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I campi di concentramento italiani 1940-1943
Al momento dellentrata in guerra
anche lItalia ricorse definitivamente a misure di internamento, istituendo campi di
concentramento, seppure con definizioni di mascheramento, destinati a ebrei
stranieri ed a altri stranieri, a vario titolo reclusi. Il 4
settembre del 1940 Mussolini firmò un decreto con cui vennero istituiti i primi 43 campi
di internamento per cittadini di paesi nemici. In realtà in questi campi furono
concentrate varie categorie di persone.
Gli ebrei italiani
colpiti dal provvedimento non furono internati in quanto ebrei (anche se i provvedimenti
d'internamento sottolineano sempre l'appartenenza alla "razza ebraica" della
persona in questione), ma in quanto antifascisti militanti o soggetti ritenuti
"pericolosi nelle contingenze belliche". Un'altra categoria è formata da
stranieri sudditi di "paesi nemici", ebrei e non, che si trovavano in Italia
allo scoppio della guerra, (inglesi, francesi, ma anche cinesi, spagnoli e altri) nonché
da quegli ebrei stranieri che erano fuggiti dalle persecuzioni in atto nei loro paesi,
residenti in Italia o di passaggio. Per ebrei stranieri si intendono anche cittadini
italiani ebrei, non nati in Italia. Numerosi fra gli internati furono anche gli zingari.
Infine, c'erano gli antifascisti schedati (condannati dal Tribunale speciale, ex
confinati, ex ammoniti, ecc.), antifascisti arbitrariamente trattenuti a fine pena e altri
arrestati per manifestazioni sporadiche di antifascismo.
Gestiti dal Ministero degli interni,
dovevano, come in precedenza i luoghi di confino, essere situati in edifici abbandonati o
non utilizzati, lontani da zone militari e dai porti, dalle strade importanti e dalle
linee ferroviarie, dagli aeroporti e dalle fabbriche di armamenti.
I campi di concentramento erano quindi situati in luoghi isolati e poco salubri, spesso
in montagna dove l'inverno era rigido. Gli edifici adibiti a ospitare gli internati erano
monasteri, ville requisite, fattorie, fabbriche dimesse, scuole, baracche, in un caso
addirittura un cinema (Isernia) e un ex mattatoio (Manfredonia). In generale le condizioni
di vita erano primitive e umilianti. Molti edifici presentavano una serie di problemi:
freddo e umidità, mura pericolanti, pochissima luce, fornelli difettosi, finestre, pareti
e tetti non isolati a sufficienza; a tutto ciò si aggiungeva il sovraffollamento, il
vitto insufficiente e la presenza di cimici, pidocchi, ratti e scorpioni. Il riscaldamento
spesso inesistente, scarsa o mancante lacqua potabile, debole lilluminazione e
lerogazione di energia elettrica. Ad ogni internato, in situazioni di perdurante
affollamento, veniva dato in dotazione: una branda, un sottile materasso, un cuscino con
federa, due lenzuoli e un massimo di due coperte. Una sedia o uno sgabello, una gruccia
per gli abiti, due asciugamani, una bacinella, una bottiglia ed un bicchiere. L'assistenza
sanitaria agli internati era prevista ma poteva essere concessa o rifiutata
arbitrariamente, come avvenne nel caso di un'antifascista romana internata a Mercogliano
(Avellino), malata di cuore, la cui domanda di sottoporsi a una radiografia toracica venne
respinta dal Ministero dell'Interno.
I campi fascisti non erano dei lager ma unicamente dei campi di concentramento. Le
condizioni di vita, già difficili e deprimenti per tutti, peggiorarono tuttavia
ulteriormente con l'arrivo, nell'aprile del 1941, degli sloveni e croati rastrellati in
seguito all'occupazione italiana della Jugoslavia.
Secondo gli studi più recenti, nel giugno 1940, al momento dell'entrata in guerra, in
Italia erano presenti poco meno di 4.000 ebrei ed apolidi passibili del provvedimento di
internamento. Si trattava di tedeschi, austriaci, polacchi, cecoslovacchi ed apolidi
(divenuti tali in seguito alla revoca della cittadinanza italiana) che, nell'estate del
'40, costituirono nella quasi totalità il primo grosso contingente di internati ebraici
nei campi di concentramento fascisti. Tra il 1941 ed il '42, sarebbe giunto il secondo
contingente dalle zone ex-jugoslave appartenenti allo stato croato o annesse all'Italia,
composto da circa 2.000 ebrei, prevalentemente slavi, e nel quale vanno inclusi anche i
500 naufraghi del "Pentcho", battello fluviale partito da Bratislava nel maggio
1940 coll'improbabile proposito di raggiungere la Palestina ed incagliatosi, dopo sei
mesi, nei pressi di Rodi.
Ma quanti furono i campi di concentramento in Italia? Renzo De Felice
nel suo libro Storia degli ebrei sotto il fascismo, parla di circa 400 tra
luoghi di confino e campi di internamento. Fabio Galluccio, nel suo saggio del 2002 "I
lager in Italia. La memoria sepolta nei duecento luoghi di deportazione fascisti" (NonLuoghi
Editore), i lager in cui erano rinchiusi ebrei, dissidenti politici, stranieri, zingari e
omosessuali, erano probabilmente quasi duecento, senza contare i luoghi di
"semplice" confino. Non è stato ancora fatto un censimento
attendibile. In ogni regione italiana vi era almeno un campo.
Alcuni campi erano esclusivamente
femminili: Pollenza, Treia, Petriolo (Macerata); Casacalenda, Vinchiaturo
(Campobasso); Lanciano (Chieti); Solofra (Avellino). Verso la fine del 1940 risultavano
recluse circa 260 donne, tra le quali 62 ebree straniere.
Furono campi di concentramento
maschili: Fabriano, Sassoferrato (Ancona); Ariano Irpino, Monteforte Irpino, Campagna
(Salerno); Civitella del Tronto, Corropoli, Isola del Gran Sasso, Notaresco, Tortoreto,
Tossicia, Neretto, Tollo (Teramo); Agnone, Bioano, Isernia (Campobasso); Casoli, Lama dei
Peligni, Istonio (Chieti); Alberobello, Gioia del Colle (Bari); Manfredonia, Tremiti
(Foggia); Urbisaglia (Macerata); Civitella della Chiana (Arezzo); Bagno a Ripoli,
Montalbano (Firenze); Farfa Sabina (Rieti); Scipione di Salsomaggiore, Montechiarugolo
(Parma); Lanciano (Chieti) dal febbraio 1942, Colfiorito di Foligno (Perugia), Castel di
Guido (Roma), Fraschette di Alatri (Frosinone), Città SantAngelo (Pescara),
Pisticci (Matera), Ferramonti di Tarsia (Cosenza), Lipari (Messina), Ustica (Palermo),
Fertilia (Sassari).
Alcuni di questi campi situati
nel Centro-Nord vennero riaperti nellottobre 1943 ed utilizzati, con altri,
come campi di raccolta provinciali per gli ebrei italiani fino al gennaio
1944. Oltre a quelli sopra citati: Aosta, Calvari di Chiavari, Ferrara, Forlì,
Roccatederighi (Grosseto), Vo Vecchio (Padova), Sondrio, Verona, Piani di Tonezza
(Vicenza), Ponticelli Terme (Parma), Servigliano (Ascoli Piceno), Bagni di Lucca (Lucca),
Sforzacosta.
Vi erano anche luoghi deputati al
cosiddetto internamento libero, ovvero al soggiorno obbligato con una notevole
limitazione della libertà personale, che prevedeva la proibizione di ogni contatto con
gli abitanti del luogo di internamento e lobbligo di presentarsi giornalmente alla
stazione di polizia o dei carabinieri. Pochi sono i dati disponibili, tuttavia si è a
conoscenza che da questa forma di internamento furono interessati i comuni e le province
di: Vicenza, Bergamo; Belluno; Lucca, LAquila, Grosseto, Viterbo, Treviso, Asti,
Aosta, Parma, Modena, Chieti, Novara, Pavia, Potenza, Sondrio.Nel marzo 1941 risultavano
in internamento, in quanto stranieri nemici: 414 inglesi, 316 francesi, 136
greci. Altri stranieri erano stati avviati nei campi di concentramento. Nel maggio 1943
risultavano ristrette in internamento libero circa 1.800 persone: donne, bambini, uomini.
Altri campi vennero ubicati in Italia,
ovvero quelli per gli ex jugoslavi, i civili abitanti nei territori occupati
militarmente dallEsercito italiano e annessi allItalia.
Questi campi vennero aperti soprattutto
nella Venezia Giulia (Cighino, Gonars, Visco), nel Veneto (Monigo di Treviso, Chiesanuova,
in provincia di Padova), in Toscana ( Renicci di Anghiari), in Umbria (Colfiorito). Tutti
alle dipendenze del Ministero dellinterno. Campi di lavoro furono organizzati a
Fossalon (Venezia Giulia), Pietrafitta e Ruscio (Umbria), Fertilia (Sassari).
Furono attivati anche appositi campi per
gli allogeni, ovvero per gli appartenenti a
minoranze etniche o/e linguistiche presenti sul territorio italiano dopo le
annessioni successive alla Prima guerra mondiale, quasi totalmente presenti nella Venezia
Giulia e nel Sud Tirolo. Si trattava di minoranze complessivamente circa il 2%
della popolazione italiana composte da: albanesi, francesi, sloveni, tedeschi,
croati, catalani, ladini. Per loro i campi
furono istituiti a Cairo Montenotte (Savona), Fossalon (Gorizia), Poggio Terzarmata
(Gorizia).
Il campo di Cairo Montenotte fu
utilizzato, dopo essere stato svuotato dai prigionieri di guerra nel febbraio 1943, per
internarvi sloveni e croati di cittadinanza italiana. DallIstria e dalle province di
Udine, Gorizia, Trieste, Fiume e Pola arrivarono, in breve tempo, circa 1.400 deportati e
fino al settembre 1943 furono 20 i trasporti che raggiunsero Cairo Montenotte. Il primo
partì da Trieste il 28 febbraio 1943, con 150 uomini e 44 donne. Queste ultime furono
successivamente inviate al campo delle Fraschette di Alatri. Alcuni prigionieri vennero
impiegati nella realizzazione dei canali di scolo della fabbrica della Montecatini,
situata nelle vicinanze del campo. Altri lavorarono come operai nella fabbrica stessa. Al
momento dellarmistizio, l8 settembre 1943, il comandante del campo non liberò
subito i 1.260 prigionieri e ciò permise ai nazisti di impadronirsene. L8 ottobre
organizzarono un trasporto di 30 carri bestiame e deportarono quasi tutti i prigionieri,
che arrivarono al KL Mauthausen il 12 ottobre, per essere poi, il giorno successivo,
inviati nellAussenKommando di Gusen. Dove 990 furono immatricolati, tutti come
italiani.
Invece, dopo l8 settembre, molti dei prigionieri del campo di Fossalon entrarono
nelle file partigiane.
Rapporto a
Mussolini sugli ebrei croati Il documento che
prova la responsabilità del duce nell'eliminazione degli ebrei, fin dal 1942
I campi di concentramento fascisti per gli ebrei (1940-1943) Saggio di Carlo Spartaco Capogreco, da Storia Contemporanea Anno XXII,
Agosto 1991, Il Mulino Editore
Campi d'Italia.
La geografia
della vergogna: i campi di concentramento fascisti Articolo
di Caterina Abbati (il manifesto, 25 aprile 2000)
Campi di concentramento in Italia, memoria dimenticata Articolo di Fabio Galluccio
Bibliografia
essenziale
Renzo De Felice, Storia degli ebrei
sotto il fascismo, Einaudi 1995
Fabio Galluccio, I lager in
Italia. La memoria sepolta nei duecento luoghi di deportazione fascisti, NonLuoghi
Editore 2002
Carlo Spartaco Capogreco, I campi di
concentramento fascisti per gli ebrei (1940-1943), Storia Contemporanea, Anno
XXII, Agosto 1991, Il Mulino Editore
I campi a livello territoriale
Campagna
Storia, documenti, immagini di un altro campo dimenticato, in provincia di Salerno (di
Gianluca Petroni)
I campi di concentramento pugliesi Notizie e
documenti sui campi di Ferramonti, Alberobello e Gioia del Colle e sulla persecuzione
degli ebrei in Puglia
Il campo di Ferramonti
I campi di concentramento
fascisti nelle Marche Sito sui campi delle
Marche, con un'interessante documentazione allegata
I campi di concentramento in Abruzzo
di Costantino Di Sante (aned.it)
per
approfondire:
Campi
italiani di internamento e deportazione Scheda
a cura di Pinerolo Cultura
I campi italiani Schede
e immagini, a cura dell'istituto scolastico Belotti
Sul non razzismo del Duce, De Felice sbagliò (lasicilia on line, 16 gennaio 2002)
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