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Dichiarazione di Antonio Salandra in favore degli Alleati

23 Maggio 1915

Mi rivolgo all’Italia e al mondo civilizzato per mostrare non con parole violente, ma con fatti e documenti esatti, come la furia dei nostri nemici ha vanamente tentato di diminuire l’alta dignità morale e politica della causa che le nostre armi faranno prevalere. Parlerò con la calma di cui il Re d’Italia ha dato un nobile esempio, quando ha richiamato alle armi le sue forze di terra e di mare. Parlerò con il rispetto dovuto alla mia posizione e al luogo in cui mi trovo. Proverò ad ignorare gli insulti scritti nei proclami Imperiali, Reali e Arciducali. Da momento che parlo dalla Capitale e rappresento in quest’ora solenne il Popolo e il Governo dell’Italia, Io, un modesto cittadino, sento di essere molto più nobile del capo della casa degli Asburgo.

I banali statisti che, in avventata frivolezza ed errando in tutte i loro calcoli, lo scorso Luglio hanno incendiato l’intera Europa e persino i loro cuori e le loro case, hanno ora rilevato il loro recente colossale errore e nei Parlamenti di Budapest e Berlino hanno lanciato brutali invettive contro l’Italia e il suo Governo con l’ovvio disegno di assicurarsi il perdono dei loro concittadini, intossicandoli con crudeli visioni di odio e sangue. Il Cancelliere Tedesco disse di essere impregnato non d’odio, ma d’ira e parlò con convinzione perché ragionava malamente, come è usuale sotto l’effetto della collera. Non posso, anche volendo, imitare il loro linguaggio. Un atavico regresso alle primitive barbarie è più difficile per noi che abbiamo venti secoli alle spalle rispetto a loro.

La tesi fondamentale degli statisti dell’Europa Centrale deve essere rinvenuta nelle parole “tradimento e sorpresa da parte dell’Italia verso i fedeli alleati.” Ci si dovrebbe chiedere se ha qualche diritto di parare di alleanza e rispetto dei trattati chi, rappresentando con infinito meno genio, ma con eguale indifferenza morale, la tradizione di Federico il Grande e di Bismarck, proclama che a necessità non conosce legge e consente al suo paese di calpestare e seppellire sul fondo dell’oceano tutti i documenti e tutte le consuetudine della civiltà e del diritto internazionale. Ma sarebbe un’obiezione toppo semplice. Esaminiamo, al contrario, con concretezza e calma, se i nostri precedenti alleati hanno titolo per affermare di essere stati traditi e colti di sorpresa da noi.

L’orribile crimine di Sarajevo fu sfruttato come pretesto un mese dopo che avvenne, ciò è provato dal rifiuto dell’Austria di accettare le ampie offerte della Serbia, né al momento della generale conflagrazione l’Austria sarebbe stata soddisfatta dall’incondizionata accettazione dell’ultimatum. Il conte Berchtold dichiarò al Duca di Avarna il 31 luglio che, se ci fosse stata una possibilità di esercitare una mediazione, non avrebbe interrotto le ostilità che già erano cominciate con la Serbia. Questa era la mediazione per la quale la Gran Bretagna e l’Italia stavano lavorando. In ogni caso, il conte Berchthold non era disposto ad accettare mediazioni tendenti ad indebolire le condizioni indicate nella nota austriaca che, naturalmente, sarebbero state aumentate alla fine della guerra…

Dove è, allora, il tradimento, l’iniquità, la sorpresa, se, dopo nove mesi di vani sforzi per raggiungere un onorabile accordo che riconoscesse in misura equa i nostri diritti e le nostre libertà, abbiamo riassunto la nostra libertà d’azione? La verità è che l’Austria e la Germania credettero fino all’ultimo che stessero trattando con un’Italia debole, infuriata, ma non attiva, capace di provare il ricatto, ma non di sostenere con le armi i suoi giusti diritti, con un’Italia che poteva essere paralizzata spendendo pochi milioni e che con accordi che non poteva ammettere, si stava ponendo tra il paese e il Governo. La realtà era il contrario. Un'immensa esplosione di indignazione divampava attraverso l’Italia e non tra la popolazione, ma tra la nobiltà del paese che è pronta a versare il sangue per la nazione. Quest'esplosione di indignazione divampava come risultato del sospetto che un ambasciatore straniero stesse interferendo tra il Governo, il Parlamento e il paese italiano. In un lampo furono spazzate vile discussioni interne che divamparono e la nazione tutta fu unita in una meravigliosa unità morale che si dimostrerà la nostra più grande fonte di forza nelle severe lotte che ci si porranno innanzi e che ci condurranno per nostra virtù e non per benevola concessione altrui, al compimento del più alto destino del paese.

 

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