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I Giusti italiani
Don Ferdinando Pasin
Non un monumento, ancorché piccolo, né il nome di una via ne ricorda
il nome. Eppure il ricordo di Don Ferdinando Pasin non è ancora del tutto scomparso dalla
memoria di chi lo ha conosciuto o di chi ne ha saputo attraverso la storia, anche se si
tratta di quella ignorata dai grandi manuali..
Don Ferdinando Pasin, si spense nel 1985, nella "sua" S. Martino, quella chiesa
che nel tragico venerdì santo del 7 aprile '44 era stata ridotta ad un cumulo di macerie;
in quella stessa S. Martino dove, dopo l'esperienza a Noventa come cappellano e a Musile
come vicario, aveva vissuto come simbolo di dedizione totale alla causa del più debole,
vittima della tracotanza del forte, succube della voce di chi credeva nella logica della
gerarchia e della violenza.
Fu sacerdote nel '12, tre anni prima che anche l'Italia conoscesse il dramma della guerra
e con esso la miseria e fame. Come il suo pastore mons. Longhin, fu a fianco dei profughi
che cercavano riparo da quel Piave che il conflitto aveva insanguinato, da quelle case
squassate dalle bombe, da quei campi seminati di morte. E a fine conflitto, quando sui
colli fatali di Roma spuntò la dittatura del fascio alla quale anche nella Marca
trevigiana il capitalismo agrario aveva dato sostegno, divenne l'avvocato dei deboli, la
mano caritatevole di molti di coloro che il dopoguerra aveva relegato alla miseria.
E nacquero le "Leghe Bianche", in tutt'uno con Corazzin, la voce della giustizia
perché le angherie del "paron" non prevalessero sul "futtaiol".
In poco tempo Pasin divenne segretario dell'Unione Cattolica del Lavoro, una
forma di sindacalismo che, coerentemente ai propositi della Rerum Novarum
di Papa Leone XIII, ripudiava, a qualsiasi titolo, la violenza e la lotta di classe.
Don Pasin e con lui le "Leghe" furono oggetto di studio, esempio di reclamata e
guadagnata giustizia contro chi nella giustizia non credeva o la riteneva funzionale per
conservare intatti i quei privilegi che il fascismo garantiva.
Quando poi, anche a Treviso, il fascismo nella furia devastatrice verso le sedi del
partito di Sturzo (Carbonera, Casale sul Sile, Giavera del Montello) cominciò a prendere
di mira anche il clero nelle parrocchie di Conscio, Cimadolmo, Roncade di Ormelle,
Volpago, Porcellengo, Cornuda; quando era stata devastata la stessa sede de "La vita
del popolo", la vera voce della diocesi trevigiana, quando in quella guerra
"breve e crudele", come venne definita la resistenza, la storia dette
l'opportunità di dire finalmente "signornò" al fascismo, Don Pasin fu a fianco
dei partigiani, accanto a quei nuclei di resistenza nati all'ombra dei campanili sotto i
quali prese corpo la prima direzione regionale del Movimento di
liberazione.
Della resistenza trevigiana Don Pasin fu forse l'anima, il protettore di
duecentotrentaquattro ebrei che grazie a lui non conobbero i lager.
(a cura di Mario Cutuli)
per
approfondire:
Storie di Giusti che
salvarono ebrei (in inglese)
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