Quella che doveva essere una conferenza volta a
ristabilire una pace duratura si tramutò, invece, nella causa embrionale della seconda,
immane, tragedia.
I delegati delle potenze vincitrici si ritrovarono a Versailles nel
gennaio 1919, per ristabilire i nuovi assetti di un’Europa straziata da una guerra
devastante, che aveva travolto assetti consolidati da secoli, con il crollo di ben 4
grandi imperi.
Già nel gennaio 1918 il presidente americano Wilson aveva enunciato i
suoi 14 punti, volti a definire una pace giusta e duratura e a creare un organismo garante
dell’integrità territoriale, che avrebbe dovuto vigilare su eventuali tentativi
sovversivi e di destabilizzazione; in realtà, fin dalle prime battute, la conferenza di
Versailles, anziché mirare a creare una situazione di armonia, si caratterizzò per il
suo intento punitivo nei confronti delle nazioni vinte, che, senza essere neppure
invitate, furono costrette a subire condizioni umilianti delle potenze alleate, animate da
un profondo desiderio di vendetta.
La stessa associazione voluta dal presidente statunitense, la società
delle nazioni, nacque, in pratica, già morta, priva di effettivi poteri e svuotata
dall’assenza, tra i suoi membri, non solo di delegati dei paesi sconfitti, ma anche
di quelli americani, dopo la politica d’ "isolamento" decisa dal congresso.
Se l’impero Austro-Ungarico cessò di esistere politicamente, la
Germania, ove nel frattempo era stata proclamata la repubblica, si ritrovò, praticamente,
in ginocchio:
considerata la causa di tutte le sciagure e la principale responsabile
dei lutti provocati da 4 anni di guerra, fu privata di tutte le colonie e
dell’Alsazia e della Lorena, tornate alla Francia, che si arrogò pure il diritto di
sfruttare le miniere della Saar.
La fragile repubblica di Weimar fu inoltre condannata a pagare debiti
di guerra astronomici, a smilitarizzare la zona del Reno, a cedere la flotta di guerra
all’Inghilterra (ma le navi tedesche, confinate a Scapa Flow, preferirono
l’auto-affondamento) a limitare l’esercito a soli 100.00 effettivi, a rinunciare
ad artiglieria, sommergibili ed aviazione; la stessa Prussia orientale, la regione dalla
quale partì il processo di unificazione del paese, venne separata dalla madrepatria,
attraverso il cosiddetto "corridoio" di Danzica, creato al fine di concedere uno
sbocco sul mare alla neonata Polonia e proprio il corridoio di Danzica sarebbe
tragicamente divenuto noto come la causa scatenante del secondo conflitto mondiale.
La Germania post-bellica appariva come un paese sull’orlo del
baratro, disastrato dalla fame, dalla miseria, dalla disoccupazione, con l’inflazione
che raggiunse livelli talmente spaventosi da ridurre il marco a mera carta straccia; i
tumulti di piazza, i disordini erano all’ordine del giorno e lo stesso governo
appariva troppo debole per poter arginare la protesta e le insurrezioni che rendevano,
sempre più concreto, lo spettro di una rivoluzione filo-bolscevica.
In una nazione distrutta ed umiliata, si fece dunque sempre più strada
il partito nazional-socialista dei lavoratori tedeschi di Adolf Hitler, che, nel giro di
pochi anni riuscì a conquistare il favore delle folle, assolutamente conquistate dai suoi
appassionati discorsi, imperniati, proprio, sulla necessità di riportare la Germania ai
fasti e alla grandezza di un tempo e di cancellare le umiliazioni inferte ad un popolo,
destinato, necessariamente, a prendersi la rivincita sulle nazioni vincitrici.
Si può dunque dire che gli errori dei trattato di pace di Versailles
furono fatali per gli equilibri europei e per i sogni di una pace stabile e certa: