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Il Primo maggio: storia e significato di una
ricorrenza
Il 1 Maggio nasce come momento di
lotta internazionale di tutti i lavoratori, senza barriere geografiche, né tanto meno
sociali, per affermare i propri diritti, per raggiungere obiettivi, per migliorare la
propria condizione.
"Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire" fu la parola d'ordine,
coniata in Australia nel 1855, e condivisa da gran parte del movimento sindacale
organizzato del primo Novecento. Si aprì così la strada a rivendicazioni generali e alla
ricerca di un giorno, il primo Maggio, appunto, in cui tutti i lavoratori potessero
incontrarsi per esercitare una forma di lotta e per affermare la propria autonomia e
indipendenza.
Le origini
Dal congresso dell'Associazione
internazionale dei lavoratori - la Prima Internazionale - riunito a Ginevra nel settembre
1866, scaturì una proposta concreta: "otto ore come limite legale dell'attività
lavorativa".
A sviluppare un grande movimento di lotta sulla questione delle otto ore furono
soprattutto le organizzazioni dei lavoratori statunitensi. Lo Stato dell'Illinois, nel
1866, approvò una legge che introduceva la giornata lavorativa di otto ore, ma con
limitazioni tali da impedirne l'estesa ed effettiva applicazione. L'entrata in vigore
della legge era stata fissata per il 1 Maggio 1867 e per quel giorno venne organizzata a
Chicago una grande manifestazione. Diecimila lavoratori diedero vita al più grande corteo
mai visto per le strade della città americana.
Nell'ottobre del 1884 la Federation of Organized Trades and Labour Unions indicò nel 1
Maggio 1886 la data limite, a partire dalla quale gli operai americani si sarebbero
rifiutati di lavorare più di otto ore al giorno.
La decisione
Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l'idea è il congresso
della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese :
"Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo
che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i
lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata
lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di
Parigi".
Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta
simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia
svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue. Il 1 Maggio 1886 cadeva di sabato,
allora giornata lavorativa, ma in dodicimila fabbriche degli Stati Uniti 400 mila
lavoratori incrociarono le braccia. Nella sola Chicago scioperarono e parteciparono al
grande corteo in 80 mila. Tutto si svolse pacificamente, ma nei giorni successivi scioperi
e manifestazioni proseguirono e nelle principali città industriali americane la tensione
si fece sempre più acuta. Il lunedì la polizia fece fuoco contro i dimostranti radunati
davanti ad una fabbrica per protestare contro i licenziamenti, provocando quattro morti.
Per protesta fu indetta una manifestazione per il giorno dopo, durante la quale, mentre la
polizia si avvicinava al palco degli oratori per interrompere il comizio, fu lanciata una
bomba. I poliziotti aprirono il fuoco sulla folla. Alla fine si contarono otto morti e
numerosi feriti. Il giorno dopo a Milwaukee la polizia sparò contro i manifestanti
(operai polacchi) provocando nove vittime. Una feroce ondata repressiva si abbatté contro
le organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori, le cui sedi furono devastate e
chiuse e i cui dirigenti vennero arrestati. Per i fatti di Chicago furono condannati a
morte otto noti esponenti anarchici malgrado non ci fossero prove della loro
partecipazione all'attentato. Due di loro ebbero la pena commutata in ergastolo, uno venne
trovato morto in cella, gli altri quattro furono impiccati in carcere l'11 novembre 1887.
Il ricordo dei "martiri di Chicago" era diventato simbolo di lotta per le otto
ore e riviveva nella giornata ad essa dedicata: il 1 Maggio.
Man mano che ci si avvicina al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori
intensificano l'opera di sensibilizzazione sul significato di quell'appuntamento.
"Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 -
ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo,
coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la
distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti
concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il
posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva
l'Internazionale!".
Monta intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa
conservatrice interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati
in casa, di fare provviste, perchè non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno
accadere.
Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertano gli apparati
repressivi.
In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure di
prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio
che per la domenica successiva, 4 maggio.
In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori,
si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva.
Del resto si tratta di una scommessa dall'esito quanto mai incerto: la mancanza di un
unico centro coordinatore a livello nazionale - il Partito socialista e la Confederazione
generale del lavoro sono di là da venire - rappresenta un grave handicap dal punto di
vista organizzativo. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno disposti a scendere
in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore, considerato prematuro da
gran parte dei dirigenti del movimento operaio italiano o per testimoniare semplicemente
una solidarietà internazionale di classe.
Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituisce una felice sorpresa, un salto
di qualità del movimento dei lavoratori,che per la prima volta dà vita ad una
mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata ad un'iniziativa di carattere
internazionale.
In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare
quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accade a
Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a festa.
"La manifestazione del 1 maggio - commenta a caldo Antonio Labriola - ha in
ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti e da operai
progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di molti socialisti, che operano con
la parola e con lo scritto, era alquanto pessimista".
Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un'ottima riuscita:
"Il proletariato d'Europa e d'America - afferma compiaciuto Fiedrich Engels -
passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo esercito. E lo
spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti".
Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene
deciso di replicarla per l'anno successivo.
Il 1 maggio 1891 conferma la straordinaria presa di quell'appuntamento e induce la Seconda
Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la
"festa dei lavoratori di tutti i paesi".
Tra Ottocento e
Novecento
Inizia così la tradizione del 1 maggio, un appuntamento al quale il movimento dei
lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza.
L'obiettivo originario delle otto ore viene messo da parte e lascia il posto ad altre
rivendicazioni politiche e sociali considerate più impellenti. La protesta per le
condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento.
Il 1 maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei "moti per il pane", che
investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi anni del
Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffraggio
universale e poi per la protesta contro l'impresa libica e contro la partecipazione
dell'Italia alla guerra mondiale.
Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza: giorno di festa, di svago e di
divertimento oppure di mobilitazione e di lotta ?
Un binomio, questo di festa e lotta, che accompagna la celebrazione del 1 maggio nella sua
evoluzione più che secolare, dividendo i fautori dell'una e dell'altra caratterizzazione.
Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti, definendola una "festa ribelle", ma
nei fatti il 1 maggio è l'una e l'altra cosa insieme, a seconda delle circostanze più
lotta o più festa.
Il 1 maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori possono festeggiare il
conseguimento dell'obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore.
Il ventennio
fascista
Nel volgere di due anni però la situazione muta radicalmente: Mussolini arriva al
potere e proibisce la celebrazione del 1 maggio.
Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto
Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1
maggio assume una connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per
esprimere in forme diverse - dal garofano rosso all'occhiello alle scritte sui muri, dalla
diffusione di volantini alle bevute in osteria - l'opposizione al regime.
Dal dopoguerra
a oggi
All'indomani della Liberazione, il 1 maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani
militanti e giovani che non hanno memoria della festa del lavoro, si ritrovano insieme
nelle piazze d'Italia in un clima di entusiasmo.
Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato dalla strage di
Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco
contro i lavoratori che assistono al comizio.
Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco,
porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i
lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa.
Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al movimento
dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza, hanno
portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio.
Oggi un'unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre il
concerto rock che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil organizzano per i giovani sembra
aderire perfettamente allo spirito del 1 maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903
Ettore Ciccotti:
"Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l'interruzione
volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de'sensi; e un'accolta di
gente, chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive
dell'avvenire, naturalmente è portata a quell'esuberanza di sentimento e a quel bisogno
di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una festa".
Nota in gran parte tratta da: Giuseppe
Sircana, in Cgil di Roma e del Lazio, Archivio Storico Manuela Mezzelani (sito cgil lazio)
Il sito del 1° maggio
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