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Prima dei lager: gli Einsatzgruppen

a cura di Aldo Pavia e Antonella Tiburzi

 

pallanimred.gif (323 byte) NASCITA E COMPITI DEGLI EINSATZGRUPPEN

La sera del 21 agosto 1939, Hitler prese la decisione di attaccare la Polonia.

Ai suoi consiglieri, sulla terrazza del suo rifugio sull’Obersalzberg, guardando verso la valle arrossata da un insolito tramonto, disse: “ Fa pensare a molto sangue. Questa volta non potremo fare a meno di usare la forza.

Il giorno dopo si rivolse con molta foga, e a lungo, ai generali e ai feldmarescialli della Wehrmacht, ribadendo come il Reich ed il suo Fuehrer avessero assolutamente bisogno dello spazio vitale (Lebensraum), non solo per espandere necessariamente i territori tedeschi ma anche e soprattutto per creare una zona di difesa contro la Russia bolscevica.

Con veemenza affermò che le guerre costavano sempre sangue e, come ogni guerra, anche quella che avrebbe avuto inizio tra pochi giorni avrebbe scatenato brutalità, follia omicida e altri istinti primordiali. Credere o pensare in altro tipo di guerra sarebbe stato solo fare chiacchere inutili.

Dichiarò anche che, dopo la fine della campagna, sarebbe stato assolutamente necessario trattare i polacchi con estremo rigore. Anche se ciò non sarebbe piaciuto ai generali tedeschi.

Qualcuno dei presenti ebbe la sensazione che le parole ascoltate fossero rivelatrici dell’intenzione di Hitler di procedere all’eliminazione delle classi dirigenti polacche, con particolare attenzione al clero.

Il 1° settembre la Polonia fu attaccata ed ebbe inizio la seconda guerra mondiale.

Alle spalle delle cinque divisioni della Wehrmacht si fecero avanti altrettanti Einsatzgruppen (truppe speciali), ciascuno suddiviso in quattro Einsatzkommando, ognuno forte di centocinquanta uomini. Al loro fianco battaglioni dell’Ordnungspolizei (polizia dell’ordine), alcuni reggimenti delle SS Totenkopf (teschio), formati ed addestrati nei campi di concentramento e le Waffen SS (unità combattenti). Per un totale di circa 20.000 uomini.

Loro compito eliminare l’intellighenzia, i nobili, gli studiosi, i giornalisti, gli insegnanti, i sacerdoti, i pubblici ufficiali,gli agricoltori, gli industriali, i banchieri, ecc…nonché, ovviamente tutti i membri del Partito Comunista.

Per poter procedere ad una sostanziale, radicale eliminazione, l’Obergruppenfuehrer (Generale di corpo d’armata) Reinhard Heydrich, l’uomo più potente delle SS dopo il Reichfuehrer Heinrich Himmler,aveva fatto in modo che gli Einsatzgruppen venissero forniti di un prezioso libriccino, nel quale una serie di minuziosi elenchi forniva nomi e dati importanti sulle vittime designate, dagli indirizzi ai numeri telefonici, alle parentele ed amicizie. Nonché una descrizione dell’aspetto fisico e, ove era stato possibile, anche di una fotografia.

Nessun indugio venne posto e le eliminazioni ebbero subito inizio, nella parte della Polonia occupata dalla Germania.

Furono interessate, in particolare, le province di Varsavia e di Lodz.

Un primo bilancio portò alla presa d’atto che 531 paesi e villaggi erano stati dati alle fiamme e che erano stati commessi 714 eccidi, con un bilancio di 16.376 persone assassinate. La maggior parte delle vittime erano polacchi cristiani.

Se l’attività degli Einsatzgruppen fu molto intensa, non da meno fu la collaborazione che la Wehrmacht offrì agli specialisti. Infatti circa il 60% delle uccisioni fu opera dell’esercito tedesco.

Una precisa intesa sul come operare era stata raggiunta da Heydrich e dal generale Eduard Wagner, trovatisi d’accordo sulla necessità di operare a fondo “per spazzare via, una volta per tutte, dalla Polonia [ …] gli ebrei, l’intellighenzia, il clero e la nobiltà”.

Quando Varsavia cadde, il 28 settembre, a Heydrich fu possibile comunicare al Fuehrer che nella parte di territorio fino a quel momento occupata, non restava che, al massimo, il 3% della leadership polacca.

Tra le prime vittime un nutrito gruppo di boy scout, a Bydgoszcz, tutti tra i dodici e i sedici anni. Con loro anche un sacerdote che era accorso per dare l’estrema unzione.

La brutalità crebbe ulteriormente, quando nel mese di ottobre Hitler diede ordine di eliminare i disabili mentali e fisici. Le eliminazioni divennero massacro indiscriminato.

Alla fine di ottobre, i disabili della Pomerania furono ammassati in carri bestiame e portai in Polonia, ove ad attenderli a Neustadt trovarono il maggiore delle SS, Kurt Eiman, comandante di un battaglione di polizia ausiliaria recante il suo nome, che passò subito alla loro eliminazione. L’esempio agli assassini lo diede personalmente Eiman, freddando, con un colpo di pistola alla nuca, una donna.

A Neustadt, nel novembre 1939, arrivarono altre vittime da Danzica. Nella fosse comuni di Neustadt finirono i loro giorni circa 3.500 esseri umani.

Portato a termine il suo compito, Eiman fece uccidere i prigionieri di guerra polacchi che avevano dovuto scavare le fosse comuni.

Disabili vennero assassinati anche a Tiegenhof (7 dicembre 1939) e a Chelmno (12 gennaio 1940). Con camion trasformati in camere a gas, Herbert Lange ed il suo Sonderkommando, eliminarono i disabili di una intera provincia polacca, denominata dai nazisti Wartheland. Si ha ragione di credere che, dopo aver assassinato i disabili, Lange, con identico procedimento, abbia eliminato anche gli ebrei della stessa provincia.

Nonostante le intese raggiunte e la fattiva collaborazione, vi fu chi, nell’esercito, non vedeva di buon occhio la furia omicida degli Einsatzgruppen. Non per motivi di ordine morale, ma perché:

“E’ controproducente massacrare qualcosa come 10.000 ebrei e polacchi, come attualmente avviene; infatti in questo modo né si uccide l’idea di uno Stato polacco nella massa della popolazione, né vengono eliminati gli ebrei. Al contrario: il modo in cui si uccide porta con sé gravissimi danni, complica i problemi e li rende più pericoloso che se venissero trattati con maggior prudenza e sagacia…Alla propaganda nemica viene offerto materiale che non potrebbe avere una maggiore efficacia in tutto il mondo”.

Si temeva quindi l’organizzarsi di una resistenza polacca.

Era anche un altro aspetto che turbava l’esercito. Non per motivi umanitari o di compassione per le vittime, bensì riferito al domani del Reich:

“Tuttavia il danno peggiore […]è costituito dall’enorme imbarbarimentoi e dal decadimento morale che in brevissimo tempo si diffonderanno come un’epidemia entro il pregevole materiale umano tedesco […] con sorprendente rapidità verrano a trovarsi insieme persone della stessa mentalità e caratterialmente malate per scatenare, come accade in Polizia, i loro istinti bestiali e patologici […]infatti , a motivo della loro funzione, devono sentirsi a ragione autorizzati e giustificati a compiere ogni sorta di crudeltà”.

Rapporti sui massacri e sulle deportazioni furono inviati a Berlino. Le accuse rivolte alle SS, costrinsero Himmler ad un incontro con il comandante in capo per le operazione nell’Est Europa, Walther von Brauchitsch.

Quale sia stato il tenore dell’incontro non è noto. Tuttavia le dichiarazioni di Himmler, nei giorni successivi, lasciano capire come rispose alle accuse della Wehrmacht. Respinte le accuse alle sue SS, Himmler ribadì come certi eccessi o certi fatti spiacevoli fossero inevitabili e come si dovesse badare al nocciolo del problema.

Il compito affidato alle SS, quello di fucilare, fucilare, fucilare, era quanto mai gravoso, quindi certi eccessi dovevano essere considerati come logiche conseguenze. Ma non tali da doversene angustiare troppo. Nemmeno lui avrebbe potuto immaginare che punizioni esemplari e fucilazioni fossero opera di SS ubriache fino all’imbarbarimento. Ma ciò poneva solo un problema di disciplina, sul quale sarebbe intervenuto con il massimo rigore. Niente di più e nulla cui dare eccessivo peso.  Himmler sostenne anche che le operazioni incriminate erano esclusivamente operazioni antipartigiane.

Posizione sostenuta anche in un discorso del marzo 1940, ai comandanti supremi dell’esercito. A loro Himmler disse di essere personalmente intervenuto perché le esecuzioni di tutti i possibili capi della resistenza avvenissero senza crudeltà compiuta subdolamente. Perché punizioni severe venissero comminate solo quando necessarie. D’altro canto era necessario tenere duro, anche per la responsabilità assunta di fronte a Dio. Ma anche di fronte alla necessità di poter disporre di “un milione di lavoratori schiavi”.

Poi, rivolto a von Brauchitsch, tenne a sottolineare e ribadire, perché tutti chiaramente capissero, che aveva ricevuto direttamente da Hitler, l’ordine di fare in modo che i polacchi non potessero più risorgere. Queste le ragioni, che non potevano essere messe minimamente in discussione, dello sterminio.

Nella primavera 1941, ad alcune migliaia di SS, fu ordinato di trovarsi alla scuola di polizia di Pretzsch, una località sulle rive dell’Elba, ad ottanta chilometri da Berlino.

Sapevano solo di doversi sottoporre ad un particolare addestramento ma non conoscevano quale nuovo compito sarebbe stati chiamati.

Due particolari risaltavano nei criteri di convocazione: molti avevano già prestato servizio in unità SS operanti in Polonia e altri erano stati scelti perché parlavano russo.

Tra i convocati anche uomini delle Waffen SS e del misterioso Ufficio centrale per la sicurezza del Reich (Reichssicherheithauptamt), scelti personalmente da Heydrich e da lui destinati al comando delle nuove formazioni.

Solo all’arrivo i convocati furono informati che avrebbero fatto parte di un Einsatzgruppe.

Il corso di addestramento durò tre settimane. Non fu particolarmente duro, in quanto venne loro detto che si sarebbe trattato di un compito che si sarebbe concluso entro il prossimo dicembre. Più che altro furono loro fatte insistenti prediche sull’onore, sul dovere e sulla natura “subumana” di coloro che avrebbero dovuto rastrellare. Addestramento militare quasi nullo.

Solo negli ultimi giorni seppero che erano destinati ad operare in Russia, organizzati in quattro Einsatzgruppen.