testataIwar.gif (18855 byte)

www.storiaXXIsecolo.it   

guerra

home

   

      

Italia in guerra

italy1915.gif (9903 byte)

La vittoria "mutilata"

La delegazione italiana, guidata da Orlando e Sonnino, si presentò a Versailles con grandi speranze, dettate dal decisivo ruolo che l’Italia aveva avuto nella sconfitta degli imperi-centrali, ma ben presto ci si rese conto che il clima della conferenza di pace non era tra i più favorevoli: i nostri delegati, che si aspettavano, legittimamente, l’applicazione del trattato di Londra del 1915, si scontrarono contro l’ostruzionismo del presidente americano Wilson, poco propenso a riconoscere quanto era stato promesso al nostro paese ed, in particolare, l’annessione della Dalmazia e della città di Fiume, che, nel 1918, si era proclamata italiana.

Di fronte alla fermezza di Wilson, Orlando e Sonnino, sdegnati ed irritati, abbandonarono i lavori, un gesto che ebbe conseguenze disastrose poiché, quando si trattò di decidere le sorti delle colonie tedesche, queste furono spartite tra le altre potenze, mentre l’Italia venne ignorata.

Il regno di Vittorio Emanuele III si vide riconoscere il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e Trieste, ma non la Dalmazia e Fiume, che sarebbe stata occupata, nel 1919, con un colpo di mano, da una spedizione guidata da D’Annunzio, alla testa dei suoi legionari.

L’umiliazione subita dai nostri delegati, a Versailles, creò, nel paese, già debilitato dalla crisi economica post-bellica, un clima di grande frustrazione e irritazione, alimentando la tesi della cosiddetta "vittoria mutilata", di un inutile sacrificio di morte e distruzione, vanificato dal tradimento delle altre potenze vincitrici.

Ne sarebbe seguita una situazione di grande instabilità politica, caratterizzata da scioperi e proteste, in cui trovò terreno fertile, soprattutto tra i reduci, desiderosi di rivalsa, il partito fascista di Benito Mussolini, nella sua scalata al potere, culminata nella marcia su Roma del 1922, che diede il via al tragico ventennio.

 

Modifiche sociali conseguenti alla guerra

In cifre la guerra era costata 571.000 morti e 1 milione di feriti tra cui 450.000 grandi invalidi. Il debito pubblico era aumentato da 15 miliardi di lire del 1915 a 69 del 1918. L’inflazione era cresciuta nell’ordine delle 10-12 volte rispetto al periodo prebellico. La disoccupazione era al 18 per cento.
Cinque milioni e 600mila soldati dovevano essere riportati ad una vita civile che non era in grado di riassorbili nella piena occupazione. Il loro posto in fabbrica era stato preso da lavoratrici che costavano mediamente il 30% meno degli uomini e l’industria bellica aveva avuto uno sviluppo che non poteva essere sostenuto in tempo di pace, tanto che i licenziamenti non si fecero attendere. Le promesse espansioni territoriali furono ridotte e si limitarono a zone già densamente popolate che non potevano in alcun modo ricevere altra popolazione immigrante. I contadini non ricevettero le terre promesse e ciò li spinse verso le grandi città, finendo a rimpolpare quel proletariato già duramente provato. Le donne che avevano assaporato per la prima volta Italia il brivido dell’indipendenza economica non fecero valere per tempo il peso contrattuale che avevano assunto, vedendosi progressivamente respingere verso una zona marginale del mondo del lavoro. I socialisti che tanto avevano influito sulla sorte della guerra erano stati duramente colpiti e indeboliti sia nell’ala moderata sia in quella massimalista. L’aver combattuto al fianco delle potenze occidentali non ci aveva portato al loro livello di progresso sociale. Il “Maggio radioso” del 1915 avrebbe dato fondamenta ad un ventennio oscuro e privo di libertà.

 

I guerra m.
ricerca
anpi
scrivici
home
home         ricerca        

anpi

        

I guerra m.

        scrivici

 

.