Rasputin, dedito ad alcool, ai piaceri, alla lussuria
più sfrenata, con il suo macabro influsso ed ascendente sulla moglie di Nicola II,
accumulò un potere talmente vasto da far pensare che fosse proprio lui a tenere in mano,
con la sua corte personale, limmenso impero; per questi motivi, al fine di salvare
una monarchia sempre più decadente, agli occhi di un popolo stupefatto ed affamato,
Rasputin venne assassinato, nel 1916, da un complotto organizzato ed eseguito dal principe
Jusupov.
Ma il vero e proprio colpo di grazia al destino dei Romanov venne
inferto dallo scoppio della grande guerra, cui la Russia partecipò e che condusse un
paese già in ginocchio, alla catastrofe più completa, sia sul fronte interno, sia su
quello militare, con i continui rovesci dellesercito imperiale, decimato dalla morte
di oltre 2 milioni di persone.
Nicola II fu praticamente costretto allabdicazione ed il potere,
dopo la parentesi del governo provvisorio, passò nelle mani dei bolscevichi di Lenin.
Lo zar di tutte le Russie, il padrone del più grande impero del mondo,
il titolare di un potere immenso e di un patrimonio incalcolabile, era pertanto ormai
ridotto al rango di semplice cittadino, costretto al ritiro, insieme alla sua famiglia,
nella residenza estiva di Tzarskoje Selo, ben distante dagli sfarzi e dal lusso che aveva
contraddistinto quel luogo, nei felici anni del dominio; Tzarskoje Selo divenne una sorta
di prigione dorata, la reggia nostalgica di ciò che non cera più, un mero, triste,
guscio vuoto, privato dei suoi protagonisti.
Nel frattempo i membri del governo provvisorio stavano decidendo il
futuro della famiglia imperiale, propendendo per la soluzione diplomatica
dellesilio, ma lInghilterra ed il suo re Giorgio V, cugino dellex zar,
boicottarono la proposta, sia per la fama sanguinaria di Nicola II, sia per il suo rifiuto
di una pace separata nel corso del conflitto.
Dalla nostalgica reggia di Tzarskoje Selo, i Romanov furono trasferiti
nella città di Tobolsk, in piena Siberia, nel luogo cioè dove solo pochi mesi prima
venivano confinati proprio i nemici della corona imperiale.
Con lavvento del potere bolscevico, Nicola II ed il suo seguito,
il 26 aprile 1918, affrontarono il loro ultimo viaggio verso la sperduta località di
Ekaterinburg, ove alloggiarono nella modesta abitazione di un certo Ipatiev.
Fu proprio in quella sperduta località posta ai margini della Russia
europea che, nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1918, si consumò latto finale
della gloriosa storia zarista.
Cornice e causa prima di quella tragedia fu la devastante guerra civile
tra larmata rossa e le forze bianche controrivoluzionarie guidate da generali fedeli
allo zar, che si proponevano il ritorno dei Romanov al potere e lannientamento della
rivoluzione bolscevica; proprio il timore di una liberazione della famiglia imperiale ad
opera delle armate bianche, vicine ad Ekaterinburg, indusse il soviet degli Urali a
procedere alleliminazione della stessa.
A mezzanotte Jankel Jurovskij, comandante di casa Ipatiev, svegliò la
zar e i suoi famigliari, invitandoli a scendere nello scantinato per motivi di sicurezza,
in vista di un imminente attacco; dopo unora erano tutti pronti, portandosi nel
luogo indicato; insieme a Nicola, Alessandra, Alessio, Tatiana, Olga, Maria e Anastasia si
trovavano il dottor Botkin, medico del piccolo zarevic, il cuoco Ivan Karitonov, la
cameriera Anna Demidova, il cameriere Alessio Trupp, ossia tutto ciò che rimaneva della
sterminata e sfarzosa servitù imperiale, composta, solo poco tempo prima, da centinaia di
persone.
Fatte portare le tre sedie richieste dallex zar, sulla quali si
sedettero, oltre lo stesso Nicola, Alessandra ed Alessio, fecero il loro ingresso nella
piccola stanza, Petr Voikov, commissario degli approvvigionamenti di Ekaterinburg e Petr
Ermakov, comandante della ceka, seguiti da undici guardie lettoni.
A quel punto Jurovskij, tolse di tasca un foglietto e lesse
testualmente: "Nicola Alexandrovic, per decisione del soviet regionale degli Urali
siete stato condannato a morte; lultimo dei Romanov ebbe appena il tempo di
mormorare, sbigottito, un "come" che venne immediatamente centrato da un
colpo alla testa; ne seguì una pioggia di fuoco che travolse la famiglia imperiale ed i
servitori al seguito; la scena si rese apocalittica: la zarina Alessandra fece appena in
tempo a farsi il segno della croce, prima di cadere, le granduchesse urlavano
terrorizzate, il sangue schizzava dappertutto, imbrattando pavimento e pareti.
Inaspettatamente però le figlie di Nicola non morirono in quanto, nei
giorni precedenti, sperando in una fuga, si erano imbottite i corpetti di diamanti, che
fecero da scudo; proprio per questo motivo vennero finite a colpi di baionetta, come la
cameriera Demidova, volta a tentare disperatamente la fuga, proteggendosi con un cuscino;
lo stesso Alessio, agonizzante, fu definitivamente freddato con tre colpi di pistola
ravvicinati, mentre questi protendeva le mani al viso come per proteggersi.
Eliminati i Romanov, i congiurati cominciarono in fretta e furia le
operazioni per far sparire quegli scomodi corpi; i cadaveri, denudati, furono caricati su
una camionetta e condotti in un bosco dove si tentò inutilmente di bruciarli, in quanto
la legna, umida e bagnata, non prese fuoco; dopo averli orribilmente mutilati e sfigurati
con lacido, per renderli irriconoscibili, si decise di gettarli nel pozzo di una
miniera, ma anche in questo caso qualcosa andò storto, visto che lacqua copriva
quei resti solo fino alla metà.
I corpi vennero così ricaricati sulla camionetta che, poco più tardi,
rimase impantanata nel fango; stante il tempo trascorso, dopo aver scavato il terreno, i
resti della famiglia imperiale vennero definitivamente seppelliti in una fossa comune,
coperta da traversine di legno, luogo in cui rimasero fino al loro ritrovamento, avvenuto
sul finire degli anni settanta, in piena era sovietica e reso noto solo nel 1989.