprile 1926 sulla "disciplina giuridica dei rapporti del lavoro" costituì la base del nuovo ordinamento corporativo, inteso come organizzazione di tutte le professioni sotto il controllo dello Stato, veniva così vietata ogni forma di sciopero e la serrata. Il ministero delle corporazioni doveva controllare le organizzazioni di categoria. Nel 1927 il gran consiglio fascista approvò la "carta del lavoro", la quale rimetteva la direzione della vita economica e sociale del Paese nelle mani dei pubblici poteri e dove si affermava (dichiarazione VII dello stesso statuto) che l'organizzazione privata della produzione doveva essere sottomessa all'interesse nazionale e all'autorità di Stato. In questo modo tutto l’apparato governativo legato all’organizzazione corporativa, per le sue prerogative monopolizzatrici, risentì del suo sistema burocratico complicato e pesante, ma tuttavia la rigida sorveglianza del movimento operaio da parte dei fascisti fu spezzata dalla presenza delle "cellule operaie" . Il corporativismo fascista poggiò essenzialmente su pratiche assistenziali e paternalistiche, tendendo a non impegnarsi su problemi complessi o generali e tutte le questioni si risolvevano in confronti personali e diretti tra i dirigenti e i rappresentanti delle corporazioni. Il delicato meccanismo posto dall’apparato fascista si inceppò con le difficoltà economico-sociali della seconda guerra mondiale fino al suo primo cedimento nel 1943.

In quell' anno la situazione economica dell'Italia era delle più critiche. La nazione era sconvolta dalla guerra e dai massicci bombardamenti degli alleati , divisa in due dalla "linea gotica" che separava il fronte nazifascista (ripiegato al Nord) da quello alleato (sbarcato in Sicilia e occupante il Sud).

Mussolini, il 25 luglio del 1943, veniva destituito dal Re d'Italia e al suo posto il gen. Badoglio assumeva il comando delle forze armate, Piccardi assunse la guida delle corporazioni. In questa situazione, i sindacalisti giocarono un ruolo fondamentale nella riorganizzazione del settore lavorativo ormai allo stremo, venivano così "richiamati in patria" tutti quegli esponenti del movimento sindacale che il regime aveva costretto o alla fuga o al confino. Comunque la riorganizzazione dei disciolti sindacati non avvenne di punto in bianco ma fu preparata con incontri segreti tra socialisti, comunisti e cattolici già nel 1942. Si doveva recuperare la situazione difficile e caotica del Nord Italia, dove Mussolini con la neonata repubblica sociale stava ricostituendo il fronte fascista, e quella del Sud dove si doveva operare con gli alleati per una veloce riparazione delle aziende in grado di rimettersi in moto, anche per fornire materiale utile agli alleati per i loro mezzi bellici (si pensi alle fabbriche di vernici per navi sorte a Napoli) (1). La situazione era così urgente e disperata che tutte le forze politiche si resero conto che per uscirne fuori occorreva uno sforzo unitario e compatto.

Nella vicenda sindacale italiana tre fra i numerosi protagonisti di questi difficili anni furono: Bruno Buozzi (socialista ucciso nel 1944) (2), Achille Grandi (ex dirigente del Cil) (3) e Giuseppe di Vittorio(comunista). Questi tre personaggi costituirono il nucleo storico della nascita della Cgil (Confederazione Generale Italiana del Lavoro). Nel luglio del 1944 si tenne a Roma il primo congresso Cgil dove fu approvato lo statuto e decisi i quadri dirigenziali per ciascuna componente politica. Riguardo alla firma del patto Achille Grandi affermò in una sua dichiarazione:

Dall'accordo provvisorio che oggi viene pubblicato, nel quale si afferma la reciproca ferma volontà di realizzare la piena unità sindacale fra i lavoratori italiani., i nostri amici rileveranno facilmente i punti essenziali di consenso raggiunti e quelli a cui sui quali è rinviata la soluzione a quando si potranno interpellare gli esponenti sindacali delle zone liberate. Quel che possiamo fin da ora assicurare con pieno e leale consenso di coloro che hanno assunto la responsabilità di questo accordo è che le questioni importanti ancora controverse saranno trattate in sede paritetica e cioè non soggette a colpi di maggioranza. Ogni sforzo sarà compiuto per trovare il punto di congiunzione e di transizione.

Ma se per deprecabile caso ed evento l'accordo non fosse raggiunto, ogni corrente sindacale riprenderà la sua libertà d'azione senza che nessuna di esse possa essere imputata di avere menomato lo sforzo compiuto per attuare l'unità sindacale (4).

Il testo di Grandi ci illustra i motivi fondamentali che ispireranno le tre correnti sindacali all'unità del patto e, in seguito, alla sua crisi e scissione. Il testo del Patto di Roma ne è la risultante più evidente (5). Era importante, se si volevano tenere uniti i due fronti, cattolico e "rosso", che la questione anticlericale non prendesse il sopravvento sulle disperate vicende della riorganizzazione sindacale. Il sindacato unico aveva come non secondaria prerogativa la possibilità di rimpiazzare il disciolto corporativismo fascista senza troppi scossoni. Era chiaro nelle intenzioni dei vari schieramenti sindacali l'opzione espressa da Grandi: al momento di un possibile ritorno ad una situazione socio-politica più stabile ognuno avrebbe intrapreso la sua autonoma strada. Ma non tutto avvenne secondo quei criteri, visti i burrascosi accadimenti di quel periodo.

Appena la Cgil si fu sufficientemente organizzata, operò nel periodo degli anni 1944-45 per un aumento sensibile della razione del pane (specie per i bambini e i lavoratori), contro la piaga del mercato nero mediante il rifornimento diretto per mezzo di spacci nelle aziende e di cooperative. Nel 1945-46, si attuarono sistematicamente i primi tentativi di tutela sindacale. Nella delicata questione della politica salariale, la Cgil operò per garantire un immediato adeguamento delle retribuzioni in rapporto all'aumento del costo della vita. Si ebbero così tre accordi: il primo il 24 febbraio 1945 per i lavoratori del Centro-Sud, il secondo il 6 dicembre di quello stesso anno con i lavoratori del Nord ed infine il terzo il 23 maggio del 1946, nuovamente per i lavoratori del Centro-Sud. Questa differenziazione tra i vari contratti salariali fu svolta in questo modo perchè erano differenti, secondo le zone, le condizioni economiche e anche il tasso d'inflazione.

Nel 1945 fu concesso un premio salariale detto "premio della Liberazione" e nel 1946 un "premio della Repubblica" (dopo il successo elettorale del fronte repubblicano al referendum del giugno di quell'anno ). Questi "premi" erano: <un modo come un altro per evitare aumenti salariali e nel contempo soddisfare esigenze non sopprimibili > (6). Nel dicembre del 1945 , sempre in materia salariale, la Cgil si accordò con il governo per istituire un sistema di "scale mobili" per rendere automatici, in relazione al costo della vita, gli adeguamenti di remunerazione che risultassero necessari. L'accordo sulla "scala mobile" fu accettato anche dalla Confindustria, perchè si presentava come uno strumento di stabilità e di rinuncia a continue rivendicazioni salariali. Questo tipo di politica degli stipendi , oltre a bloccare le iniziative delle categorie, provocò il livellamento delle condizioni dei lavoratori: basta pensare che nel 1938 la paga di un operaio specializzato era di £. 154, rispetto alle £.100 di un manovale (mentre nel 1948 il rapportò sarà di £.109 a £100) (7). Solo dopo il 1948 si procederà ad una graduale rivalutazione delle qualifiche, fino alla discussione, negli anni cinquanta, sul "conglobamento". Il pericolo che la Cgil doveva maggiormente risolvere in quegli anni, coordinando la sua azione col governo e con la Confindustria, era la crescente svalutazione della lira, una situazione difficile per la stessa democrazia ed un pericolo per un ritorno ad un nuovo rigore dittatoriale per riprendere l'iniziativa economica. La "tregua salariale", concordata tra governo, sindacati e imprenditori, nell' ottobre del 1946 (8) rese possibile la partenza di quel programma di risanamento nazionale dell'industria e della moneta indebolita dalla crescente inflazione e la Cgil ottenne inoltre, sul fronte della disoccupazione, lo "sblocco dei licenziamenti" (9).

Note:

1. Cfr. G. De Luna, "Partiti e società", in AA.VV, Storia dell'Italia repubblicana, Vol.I, Torino, Einaudi, 1994, pp.741-742.

2. Arrestato il 13 Aprile 1944 e ucciso il 3 giugno 1944 in località La Storta dai tedeschi in fuga. Nella firma del patto di Roma fu sostituito da Emilio Canevari.

3. Si veda, per un inquadramento del personaggio, il capitolo seguente.

4. Achille Grandi, Accordo sull' unità sindacale, in "il Popolo" 14 giugno 1944, in A.Fappani, Achille Grandi, Modena , 1960, pp.210 ,cit. In S. Zaninelli, il sindacato nuovo, in bibliogr., pp.278-279.

5. Si veda il testo integrale in appendice al capitolo.

6. V.Pozzar La corrente sindacale cristiana 1944-1948, p.80, Cit. In bibliogr.

7. Ivi , p.88 n.46.

8. Prorogata nel 1947.

9. Questo nel 1947 quando Einaudi, all'epoca ministro del bilancio, con un intervento statale bloccò il tasso d'inflazione (cfr .S.Musso, Il Sindacalismo italiano, cit. In bibliogr.).

  (a cura di Simone Galgano)

 

   

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