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I mille
giorni di Allende

La storia
Alle 2.50 del 5
settembre 1970 un terremoto politico investe l'America latina. Lo spoglio delle schede è
finito: Salvador Allende, medico, socialista, candidato di Unidad Popular, al suo
quarto tentativo, ha conquistato la maggioranza relativa alle elezioni presidenziali
cilene. Su quello strano paese, lungo più di 4 mila chilometri ma largo non più di 200,
si accendono i riflettori del mondo. Per la prima volta un marxista può diventare capo di
un governo nell'emisfero Ovest grazie a una vittoria elettorale e non a una insurrezione
armata. Da Roma e da Parigi, capitali del marxismo occidentale, arrivano a Santiago del
Cile legioni di giornalisti, analisti politici, semplici militanti ansiosi di capire come
reagirà il laboratorio all'inedita formula cilena.

E l'attenzione è
tanto più giustificata se si guarda alle ambizioni di Salvador Allende Gossens, 61 anni,
marxista e massone, figlio di un avvocato, dal '52 ostinatamente impegnato a cercare una
"via cilena" al socialismo democratica e pacifica, ma non per questo meno
radicale. "Caro Allende, tu con altri mezzi cerchi di ottenere la stessa cosa"
gli ha scritto Che Guevara, dedicandogli una copia del suo libro "La guerra di
guerriglia". E il Che ha ragione: anche Allende vuole la rivoluzione, la sovversione
degli equilibri economici esistenti, la socializzazione dei mezzi di produzione, ma
promette di realizzare queste trasformazioni nel rispetto della costituzione e della
legalità. Non è cosa da poco e lui ne è cosciente al punto di dire che "il nostro
esperimento non sarà meno importante della rivoluzione russa". Fantasie? Forse, ma
ci credono in molti, anche a Washington.
Dieci giorni dopo il voto cileno, il 15 settembre, alla Casa Bianca si
tiene una riunione a cui partecipano il presidente Richard Nixon e il
direttore della Cia, Richard Helms. " Una possibilità su dieci - avrebbe
detto il presidente secondo gli appunti di Helms ma liberiamo il Cile da quel figlio di
puttana! Vale la pena di provarci; noi non saremo impegnati direttamente; nessun contatto
con l'ambasciata (Nixon era fuori di sé perché i dispacci da Santiago avevano dato per
sicura l'affermazione delle destre, n. d. r); dieci milioni di dollari a
disposizione e anche di più se necessario; impiego a tempo pieno per i nostri agenti
migliori; una strategia: strozzare l'economia; tempo 48 ore per pianificare
l'azione". Un documento, reso pubblico a dicembre '98 dall'amministrazione Clinton,
conferma l'autenticità degli appunti. "Il capo - si legge nel promemoria ha
sottolineato che il progetto deve essere pronto per il 18 perché Henry Kissinger
in persona vuole avere tutti i particolari della missione CIA".
L'azione degli Stati Uniti è certamente una delle cause che hanno
portato alla fine tragica dell'esperienza cilena dopo mille giorni di governo. Ma questa
considerazione non deve far trascurare il fatto che il sogno rivoluzionario di Allende
nasce già debole in un paese diviso, sia da un punto di vista politico sia da quello
delle condizioni sociali ed economiche. E questa fragilità accompagnerà sempre
l'esperimento Allende.
Tanto per cominciare il candidato delle sinistre non dispone della
maggioranza assoluta. Per Allende, nel 1970, ha votato poco più di un milione di
cittadini (1.070.334 voti), il 36,2% dell'elettorato, contro gli 821. 501 suffragi"
(il 27,4 %) raccolti da Rodomiro Tomic, il candidato della Democrazia Cristiana che
si è presentato agli elettori con un programma radicale che prevede espropri a vantaggio
degli agricoltori e la nazionalizzazione delle miniere di rame. Soprattutto, però,
l'alleanza delle sinistre (comunisti, socialisti, radicali e socialdemocratici) ha battuto
di misura Jorge Alessandri, ex primo ministro sostituito nel '64 dal democristiano Eduardo
Frei candidato dalla destra, che ha raccolto 1.031.159 voti, ovvero 39.175 in meno di
Unidad Popular. Allende è in testa, insomma, ma di poco. E molti attribuiscono il
sorpasso ai danni di Alessandri all'infelice conferenza tv del candidato di destra,
apparso tanto vecchio da rasentare il rimbambimento ("Vedete che le mie mani non
tremano!" disse lo stesso Alessandri davanti alle telecamere il giorno del voto,
cercando con poco successo di rimediare alla magra figura). La grande rivoluzione nasce
quindi da una vittoria elettorale risicata, tutt'altro che trionfale a un'analisi
approfondita perché le sinistre oltre tutto non sono nemmeno in ascesa. Nelle elezioni
del '70 le sinistre avevano ottenuto infatti, una percentuale di voti inferiore a quella
raggiunta nel '64 (quando Allende ottenne il 38% abbondante nonostante i massicci aiuti
della CIA al candidato democristiano) tra i nuovi elettori, nel '70, Unidad Popular
ottiene solo il 13,3 % dei voti. La frana della democrazia cristiana, dopo le delusioni
della rivoluzione nella libertà di Edoardo Frei, aveva portato quindi più consensi alla
destra che non alla sinistra radicale. Nella stessa Democrazia cristiana, poi, buona parte
dell'elettorato e del partito erano senz'altro a destra delle posizioni espresse da Tomic.

Unidad Popular, insomma, non rappresentava la maggioranza nel paese.
Non solo: il presidente avrebbe dovuto scendere a patti con il parlamento, cui spettava il
potere di ricusare il capo dello stato e i ministri, controllato dai democristiani e dalla
destra. Ad Allende, infine, sfuggiva il controllo della Contraleria General de la
Republica, cui spettava la supervisione sugli atti amministrativi dell'esecutivo, e della
magistratura. Minoritario nel paese e nel parlamento, Allende non poteva contare nemmeno
sulla compattezza di UNIDAD POPULAR .La via pacifica e parlamentare al socialismo era
apertamente osteggiata a sinistra dal Mir; il Movimiento de Izquieerda Revolucionaria,
convinto del primato della violenza; e il Mir, pur non facendo parte di UNIDAD POPULAR
esercitava un forte richiamo. La stessa direzione del partito socialista, guidata da Carlos
Altamirano, non escludeva la "via violenta" mentre Aniceto Rodrìguez,
leader dell'ala riformista era in minoranza. L'alleato più fidato era il partito
comunista di Luis Corvalàn, che sosteneva con decisione la "via cilena"
di Allende, considerata l'unica strategia possibile in quel momento. Ma Corvalàn nutriva
forti perplessità sulle qualità politiche del presidente: "dimostra un certo
ristagno - disse durante la campagna elettorale - . Tende a ripetersi, cade nei luoghi
comuni e in frasi fatte".
Anche il panorama economico non è dei più favorevoli. L'avvio della
nazionalizzazione delle miniere di rame non ha portato i frutti sperati con i debiti del
Cile che sono saliti oltre il livello di guardia, al punto che metà dell'export serve a
pagare gli interessi. L'indipendenza economica, inoltre, resta un sogno, visto che il 60%
dell'import è legato agli Stati Uniti, mentre la moderata crescita dei consumi della
metà degli anni '60, la chiave del riformismo di Frei, si è tradotta in un esplosione
inflazionistica. Intanto la violenza è già entrata di prepotenza nella vita politica
cilena. Nel giugno '69 i servizi di sicurezza avevano scoperto un centro di addestramento
alla guerriglia nei pressi di Santiago, in cui si trovano armi e munizioni del Mir. a
Melipilla, non lontano dalla capitale, i contadini occupano 44 haciendas agricole e
Alessandri, il candidato della destra, non riesce a raggiungere il sud del paese perché i
minatori sbarrano la ferrovia al suo passaggio. Anche la destra fa le prime prove di
saldatura tra gli interessi della grande borghesia e i ceti medi, ma la vera, ben più
inquietante, novità è il maggiore attivismo di un nuovo protagonista, fino ad allora
eccezione nel panorama latino-americano, assente dalla scena politica: l'esercito. Il 29
settembre 1969, un anno prima dell'elezione di Allende il reggimento di Yungai, punti di
diamante dell'esercito, arriva in ritardo al Te Deum in onore del presidente della
Repubblica. È un atto di insubordinazione (che costa il posto a sei ufficiali) presto
imitato il generale Viaux, comandante del primo corpo d'armata, occupa una caserma
di Santiago per protesta contro le paghe basse dell'esercito. Una rivendicazione sindacale
destinata a rientrare, ma anche una inquietante spia d'allarme. È questo il Paese che
Allende dovrà governare. Ma prima, poiché nessuno ha ottenuto la maggioranza assoluta,
spetterà al congresso scegliere tra i due candidati che hanno riportato il maggior numero
di suffragi.
La partita si gioca tra la metà di settembre e il 24 ottobre, data in
cui il congresso si riunisce per l'elezione del presidente. E gli Stati Uniti non esitano
a praticare, fin da subito, il gioco duro. "Deve sapere - scrive l'ambasciatore USA Korry
al presidente. uscente Frei - che non lasceremo arrivare in Cile una sola vite o un solo
dado, sotto Allende. Se Allende assumerà il potere faremo tutto il possibile per
condannare il Cile e i cileni alle più dure privazioni e miserie. Non si faccia illusioni
signor Frei".Proprio Eduerdo Frei era l'interprete necessario del piano uno: far
eleggere Alessandri in parlamento, spingendo i democristiani, contro la consuetudine
costituzionale, a favore del secondo arrivato. Alessandri si sarebbe dovuto dimettere
subito dopo per indire nuove elezioni con Frei candidato unico contro le sinistre.È un
piano che il presidente uscente rifiuta seccamente, anche se non si fa illusioni sul
futuro del paese."Frei - scrive Carlos Prats, il generale che parteciperà
più avanti al governo Allende - ha riunito me, il generale dei carabineros e i comandanti
delle forze armate per dirci che l'ascesa al potere di Allende ci farà cadere
irreversibilmente nel marxismo". Ma almeno per ora, regge il filo della
collaborazione democratica tra UNIDAD POPULAR e la Democrazia cristiana. Allende accetta
un emendamento alla carta costituzionale in base a cui l'esecutivo garantisce
espressamente libertà civili, libere elezioni e libertà di espressione e la DEMOCRAZIA
CRISTIANA, pur tra contrasti interni, decide di schierarsi con il vincitore delle
elezioni, anche perché, a convincere gli incerti, arriva l'esito, disastroso, di
"Track II" il piano di riserva della CIA che prevede di sequestrare, con l'aiuto
di un paio di gruppuscoli vicini alla destra cilena e alle forze armate, il comandante in
capo dell'esercito René Scneider, vicino agli americani, ma colpevole di voler
rispettare la tradizione di non intervento dei militari. Il rapimento di Schneider avrebbe
dovuto suscitare l'indignazione dell'esercito, l'ammutinamento e la cacciata di Allende.
L'operazione deve essere condotta da cileni, ma tutta la logistica è curata dall'addetto
militare americano a Santiago Paul Wimert che organizza le riunioni, prepara il
piano, fornisce la armi (di fabbricazione cilena, sottolineerà in seguito Kissinger, nel
tentativo di sostenere l'estraneità Usa).
L'agguato a Schneider però non riesce. Il generale, quando una mazza
sfonda il vetro della sua automobile, estrae la pistola per difendersi e gli assalitori
sparano. Schneider morirà due giorni dopo, i cospiratori vengono ben presto individuati e
il complotto sortisce l'esito opposto: Allende e Frei, assieme ai generali delle forze
armate sfilano per le vie di Santiago alla testa di un corteo funebre. Il congresso, pochi
giorni dopo elegge Allende alla massima carica della repubblica. È il 3 novembre 1970,
davanti alla Moneda sfila un corteo impressionante di tv e reporter da tutto il globo. Il
Cile, per la prima volta nella sua storia, non è periferia del mondo. E Pablo Neruda,
il poeta comunista che ha ritirato la sua candidatura alle elezioni per dare spazio ad
Allende può declamare: "Dai deserti di salnitro, dalle miniere sommerse di carbone,
dalle alture terribili dove si trova il rame che le mani del mio popolo estraggono con
fatica disumana è sorto un movimento liberatore di enormi proporzioni che ha portato alla
presidenza del Cile un uomo chiamato Salvador Allende, perché realizzi atti di giustizia
improrogabili".
E quell'improrogabile è un po' la nota che caratterizza il primo
governo di Salvador Allende, una sorta di patchwork cucito con vecchi volpi parlamentari e
volti nuovi. Per la prima volta quattro ministeri chiave (Finanze, Lavori pubblici, Case e
Lavoro) vengono affidati a semplici operai. Allende ha fretta, non vuole sprecare la
"luna di miele" con il paese. Il primo anno di UNIDAD POPULAR si trasforma così
in una baldoria di conquiste quasi impossibili, "una festa e un dramma", come la
definirà il sociologo Tomàs Moulian. Allende lancia, innanzi tutto, il programma
dei 40 provvedimenti: primo fra tutti la distribuzione de mezzo litro di latte al giorno
ai bambini cileni, che sembra un bel gesto finché non se ne conosce il costo enorme,
cento milioni di dollari. Ma il presidente non si ferma. " I nostri proponimenti -
replica agli scettici - potranno sembrare troppo semplici a coloro che preferiscono le
grandi promesse, ma il popolo ha bisogno di alloggiare la famiglia in case decenti, di far
istruire e figli in scuole che non siano solo per i poveri, di mangiare a sufficienza ogni
giorno dell'anno; il popolo ha bisogno di lavoro, di protezione nella malattia e nella
vecchiaia, di rispetto per la persona ". E sull'onda di queste parole nasce il
"Treno della Salute", mentre l'istruzione primaria diventa gratuita e vengono
ridotte le tasse per quella secondaria.
Con una trovata degna di Evita Peròn si annuncia che i migliori
alunni della scuola primaria trascorreranno l'estate nel palazzo presidenziale di Viña
del Mar, assieme a Salvador. C'è spazio pure per il Palazzo del Matrimonio, in questa
stagione di rivincite, culminata nella "Giornata della Dignità Nazionale", il
15 luglio del 1971, quando il congresso approva all'unanimità la nazionalizzazione del
rame affidando ad Allende la questione degli indennizzi: le grandi compagnie americane non
avranno un solo dollaro. Nel dicembre 1971 il numero di banche e industrie controllate
dallo stato è già raddoppiato da 31 a 62, mentre altre 39 imprese risultano requisite in
nome della legge che prevede l'intervento pubblico quando non vengano assicurati servizi
essenziali alla comunità. Nelle campagne vengono espropriate 1300 proprietà fondiarie .
È una strategia che funziona, in un primo momento. Nell'aprile '71
UNIDAD POPULAR stravince le elezioni comunali, ottenendo la maggioranza assoluta, con il
50,86%. Mai, del resto, i cileni si sono sentiti cosi ricchi: grazie a forti stimoli
all'economia il prodotto interno lordo cresce dell'8,6% mentre la disoccupazione si
dimezza nel giro di pochi mesi e l'inflazione scende dal 34 al 22 per cento. Crescono i
consumi e, di riflesso, le importazioni, ma grazie alle alte quotazioni del rame a fine
anni '60, Allende si ritrova in cassa massicce riserve valutarie. Il teorema del ministro
del Lavoro Pedro Vuskovic è di una semplicità disarmante: pompare nell'economia
tutta la liquidità possibile (il circolante aumenta in un anno del 110%), accrescendo la
spesa pubblica (+70%). L'aumento della domanda avrebbe prodotto un aumento della
produzione e un parallelo calo della disoccupazione.
Il ciclo virtuoso sembra inattaccabile, ma la luna di miele finisce
presto. Già nell'ottobre 1971 gli investimenti sono in caduta libera (-71,3%), nonostante
la forte crescita dell'impiego statale. La caduta del prezzo del rame, a causa della
congiuntura internazionale (e della pressione delle corporation USA) fa precipitare il
valore delle esportazioni proprio quando crescono le importazioni dei beni essenziali: in
un anno le riserve crollano da 343 a 32 milioni di dollari, le importazioni di macchinari
industriali del 22%. Intanto gli USA sono di parola: grazie alle pressioni sulla Banca
Mondiale e sul Banco Interamericano de Desarrollo i crediti passano dai 300 milioni di
dollari all'anno dell'era Frei a meno di 30. Non ci sono soldi nemmeno per i pezzi di
ricambio: nel 1972 un autobus su tre e un taxi su cinque è fuori uso. Il quadro economico
peggiora, inoltre, per l'esodo di massa della borghesia. Nel solo settembre 1970, prima
ancora dell'insediamento di Allende, scappano in 12 mila, presto seguiti da altri 17 mila.
Negli stessi giorni lasciano le banche cilene 87 milioni di dollari. Semplice paranoia ?
Non proprio se, come dirà più tardi un ministro di UNIDAD POPULAR , "l'uso
improprio di termini, quale nemico di classe, potere totale, rivoluzione, contribuì a
risvegliare reazioni emotive". Un modo elegante per ricordare le "prese di
possesso" accompagnate dallo slogan "i poveri benvenuti, i ricchi nella
merda" nelle campagne del sud del paese dove i vecchi proprietari si stanno dividendo
tra i "tuvos" (coloro che avevano) e i "tienes" (coloro che hanno). I
primi hanno già perso la terra e meditano vendetta, i secondi liquidano il seminato,
svendono il bestiame e si armano. Guai quando questa rabbia si unirà a quella degli
industriali e, soprattutto, della piccola borghesia. La riforma dovrebbe riguardare solo
le grandi imprese ma, sotto la spinta dei lavoratori, vengono assorbite dalla sfera
pubblica circa 200 imprese medie e piccole, creando una sorta di panico nell'imprenditoria
privata, con pochi vantaggi, tra l'altro, per le casse pubbliche: a fine '72 il governo,
infatti, si troverà a possedere 318 imprese di tutti i tipi, anche fabbriche di gelati e
di bottoni che nessuno, estromessi i vecchi imprenditori, sa far funzionare.
Nel settembre del '72 un'inchiesta del settimanale Ercilla
rivela che l'azione di governo è sentita come una minaccia dal 60% della popolazione e
che il 77% della classe media dichiara di avere serie difficoltà ad acquistare beni di
prima necessità. Pochi mesi prima, nei giorni di natale le donne dei ceti medi e alti
erano scese in piazza organizzando la "marcia delle casseruole". Assai più
insidiose sono le proteste dei '72: ad agosto i commercianti al dettaglio dichiarano lo
sciopero generale poi tocca ai camionisti. La scintilla è "il sospetto
dell'intenzione" di creare un apparato pubblico di trasporti nella provincia di
Aysen, ma sotto cova la rabbia dei ceti medi. È una battaglia campale, quella che si apre
sotto la direzione di Leòn Villarin, segretario del sindacato dei trasporti. Il
paese viene spezzato in due. I commercianti abbassano le serrande, i sostenitori del
governo assaltano i negozi chiusi. Medici, avvocati, scuole e università scendono in
sciopero; gli imprenditori proclamano la serrata. Gli operai replicano con le occupazioni.
Di notte nei quartieri alti echeggia il suono delle casseruole, mentre i camioneros c
Patria y Libertad, un gruppuscolo di destra, disseminano le strade di bande chiodate. Il
Cile è un paese in ginocchio, come volevano gli Usa; che ottengono il risultato con poca
spesa grazie al cambio nero e alla svalutazione; è la CIA a finanziare gli scioperanti, i
10 mila camionisti, con oltre un milione di dollari.
Vadano a Miami con le loro zie - recitava Pablo Neruda di fronte
all'esodo dei borghesi - . Io rimango a cantare con gli operai in questa storia e
geografia nuove". Occorrerebbe una forte disciplina rivoluzionaria capace di fornire
un'arma al governo per raddrizzare, con una politica di austerità i conti con l'estero e
riavviare gli investimenti. Invece si innesca una spirale di nuove rivendicazioni: nei
primi due anni di UNIDAD POPULAR , gli scioperi aumentano del 170 per cento. Di fronte
alla crisi ci vorrebbe una reazione decisa e chiara del governo. Ma qui esplodono le
divisioni della coalizione tra riformisti e rivoluzionari e il dissenso insanabile tra il
partito comunista e il Mir.
Il paese, intanto, sembra destinato a un assurdo muro contro muro.
Nemmeno le elezioni offrono una via d'uscita: il voto per il parlamento del marzo '73 dà
infatti alla coalizione di sinistra la stessa percentuale del '69. Non è abbastanza per
ridare solidità al governo, ma è più che sufficiente per impedire che la destra
(comunque in crescita del 4,4%) chieda la destituzione di Allende (per rimuovere il capo
dello stato occorrono i voti di due terzi del congresso).
La vera novità della campagna elettorale del '73 è che essa si svolge
sotto l'attenta supervisione delle forze armate. È dall'aprile '72 che un militare siede
nella poltrona di ministro dell'interno. Lo ha deciso Allende di fronte ai conflitti della
coalizione, paralizzata per i dissensi legati alla nomina di un ministro delle Miniere.
"Qual è la situazione delle forze armate ?" chiede a bruciapelo ad Allende il
presidente algerino Houari Boumedienne, durante la tappa del capo dello stato
cileno verso Mosca. Lui risponde sottolineando la tradizionale neutralità politica dei
generali cileni e spiega come li ha fatti entrare nel governo. Se non riuscirete ad
estirpare radicalmente quanto vi è di reazionario nell'esercito - replica Boumedienne -
non vedo un grande futuro per voi
".
Da maggio la situazione precipita. In una riunione a sostegno del
governo di 800 ufficiali della guarnigione di Santiago, il generale Carlos Prats
viene fischiato. Tra i pochi solidali con Prats c'è un generale destinato a diventare
tristemente famoso: Augusto Pinochet Ugarte. Nello stesso mese Allende e costretto
a dichiarare lo stato di emergenza per arginare gli scontri tra le opposte fazioni. Ma,
con i militari fuori dal governo (per loro scelta) dopo il rimpasto di primavera
l'autorità di Allende è oramai ai minimi. La Democrazia cristiana ha scelto il suo nuovo
segretario. È Patricio Alwin, dell'ala destra intransigente. Anche la chiesa, contraria
alla riforma scolastica, si schiera contro il governo.Il 29 giugno si verifica il
primo tentativo di golpe con il colonnello Souper che, a capo di un reggimento di
blindati, intima la resa della guardia del palazzo della Moneda. Ma il putsch fallisce.
Quando Allende arriva alla Moneda c'è solo qualche sparo isolato e, quel più conta, il
numero dei generali fedeli è rassicurante. Tra loro c'è anche Augusto Pinochet che, nel
suo libro, definisce questo colpo di stato una prova per esplorare la capacità di difesa
del governo e lo schieramento delle forze all'interno dell'esercito. E per valutare anche
quale fosse la vera popolarità del presidente che, nella stessa sera, venne fischiato dai
militanti dell'estrema sinistra che vogliono chiudere il congresso.

Dopo aver formato il nuovo governo Allende assiste, il 22 agosto, alle
dimissioni di Prats e di altri militari. Gli alti gradi della Marina e dell'Aviazione
stanno intanto preparando il golpe. Sono loro a lanciare l'ultimatum al capo di stato
maggiore dell'esercito, ovvero Pinochet: o con noi o contro. E Pinochet, scaltro, alla
fine decide di impegnarsi.Quando l'11 settembre 1973 Allende prova a mettersi in contatto
con Pinochet, non risponde nessuno. "Avranno già arrestato Augusto" pare
che abbia esclamato.
Pochi minuti dopo Salvador Allende Gossens diValparaiso, dopo avere
rifiutato di arrendersi e aver combattuto fino alla fine, si toglie la vita, proprio con
quel fucile che gli era stato regalato da Fidel Castro, nel palazzo presidenziale
che ha voluto difendere. "Restare qui - disse -, a la Moneda, ha un significato
politico molto preciso. Sarebbe terribile se, dopo tutto quel che è successo, il
presidente del Cile finisse per scappare come un topo, a morire su una strada o farsi
trattare da codardo".
Fuori, intanto si consuma la tragedia delle torture, delle esecuzioni di massa,
dell'esilio di un milione di persone (quasi un cileno su dieci), che brucia ancora oggi
alla coscienza del mondo intero, come dimostra la recente richiesta di estradizione del
giudice spagnolo Garzòn nei confronti di Pinochet con l'accusa di genocidio.
Ugo Bertone
(per altre notizie visita il sito www.ossimoro.it)
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