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Giulio Andreotti

Nato il 14 gennaio 1919 a Roma. Si è laureato in giurisprudenza nel
1941, specializzandosi, successivamente, in diritto canonico. Giovanissimo, si avviò al
giornalismo: cominciò a farsi notare nella Federazione degli Universitari Cattolici
Italiani (FUCI), di cui era assistente Mons. Montini, il futuro Papa Paolo VI, e gli fu
affidata da Aldo Moro la direzione di Azione Fucina. Successivamente, quando
Moro lasciò la Presidenza della FUCI, Andreotti gli subentrò per decisione di Pio XII.
Collaborava, intanto, alla fondazione della Democrazia Cristiana, al fianco di Alcide De
Gasperi e Guido Gonella.
Dopo la liberazione di Roma nel giugno del '44, divenne delegato nazionale
dei gruppi giovanili della Democrazia Cristina e nel 1945 fece parte della Consulta
Nazionale. Deputato dellAssemblea Costituente nel 1946, è stato confermato in tutte
le successive elezioni della Camera dei Deputati nella circoscrizione di
Roma-Latina-Viterbo-Frosinone, dove è stato eletto, per la dodicesima volta, nel 1987. E
stato anche eletto per due volte al Parlamento Europeo (Italia Centrale e Nord-Est). Il
1° giugno 1991 il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, lo ha nominato Senatore
a vita.
Lattività di governo incominciò a 28 anni come sottosegretario
alla presidenza del Consiglio nel quarto governo De Gasperi. Ricoprì tale carica dal
quarto allottavo governo De Gasperi tra il 1947 e il 1953, e mantenne tale incarico
anche col successivo governo Pella, sino al gennaio 1954. In seguito ha ricoperto numerosi
incarichi di governo: Interno, Finanze, Tesoro, Difesa, Industria, Bilancio ed Esteri. E'
stato sette volte presidente del Consiglio, otto volte ministro della Difesa, cinque volte
ministro degli Esteri, due volte delle Finanze, del Bilancio e dellIndustria, una
volta ministro del Tesoro e una ministro dellInterno.
Presidente dei deputati della D.C. dal dicembre 1968 al febbraio 1972, ha
presieduto per tutta lottava legislatura la Commissione Affari Esteri della Camera.
Diventò per la prima volta presidente del Consiglio nel 1972 (il governo
più breve della repubblica solo 9 giorni di durata). Lincarico gli viene affidato
di nuovo nel luglio del 76, nella stagione del compromesso storico tra Dc e Pci. I
comunisti si astengono e il monocolore democristiano può nascere. Ci sono da affrontare
due drammatiche emergenze: la crisi economica e il terrorismo che insanguina lItalia.
Laccordo tra Enrico Berlinguer e Aldo Moro diventa
sempre più stretto. Questultimo è presidente della Dc ed è anche luomo che
negli anni Sessanta aveva aperto le stanze del potere ai socialisti e adesso sta per
tentare loperazione con il Pci. Loccasione è il governo di solidarietà
nazionale che nel 78 si accinge a formare sempre Andreotti e che prevede non più lastensione,
ma il voto favorevole anche dei comunisti (che però non avrebbero incarichi di governo).
Aldo Moro viene rapito dalla Brigate rosse il 16 marzo, il giorno della nascita del nuovo
esecutivo. La notizia dellagguato e delluccisione degli uomini della scorta
piomba in Parlamento proprio al momento del voto di fiducia al governo Andreotti. Sono
momenti di grande tensione nel Paese, sullorlo di una crisi istituzionale senza
precedenti. Il governo non cede al ricatto brigatista chiedono la liberazione di
alcuni terroristi in carcere e Andreotti sposa la linea della fermezza contro le
Br, così il Pci e i repubblicani. Moro viene trovato morto il 9 maggio del 78 in
una Renault 4 parcheggiata in via Caetani, nel centro di Roma, simbolicamente a metà
strada tra Botteghe Oscure e Piazza del Gesù, le sedi rispettivamente di Pci e Dc.
La morte di Moro segnerà la vita politica italiana degli anni successivi. Francesco
Cossiga, ministro dellInterno, si dimette dallincarico. I veleni legati al
memoriale scritto dal presidente della Dc durante il suo sequestro, affioreranno in mezzo
a storie di servizi segreti, ricatti e tragiche vicende che coinvolgeranno anche
Andreotti.
Il governo di solidarietà nazionale dura poco, fino al giugno del 1979. Poi Berlinguer
torna allopposizione e dichiara finita la stagione del compromesso storico. Diventa
presidente del Consiglio Arnaldo Forlani e Andreotti non partecipa allesecutivo; la
sua temporanea uscita di scena dura fino al governo Craxi (1983), quando assume la carica
di ministro degli Esteri. Si tratta del primo esecutivo a guida socialista (in precedenza
il primo non Dc alla guida del Paese era stato il repubblicano Giovanni Spadolini). A capo
della Farnesina viene confermato anche nel secondo governo Craxi e negli esecutivi di
Fanfani, Goria e De Mita.
Esperto degli equilibri di geopolitica, fa della distensione lasse portante della
politica estera italiana, insieme allappoggio alla strategia atlantica. Ha un ruolo
incisivo nelle tensioni medio-orientali, lavora alla composizione del conflitto Iraq-Iran,
sostiene i Paesi dellEst nel loro processo di democratizzazione e lopera
coraggiosa di Mikhail Gorbaciov in Urss, dà il sì italiano allistallazione degli
euromissili della Nato. Gli anni Ottanta si chiudono con il patto di ferro con Craxi e
Forlani (Caf, dalle iniziali dei tre): Andreotti sale a Palazzo Chigi e Forlani alla
segreteria democristiana. Nel 91 Andreotti forma un nuovo esecutivo, lultimo
perché la Dc viene travolta dallinchiesta di Tangentopoli.
Andreotti non entra nellindagini, ma a metà degli anni Novanta
viene processato da due procure: quella di Perugia e quella di Palermo. I magistrati umbri
lo accusano di essere il mandante dellomicidio del giornalista Mino Pecorelli, il
direttore dellOp, ucciso il 20 marzo del 79 che avrebbe ricattato Andreotti,
tra laltro, proprio per le verità del memoriale Moro. L11 aprile 1996
comincia il processo: dopo 169 udienze, il 24 settembre 1999 viene pronunciato il verdetto
che lo assolve per non aver commesso il fatto.
Ma unaltra accusa scuote limperturbabile Andreotti: quella di essere colluso
con la mafia. La notizia fa il giro del mondo e, se provata, darebbe un duro colpo allimmagine
dellItalia: per cinquantanni la Repubblica sarebbe stata guidata da un
politico mafioso. Il 23 marzo del '93 l'ufficio di Giancarlo Caselli inoltra al Senato la
richiesta di autorizzazione a procedere per concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo i magistrati Andreotti avrebbe favorito la mafia nel controllo degli appalti in
Sicilia attraverso la mediazione di Salvo Lima. A riprova di ciò la testimonianza di
alcuni pentiti fra cui Balduccio Di Maggio, che racconta agli inquirenti di aver visto
Andreotti baciare Totò Rina (nel gergo mafioso il gesto significa che fra i due cè
un rapporto di conoscenza e stima reciproca). Il 13 maggio del 93, il Senato concede
l'autorizzazione. Il dibattimento comincia il 26 settembre del '95, i Pm chiedono 15 anni
di reclusione. Il processo di primo grado si chiude il 23 ottobre 1999: Giulio Andreotti
viene assolto perché "il fatto non sussiste. Ma la Procura di Palermo decide,
comunque, di ricorrere in appello.
Risolte le questioni giudiziarie, a oltre ottantanni, il Divo Giulio
ritorna in politica. Lascia il Ppi e fa il suo rientro sulla scena con un nuovo partito
fondato insieme allex leader della Csil Sergio DAntoni e allex ministro
dellUniversità Ortensio Zecchino. Alle elezioni politiche 2001 la nuova formazione
si presenta svincolata dai due poli e ottiene solo il 2,4 per cento dei voti non superando
la soglia di sbarramento.
Andreotti è anche autore di numerosi libri fra cui: De Gasperi visto
da vicino, Gli Usa visti da vicino, Onorevole stia zitto, Il potere
logora, ma è meglio non perderlo. E giornalista professionista ed ha fondato e
diretto la rivista politica Concretezze (dal 1955 al 1976). Attualmente è
direttore del mensile Trenta Giorni.
Atti del processo Andreotti. Arringhe, udienze e sentenza
(radioradicale.it)
Processo Andreotti
Cronache, documenti, commenti, reazioni (repubblica.it)
Processo Andreotti Cronache, testimonianze, curiosità
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