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La persecuzione degli zingari

 

LO STERMINIO DEGLI ZINGARI DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE (parte IV)

di Giovanna Boursier

in Studi Storici 2, aprile-giugno 1995 anno 36

 

Nella storia dello sterminio degli zingari, ignoranza, indifferenza e persino malafede sembrano i mali peggiori, il che ci induce a una breve parentesi sulle attuali necessità (e responsabilità) in campo storiografico.

Innanzitutto alcune questioni andrebbero definitivamente chiarite, prima fra tutte quella del carattere « razziale» della persecuzione degli zingari sotto il nazismo. Per quanto possa stupire, alcuni aspetti del dibattito sono ancora aperti, quindi facili alla strumentalizzazione71. Come si è cercato di chiarire, la questione risulta, oltreché pretestuosa, inutile. Peggio ancora, ribadisce la volontà di mistificare. I dati sono assolutamente sufficienti e, per quante precisazioni si possano, e debbano, giustamente fare sulle diverse realtà nazionali o locali (lo abbiamo visto nel caso dell'Italia), la politica razziale nazista nei confronti del popolo zingaro appare documentata a sufficienza. Sappiamo che: le prime deportazioni di zingari avvengono nel 1936; fin dai primi anni del potere hitleriano incominciano ricerche, schedature e classificazioni sulla « razza zingara» ; il decreto del dicembre 1938, e le successive direttive del 1939, ne sanciscono la validità stabilendo definitivamente la presenza, nella Germania nazionalsocialista, di un « problema zingaro» che va affrontato secondo i canoni nazionalsocialisti del pensiero razziale; nel 1940 si decreta la deportazione degli zingari dai territori della « vecchia Germania» e dell'Austria al Governatorato generale; nel 1943 viene costruito lo Zigeunerlager di Auschwitz, luogo di annientamento e non di internamento.

È necessario inoltre chiedersi come mai, se le misure contro gli zingari si orientavano solo a prevenire il crimine e l'asocialità, gli anni del Terzo Reich sono affollati di ricercatori e studiosi della razza che lavorano sul « problema zingaro» in particolare, e che non sono quelli che contemporaneamente si occupano di criminologia o di psicologia sociale; oppure perché lo sterminio degli zingari (e non degli asociali) viene ordinato a seguito di una legislazione razziale che ne aveva precedentemente decretato l'internamento; o perché scrivere di « soluzione finale per la lotta contro la piaga zingara» dopo aver dimostrato l'impossibilità del recupero di questa razza come originaria razza ariana, e non dire invece che tutti i criminali del Reich andavano gasati.

O si dice che gli zingari sono stati sterminati in quanto criminali e asociali, o si dice che lo sono stati per la loro appartenenza razziale. Barcamenarsi tra l'una e l'altra posizione è errato, ed è servito solo a ritardare i procedimenti legali e a consentire a tutti di sottrarsi alle proprie, gravissime, responsabilità.

Nell'ambito della ricerca storica, invece, la suddivisione della persecuzione degli zingari in fasi e momenti diversi può essere utile a comprendere alcuni problemi connessi alla storia dello sterminio degli zingari ancora senza risposta definitiva. Le fasi della guerra, ad esempio, hanno indubbiamente segnato quelle della deportazione e dell'annientamento finale, come nel caso dell'interruzione delle deportazioni verso il Governatorato generale. Le necessità di manodopera e il fatto che le sorti militari della Germania hitleriana stessero mutando di segno sono molto probabilmente alla base dell'ordine di annientamento dello Zigeunerlager.

Dove i dati risultano contraddittori, la ricerca storica approfondita potrebbe fornire chiarimenti. In primo luogo sulla realtà dei vari campi di concentramento nei diversi luoghi dell'Europa occupata dai nazisti. Oggi la disponibilità di nuove fonti e l'apertura degli archivi dei paesi dell'Est, in particolare di quelli russi, potrebbero fornire dati interessanti. Le fonti finora disponibili documentano la presenza di zingari un po' ovunque, sottoposti ad esperimenti medici in alcuni campi, vicini agli altri prigionieri e costretti al lavoro forzato in altri, morti nelle camere a gas in altri ancora. Ma mancano di precisione e non sono aggiornati: quanti zingari vi erano, come « vivevano» , come morivano, quanti sono sopravvissuti? Sono domande che forse non avranno mai risposta, ma - soprattutto oggi - il tentativo va fatto.

Un esempio è quello del campo di concentramento per zingari di Marzahn, in Germania: nonostante in questo paese la ricerca si stia approfondendo, nessuno finora ha messo in luce, da un punto di vista storico, l'importanza di questo campo nel contesto del problema della deportazione degli zingari. Le fonti a disposizione - sulle quali per il momento ha lavorato solo Reimar Gilsenbach 72(ricercatore di Monaco) sono: gli « atti personali degli zingari» conservati all'archivio nazionale di Potsdam, gli interrogatori degli zingari internati e gli interrogatori degli abitanti della città di Marzahn. Dalle deduzioni di Gilsenbach, che ha esaminato queste fonti da un punto di vista giuridico, per sostenere la richiesta di un risarcimento da parte di un ex internata zigana, si capisce che Marzahn aveva le caratteristiche di un vero e proprio campo di raccolta per la persecuzione razziale degli zingari e costituiva senza dubbio l'inizio del percorso verso Sachsenhausen, Ravensbruck, Buchenwald e Auschwitz. Vi furono internati oltre 1.000 zingari e ne sopravvissero, per puro caso dovuto al precipitare degli eventi militari, solo una cinquantina.

Grazie allo studio scientifico e approfondito di questo come di altri casi simili, si potrebbe anche tentare di fornire una cifra globale delle vittime zingare il piú possibile vicina alla realtà.

Anche il fatto che gli zingari fossero una minoranza debole tra le minoranze, la cui distruzione non avrebbe determinato alcun tipo di profitto, andrebbe analizzato nel contesto delle mire espansionistiche e imperialistiche della Germania hitleriana.

Un'ultima riflessione: degli zingari sopravvissuti ai campi di concentramento molti hanno reso la loro testimonianza, ma a tutt'oggi non esiste ancora un'antologia analitica di fonti orali che offra un panorama sufficiente a documentare storie personali, che, organizzate secondo l'analisi storica, potrebbero offrire un ulteriore dato di completezza. Altri sopravvissuti, certamente gli ultimi, andrebbero tempestivamente cercati. In quest'ambito Zimmermann sta compilando un elenco delle testimonianze già rese, sia di quelle conservate negli archivi come tali, sia di quelle già raccolte e utilizzate nei diversi testi.

Si può quindi affermare che in generale le fonti storiche disponibili per lo studio dello sterminio degli zingari durante la seconda guerra mondiale sono assai scarse da un punto di vista bibliografico, ma stimolanti nella implicita necessità del loro reperimento e utilizzo per un lavoro di ricerca sistematico - in particolare, per quel che ci riguarda, sulla realtà italiana.

In conclusione, ciò che si vuole qui sottolineare è la necessità di superare quella sorta di pregiudizio che ha sempre escluso la storia dello sterminio degli zingari dalla ricerca scientifica, relegandola in un ambito di subalternità e scarso interesse, affidato a pochi, motivati essenzialmente dalla buona volontà e dal senso di giustizia personali.


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Note

71 In un recente convegno sullo sterminio degli zingari tenutosi a Vienna e organizzato dall'Accademia evangelica locale alcuni ricercatori hanno sostenuto, tra lo stupore generale, che non tutti i dati sullo sterminio degli zingari confermano la tesi di una persecuzione razziale e, in particolare, che in alcuni paesi i tempi e i luoghi della deportazione degli zingari non implicano la «soluzione finale», casomai concernono problemi di ordine pubblico.

72 Institut fur Zeitgeschichte, München, doc. Gb. 06/121

 

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