Le elezioni del '94: svolta a destra
Le elezioni del 27 marzo 1994, seguite allo scandalo suscitato dall’inchiesta Mani
Pulite, segnarono il definitivo cambiamento dello scenario politico italiano. L'inchiesta,
che si svolse in molte Procure italiane, mise sotto accusa l’intero ceto politico che
aveva gestito per decenni il paese al centro o alla periferia, industriali, uomini
d’affari, apparati (servizi segreti, Guardia di finanza) quadri e dirigenti statali.
Il preludio per lo svolgimento di queste elezioni, furono le dimissioni di Carlo
Azeglio Ciampi succeduto ad Amato nel 1993. L’apprezzato economista, prima degli
incarichi governativi era stato Governatore della Banca d’Italia, aveva proceduto ad
attuare ulteriori tagli della spesa pubblica e nuovi inasprimenti fiscali per fronteggiare
la svalutazione della lira. Si trattava di una politica di duri sacrifici, che aveva
bisogno di una solida maggioranza rivolta al cambiamento.
Dopo il PCI, divenuto PDS nel 1991, la DC si trasformò in Partito Popolare Italiano
(PPI), riprendendo il nome adottato dal partito cattolico del 1919. Il MSI-DN dava origine
ad Alleanza Nazionale (AN), mentre sparivano formazioni di lunga tradizione quali il Psi,
il Psdi e il Pli.
Nasceva infine Forza Italia, un movimento promosso da Silvio Berlusconi (allora
proprietario delle maggiori reti televisive private italiane e del gruppo
Fininvest-Mediaset) allo scopo di opporrsi alla possibile affermazione delle sinistre che
avevano vinto i turni delle elezioni amministrative su un programma di rilancio
dell’iniziativa privata, di aumento dell'occupazione (1 milione di posti di lavoro),
di riduzione dei carichi fiscali per le imprese.
Il nuovo sistema elettorale, di tipo maggioritario, favorì la formazione di alleanze
tra i partiti. Le elezioni decretarono la vittoria di Forza Italia e Lega Nord, unite nel
Polo Delle Libertà, e di Forza Italia e Alleanza Nazionale, unite nel Polo Del Buono
Governo e la sconfitta degli altri due poli, i Progressisti (Pds, Rifondazione, Verdi,
Alleanza Democratica, Rete, Psi), guidati dal segretario pidiessino Achille Occhetto, e il
Patto per l'Italia (Ppi e Patto Segni), guidato da Mario Segni e Mino Martinazzoli.
Il vero vincitore risultò Silvio Berlusconi ma il suo governo, che vedeva per la prima
volta l'ingresso nella stanza dei bottoni dei post-facsisti di Fini, incontrò subito
numerose difficoltà che sfociarono in scontri giudiziari con la Procura di Milano, in
scontri politici con la Lega di Bossi e in scontri sociali con i sindacati (sulla
questione della riforma delle pensioni) tali da portare ad una rapida caduta del suo
governo nel dicembre del '94 e alla fine prematura della legislatura, dopo la breve
parentesi del governo tecnico di Lamberto Dini (ex ministro del Tesoro del governo
Berlusconi), appoggiato dall'esterno da centrosinistra e Lega Nord.
Le elezioni del '96: la prima volta della sinistra
A due anni dalla vittoria elettorale del 1994, il 21 aprile del 1996 la Casa delle
libertà fu battuta dalla coalizione dell'Ulivo (coalizione di centro-sinistra composta da
Pds, Ppi, Lista Dini, Verdi, Rete e altre formazioni minori), guidata dall'ex presidente
dell'Iri Romano Prodi. La Lega Nord si presentò da sola agli elettori.
La nuova legislatura godette una sicura stabilità di governo, consentendo - attraverso
una rigorosa politica economica - l'ingresso dell'Italia nell'Unione Europea, l'avvio del
processo di privatizzazioni, il rilancio dell'economia e dell'occupazione e giungendo fino
al termine, nonostante i contrasti interni allo schieramento di maggioranza portassero ad
una politica di compromesso e alla sostituzione dapprima nell'ottobre 1998 di Prodi, che
aveva guidato la coalizione dell'Ulivo in campagna elettorale, con Massimo D'Alema, leader
dei DS, e poi di questo (in seguito alla sconfitta alle elezioni regionali del 2000) con
Giuliano Amato.
Il 20 maggio 1999 un commando terrorista delle Br uccide Massimo D'Antona, sindacalista
della Cgil, collaboratore del ministro del Lavoro Bassolino.
Le elezioni del 2001: la rivincita di Berlusconi