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Il Settantasette

pallanimred.gif (323 byte) L'ala "creativa" del Movimento

a cura di Sébastien Croquet

Parlare di " ala creativa " sarebbe riduttivo, perché usare il singolare impedisce di afferrare la complessità della natura intriseca del movimento creativo, cuore del movimento di contestazione durante il 1977, della pluralità della sua composizione e delle sue rivendicazioni, che presero un volto diverso a seconda dei luoghi, dei momenti e dei bisogni.

Nella lunga tradizione dei movimenti controculturali, quello del ‘77 si inserisce in una logica di continuità rispetto a correnti di pensiero come il futurismo, l’anarcosindacalismo, il surrealismo, il situazionismo, il dadaismo. Questo con una variante importante e soprattutto nuova, il pessimismo, dovuto in grande parte alla situazione economica che peggiorò negli anni settanta.

I cambiamenti si operarono sotto l’influenza di fattori esterni, principalmente di ordine economico (il crac petrolifero del 1973 e la sconvolgente crescita della disoccupazione, la competizione professionale sempre più aggressiva, i licenziamenti massici, le ristrutturazioni industriali), politico (il compromesso storico…), sociale ( la stagione di lotte negli anni ‘70, l’ecologia…) o addiritura artistico e culturale (il pop-rock, il punk, la generazione Freak, il situazionismo, il negazionismo, la riattualizzazione delle avanguardie artistiche dell’inizio secolo).

Il movimento tradusse, a modo suo, le profonde modificazioni della società italiana (urbanizzazione, esodo rurale massicio, ristrutturazioni industriali...), e si appropriò di nuovi valori (l’individualismo, l’anonimato, i problemi dello spazio e del consumo, la riappropriazione materiale della merce …).

Anche sotto quest’aspetto ".. il movimento del ’77 è altro rispetto a quello del ’68. Non c’è più la critica feroce al consumismo, all’uomo ridotto " a una dimensione ". C’è in realtà la piena accettazione della società dei consumi, desiderata tanto più in un momento di crisi economica, quando improvvisamente si chiede a questi giovani di rinunciare ai loro consumi, di ridurli. L’appello all’austerità, il nuovo progetto capace di redifinire il modello di sviluppo, cade nel vuoto. Le bottiglie di Champagne che girano tra le barricate del mese di marzo bolognese sono la risposta del movimento. La fantasmagoria delle merci, il suo luccichio è pienamente dentro l’esperienza del movimento. Un nuovo individualismo, sovversivo e antagonista, emerge dalle strade ; un individuo desiderante, che drammaticamente si allontana dai percorsi noti della socialità".

Il problema dello spazio, conseguenza diretta della costante trasformazione e evoluzione urbana, iniziata nell’immediato dopoguerra, fu logicamente molto legato alle nozioni di espressione e di riconoscimento dell’individuo, che furono quelle del corpo e della parola.

Il teatro satirico, avanguardista e politico del Circolo La Comune, di Dario Fo e di Franca Rame, con l’importante posto concesso alla gestualità e all’espressione corporale, fu, per varie ragioni, in perfetta adeguazione col movimento, con il quale mantenne stretti rapporti.

Una grande parte delle tematiche culturali e sociali adottate dall’ala creativa del movimento del ‘77, erano state abbordate e messe in pratica dai già citati Circoli del proletariato Giovanile, dai Comitati autonomi e dai centri sociali, per lo più a Milano.

Come abbiamo visto, la loro attività durò fino al festival di Parco Lambro (Giugno 1976, Milano), in cui apparve, tramite la violenza che scoppiò durante il raduno, la disperazione e l’incomunicabilità di una generazione e di una parte della gioventù.

Quest’evento culturale segnò l’inizio di un lungo periodo di stasi nella musica italiana, oltre che costituire, come scrissero designarono Nanni Balestrini e Primo Moroni, " il fallito tentativo di ricomposizione " delle varie componenti sociali della protesta giovanile.

Non bisogna perdere di vista, però, che il nichilismo e il rifiuto di subordinare il presente ad un futuro incerto, non furono delle particolarità italiane : " la contestazione non si poteva inquadrare nelle categorie dei movimenti precedenti, ma si poneva in sintonia con il nichilismo dei punk inglesi, col "no future" dei sex Pistols ".

Le suggestioni del Nichilismo si intrecciarono con la disastrosa situazione sociale ed economica, che sarebbe stata, secondo alcuni intellettuali e osservatori, " il motivo intimo di tante scelte sconsiderate durante i conflitti di piazza ". Questa analisi trova una conferma in certi murales dell’ateneo di Roma, come quello che proclamava che " La distruzione è liberazione ".

D’impronta sovversiva, il movimento controculturale che nacque nel 1977 richiamò la fusione tra l’arte e la vita quotidiana, un rifiuto sistematico, e in qualche modo anticapitalista, di qualsiasi precedenza del tempo di lavoro sul " tempo di vita " e la volontà di redistribuire le ricchezze e di fruire del tempo di vita liberato dal lavoro.

Franco Berardi (detto Bifo), e con lui, il gruppo trasversalista bolognese di A/Traverso furono tra i principali fautori della lotta per la liberazione dell’individuo dalla morsa del ciclo produttivo e capitalistico del lavoro, e per lo sviluppo del " lavoro mentale ".

I libri che rappresentarono la loro principale fonte teorica furono quelli di Gilles Deleuze e Felix Guattari, innanzittutto l’Anti-Edipo, ma anche Rizoma, nei quali gli autori analizzavano, il posto del desiderio in una società edipica, rigida e castratrice che non permetteva agli individui di sfogare la loro creatività.

Si trattava, in sintesi di un’ interpretazione e di una redifinizione, in chiave marxista-leninista, degli scritti e delle teorie di Nietzsche e di Freud.

Nelle diverse e numerose correnti teoriche che influenzarono il movimento del ‘77 possiamo individuare quali furono le tematiche riprese dall’ala creativa.

Una delle principali rivendicazioni del Futurismo, nei primi del Novecento, era stata la presa del potere dagli artisti ; qualche anno dopo, il Surrealismo aveva indicato la via dell’ " immaginazione al potere ".

Negli anni sessanta i situazionisti tradussero queste rivendicazioni in una logica di contestazione. Dopo aver svolto un ruolo importante nel movimento francese del ’68, il movimento situazionista decise di sciogliersi nel 1972.

In Italia, invece, lasciò un’orma profonda nei movimenti degli anni settanta e soprattutto nella corrente Negazionista, che si configurò come critica dello spettacolo, della politica extraparlamentare, ma anche come critica della creatività " separata ", dando luogo a un’intensa produzione di testi, spesso mediata da "  fumetti fuori schema ".

L’ala creativa del movimento del ‘77 ( cioè gli indiani metropolitani, i maodadaisti, i trasversalisti, i parodisti, i cani sciolti…) riassorbì questo pensiero.

I principali tre poli della " creatività ", furono Bologna, Roma e Milano, dove l’iniziativa dei Circoli del proletariato giovanile ebbe però esiti soprattutto sociali (in un modo molto più significativo che non nelle due altre città citate), pur favorendo anche varie iniziative culturali, come per esempio le creazioni delle riviste Viola e Wow, e il recupero della festa come forma di protesta ludico-comunitaria.

Il rifiuto della delega, che fu una tematica molto diffusa durante il 1977, si tradusse anche nel rifiuto di ogni forma di aggregazione, anzì di una ricerca perpetua di dis/aggregazione, dominata nella componente creativa dall’uso sistematico della soggettività come chiave e linea interpretativa della società.

Il nuovo scenario culturale e artistico favorì il " pullulare di microsituazioni ", l’improvvisa prolificazione di nuovi gruppi e la diffusione di una rete anarchica di comunicazione interna al movimento.

Nacque nel 1977, con la profusione delle parole, l’improvvisa fioritura delle radio libere, d’idee, di riviste, di ciclostilati, di giornali, di volantini : il cosiddetto periodo dei " Cento fogli ".

Tra gli innumerevoli modi di espressione orale e scritta del movimento del ‘77, la costante ricorrente fu incontestabilmente l’uso dell’ironia ( sotto le forme più eteroclite ) come di un’arma linguistica di denuncia e di derisione, che fu in un primo tempo un’analisi caustica della società, poi verso la fine dell’anno 1977, soprattutto della politica.

Una delle tecniche più diffuse nelle avanguardie storiche, ripresa da quella del 1977, fu la pratica del Détournement di origini surrealiste, con la quale " ..oggetti o immagini, strettamente connessi alla società (opere d’arte, slogan, pubblicità, manifesti, giornali - false testate o false notizie -...) vennero sottratti alla loro destinazione e posti in un ambito diverso, laddove il significato originario si perdeva nella costruzione del nuovo insieme significante ( a volte senza significato).. ". Esistevano diverse tecniche del détournement, tra cui il collage e il ready made.

L’unico risultato ricercato di questi procedimenti linguistici e grafici, era di fare confondere il vero e il falso, secondo la tecnica dadaista, per rafforzare il sentimento di assurdità delle fonti usate ( a volte addiritura di documenti emessi dalla parte creativa ) e così della società nel suo insieme. Tutto ciò, con la volontà evidente di creare una controinformazione e una controcultura, che si sarebbero contrapposte e sostituite alle " controllate " e manipolate reti d’informazione e agli apparrati " ufficiali ", simboli della morale stabilita.

Il contenuto delle riviste era spesso ironico, ma raramente senza uno sfondo esistenziale o sociale, il che permette di capire che nel 1977, la creazione era sempre attinente alla lotta.

Il movimento del ‘77 fu, per questi motivi, un intenso periodo di produzione di opere politiche e culturali.

Tuttavia, quest’esplosione di creatività non suscitò l’interesse dell’intellingentsia italiana dell’epoca e non venne studiata e analizzata, con l’eccezione di qualche intellettuale.

Umberto Eco e, meno mediaticamente, Maurizio Calvesi fecero parte di questa minoranza.

Il primo interpretò il movimento del ‘77 come " l’ultimo capitolo della storia della avanguardie ", perché secondo lui " ..le pratiche sperimentali di sovversione linguistica delle avanguardie artistiche erano uscite dal laboratorio specialistico per divenire codice del mondo giovanile politicizzato, lasciando spiazzati non solo i militanti tradizionali, ma anche gli esperti del costume e della comunicazione… "

Lo stesso Eco ribadì quest’analisi affermando che il linguaggio " dissociato, fatto di allusioni (…) senza nessi logici (..) riesce perfettamente familiare e convincente a un ragazzino di quattordici anni ".

E si chiese se nel 1977  " le nuove generazioni parlano e vivono nella loro pratica quotidiana il linguaggio ( ovvero la molteplicità dei linguaggi) dell’avanguardia ".

Il docente bolognese vide nel movimento creativo la   " presenza di una forma di vitalismo estetico che presenta curiose analogie col futurismo e altri fenomeni dell’Italia inizio secolo, non escluso il richiamo a Nietzsche "  e aggiungeva : " è stupefacente come i teorici del movimento degli emarginati sottoproletari parlino, tra tutti i linguaggi possibili, il più colto e raffinato, quello con il pedigree più esclusivo ; e quindi è facile trarne la equazione fatale, ecco i nuovi Marinetti, i nuovi ragazzi di Lacerba, ecco la riedizione dell’Uomo finito e di Papini superuomo. Ma la differenza è che, diversamente dall’avanguardia di inizio secolo, questi gruppi sono realmente in contatto con una fascia "bassa" , quella dell’Anno Nove, e che quel che dicono pare istintivamente accessibile, nella sua vitalità, anche a chi non è colto (…) ".

Per Calvesi, insieme alla protesta giovanile era nata " un’avanguardia di massa " che si opponeva alla cultura " di consumo ", cercando di imporre la propria " creatività diffusa a livello basso ".

Per la maggior parte della cultura " ufficiale ", invece, il movimento del ‘77, per il suo carattere violento, fu accolto come un fenomeno paragonabile al Futurismo marittiano, diciannovista, e così venne rapidamente catalogato, per analogia, come un movimento reazionario, con la stessa volontà di sperimentazione artistica e linguistica, di cui avevano dato prova autori come Celine o Pound .

Nemmeno il gruppo ‘63, con l’eccezione di Nanni Balestrini, di solito propenso ad appoggiare le avanguardie culturali della sinistra, sostenne il movimento creativo degli studenti, anzi vi si oppose con virulenza, dato che le posizioni politiche dei suoi membri erano vicine al Pci.

Il senso iniziale dell’ironia e dell’immaginazione venne deformato e maldestramente interpretato come una cospirazione, o secondo il termine più comunemente usato nei primi mesi del 1977 dagli intellettuali vicini al Pci come un " complotto " :

" La cultura nazionale, che già non aveva mai avuto una vocazione per l’ironia, manifestava una completa mancanza di spirito. La tendenza a cambiare le parole per realtà, le immaginazioni per realtà, a prendere grevemente tutto alla lettera domina sia la cultura cattolica che quella comunista. Il movimento ribaltò del tutto la situazione : si proclamò una realtà delirante, si costruirono discorsi ed immaginari secondo un principio di proliferazione.

Ogni luogo di enunciazione proiettava il proprio mondo immaginario attribuendogli una realtà soltanto comunicativa. Il potere rispose interpretando quegli immaginari come cospirazione. Ecco allora perché perquisirono tutte quelle case volanti, e si trovarono in mezzo a milioni di foglietti pazzi tra i quali persero la testa "

Ai primi segnali del radicalizzarsi della situazione, sia da parte del nucleo duro e estremistico dell’autonomia operaia, sia da parte dello stato che rispose ciecamente e uniformamente a quest’eccesso di violenza e di contestazione, l’ala creativa venne presa da un’improvvisa e irreversibile afasia.

I sintomi di questo disagio si avvertirono sulla rivista Identikit del Sovversivo, che criticò l’aspetto monolitico che stava prendendo il movimento.

La repressione che colpì le organizzazioni della sinistra extraparlamentare e dei gruppi che fecero parte della contestazione, a partire del mese di marzo, riguardò anche ogni settore della cultura del movimento giovanile del ‘77, e principalmente le sue strutture d’informazione. La densissima rete di comunicazione del movimento rimase circoscritta all’interno delle proprie strutture. Non seppe, forse per mancanza di elaborazione teorica e organizzativa, o non volle, per ideale sovversivo, intrecciare legami, né integrarsi nella rete informativa del resto della società : " Il "movimento" nasce e muore completamente isolato dal resto della società, senza mai riuscire ad avere un interlocutore "

 

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