Gli
ebrei
L'antisemitismo in Unione Sovietica
di Valentina Piattelli
GLI EBREI IN RUSSIA POCO PRIMA DELLA RIVOLUZIONE
Secondo il censimento del 1897, l'ultimo disponibile prima della
rivoluzione, gli appartenenti alla religione ebraica che vivevano nell'Impero Russo erano
5.500.000; di questi solo per l'1 % il russo era la propria lingua madre, per il 97 %
l'yiddish. Questa popolazione era quasi tutta confinata nella cosiddetta "Zona di
Residenza", ai confini occidentali dell'Impero Russo, dove spesso gli ebrei
costituivano la maggioranza della popolazione. La maggior parte era impiegata in lavori
manuali, soprattutto artigianato e commercio, ed erano anche molto poveri, tanto che in
quegli anni ne emigrò all'incirca un milione.
Le tendenze politiche più diffuse fra gli ebrei erano il
sionismo ed il socialismo. Gli aderenti ai vari movimenti sionisti erano circa 300.000 al
momento dello scoppio della rivoluzione (Schechtmann). Vi era anche un partito socialista
solamente ebraico: il Bund. All'interno del Partito Social Democratico Russo gli ebrei
erano soprattutto fra i menscevichi; tanto che Stalin, parlando del VII Congresso del
Partito Social Democratico Russo, disse che i bolscevichi, in quanto gli unici veri russi,
avrebbero potuto fare un pogrom (Stalin, Sochineniya vol. 2 p. 50).
Durante la Prima Guerra Mondiale gli ebrei erano stati vennero
visti dal governo come dei nemici interni e subirono dure persecuzioni.
In questa situazione la rivoluzione di Febbraio e la fine dello
zarismo furono accolti con sollievo immenso. Il Governo Provvisorio abolì subito ogni
forma di restrizione per gli ebrei (20 Marzo 1917). Cominciò così un periodo di circa
due anni di rinascita culturale per gli ebrei in cui sembrò che nel nuovo stato vi
sarebbe stata l'uguaglianza e l'autonomia di tutte le nazionalità.
LE TEORIE BOLSCEVICHE SUGLI EBREI
L'unico trattato specifico prerivoluzionario è dello stesso Marx.
É un trattato del 1943, premarxista, e ... antisemita. Marx identifica l'ebraismo con il
potere del denaro, per questo lo ritiene una forma di alienazione, così come
l'antisemitismo.
Marx comunque tratta l'argomento come il problema di una minoranza
religiosa risolvibile con l'assimilazione, i bolscevichi invece lo avvertiranno come un problema
etnico. Infatti l'unico altro saggio prerivoluzionario che parli in qualche modo
dell'argomento è quello di Stalin del 1913: "Il marxismo e la questione
nazionale". Fu scritto sotto la guida di Lenin. La definizione di nazione è la
seguente:
"Una nazione è una comunità storicamente evoluta e stabile, con
un linguaggio, territorio, vita economica e formazione comuni, che si esprime in una
comunanza di cultura"
Data questa definizione, gli ebrei ne vengono esclusi in quanto privi
di territorio. Stalin inoltre dice chiaramente che gli ebrei non possono essere una
nazione in quanto non hanno una classe contadina, che la tendenza per loro è verso
l'assimilazione e che l'abolizione della Zona di Residenza accellererà le cose.
Sembra quindi che la posizione dei bolscevichi nei confronti degli
ebrei fosse quella di negare che essi fossero una nazionalità, eppure dissero che
avevano una "carattere nazionale" (Lenin). Nel 1914 Lenin presentò alla Duma
una carta per l'uguaglianza delle nazionalità, e tra esse menzionava gli ebrei.
Il fatto è che i bolscevichi non riconosco valore al concetto di
nazione, ma solo a quello di classe. Per loro l'argomento è sempre secondario.
Quindi, una volta tolte le leggi discriminatorie, non avevano un interesse particolare
nelle questioni inerenti le minoranze etniche, linguistiche etc; né a definirle
perfettamente. Tutto questo almeno fino a rpiam della rivoluzione. Sono convinti che il
socialismo avrebbe risolto tutti questi mali. Lenin infatti riteneva che l'ebraismo, ed
anche l'antisemitismo, fossero le espressioni più alte di quella arretratezza contro cui
combatteva per l'emancipazione del genere umano.
LA RIVOLUZIONE BOLSCEVICA E GLI EBREI
Anche la rivoluzione di Ottobre fu bene accolta e molti ebrei si
unirono solo allora ai bolscevichi. Infatti fino ad allora il partito bolscevico era stato
probabilmente il partito socialista con il minor numero di ebrei, quelli che c'erano erano
però in posti di comando. Ciò incrementò l'antisemitismo dei Bianchi che si dettero a
pogrom nelle zone da loro occupate, pogrom che causarono la morte di un numero di persone
fra le 180.000 e le 200.000 secondo stime ufficiali sovietiche (Weinryb).
Quando andarono al potere i bolscevichi, nonostante le loro teorie che
negavano il carattere nazionale degli ebrei, si trovarono di fronte ad un vero e proprio
popolo, con una propria lingua, cultura etc. Scegliendo come categoria quella
etnica, invece che quella religiosa, il problema rientrava in schemi più
comprensibili e razionali.
Un riconoscimento politico del carattere nazionale degli ebrei era già
avvenuto nel Gennaio del 1918 con la creazione di un Commissariato per gli Affari
Nazionali Ebraici, sezione speciale del Commissariato delle Nazionalità, sotto la guida
di Stalin. Il compito del Commissariato ebraico (YevCom), oltre alla diffusione
delle idee bolsceviche tra gli ebrei, era quello di abolire tutte le istituzioni
comunitarie ed autonome ebraiche e di trasferire i loro fondi e proprietà al
Commissariato stesso. Lo scioglimento delle organizzazioni autonome ebraiche fu
formalizzato con un decreto il 5 Agosto del 1919.
Sempre nel 1918 il Partito Comunista creò delle Sezioni Ebraiche (Yevsktsii)
all'interno della sua struttura. Il loro compito era quello di fare propaganda fra i
lavoratori ebrei in yiddish. Queste furono assai più importanti del Commissariato e
presto ne assunsero le funzioni. In esse confluirono molti ex-bundisti. Infatti la
soluzione etnica si avvicinava molto a quella proposta dal Bund di autogoverno.
Al X congresso del Partito Comunista, nel 1921, fu adottata una
risoluzione che menzionava gli ebrei come esempio insieme a poche altre nazionalità. Era
il segno che ormai gli ebrei erano stati riconosciuti come nazionalità. E proprio perché
erano diventati una nazionalità anche la lingua da loro parlata in maggioranza, l'yiddish,
divenne in alcune repubbliche una delle lingue ufficiali del governo: in Moldavia, in
Bielorussia ed in Ucraina.
In genere fu dato uno spazio molto ampio a tutta la parte della cultura
ebraica che era laica ed in yiddish, proprio per trasformare completamente gli
ebrei da religione a gruppo etnico. Ad esempio vennero create scuole in yiddish o venne
dato impulso a quelle già esistenti. La parte religiosa e sionista della cultura ebraica,
che si esprimevano in lingua ebraica vennero invece perseguitate. L'ebraico, unica fra le
lingue, venne dichiarato "linguaggio reazionario" e di fatto vietato (Rothenberg
p. 167).
La prima a farsi sentire fu la persecuzione contro la religione,
ebraica e non. Il 23 Gennaio 1918 il Consiglio dei Commissari del Popolo emanò un
decreto, intitolato "sulla separazione della chiesa dallo stato e della chiesa dalla
scuola". Ciò che colpiva di più la comunità ebraica era il divieto di insegnamento
religioso. Le Comunità ebraiche furono sciolte (Ottobre 1918) con l'aiuto della
Yevsektsja. Ciò creò problemi per la sostituzione della loro attività variegata,
soprattutto nel campo dell'educazione. Contro tutti i membri del clero furono prese misure
quali privazione dei diritti civili, discriminazione verso l'intera famiglia nella
concessione di tessere annonarie, discriminazione nell'assistenza medica etc, diffamazione
pubblica e, come ultima ratio, accusa di attività controrivoluzionaria. Tutta la
persecuzione avvenne nel segno dell'uguaglianza: uguaglianza di persecuzione per tutte le
religioni. La misura era uno per uno: per ogni prete deportato un rabbino, per ogni chiesa
chiusa una sinagoga. Poiché il numero di preti e di chiese era enormemente superiore, la
religione ebraica finì con l'essere la maggiormente perseguitata.
La persecuzione contro il sionismo avvenne più lentamente. Le
autorità non avversavano in modo particolare il sionismo, lo avvertivano come un
movimento esotico che non dava noia a nessuno; gli unici a cui dava noia erano quelli
dell'Yevsekstja che dovevano subirne la concorrenza fra le masse ebraiche. Nella prima
metà degli anni '20 le attività dei circoli sionisti vennero soltanto ostacolate e
alcuni leader arrestati, ma mai con l'accusa esplicita di sionismo; infatti il sionismo
non era ancora stato dichiarato illegale. Ancora all'Esibizione Internazionale
dell'Agricoltura a Mosca nel 1924 fu invitato anche l'Histadruth (il sindacato sionista in
Palestina), e l'Hechalutz in quegli anni riceveva un sovvenzionamento dallo stato. Fu
nella seconda metà degli anni '20 che la persecuzione verso il sionismo si fece sentire
più forte. L'ultimo circolo sionista i cui membri vennero arrestati fu sciolto nel 1934.
In realtà il sionismo durò più a lungo del suo maggiore nemico: la
Yevsektsja. Questa infatti fu sciolta nel 1930, dopo essere già stata ridotta. essa aveva
esaurito il suo compito demolitore delle istituzioni ebraiche, l'unico compito che le era
stato assegnato, e quindi non era più necessario tenerla in vita.
Un altro colpo che il regime inferse agli ebrei fu dal punto di vista
economico. Come abbiamo visto gli ebrei erano soprattutto artigiani e commercianti, quindi
piccolo borghesi. Durante la NEP essi ripresero queste loro attività, quando essa
finì circa 1.120.000 ebrei dovettero chiudere le loro piccole attività. Molti di questi
nuovi disoccupati si riversarono nelle città, e particolarmente nei centri industriali.
Per coloro che rimasero nella Zona di Residenza la situazione era disastrosa, l'unico
lavoro ancora disponibile era quello agricolo. Nel 1925 vien fondata la "Società per
l'insediamento sulla terra di lavoratori ebrei", conosciuta come Geserd, suo
fautore fu Kalinin, molto interessato alla causa degli ebrei. Poiché in Ucraina non c'era
abbastanza terra per assorbire tutti gli ebrei russi come contadini, e quei pochi che vi
furono insediati provocarono le reazioni antisemite delle popolazioni locali, fu deciso di
trasferire la zona di insediamento in una zona dell'URSS meno abitata. Fu scelto il Biro-Bidzan,
al confine con la Cina, perché era strategicamente importante che fosse popolato.
L'obbiettivo delle autorità sovietiche nel creare uno stato ebraico era quello di
ottenere il sostegno finanziario, degli ebrei americani, e di risolvere il problema degli
ebrei sovietici, cercando di allontanarli così dal sionismo. Dal 1928 cominciò la
propaganda a favore dell'insediamento in Biro-Bidzan, diretta anche agli ebrei stranieri:
pochissimi ebrei sovietici e nessun ebreo straniero risposero all'appello. Il numero degli
arrivati era di poche centinaia l'anno. Ben presto divenne maggiore il numero di coloro
che se ne andavano rispetto a quelli che arrivavano. Le condizioni di vita erano pessime,
ed anche la tanto propagandata libertà culturale era irrisoria. Nel 1934 la zona fu
proclamata Regione Autonoma, anche per renderla più attraente agli ebrei. Kalinin disse
che in quel modo gli ebrei, unica fra tutte le nazionalità a non avere uno stato proprio,
avrebbero avuto uno stato che ne avrebbe salvaguardato la cultura nazionale; coloro che
non volevano andarci si sarebbero dovuti assimilare.
Il fallimento del progetto Biro-Bidzan fece dire a Stalin:
"Se gli ebrei non volevano essere del Biro-Bidzan era perché
preferivano essere russi". (Fejtö p 24)
Seguendo questo criterio fin da quegli anni la cultura ebraica al di
fuori del Biro-Bidzan fu ostacolata. La scelta era fra il Biro-Bidzan e l'assimilazione.
Da allora il Biro-Bidzan servì più che altro a scopo intimidatorio:
di tanto in tanto, fino a periodi recenti, veniva detto che gli ebrei sarebbero stati
tutti deportati in Biro-Bidzan.
Finora abbiamo analizzato l'atteggiamento della autorità, vediamo
adesso quello della popolazione sovietica nei confronti degli ebrei.
L'ANTISEMITISMO POPOLARE IN URSS
La Russia ha una lunga tradizione di antisemitismo popolare, ricordiamo
per inciso i pogrom che fino a pochi anni prima erano comuni ed i pogrom commessi
dai Bianchi. L'avvento del comunismo fui sentito, soprattutto dai contadini impregnati
della propaganda antisemita religiosa, come la vittoria degli ebrei. Ad esempio gli
archivi del partito comunista relativi a Smolensk (gli unici consultabili), parlano di
contadini che fanno un pogrom e minacciano di uccidere per rappresaglia tutti gli ebrei
della città se gli ori della chiesa fossero stati presi dalla autorità.
L'antisemitismo crebbe in maniera preoccupante durante la NEP,
in quanto gli ebrei ne erano i principali beneficiari e venivano visti da molti, fra cui
anche membri del partito, come degli speculatori.
Infatti neanche l'apparato sovietico era esente da
antisemitismo. Per molti di loro l'antisemitismo era una variante del sentimento contro la
borghesia e lo ritenevano conforme al comunismo (come d'altronde avevano fatto molti populisti
nel secolo precedente). Non erano però solo gli elementi meno istruiti del partito ad
essera antisemiti; Kalinin nel 1926 affermò che "l'intellighenzia russa e forse più
antisemita oggi che sotto lo Zar" Fu infatti proprio da quell'anno che cominciò lo
sforzo fatto dal partito contro l'antisemitismo (1926-30). Il fenomeno era infatti
divenuto allarmante; si ha notizia soprattutto di violenza commesse da studenti che
chiedevano l'introduzione del numerus clausus.
Qualche idea sulle opinioni correnti fra i membri del partito la si
può avere ascoltando le domande che furono fatte nel 1928 ad un seminario tenutosi a
Mosca sulla questione ebraica, aperto soltanto a membri del partito o aspiranti:
- Perché i lavoratori russi odiano la nazionalità ebraica più di
ogni altra? Il motivo non sta forse negli ebrei?
- Perché gli ebrei non vogliono fare lavori pesanti?
- Perché gli ebrei ottengono sempre buone posizioni?
- Perché ci sono tanti ebrei all'università? Forse falsificano i
documenti?
- Gli ebrei sarebbero traditori in guerra, non è forse vero che
cercano di evitare il sevizio militare?
Durante la guerra civile, nel 1918, era stato fatto un decreto contro i
pogromisti; generalmente l'Armata Rossa salvò gli ebrei e li aiutò ad organizzare
delle organizzazioni armate di autodifesa.
Il secondo tentativo per combattere l'antisemitismo venne fatto negli
anni '20. Come abbiamo visto però gli stessi membri del partito erano in buona parte
antisemiti, quindi misure quali l'eliminazione dei libri antisemiti (insieme a quelli
religiosi e pro zaristi), ebbero in realtà un effetto quasi nullo.
In quegli anni gli ebrei se erano comunisti e assimilati venivano
odiati dalla popolazione, se non lo erano incorrevano nell'odio del regime in quanto
tradizionalisti o sionisti.
GLI ANNI '30
Dal momento che gli ebrei vennero riconosciuti come
"nazionalità" e non più come religione, anche i loro figli erano compresi.
Così in Urss essere ebrei non era una scelta privata, ma una faccenda legale.
La fattispecie giuridica venne creata alla fine del 1932, quando
vennero creati i passaporti interni; infatti nel decreto si diceva che nel
passaporto doveva essere indicata, al famigerato V paragrafo, la nazionalità. I
passaporti furono introdotti prima nelle città; infatti il motivo per cui furono
introdotti era la penuria di abitazioni nelle città: il passaporto divenne il modo per
regolare l'afflusso nelle città e la distribuzione degli appartamenti. Quando la legge
entrò in vigore per determinare la nazionalità si ricorse al certificato di nascita, in
cui era scritta. In seguito essa venne assegnata a 16 anni, quando si riceveva il
passaporto: se la nazionalità dei genitori era uguale, essa veniva iscritta nel
passaporto, senza possibilità di scelta; se era diversa il ragazzo doveva scegliere la
nazionalità di uno dei due genitori, senza possibilità di ripensamenti.
Questo provvedimento non aveva un carattere antisemita, né razzista in
genere. Inevitabilmente lo assunse con il tempo. Infatti nonostante le varie promesse la
menzione della nazionalità è rimasta obbligatoria fino a tempi recentissimi (crollo del
comunismo?).
A metà degli anni '30 il patriottismo sovietico dei tempi
dell'industrializzazione cominciò a trasformarsi in nazionalismo russo. Se fino ad
allora tutte le minoranze avevano avuto la libertà più ampia, adesso si comincia dire
che le nazionalità più piccole devono assimilarsi.
Dal 1937 un motivo valido per essere deportati poteva essere anche solo
la nazionalità. Nel 1937 infatti avviene la prima deportazione di una nazionalità
intera: la minoranza coreana in Urss (che venne deportata dall'Estremo Oriente al
Kazhakistan). Nel 1940 furono deportati gli estoni ed i finlandesi da Leningrado sulla
base del cognome. Nel 1941 tocco ai tedeschi del Volga, anche qui sulla base del cognome
(Ginzburg!). Subito dopo la guerra toccò ai ceceni, ai tatari ed a varie altre etnie
caucasiche. In queste deportazioni furono spostate centinaia di migliaia di persone, di
tutte le età nel giro di pochi giorni. La definizione tecnica fu "confinati
speciali". Le uniche eccezioni furono i coniugi sposati con un membro di un'altra
etnia. Nel 1953 avrebbe dovuto essere il turno degli ebrei, ma ci torneremo. Adesso
torniamo agli anni'30.
L'arma dell'antisemitismo viene usata per la prima volta dalla
propaganda nel conflitto fra Stalin e Trocki. Trocki stesso denunciò la cosa
chiedendo in una lettera a Bucharin se fosse possibile che nelle cellule operaie a Mosca
si facesse agitazione antisemita (Deutsher, "Il profeta disarmato").
In Urss divenne opinione comune ritenere che le principali vittime
delle purghe degli anni '30 fossero gli ebrei. All'epoca circolava una barzelletta:
dialogo fra due carcerati:
"Non sei trockista, né ebreo, ma perché sei stato arrestato
allora?"
Ho letto le memorie di Evgenja Ginzburg, arrestata e deportata per 10
anni con l'accusa di trockismo proprio in quegli anni, ma di antisemitismo non si fa
menzione. Infatti nelle purghe furono deportate anche migliaia di non ebrei, soprattutto
non russi. Probabilmente uno degli scopi delle grandi purghe era proprio quello di ridurre
l'influenza dei non russi nelle alte sfere, e quindi anche degli ebrei, che in più
potevano essere accusati facilmente di trockismo.
La diffusione del nazionalismo colpì anche la cultura ebraica. Furono
chiuse scuole e centri culturali ebraici. Il patto Ribbentrop-Molotov accellerò le
cose.
Infatti l'antisemitismo durante il patto Ribbentrop-Molotov fu una
sorta di omaggio ai nuovi alleati; ad esempio sui giornali si scriveva che l'antisemitismo
nazista era principalmente diretto contro la religione ebraica e che era dovere degli atei
marxisti aiutare i nazisti in questa campagna. Leggiamo le memorie di Mark Gallai,
ricordato da molti russi come il più importante pilota collaudatore (citato in
Ainsztein):
"Molti di noi accettarono il trattato come il prendere una
medicina cattiva: era orribile, ma necessario. Ma la firma del trattato fu seguita da
avvenimenti che erano invece incomprensibili. I fascisti non erano più chiamati fascisti.
Ciò che il Komsomol ed i pionieri ci avevano insegnato ad odiare come ostile, cattivo e
minaccioso, divenne improvvisamente neutrale. Non fu detto con molte parole, ma il
sentimento si diffuse nelle nostre anime quando guardavamo le foto di Hitler accanto a
Molotov o quando leggevamo del grano e del petrolio sovietico che andava alla Germania
fascista o quando vedevamo il passo dell'oca prussiano che veniva adottato proprio allora
dal nostro esercito. Sì era molto difficile capire allora cosa stesse succedendo".
Tra le conseguenze del patto ricordiamo l'epurazione degli ebrei
dall'esercito, dalla diplomazia e dal commercio con l'estero. Va tenuto presente che fu un
omaggio non richiesto in alcun modo dai nazisti.
GLI EBREI DURANTE LA GUERRA
Innanzitutto le annessioni di parte della Polonia, di parte
della Romania e delle repubbliche baltiche fecero finire sotto il dominio sovietico circa
2.000.000 di ebrei, pochi di questi assimilati. Subito cominciò la persecuzione contro i
sionisti, mentre invece non vi fu persecuzione contro nessuna religione. Comunque tutto fu
interrotto dall'invasione tedesca.
Al momento dell'invasione Stalin fece appello a tutti e permise anche
agli ebrei di alzare la loro voce come un popolo: il 24 Agosto del 1941, per la prima
volta dal 1918, l'ebraismo russo poté rivolgersi all'ebraismo della diaspora: fu lanciato
un appello per radio che cominciava con le seguenti parole:
"Ai nostri fratelli ebrei in tutto il mondo!"
Era un appello dal tono patriottico che chiedeva al popolo
ebraico, quindi gli ebrei di tutto il mondo vengono riconosciuti come un popolo, di unirsi
agli alleati per combattere i nazifascisti e vendicare gli ebrei già uccisi.
Sottoscrissero il testo personalità ebraiche che più tardi confluirono nel Comitato
Antifascista Ebraico. Infatti Stalin sperava di poter creare un'organismo sovietico
ebraico per ottenere consenso ed aiuti soprattutto fra gli ebrei americani, di cui da buon
antisemita, sopravvalutava l'influenza. Dapprima Stalin tramite Berja aveva proposto a due
bundisti polacchi. Stalin però ci ripensò in quanto i due erano stati menscevichi e
dette ordine di fucilarli. Così invece fu fondato il Comitato Antifascista Ebraico,
ufficialmente il 6 Aprile del 1942. Salomon Mikhoels, un noto attore, ne fu il presidente,
Aynikayt il suo organo. I compiti del Comitato dapprima furono quelli di fare
propaganda tra gli ebrei sovietici, e di usare gli esempi di eroismo degli ebrei sovietici
all'estero per muovere gli ebrei dei paesi stranieri verso la guerra contro Hitler. Subito
dopo la creazione del Comitato Mikhoels e Feffer vennero mandati in Gran Bretagna ed in
Usa per raccogliere denaro per l'Armata Rossa ed i civili sovietici. Nel frattempo la
diplomazia sovietica prese contatti con esponenti sionisti in Palestina, valutando
la possibilità di un sostegno sovietico alla creazione dello stato di Israele, in cambio
del sostegno del movimento sionista (questo mentre i sionisti in Urss continuavano ad
essere perseguitati).
La creazione del Comitato fu la concessione più importante fatta agli
ebrei sovietici. Man mano che la guerra si avvicinava alla fine il Comitato si emancipava
dalle direttive rigide del Cremlino e cominciava ad occuparsi di altri temi concernenti
gli ebrei, quali le dimostrazioni di antisemitismo durante la guerra ed il futuro
dell'ebraismo sovietico dopo la guerra.
Infatti in Ucraina, Bielorussia si erano formati dei gruppi
nazionalistici ed antisemiti che collaboravano con i nazisti nello sterminio.
Addirittura in Lituania, quando i nazisti arrivarono, i lituani avevano già cominciato
per conto loro a uccidere gli ebrei.
L'antisemitismo si diffuse dalle regioni conquistate dalla
Germania a tutta la popolazione sovietica. I motivi sono vari: la propaganda nazista, che
cercava di eguagliare gli aspetti più deteriori del regime sovietico con gli ebrei;
inoltre, come in tutti i momenti di crisi, gli ebrei divennero capro espiatorio; infine il
richiamo al nazionalismo russo, che influì nel diffondersi di un antisemitismo popolare,
ma avvallato dalle autorità. Infatti le autorità non solo non fecero nulla per
combatterlo, ma tralasciarono di dire ciò che i nazisti facevano agli ebrei.
Fra i partigiani, specie se nazionalisti, l'antisemitismo era
pratica omicida. Gli ebrei dovettero costituire bande partigiane ebraiche, che però non
avevano il sostegno della popolazione locale. Comunque anche i partigiani fedeli al regime
sovietico non accettavano facilmente gli ebrei e questo la dice lunga sulla diffusione
dell'antisemitismo anche fra i fautori del regime sovietico. Alla fine della guerra,
quando le bande partigiane erano state unificate sotto il controllo di Mosca, le cose
migliorarono per gli e ebrei, che poterono entrare in esse più facilmente.
Anche fra l'Armata Rossa e nelle parti non occupate del paese
l'antisemitismo era crescente. L'accusa principale rivolta agli ebrei era quella di non
combattere, completamente falsa poiché gli ebrei, relativamente al loro numero, hanno
dato il numero maggiore di decorati di tutte le nazionalità. Comunque oltre a questa
c'erano le solite accuse antisemite (borsaneristi etc.)
SUBITO DOPO LA FINE DELLA GUERRA
L'odio antisemita accumulato durante la guerra non sparì d'un colpo,
anzi. Soprattutto nelle regioni che erano state occupate il ritorno dei sopravvissuti fu
molto malvisto. Molti che avevano collaborato temevano di essere riconosciuti, molti che
avevano approfittato della scomparsa degli ebrei per appropriarsi delle loro case, dei
loro posti di lavoro vedevano altrettanto male il loro ritorno. leggiamo la
testimonianza di un ebreo che ritornò a Kharkov appena liberata.
"Gli ucraini ricevono gli ebrei sopravvissuti con astio aperto.
Durante le prime settimane seguite alla liberazione di Kiev nessun ebreo aveva il coraggio
di andare da solo per strada di notte. .. In molti casi gli ebrei vennero picchiati nella
piazza del mercato ed uno fu ucciso. ... A Kiev 16 ebrei furono uccisi nel corso di un
pogrom. Gli ebrei sopravvissuti ricevono solo una piccola parte delle loro proprietà. Le
autorità ucraine sono notevolmente antisemite. ... l risposta ufficiale ad ogni protesta
da parte di ebrei è che la popolazione è stata infettata dall'antisemitismo e che questa
influenza può essere estirpata soltanto gradualmente" (citato in Kochan, p 306).
Kruscëv, allora primo segretario del Partito in Ucraina:
"Non è nostro interesse che gli ucraini associno il ritorno del
potere sovietico con il ritorno degli ebrei". (citato in Kochan a p 308, che lo
riprende da Schechtmann "star in eclipse" e da Schwarz "Yevrei v SS")
Ciò significò che gli ebrei non dovevano più avere cariche
importanti in nessun ambito e che le istituzione ebraiche, scuole in yiddish, teatri etc,
non sarebbero state più tollerate.
Vediamo adesso le perdite subite dagli ebrei russi durante la
guerra. Gli ebrei sterminati dai nazisti ammontano circa a 700.000 persone (Reitlinger).
In realtà secondo il dato di crescita demografica, gli ebrei nel 1959 avrebbero dovuto
esser 4.000.000, quindi negli anni dal 1939 al 1959 il loro tasso di decrescita è stato
di 1.700.000 persone; oltre allo sterminio nazista bisogna infatti aggiungere i morti
dovuti più propriamente alla guerra, quelli dovuti alle purghe degli anni neri etc. Le
annessioni di territori quali le repubbliche baltiche etc, hanno però fatto rimanere il
numero degli ebrei quasi invariato. Infatti nel censimento del 1959 gli ebrei in Urss
erano 2.500.000 circa. Diffusi soprattutto in Russia, Ucraina, Moldavia,
repubbliche baltiche etc. Poiché la popolazione ebraica è prevalentemente urbana si
stima che a Mosca l'11% della popolazione sia composto da ebrei, il 9,8% a Leningrado, il
13,8% a Kiev fino ad un massimo di 19,8% di ebrei a Kishinev (Levenberg).
LA CAMPAGNA CONTRO I "NAZIONALISTI"
Dopo il lassismo del tempo di guerra fu ripresa la campagna contro i
nazionalismi non russi. Il prima atto è dichiarare colpevole di "deviazionismo
nazionalista" uno storico kazakho che aveva scritto un libro sulla storia dei
Kazaki e che nel 1943 era stato invece elogiato sulla stampa sovietica. Infatti le accuse
di nazionalismo non sono rivolte a "nazionalismi" nel senso in cui lo intendiamo
noi; si poteva essere accusati di nazionalismo semplicemente per non considerare
progressive le conquiste zariste di territori non russi.
Una simile campagna non poteva non coinvolgere gli ebrei. Nell'Agosto
del 1946 Zdanov fa un discorso al Comitato Centrale del CPSU per fare adottare
alcune risoluzioni che fra l'altro impongono la glorificazione del popolo russo. Inoltre
Zdanov accusa alcuni scrittori ebrei di essere nazionalisti e di occuparsi troppo degli
ebrei. É il primo segno.
Nel 1947 vengono accusati gli artisti di teatro ebrei, accusati di
vagheggiare il vecchio modo di vivere ebraico e di essere apolitici.
É vero che nello stesso periodo furono accusate tutte le minoranze di
nazionalismo; ma soltanto la cultura ebraica risultò, alla fine di questo periodo,
completamente annientata. Ad esempio nessun ucraino venne accusato di usare troppo spesso
la parola "ucraino" nei suoi scritti o di aver parlato troppo del martirio del
suo popolo sotto il nazismo, come invece accadde per gli scrittori ebrei (Kipnis). Infatti
alla fine di questa campagna non esisteva più nessun centro culturale ebraico, non
esistettero più scuole in yiddish, né vi furono pubblicazioni in yiddish per molto
tempo.
Salomon Mikhoels, presidente del Comitato Antifascista Ebraico e
noto attore del teatro yiddish, è la prima vittima della campagna contro il
"nazionalismo ebraico"; venne assassinato nel Gennaio del 1948 e il Comitato
sciolto (Novembre). In quello stesso anno vennero arrestati tutti i più importanti
rappresentanti della cultura yiddish sovietici. Gli arresti continuarono fino al 1953.
Secondo la lista fatta a New York dopo il 1956 dal Congresso per la Cultura ebraica fra
deportati e fucilati gli artisti yiddish, o comunque ebrei, coinvolti erano qualche
centinaio. La maggior parte fu subito deportata in Siberia, i più importanti venero
sottoposti ad interrogatori lunghissimi (e durante i quali molti morirono). Lo scopo era
di farli confessare di star preparando una rivolta armata per la secessione delle Crimea,
dove doveva essere fondato uno stato sionista, satellite degli USA. Gli interrogatori
dovevano probabilmente (Pinkus) concludersi con un grande processo pubblico. Ciò
non avvenne e la maggior parte di questi imputati fu fucilata; per un processo non fu
pubblico si stavano cercando figure ben più sataniche contro cui scagliarsi, figure che
vennero trovate nei medici, come vedremo in seguito.
Mentre i "nazionalisti ebraici" venivano colpiti in Urss, la
diplomazia sovietica si stava dando da fare per la creazione dello stato di Israele.
I motivi di questa scelta si possono riassumere in 4 punti:
1) I sovietici avevano sperato che gli arabi sarebbero riusciti a scacciare
la Gran Bretagna dalla zona, mentre invece gli arabi avevano preferito trovare un
accordo sia con la Gran Bretagna, sia con gli stati fascisti. I sovietici speravano che
gli ebrei sarebbero riusciti scacciare gli inglesi dalla zona
2) i sovietici temevano che gli Usa volessero sostituirsi alla
Gran Bretagna nella zona. Per questa volevano favorire gli ebrei
3) la creazione di uno stato ebraico avrebbe risolto il problema non
indifferente delle centinaia di migliaia di profughi che c'erano allora in Europa
4) L'URSS infine sperava di ottenere il sostegno degli ebrei di
tutto il mondo favorendo al creazione di uno stato ebraico.
Oltre al discorso di Gromiko ricordiamo che L'URSS voto a favore
dell'ammissione di Israele all'ONU e, tramite la Cecoslovacchia, vendette ad Israele le
armi per la guerra di indipendenza.
Ma allora perché la persecuzione contro il "nazionalismo
ebraico"? Cerchiamo di capire. Già con la creazione del Comitato si era avuto un risveglio
del sentimento nazionale ebraico. Il fatto che l'URSS fosse favorevole alla creazione
dello stato di Israele ed avesse messo da parte la politica antisionista, aveva fatto
crescere questo sentimento, crescita che si dimostrò nelle manifestazioni di giubilo per
l'insediamento della delegazione diplomatica israeliana nell'Ottobre del 1948. Una
manifestazione del genere per un paese straniero, e neanche socialista, probabilmente
peggiorò di molto le cose per gli ebrei sovietici.
LA CAMPAGNA CONTRO I "COSMOPOLITI"
Tra le risoluzione fatte approvare dal Zdanov al Comitato
Centrale del CPSU nell'Agosto del 1946 (Comitato che come abbiamo visto dette il via anche
alla campagna contro i "nazionalisti") sicuramente la più importante per la
cultura di quegli anni fu quella che obbligava ad attaccare tutto ciò che sapeva di
occidentale. Cominciò una campagna contro tutti quegli artisti che non obbedissero a
queste regole. Le vittime furono soprattutto lo scrittore satirico Zoshenko e la poetessa
Achmatova (entrambi non ebrei). La campagna non aveva ancora un tono antisemita. Poiché,
ovviamente, anche alcuni ebrei vennero colpiti, ben presto contro di loro si cominciò ad
usare frasi antisemite. Il primo esempio è contro il critico Nusinov, definito da Fadeev
(Presidente dell'Unione degli Scrittori Sovietici) "un vagabondo senza
passaporto" nel 1947.
Intanto (settembre 1947) Zdanov aveva affermato la teoria dei due
campi contrapposti. Subito molti scrittori, fra cui moltissimi ebrei, difesero questa
linea anti-occidentale. Non servì: erano gli stessi che dopo poco sarebbero stati
arrestati o fucilati.
Gli attacchi all'cosmopolitismo continuarono e cominciarono ad avere
come oggetto quasi soltanto ebrei, anche se ancora non si fa riferimento esplicitamente al
loro essere ebrei. Sentiamo il tono di alcune di queste accuse ai "cosmopoliti senza
radici":
"Il cosmopolita è un fenomeno strano, incomprensibile
ipocrita e senza senso, una manifestazione in cui c'è qualcosa di insipido e di vago. É
una creatura corrotta insensibile, totalmente indegna di essere chiamata con il nome sacro
di uomo".
Queste parole in realtà sono di un critico letterario del XIX secolo;
vennero riprese da un certo Paperny durante questa campagna, Paperny era ebreo egli
stesso. Nel suo articolo proseguiva dicendo che il cosmopolitismo era avversario non solo
del popolo russo, ma di tutti i popoli dell'unione; proprio per questo l'anno seguente fu
accusato egli stesso di cosmopolitismo.
Anche in ambito scientifico avvenne lo stesso fenomeno (Lysenko).
Comunque le tendenze antisemite si rivelarono appieno soltanto nel 1949.
La decisione di lanciare una campagna così grande e dal tema così
insolito deve essere stata presa ai più alti livelli. Infatti all'inizio del 1949 la
polemica cambiò obbiettivo. In articoli sulla Pravda si comincia a parlare di un
"gruppo antipatriottico". Voleva dire che la critica non era diretta più
soltanto ad individui, ma a gruppi di individui. Spesso il gruppo venne anche
definito "tribù". Vengono fatti dei nomi e sono tutti nomi di ebrei. Si pone
enfasi sul fatto che gli ebrei non possono sapere niente di cultura russa. Si comincia ad
accusarli di ipocrisia, falsità disprezzo per i sentimenti russi etc.
La campagna raggiunse il parossismo nel febbraio-marzo del 1949:
stampa, radio, letteratura, cinema, lezioni e conferenze, tutto si prestava a questi
attacchi. La percentuale di ebrei fra gli attaccati era circa del 70%.
Gli articoli sono tantissimi e sono sia "seri", sia
"umoristici". Il ritratto che ne viene dato è quello dell'ebreo, parassita,
truffatore, vigliacco e pigro. In realtà in questi articoli gli ebrei non vengono mai
definiti brutalmente come tali, ma sempre per allusione, peraltro inequivocabile: si pone
un'enfasi particolare sul nome, sul cognome o sul patronimico ebraico. Oltre alle accuse
dell'arsenale antisemita di tutti i tempi troviamo questa:
- Oltraggiare la nazione russa.
- Perfida diffamazione dell'uomo russo.
- Insulto alla memoria di importanti artisti russi (quest'insulto
voleva dire averli paragonati ad artisti ebrei; ad esempio il critico Levin aveva detto
che Majakovski era stato influenzato dal poeta Bialik)
Considerando la diffusione dell'antisemitismo popolare in tutta l'URSS
si può capire l'impatto di simili calunnie. A questo si può aggiungere la situazione
economica disastrosa (mancanza di case, di cibo, condizioni di lavoro difficili), che
provocava ira nella popolazione, e l'anti-intellettualismo del regime; si capisce che gli
ebrei si avviavano ad essere l'oggetto di odio ideale.
Le misure che vennero prese per chi veniva accusato variavano
dall'ammonizione al licenziamento all'arresto e deportazione.
Comunque appena la campagna divenne chiaramente antisemita, essa
diminuì di intensità. Furono le autorità stesse a cessare di fomentarla e di
appoggiarla, perché temevano l'accusa aperta di antisemitismo. In realtà la campagna
continuò ancora un po' a cause delle accuse che gli ebrei continuavano a ricevere da non
ebrei interessati, quali rivali sul lavoro etc.
Perché vi fu questa campagna antisemita? Sembra che Stalin e parte
della dirigenza sovietica ritenessero che gli ebrei non fossero pienamente fedeli
all'URSS e che, poiché ritenevano imminente una guerra con gli USA, avessero pensato di
metterli in una condizione di non nuocere. Per questo cercarono di colpire da un alto
l'intellighenzia ebraica che si definiva tale ("nazionalisti"), dall'altro
l'intellighenzia ebraica assimilata ("cosmopoliti"). Soltanto se si capisce
questo si può capire il passaggio brusco da una campagna all'altra, che sembravano in
contraddizione.
Un'altra considerazione da fare è che il regime stava facendo una
concessione a quello che era un forte sentimento popolare: l'antisemitismo. Inoltre erano
molte le persone che avevano da guadagnare da una simile campagna.
IL "COMPLOTTO DEI MEDICI"
Il primo processo pubblico contro gli ebrei avvenne fuori dall'URSS: il
processo Slanski, in Cecoslovacchia, quando i più importanti dirigenti, di origine
ebraica, del partito comunista ceco, furono accusati di essere spie sioniste (27 Novembre
1952). Infatti nel frattempo i rapporti con Israele si erano deteriorati e la definizione
del sionismo come movimento reazionario venne ritirata fuori e si cominciò a
costruire una base teorica per opporsi allo stato di Israele (comunque già nel processo
contro Rayk nel 1949 il sionismo era stata una delle accuse); la scusa formale era il dire
che ci si aspettava che Israele diventasse un paese socialista. Il processo Slanski
servì per vedere che effetto avrebbe fatto ad Ovest un attacco del genere. Si ricordi che
anche nel processo Slanski si parlò di "medici avvelenatori".
Cerchiamo di capire quali possono essere stati i motivi per lanciare
una tale campagna, che avrebbe dovuto concludersi con un processo pubblico.
Al XIX Congresso del Partito nell'Ottobre del 1952 il Politburo era
stato ristrutturato. Probabilmente Stalin voleva cominciare un'enorme purga per
eliminare i vecchi leader dell'apparato, quali Berja, Molotov etc. Per condurre questa
purga non fu scelta la via segreta, per altro possibile, perché Stalin voleva creare un
clima di tensione in vista di una nuova guerra, che egli riteneva imminente (così
come era avvenuto negli anni '30). Il pretesto furono gli ebrei probabilmente a causa
dell'antisemitismo di Stalin, che negli ultimi anni era aumentato fino a raggiungere un
livello di paranoia. Ad esempio se dei medici erano potuti arrivare a tanto, ciò
significava che gli organi di sicurezza, e cioè Berja, erano complici, etc.
La campagna inizio il 13 Gennaio del 1953 con l'annuncio che 9 medici
avevano avvelenato Zdanov e Scerbakov e che avevano tentato di avvelenare anche dei
generale dell'armata Rossa. 6 di questi medici erano ebrei. Subito cominciò una campagna
diffamatoria da incubo.
Paradossalmente su questo argomento gli storici stessi rimandano a
opere di letteratura. Leggiamo la descrizione fattane da Vassilj Grossman, che la
visse in prima persona:
"Lavorare negli ospedali e nei policlinici era diventato
difficile, un vero tormento. Influenzati dai terribili comunicati ufficiali, i malati si
erano fatti sospettosi. Molti rifiutavano di farsi curare da medici ebrei. ... Nelle
farmacie gli acquirenti sospettavano i farmacisti di tentare di rifilare loro medicinali
avvelenati; sui tram, nei mercati, nei ministeri si raccontava che a Mosca alcune farmacie
erano state chiuse perché farmacisti ebrei - agenti dell'America - vendevano pillo fatte
con polvere di pidocchi; si raccontava che nei reparti maternità infettavano di sifilide
neonati e puerpere, e che negli ambulatori dentistici inoculavano ai malati il cancro. ...
Particolarmente penoso era che a quelle voci credessero non solo portinai, facchini e
autisti semianalfabeti o semiubriachi, ma anche certi dottori in scienze, scrittori,
ingegneri, studenti." (V. Grossman, "Tutto scorre", Adelfi)
Un'altra testimonianza la da Solgenitsin nel suo
"Arcipelago GUlag".
"Ancor oggi è difficile sapere qualcosa di autentico da noi, e lo
sarà ancora per molto tempo. Ma secondo voci che circolano a Mosca il progetto era
questo: all'inizio di Marzo i "medici assassini" dovevano essere impiccati sulla
Piazza Rossa. Naturalmente i patrioti infiammati avrebbero allora (sotto la guida di
istruttori) scatenato un pogrom contro gli ebrei. A questo punto il governo (si riconosce
il carattere staliniano, non è vero?) sarebbe generosamente intervenuto per salvare gli
ebrei dall'ira popolare e li avrebbe trasferiti, la stessa notte, da Mosca in Estremo
Oriente ed in Siberia (dove già si apprestavano le baracche)."
Sembra infatti che la deportazione avrebbe dovuto essere preceduta da
una lettera aperta di personalità ebraiche che chiedevano a Stalin di deportare tutti gli
ebrei in Siberia per salvarli dall'odio della popolazione suscitato dal comportamento dei
medici. Comunque su questi punti non si hanno prove certissime, anche se, visti i
precedenti la cosa era più che probabile.
DOPO STALIN
Come dice Fejtö, i successori di Stalin si trovarono d'accordo almeno
nel rinunciare agli aspetti demenziali della sua politica, tra cui l'antisemitismo. Radio
Mosca annunciò che le accuse contro i medici erano state costruite e che essi erano
innocenti. Vennero fatti dei passi per liberare i prigionieri superstiti dai campi di
concentramento e molti ebrei riottennero i posti che avevano perso con la campagna
anti-cosmopolita.
Comunque le campagne antisemite in Cecoslovacchia ed in Romania
cominciarono proprio allora, e non sembrarono risentire di questi cambiamenti, che in ogni
caso riguardavano soltanto gli aspetti estremi. Infatti se i singoli vennero riabilitati
tutti, non fu così per gli ebrei come collettività. Non fu detto mai che le accuse
lanciate in quegli anni erano state sbagliate: la campagna cosmopolita venne definita
"benefica per la cultura russa" (Congresso degli Scrittori); Kruscëv nel
rapporto segreto non parlò assolutamente di antisemitismo pur essendo costretto a parlare
del "Complotto dei Medici".
Per capire quanto furono limitati questi cambiamenti e quanto in
realtà la politica generale nei confronti degli ebrei rimase immutata vediamo
l'atteggiamento verso gli ebrei dei successori di Stalin.
La maggior parte delle dichiarazioni sugli ebrei o sull'antisemitismo
fatte da Kruscëv o da altri leader dell'epoca era rivolta all'occidente e non fu neanche
pubblicata in Urss. Infatti l'occidente, ed in particolare i partiti comunisti
occidentali, si erano mobilitato contro le dimostrazioni di antisemitismo che avvenivano
in Urss, per questo cercavano di negare. Fu un tentativo inutile perché in realtà la
pratica dell'antisemitismo era assai più evidente allora che negli anni di
segretezza dello stalinismo.
Contrariamente a Stalin Kruscëv amava rilasciare interviste, e spesso
parlò anche degli ebrei. Ai funerali di Boreslav Birut nel Marzo del 1056 in Polonia
Kruscëv disse al Comitato Centrale del Partito dei Lavoratori Uniti:
"Io credo che anche in Polonia voi soffriate di un composizione
abnorme dei quadri dirigenti come una volta ne soffrivamo anche noi ... la percentuale di
alti funzionari ebrei nel mio paese è adesso nulla, 2 o 3 %... (guardando accigliato il
presidente del Congresso che si chiamava Zambrovski, ma che era nato Zukerman, Kruscëv
concluse:) Sì, è vero, avete molti leader il cui nome finisce in "ski", ma un
Abramovich resta una Abramovich. E voi avete troppi Abramovich nei vostri quadri
dirigenti." (citato in Pinkus p 92)
Se questo è un esempio dell'antisemitismo volgare di Kruscëv, si
hanno esempi anche di antisemitismo più "raffinato": Ecco un'intervista di
Kruscëv 12 maggio 1956 a una delegazione del partito socialista francese:
"Allo scoppio della rivoluzione, noi avevamo molti ebrei nella
dirigenza del partito e dello stato. Essi erano più colti e forse più rivoluzionari del
russo medio. A tempo debito abbiamo creato nuovi quadri" Kruscëv viene interrotto da
Pervukhin che spiega: "la nostra propria intelligensja" Kruscëv termina
il commento: "Se gli ebrei volessero occupare adesso le posizioni prominenti nelle
nostre repubbliche, ciò sarebbe male accolto dagli abitanti indigeni. Essi male
accoglierebbero queste pretese, specialmente perché non si considerano meno intelligenti
o capaci degli ebrei."
Una dichiarazione del Ministro della Cultura del Giugno del 1956,
riprende il senso di quanto già detto un mese prima da Kruscëv:
"Il governo ha trovato in alcuni dei suoi dipartimenti una concentrazione
preoccupante di ebrei, fino al 50 % dello staff. Sono state prese delle misure per
trasferirli ad altre imprese, dando loro le stesse buone posizioni e senza fare loro
correre alcun rischio"
Si allude alla politica di discriminazione che continuò e crebbe. La
discriminazione più fastidiosa è quella nell'accesso alle università, che in
Urss erano quasi l'unico modo di ascesa sociale. Essa venne veementemente negata dai
funzionari sovietici, ma ammessa nei giornali sovietici senza problema. Le norme di
accesso alle Università discriminatorie nei confronti degli ebrei vengono definite dal
"Bollettino di Educazione Superiore", sovietico come "quote
preferenziali di ammissione pianificate annualmente". Come tutti i numeri clausi
esse sono in relazione al numero globale di ebrei in Urss. (Mostra documenti). Nei
settori connessi alla difesa l'accesso agli ebrei è completamente vietato, in quanto gli
ebrei non possono neanche partecipare agli esami di concorso.
Il numero di ebrei fra gli iscritti al partito è diminuito
costantemente, non solo per un decremento delle richieste, ma neh per una precisa politica
del partito stesso (Pinkus). Lo si vede dal fatto che il decremento più forte è stato
fra i membri del partito con cariche importanti. tra i membri del Comitato Centrale e del
Soviet Supremo addirittura gli ebrei sono la nazionalità meno rappresentata, nonostante
gli ebrei siano, come numero, la settima nazionalità dell'Unione.
La discriminazione è agevolata dal fatto che fino a pochissimo tempo
fa tutti gli ebrei portavano scritto sui propri documenti la parola "ebreo".
É facile capire come questa norma possa essere discriminatoria.
Il silenzio sulla sterminio nazista continuò inalterato. L'idea
è quella di non dividere mai i crimini nazisti, per cui non si riconosce alcuna
peculiarità allo sterminio totale degli ebrei di fronte alle stragi di slavi. Durante gli
Anni Neri perfino i libri già pubblicati dovevano essere censurati delle parti in cui si
poteva alludere a sofferenze inflitte agli ebrei. Per questo fece tanto clamore la
pubblicazione del poema Babi Yar da parte di Evtushenko.
Già sotto Stalin, e prima ancora ai tempi della NEP, i processi per
"crimini economici" (termine che designa una serie di reati che variano
dalla speculazione alla corruzione) avevano sempre avuto un carattere antisemita. La punta
massima raggiunta è stata negli anni '60. Si calcola che il 78 % dei coinvolti siano
stati ebrei, molti dei quali condannati a morte per questo. A processi in cui gli accusati
erano ebrei venne dato molto risalto, nel tono che vi potete immaginare. Dopo che Bertrand
Russel scrisse una lettera per protestare contro questo atteggiamento e contro
l'imposizione della pena di morte, i processi economici diminuirono.
Gli atti di antisemitismo, sinagoghe incendiate, cimiteri profanati,
ebrei picchiati etc, vennero passati sotto silenzio dai mass-media, o appena se ne
accennò.
Dal 1957 in poi cominciano ad essere prodotti dei feuilleton in cui
viene tirato fuori tutto l'armamentario antisemita. Il più infame di questi libri è
stato quello di T. Kichko "Il Giudaismo senza imbellettature", pubblicato
dall'Accademia delle Scienza Ucraina nel 1963, degno della propaganda nazista, e che, data
la polemica che aveva suscitato in Occidente, fu ritirato dal mercato.
Fin dal 1956 cominciarono ad essere tenuti vari processi contro
sionisti o i rappresentanti del mondo religioso ebraico, ma la stampa non dette molto
risalto a questi processi che erano semplice routine. una routine che era continuata
ininterrottamente dagli anni '20 e che da tempo aveva annientato il movimento sionista e
che aveva ridotto le sinagoghe da molte migliaia ad un sessantina, di cui la stragrande
maggioranza fra le comunità sefardita degli ebrei georgiani a caucasici, di cui non ci
siamo occupati perché interessati marginalmente dalle persecuzioni.
Fu dopo la Guerra dei Sei Giorni che simili processi
cominciarono ad avere un chiaro intento politico. Infatti da allora la campagna antisionista
divenne chiaramente, e senza vie di scampo, antisemita. Ad esempio ritornò alla carica
Kichko, che nel 1968 pubblicò "Giudaismo e sionismo", definito dalla Pravda
"il primo e fondamentale trattato scientifico sovietico sull'argomento" (6
Febbraio del 1969). In questo libro Kichko spiega che la religione ebraica insegna l'odio
per gli altri popoli e per le altre religioni e perfino insegna che esse devono essere
distrutte; e che il sionismo è un'ideologia nazista, un'idra tentacolare collegata a
tutte le forze reazionarie occidentali.
Cominciano ad apparire anche caricature antisemite che vengono
affisse nei luoghi di lavoro, di ritrovo e nelle strade (vedi foto). Molta di
questa propaganda era mascherata come anti-religiosa o anti-sionista.
Con la scusa degli attacchi al sionismo in realtà vengono attaccati
gli ebrei tout court. Il risultato fu proprio quello di diffondere sempre più il sionismo
fra gli ebrei. Infatti molti ebrei, soprattutto i giovani, avevano perso la fiducia nel
comunismo come elemento di emancipazione. Per questo tra i dissidenti troviamo tanti
ebrei. Si crea così un circolo vizioso: gli ebrei vengono spinti, tramite
persecuzioni, all'assimilazione, poi gli viene negata anche questa e quindi gli ebrei
tornano indietro, verso l'ebraismo, il sionismo etc; ciò fa aumentare di nuovo le
persecuzioni in un crescendo continuo.
CONCLUSIONI
Fino a prima della guerra le persecuzioni avevano coinvolto gli ebrei come
le altre etnie: di queste campagne raramente si può affermare il carattere
specificatamente antisemita. Nel dopoguerra invece il carattere antisemita è evidente.
Chiariamo la cosa:
Negli anni '20 si era privato il popolo ebraico di tutta la parte della
sua cultura che aveva a che fare con la religione e con gli altri ebrei della Diaspora
(risulta chiara l'interdizione dell'ebraico); si era invece promossa la cultura laica,
yiddish, ma anche assai più ristretta, che poco aveva a che fare con la cultura
internazionalista degli ebrei e che invece esaltava i valori locali degli ebrei
ashkenaziti.
Come per le altre etnie minoritarie negli anni '30 fu scelta l'assimilazione
e quindi anche la cultura yiddish cominciò ad essere ostacolata.
Nel dopoguerra il processo iniziato negli anni '30 arriva alla resa dei
conti. Tutte le minoranze devono scegliere l'assimilazione completa. In quest'ottica
rientra la persecuzione al "nazionalismo".
Il fatto che, per motivi di utilità, l'URSS abbia appoggiato la
creazione dello stato di Israele non cambiò sostanzialmente le cose, anzi, le
peggiorò perché illuse gli ebrei sovietici il cui sentimento nazionale fu risvegliato,
facendoli incorrere ancor di più nell'ira del regime.
Specificatamente antisemita è invece la campagna contro il
cosmopolitismo. Essa infatti colpisce proprio gli ebrei assimilati, che quindi
avevano fatto quello che il regime voleva. In modo più esteso, è vero, essa colpisce i
rapporti con la cultura occidentale. Ma di fatto si risolse in una campagna antisemita,
perché gli ebrei non potevano né scegliere la propria cultura
("nazionalismo"), né adattarsi alla cultura del paese, riservata ai "veri
russi".
Riassumendo. negli anni '20 e '30 gli ebrei non soffrirono più
delle altre minoranze: dovettero scegliere fra la cultura yiddish, e solo quella, e
l'assimilazione. Nel dopoguerra entrambe queste scelte portavano ai GUlag. I successori di
Stalin eliminarono il terrore indiscriminato, ma non la persecuzione, la cui forza è
testimoniata dall'emigrazione di massa degli ebrei sovietici non appena se ne è
presentata l'occasione, e cioè con la glasnost.
Bibliografia Essenziale:
FEJTÖ, Gli ebrei e l'antisemitismo nei paesi comunisti, Milano Singer 1962
EVGENIA GINZBURG, Viaggio nella vertigine, Milano, Mondadori, 1967; Viaggio
nella vertigine 2, Milano, Mondadori 1981.
HAIKO HAUMANN, Storia degli ebrei dell'Est, Mi, Sugarco 1991
KOCHAN LIONEL, (a cura di) The Jews in the Soviet Russia since 1917, Edited by
L. Kochan, Oxford University Press, London-New York-Toronto. Published for the Institute
of Jewish Affairs, 1970. Scritti di S. Ettinger, S. Levenberg, J. Miller ... z. Katz.
NADEZDA MANDELSTAM, L'epoca e i lupi. Memorie, Milano, Mondadori 1971.
PINKUS BENJAMIN, The Soviet governament and the Jews, 1948-1967: a documented study.
Cambridge University Press 1984.
ALEXANDR SOLGENITSIN, Arcipelago GUlag, vol. I, II, III e IV, Mondandori, Milano
1974.
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