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La guerra diventa mondiale

L’esercito del Reich, impantanatosi in occidente, riuscì però a prendersi una fragorosa e sonante rivincita sul fronte orientale ove le armate dello Zar, dopo una prima avanzata, costata il posto al prudente comandante tedesco von Prittwitz, andarono incontro alla catastrofe nella battaglia di Tannemberg e dei laghi Masuri.

Eroi indiscussi del trionfo germanico furono i generali Hindenburg e Ludendorff che, forti del clamoroso successo, si tramutarono, agli occhi dell’opinione pubblica, in eroi nazionali, fino a divenire il binomio destinato a decidere, con assoluta padronanza, per tutto il corso della guerra, i destini militari della Germania.

Il trionfo dei tedeschi sul fronte orientale fu però vanificato dal disastro austro-ungarico a Leopoli, ove i Russi, dopo aver travolto le linee nemiche, dilagarono in Galizia e nei Carpazi.

Quello che, nelle intenzioni di tutti, doveva essere un conflitto di stampo ottocentesco e, quindi, di breve durata, si tramutò, viceversa, da semplice questione austro-serba, in una tragedia sempre più ampia, fino ad assumere, per il numero di paesi coinvolti, una dimensione di carattere mondiale.

A fianco degli imperi centrali si schierarono l’Impero Ottomano ed una Bulgaria desiderosa di espandersi a danno della Serbia, mentre l’Intesa riuscì a giovarsi dell’apporto di Montenegro, Giappone, Portogallo, Romania (immediatamente sopraffatta), Cina, Grecia e, soprattutto Italia e Stati Uniti, le due nazioni che più di ogni altra avrebbero contribuito a determinare le sorti della "grande guerra"; in particolare l’entrata in guerra della Turchia bloccò le vie di rifornimento alleate alla Russia, attraverso il mar Nero, per cui, al fine di forzare il blocco navale ottomano, fu deciso, dai franco-inglesi ed in particolar modo dal lord dell’ammiragliato Winston Churchill, un ambizioso sbarco nei Dardanelli risoltosi, però, in un clamoroso fiasco, nonostante la crisi profonda che attanagliava il paese della mezzaluna.

In particolare l’intervento del Giappone rappresentò la vera e propria svolta storica delle ostilità in quanto, per la prima volta, le operazioni belliche si ampliarono a 360°gradi, assumendo contorni universali, dall’Europa all’estremo oriente, passando per le rotte dell’Atlantico.

L’Impero del Sol Levante era ormai divenuto una splendida realtà politico-militare, tale da far assurgere il paese al ruolo di grande potenza; la disfatta di Port Arthur, inflitta, nel 1905, alla grande Russia zarista, aveva rafforzato le ambizioni dei vertici imperiali, desiderosi di consolidare la propria supremazia in tutto l’oriente e, da questo punto di vista, le colonie tedesche in Cina e nel Pacifico rappresentavano un bottino troppo ghiotto per farselo sfuggire.

Con un esercito all’avanguardia, con una flotta potenziata a tutti gli effetti e capace di travolgere quella russa, il Giappone si affacciava a quella che sarebbe stata denominata I guerra mondiale, anche a causa del suo intervento, con la certezza di poter recitare un ruolo da protagonista.

Il regno di Vittorio Emanuele III, allo scoppio delle ostilità era invece rimasto neutrale ma, dopo un lungo dibattito e scontro tra interventisti e neutralisti, si decise l’entrata in guerra al fianco dell’Intesa, in seguito alla firma del trattato di Londra, che avrebbe garantito all’Italia, in caso di vittoria il riconoscimento del Trentino,dell’Alto Adige, di Trieste, dell’Istria e della Dalmazia.

Il 24 maggio 1915, dunque, l’esercito italiano, alla guida del comandante Cadorna, prendeva posizione ai confini con l’impero Austro-Ungarico, su un fronte di 700 chilometri che andava dai monti del Trentino, al Carso, sino all’Isonzo.

L’intervento del nuovo alleato fu una boccata d’ossigeno soprattutto per le armate russe sbaragliate, pochi giorni prima, da un poderoso attacco tedesco nella zona di Gorlige-Tarow che non colpì in profondità, solo a causa del necessario spostamento di uomini sul neonato fronte italiano.

Nel frattempo la piccola Serbia, dopo un’accanita resistenza, guidata dal generale Putnik, che aveva portato alla liberazione di una Belgrado originariamente occupata dagli austro-tedeschi, aveva dovuto capitolare, mentre i resti del suo esercito furono tratti in salvo dalla flotta italiana dell’ammiraglio Paolo Thaon di Revel.

Il conflitto si stava, intanto, sempre più trasformando in una carneficina senza precedenti, con i fanti che venivano mandati al massacro attraverso la dissennata tattica degli attacchi frontali all’arma bianca; all’inizio del 1916, il generale von Falkenhayn, che aveva sostituito il debole von Molke, all’indomani della battaglia della Marna, decise di lanciare l’assalto alla fortezza di Verdun, considerata inespugnabile dai francesi, al fine di infliggere al nemico una sconfitta dal devastante impatto psicologico.

La battaglia che ne seguì, che vide premiata la stoica resistenza dell’esercito francese, fu un’ autentica ecatombe, con 700.000 soldati che persero la vita nel giro di pochi mesi, ma altrettanto devastante, fu l’offensiva sulla Somme, quella dello Chemin des Dames e le 11 battaglie dell’Isonzo condotte dagli italiani, nelle quali entrambi gli schieramenti, al fine di conquistare pochi chilometri di terreno, lamentarono una paurosa perdita di vite umane, tale da far temere l’annientamento reciproco.

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