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Il crepuscolo degli Asburgo

Neanche il potentissimo casato degli Asburgo, riuscì a sopravvivere al ciclone “grande guerra”, in grado di travolgere una potenza inesorabilmente  condannata alla dissoluzione politica, dopo un progressivo e lugubre declino, durato decenni.

La gloriosa stirpe dominava da secoli la scena europea, a partire dal 1273, quando i principi elettori del Sacro Romano Impero, il cui titolo era vacante dalla morte di Federico II di Svevia, scelsero come nuovo imperatore Rodolfo d’Asburgo.

Il nome della celebre dinastia deriva dal castello di Habichtsburg (castello dei falchi), fatto erigere dal capostipite Werner I, vescovo di Salisburgo; sotto l’egida dell’aquila asburgica, l’Austria sarebbe divenuta la maggior potenza europea, forgiando un impero destinato ad imporre la propria indiscussa egemonia.

Ma anche gli Asburgo, nonostante i disperati tentativi di sopravvivenza, non riuscirono ad arginare la loro progressiva decadenza, cominciata il 2 dicembre 1805, quando il grande Napoleone sbaragliò impietosamente le forze austro-russe ad Austerlitz.

A causa di quella clamorosa sconfitta, con la pace di Presburgo, del dicembre 1805, l’Austria perse per sempre la denominazione di Sacro Romano Impero; Francesco II, si tramutò, quindi, semplicemente, in Francesco I, imperatore d’Austria.

L’impero asburgico sembrò comunque ritrovare, dopo la caduta di Napoleone, gli antichi fasti, ma in realtà si stava aprendo l’ultima fase del dominio della gloriosa  casata, fino ai drastici avvenimenti del primo conflitto mondiale.

Primo testimone dell’ inesorabile sfaldamento del celebre impero fu il grande imperatore Francesco Giuseppe, salito al trono giovanissimo, nel 1848 e morto nel 1916, quando l’Austria, sconvolta dalle vicende belliche, era una potenza ormai sull’orlo della dissoluzione.

Nel corso dell’800 il prestigio degli Asburgo fu travolto dalle spinte indipendentiste dell’Italia e soprattutto dalla sfrenata ambizione dell’ emergente Prussia, che, nel 1866, a Sadowa, conquistò definitivamente, a scapito di un’Austria brutalmente sconfitta, il predominio sui territori tedeschi.

Per l’impero asburgico il disastro di Sadowa rappresentò una cocente umiliazione, cui fece seguito, solo un anno dopo, a testimonianza della grave crisi vigente, lo sdoppiamento dello stesso, nella duplice corona di Austria e Ungheria; da quel momento i due paesi godettero di pari sovranità ed erano pienamente autonomi, ad eccezione dei dicasteri della difesa, degli esteri e delle finanze, i cui ministri, sottoposti all’egida dell’imperatore, dovevano rendere conto a due apparati, le delegazioni, nominate dai rispettivi parlamenti.

Francesco Giuseppe divenne quindi imperatore d’Austria e re d’Ungheria, ma il problema delle nazionalità stava cominciando a divenire pressante; l’impero Austro-Ungarico aveva in effetti una complessa struttura multietnica e ciò non poteva, a poco a poco, rappresentare una spina nel fianco per Vienna, proprio a causa del sempre più fervente irredentismo.

A tali questioni si aggiungeva la questione balcanica, dove la crisi dell’impero ottomano creò un clima di forte tensione tra Austria e Russia, per la supremazia su quell’area; ciò favorì un riavvicinamento tra la duplice monarchia e quella stessa Germania che, con il trionfo di Sadowa, aveva definitivamente ridimensionato l’Austria, nel ruolo di grande potenza.

Nel 1879, venne quindi stipulata la duplice alleanza, cui aderì, nel 1882, anche l’Italia.

Dalla scelta degli interlocutori, è facile dunque desumere lo stato di crisi e di debolezza dell’impero asburgico, costretto a legarsi ai suoi nemici storici, ai suoi principali antagonisti, da cui aveva subito drastiche mutilazioni territoriali ed umiliazioni cocenti.

Il colpo di coda dell’impero Austro-Ungarico fu l’annessione della Bosnia- Erzegovina, avvenuta nel 1908, in seguito alle sommosse, scoppiate in Turchia, su iniziativa della corrente dei giovani turchi; la Russia ottenne in cambio l’apertura degli stretti, ma vide comunque con sospetto la progressiva espansione asburgica nei Balcani.

L’ora fatale per una potenza ormai in declino, scoccò comunque a Sarajevo, il 28 giugno 1914,  in occasione della visita alla città dell’arciduca, erede al trono, Francesco Ferdinando; il suo assassinio, quello di sua moglie Sofia, ad opera Gavrilo Princip, condannò, di fatto, allo sfacelo la duplice monarchia, accelerando soltanto quella che appariva come una lenta agonia

Con quel tragico gesto, la tensione maturatasi nei Balcani esplose pertanto in tutta la sua prorompenza, determinando lo scoppio della grande guerra; essa, sviluppatasi, violentemente, su scala, prima europea, poi mondiale, mise immediatamente a nudo le contraddizioni dell’aquila asburgica,  costretta a dipendere, in tutto e per tutto, dal potente alleato tedesco.

Le truppe erano malmesse, l’economia in crisi, le minoranze etniche sempre più turbolente; il quadro non era dunque idilliaco, per un impero che, da indiscusso dominatore dell’Europa, si era ridotto a mero stato satellite del reich guglielmino.

Per giunta, nel 1916, come sinistro segnale premonitore, venne a mancare anche la figura di Francesco Giuseppe, sul trono austriaco fin dal 1848; gli succedette il giovane nipote Carlo I e questi tentò, disperatamente, in ogni modo, di salvare il suo trono, con la trasformazione dell’impero su base federale e soprattutto con l’uscita da una guerra nefasta, che stava conducendo inesorabilmente all’annientamento dell’aquila asburgica.

Carlo I avviò pertanto trattative segrete per il raggiungimento dell’agoniata pace, ma si scontrò con la feroce opposizione del ministro degli esteri Czernin, convinto sostenitore della guerra ad oltranza al fianco della Germania, fino alla vittoria totale.

Fu soltanto una patetica illusione, in quanto gli austro-tedeschi, stremati dal blocco navale, costretti a fronteggiare l’entrata in guerra degli Stati Uniti, vennero implacabilmente travolti e costretti all’umiliante pace di Versailles.

In particolare, per gli Asburgo, la fine della grande guerra, rappresentò anche la fine di un grande impero:

le spinte indipendentiste delle minoranze etniche, che da decenni affliggevano la duplice monarchia, determinarono lo smembramento della stessa negli stati indipendenti di Austria, Cecoslovacchia, Ungheria e Jugoslavia; l’assassinio di Sarajevo, il susseguente drammatico conflitto, ebbero pertanto l’effetto di trasformare l’Austria da grande potenza, sia pure in declino, in un’anonima e piccola repubblica della nuova Europa, tratteggiata dai vincitori dell’intesa, sulla falsariga di un preciso disegno volto a punire duramente gli sconfitti, ritenuti responsabili di una guerra che mai come prima aveva sconvolto l’opinione pubblica, con il suo pesante carico di morte e devastazione.

L’impero asburgico aveva dunque cessato di esistere:

l’11 novembre 1918, Carlo I abdicava, lasciando Vienna per il suo castello di caccia a Eckarstau; l’ex imperatore, costretto successivamente a lasciare il paese per la Svizzera, tentò invano, per ben due volte, di tornare in Ungheria, al fine di restaurare il suo regno.

Preso atto dell’impossibilità di riprendersi il trono, Carlo prese la via del triste esilio di Madeira, dove morì, povero e malato, nell’ aprile 1922, a soli 34 anni.

Il suo crepuscolo fu anche quello della sua celebre casata, che concluse così nel peggiore dei modi, nella polvere, il suo glorioso cammino; il triste tramonto dell’impero fece dunque da contraltare a secoli di dominio indiscusso, durante i quali l’Europa intera aveva dovuto implacabilmente piegarsi allo strapotere economico-militare, della potente aquila asburgica.

Francesco Ranocchi

fraran72@libero.it

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