Il suo nome è ora scolpito accanto a quello di Schindler - tanto per fare
un nome noto - sulla stele donore del Giardino dei giusti, presso lo Yad Vashem a
Gerusalemme. Alla sua persona è attribuito il titolo di Giusto fra le Nazioni.
A quasi trentanni dalla morte (12 maggio 1972), il riconoscimento giunge alla
memoria di don Enzo Boni Baldoni che, durante la seconda guerra mondiale, era parroco di
Quara. Che cosa ha fatto don Enzo perché lo Stato di Israele gli riconosca un così alto
onore? Allosteria dellArgentina
Comè noto, levoluzione del fascismo italiano segnò una svolta decisamente
negativa con la promulgazione delle leggi razziali del 1938 con le quali gli ebrei
venivano considerati di razza inferiore, stranieri, privati dei diritti civili. Maggior
protezione avevano, con una legge dello stesso anno, i nidi degli uccelli. Scoppiata la
guerra, molti ebrei, anche milanesi, trovarono rifugio nella bassa modenese. Ma, dopo l8
settembre, il fascismo iniziò lapplicazione severa delle leggi razziali arrestando
gli ebrei e avviandoli ai campi di sterminio della Germania. Il campo di Fossoli è una
delle prime tappe. Inizia la Shoa degli ebrei italiani.
Case religiose e canoniche sono immediatamente aperte per nascondere ebrei, per fornirli
di documenti falsi, per avviarli verso la Svizzera. A Nonantola è famoso il caso di Villa
Emma e di don Arrigo Beccari, anche lui Giusto fra le Nazioni. A Bomporto è
nascosta la famiglia di Enzo Modena, ebreo sfollato da Milano con i primi bombardamenti
del 40. Dopo l8 settembre neppure lui si sente più sicuro. Prende una carta
geografica, guarda le diverse località. Quara gli sembra un posto sicuro. Prende la
corriera e arriva nella nostra località di montagna in avanscoperta.
Allosteria dellArgentina gli dicono che cè solo un alloggio di circa 25
metri quadri, senza servizi, ma già prenotato dal parroco, don Enzo Boni Baldoni. Bussa
alla canonica e lo chiede. Don Enzo capisce che sotto quella richiesta cè un dramma
umano e gli cede lalloggio. Pochi giorni e la famiglia Modena è riunita a Quara. Ha
carte didentità autentiche, rilasciate da un amico che lavora al Comune di Milano,
ma col cognome Bianchi. Lo fanno sapere soltanto a don Enzo.
Andato a vuoto un tentativo di espatriare in Svizzera, la famiglia si prepara ad attendere
a Quara gli eventi. Qui anche altri ebrei hanno trovato rifugio. Ad esempio il professor
Lazzaro Padoa, di Reggio, che a novembre lascia Quara per un nascondiglio più sicuro a
Costabona, vigilato dalla famiglia Fioroni
La storiella ha funzionato
La zona è ben presto in mano partigiana, ma non mancano i rastrellamenti tedeschi,
temibili per tutti: per gli ebrei che non hanno alcuna difesa; per chi li ospita perché
ne va a rischio la vita sua e della famiglia. Nel prendere la famiglia Modena-Bianchi
sotto la sua protezione, don Enzo sa bene a che cosa va incontro e lo esprime con queste
parole che, ripetute sul suo ricordino funebre, costituiscono un vero testamento
spirituale: Se è desiderio del Signore che io muoia per fare del bene a degli
esseri umani, sono felice di fare la volontà del Signore.
Nella cerimonia tenutasi a Cavriago il 14 ottobre 2001, il dottor Bruno Modena, figlio di
Enzo, allepoca dei fatti dieci anni di età, ricorda alcuni episodi. Per esempio
quello di un primo rastrellamento tedesco avvenuto a Quara. Cera una buona
organizzazione difensiva. Un servizio di intelligence, ad esempio, consentiva
di preavvertire la popolazione di Quara allorché un rastrellamento stesse per salire
verso Toano. Ma a Quara era difficile indovinare dove fuggire. Verso Gova? Se poi i
tedeschi seguivano quella via, non cera scampo. Verso Costabona? Si rischiava unaltra
trappola.
In quel primo rastrellamento la popolazione decide di fuggire verso Gova, ed è una
sciagura perché anche i tedeschi vanno in quella direzione. Vedono quelle decine di
persone in fuga e subito iniziano a mitragliarle. Racconta il dottor Modena: Ricordo,
come fosse ieri, le pallottole che mi fischiavano sulla testa. Don Enzo, con un coraggio
eccezionale, alza una camicia bianca e chiede la parola. Le mitragliatrici si fermano. Don
Enzo esce dal nascondiglio, va verso la camionetta del comandante. Seguendo da lontano la
discussione, abbiamo visto che alla fine lui e il comandante si sono lasciati quasi come
se fossero amici. Il nostro amico don Enzo, evidentemente contravvenendo a certe regole,
ha raccontato una storiella: Vede - disse allinterlocutore nazista - noi
viviamo in un contesto di partigiani; se, quando voi arrivate, noi non ci muoviamo da
casa, i partigiani pensano che siamo dei collaborazionisti, per cui siamo obbligati a
uscire di casa e a scappare. E, signori miei, la storiella funzionò. Dio ci ha dato
una mano, i nazisti hanno abbozzato, hanno continuato la loro strada verso Gova, e io sono
ancora qua e quelle pallottole non mi hanno preso.
A Ciano per salvare una mamma
Altro rastrellamento, altro episodio: i tedeschi chiedono se ci sono forestieri in paese.
No, dicono, però cè una famiglia Bianchi, di Milano, che abita sopra losteria
dellArgentina.
"Mi ricordo benissimo - racconta ancora il dottor Modena - perché ero in casa con
mia madre che stava facendo la polenta. Vengono i tedeschi e le chiedono di seguirli. La
mamma mi dice: continua a girare la polenta, fra dieci minuti torno. Io ho continuato a
girare la polenta, ma la mamma non è tornata. Naturalmente mio padre era disperato. E
ancora una volta don Enzo si è fatto avanti, si è offerto di andare a Ciano per
intervenire presso questo mondo così ostile nei nostri confronti e tentare di liberare la
mamma. Mio padre, ricordo bene, gli aveva dato anche 500mila lire in contanti per
comperare, in qualche modo, la libertà della mamma. Don Enzo è andato, a piedi, e dopo
due giorni è tornato con la mamma, senza aver speso una lira.
Nel cuore di don Enzo non ci sono solo gli ebrei. Ci sono i partigiani, gli ex prigionieri
alleati, cè tutta la sua gente, cè chiunque bussa alla sua porta. Ha una
generosità senza fine: si preoccupa di malati e medicinali; in previsione di uno
sfollamento tiene pronti dei carretti, trainati da asini, con viveri e coperte così da
consentire a decine di famiglie - come realmente avverrà - di sopravvivere quindici
giorni in mezzo ai boschi. Se cè da aiutare qualcuno, non esita a mettersi in
viaggio, a piedi, anche per più giorni; a contattare amici e ad affrontare nemici,
richiamandoli, questi ultimi, a quel senso di umanità che alberga pur sempre in ogni
cuore.
Le parole che il dottor Modena pronuncia a Cavriago costituiscono una vivacissima
istantantea di don Enzo, durante (ma anche dopo) la guerra: Voglio concludere
dicendovi che, appunto, ribadisco il concetto che nella vita ognuno di noi deve augurarsi
di poter trovare un amico che dà tutto, che dà, dà, dà, senza mai chiedere niente, che
è disponibile a dare la vita per salvare unaltra vita, con lidea solamente di
fare del bene, di potere in qualche modo soddisfare i bisogni degli altri. Che la sua
anima riposi in pace.
"Se ci fossero tanti don Enzo, il mondo sarebbe diverso
Quando nellautunno 1945 don Enzo viene trasferito alla parrocchia di San Bartolomeo,
la popolazione di Quara si sente privata di un protettore e, con una lettera di rimpianto,
sottoscritta da novanta capifamiglia, gli testimonia un sentimento di affetto, una
ben meritata lode per lamore e lo zelo dimostrato, tanto nel disimpegno del suo
ministero quanto per operato civile, beneficenza cure e spese farmaceutiche, gratis, in
sette anni di parrocato.
Gli sono grati anche i partigiani che il 25 aprile 1945 gli attribuiscono spontaneamente
un attestato di benemerenza. Anche gli ebrei, nel decennale della liberazione,
gli fanno avere un diploma con la scritta Gli Ebrei dItalia riconoscenti a don
Enzo Boni Baldoni, firmato dal presidente della Comunità Ebraica di Modena e
Reggio, Gino Friedman, e dallavvocato Giuseppe Ottolenghi, a nome della Unione delle
comunità ebraiche dItalia.
Ma più commosso è laffetto della famiglia Modena. Passato il fronte il 5-6 gennaio
1945 con il suo aiuto e raggiunta la salvezza presso gli americani che sono a Barga, la
famiglia coltiva una riconoscenza perenne per don Enzo, fino a sollecitare le autorità di
Istraele a concedergli la massima onorificenza per chi ha rischiato la sua vita per
salvare quella degli ebrei.
Consegnandola a nome del suo Stato e della fondazione Yad Vashem, il professor David
Cassuto, docente alla università di Ariel, ha detto: Se ci fossero tanti don Enzo
Boni Baldoni, il mondo sarebbe senzaltro diverso.
Domenico Boni Baldoni, nipote senior, a nome di tutta la famiglia, ma anche della
comunità reggiana rappresentata dal prefetto, dai sindaci di Cavriago e Toano, dal
parroco di Quara, ha risposto: Porteremo questa medaglia nelle nostre case, la
porteremo sul nostro cuore e sarà un messaggio per le future generazioni. Grazie.
(a cura di Giuseppe Giovanelli, La Libertà, 12 ottobre 2001, dal
sito www.tuttomontagna.it) |