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Antonio Di Pietro

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Nato a Montenero di Bisaccia (Cb) il 2 ottobre del 1950. Molisano, trascorre un breve periodo in seminario a Termoli e poi si trasferisce a Roma. Si diploma perito tecnico e poi emigra in Germania, a Bomenkirch, dove lavora la mattina alla catena di montaggio e il pomeriggio in una segheria.

Nel 1973 torna in Italia, sposa Isabella Ferrara e quello stesso anno nasce il figlio Cristiano. Impiegato civile dell'Aeronautica Militare, si iscrive a Giurisprudenza e nel 1979 si laurea. Il primo impiego per il neo dottor Di Pietro è quello di segretario comunale in un paese del Comasco, ma poi entra in polizia, dove diventa commissario del IV distretto di Milano. Gli anni in polizia sono ricchi di soddisfazioni. E’ Di Pietro a risolvere rapidamente casi in apparenza impossibili. Il più famoso è quello del “mostro di Leffe”, un bancario che ha sterminato la famiglia.

Nel 1981 vince il concorso in Magistratura e dopo un breve periodo presso la Procura della Repubblica di Bergamo, passa alla Procura di Milano in qualità di Sostituto Procuratore, specializzato nei reati informatici e nei crimini contro la pubblica amministrazione.

Il 17 febbraio 1992, giorno dell' arresto di Mario Chiesa, inizia l'era di "Mani Pulite". Craxi, tentando di sminuire il fatto, aveva definito Chiesa un "mariuolo". L' inchiesta stravolge però il mondo della politica. Le persone indagate saranno oltre 3.000, il valore delle tangenti e dei fondi neri scoperti ammonta a migliaia di miliardi. Gli anni di "Mani Pulite" fanno di Di Pietro un simbolo della lotta alla corruzione.

A Milano rimane fino al 6 dicembre 1994, quando, a conclusione dell'ultima sua requisitoria nel processo Enimont, si toglie la toga, si rimette la giacca e chiude la sua carriera di magistrato dicendo: “Presidente, se mi permette, io ho finito e do ordine ai miei collaboratori di spegnere i computer”. Pochi mesi prima Silvio Berlusconi gli aveva offerto inutilmente il ministero dell’Interno nel suo governo. Di Pietro nicchia e comincia a muoversi da battitore libero della politica italiana. Cominciano i guai giudiziari. Lo accusano di corruzione e concussione. Ne esce sempre a testa alta.
Nel 1996 Romano Prodi vince le elezioni e Di Pietro diventa ministro dei Lavori Pubblici. Dopo pochi mesi è però costretto ad abbandonare il dicastero perché indagato a Brescia nell’ambito dell’inchiesta sul banchiere Pacini Battaglia. Prosciolto, torna in politica nel novembre 1997. L’Ulivo lo candida nel collegio del Mugello, lasciato vacante dal sociologo Pino Arlacchi, delegato presso l’Onu. Di Pietro stravince con quasi il 68 per cento dei voti, contro il 16 per cento di Giuliano Ferrara, candidato per il Polo e il 13 per cento di Sandro Curzi, candidato di Rifondazione. Il 21 marzo 1998 presenta il movimento “L’Italia dei valori”. Raccoglie l’adesione di alcuni parlamentari ed aderisce al gruppo misto.

Nelle europee del 1999 sale sull’”asinello” di Prodi nei Democratici. La formazione ottiene un ottimo 7,7 per cento. Nel 2000 Di Pietro lascia i Democratici per contrasti insanabili con il segretario Arturo Parisi. L’ex Pm torna a muoversi in piena libertà nelle acque sempre tormentate della politica italiana. Per le elezioni del 13 maggio 2001 non si schiera con nessuno dei due poli ed annuncia una battaglia durissima in nome delle legalità e della democrazia. Arriva al 3,9 per cento e per un soffio non entra in Parlamento.

(biografia tratta da grandinotizie.it)



 

   

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