di Francesco
Ranocchi
Nulla ci fu di più
tremendo, per i fanti del primo conflitto mondiale, della macabra estetica della guerra di
trincea, che obbligò migliaia di giovani, per ben 4 lunghi anni, ad una vita
dinferno, in grado di scoraggiare e distruggere la psiche del più fervente
interventista.
Le atroci sofferenze cui
fu costretto a soggiacere ciascun soldato possono essere difficilmente comprese, nella
loro totalità, da chi non si è trovato a condividere quellagghiacciante
carneficina, quella perfetta macchina di morte che cancellò, per sempre, unintera
generazione.
Dalla battaglia della
Marna in poi, la grande guerra, perse per sempre il suo slancio, per lasciare spazio ad
una linea parallela di trincee, scavate nel terreno per proteggersi dagli attacchi nemici.
Le truppe al fronte si
trovavano a convivere continuamente con lo spettro della morte, nelle interminabili ed
estenuanti ore di ozio, impegnate a creare, nei limiti del possibile, le parvenze di una normale vita quotidiana; il
pericolo era sempre in agguato:
un cecchino, una granata, una raffica di
mitragliatrice, un assalto improvviso, potevano, improvvisamente, spezzare la monotonia,
con il loro carico di orrore; seppelliti, come topi, in quei cunicoli, i soldati mettevano
a dura prova i loro nervi, costretti a misurare ogni benché minimo gesto o movimento.
E poi il momento tanto
temuto:
quel macabro sibilo del
fischietto degli ufficiali, che ordinava lassalto alle linee nemiche e che si
tramutava in un sinistro suono di morte; a
centinaia si lanciavano allarma bianca, con la baionetta innestata, contro i nemici;
tanti cadevano, immediatamente, come mosche, falciati dalle mitragliatrici, altri
restavano, feriti, sul terreno, destinati a morire dissanguati, tra atroci sofferenze,
senza possibilità di aiuto, perché lo spazio tra le due linee di trincee rappresentava
la cosiddetta terra di nessuno, un vero e proprio coacervo di morti, feriti, mutilati,
crateri e filo spinato, interdetto a chiunque, anche ai soccorritori.
Nel breve spazio fra le due trincee si ammucchiavano una decina
di cadaveri, la maggior parte austriaci, caduti in un tentativo di attacco. Impossibile
seppellirli. La vicinanza della linea l'impediva. E neppure un armistizio, invocato più
volte tra gli scambi d'ingiurie delle sentinelle, non fu mai concluso. ( Michele Campana Un anno sul Pasubio).
Le perdite erano spaventose ed inutili:
si continuava a morire a
fiumi per la conquista di pochi metri di terreno senza possibilità di scampo e con la
consapevolezza di andare al macello, allo sbaraglio, per i folli ordini di comandanti che,
lontani dal fronte e dalle sofferenze dei loro uomini, si mostravano completamente
indifferenti per quelle continue ed insensate carneficine, impartendo ordini scriteriati.
Andare avanti
significava morire, ma anche tornare indietro significava morire; a decine venivano
infatti fucilati sommariamente, senza processo, per vigliaccheria o per ammutinamento e,
laddove non si individuavano i responsabili, si procedeva alla drammatica strategia della
decimazione:
un soldato su dieci,
innocente o colpevole, veniva cioè sorteggiato e mandato
di fronte al plotone di esecuzione, senza pietà, in una sorta di agghiacciante roulette russa.
Ma il fatto
più atroce è un altro. Presso un reggimento di fanteria, avviene un'insurrezione. Si
tirano dei colpi di fucile, si grida non vogliamo andare in trincea.Il colonnello ordina
un'inchiesta, ma i colpevoli non sono scoperti. Allora comanda che siano estratti a sorte
dieci uomini; e siano fucilati. Sennonché, i fatti erano avvenuti il 28 del mese, e il
giudizio era pronunciato il 30. Il 29 del mese erano arrivati i complementi,
inviati a colmare i vuoti prodotti dalle battaglie già sostenute: 30 uomini per ciascuna
compagnia. Si domanda al colonnello: Dobbiamo imbussolare anche i nomi dei
complementi? Essi non possono aver preso parte al tumulto del 28: sono arrivati il 29
. Il colonnello risponde:. Imbussolate tutti i nomi. Così avviene che,
su dieci uomini da fucilare, due degli estratti sono complementi arrivati il 29. All'ora
della fucilazione la scena è feroce. Uno dei due complementi, entrambi di classi anziane,
è svenuto. Ma l'altro, bendato, cerca col viso da che parte sia il comandante del
reggimento, chiamando a gran voce: Signor colonnello! signor colonnello! . Si
fa un silenzio di tomba. Il colonnello deve rispondere. Risponde: Che c'è
figliuolo? .
" Signor colonnello! grida l'uomo bendato io sono della classe
del '75.Io sono padre di famiglia. Io il giorno 28 non c'ero. In nome di Dio! .
Figliuolo risponde paterno il colonnello io non posso cercare tutti
quelli che c'erano e che non c'erano. La nostra giustizia fa quello che può. Se tu sei
innocente, Dio te ne terrà conto. Confida in Dio