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I campi italiani: Borgo San Dalmazzo

La storia e l’evoluzione del campo di concentramento di Borgo San Dalmazzo (18 settembre 1943 - 15 febbraio 1944), sorto nell’ex caserma degli alpini di una piccola cittadina ad otto chilometri da Cuneo, può essere suddivisa in due momenti. I due campi di Borgo non furono di sterminio, l’obiettivo principale era la raccolta di stranieri, ma anche di cuneesi ed ebrei della provincia.
Ai tedeschi, che avevano occupato il cuneese il 12 settembre 1943, quella caserma, costruita a due passi dalla stazione ferroviaria e a lato della strada principale che giungeva a Cuneo, parve subito il luogo ottimo dove attuare in provincia il progetto annientatore che, durante la comune occupazione della Francia meridionale, l’alleato italiano aveva a lungo dilazionato e ostacolato.

IL PRIMO CAMPO (18 SETTEMBRE – 21 NOVEMBRE 1943) Con un bando il Comando germanico delle SS stabiliva che entro le ore 18 del 18 settembre, tutti gli stranieri (nella fattispecie ebrei) presenti sul territorio si dovevano presentare presso la caserma degli Alpini di Borgo San Dalmazzo.
Questi stranieri provenivano, per la maggior parte, da una località di villeggiatura delle Alpi Marittime: St. Martin Vésubie, una residenza coatta creata dalle forze di occupazione italiane nella Francia del Sud.
Dalla zona del nizzardo, ormai caduta in mani naziste, più di un migliaio d’individui, ritenendo opportuno seguire la sorte dell’esercito italiano, aveva intrapreso il lungo e impervio cammino che dalla valle del Vésubie portava alla valle Gesso. La traversata, che vedeva insieme gruppi familiari, ufficiali e soldati si concluse, però, nella morsa creata dalle camionette delle SS.
L’elenco degli internati del campo è uno dei documenti più interessanti di tutta la vicenda, poiché permette di studiare la composizione anagrafica e sociale dei prigionieri: dei 349 registrati, la stragrande maggioranza delle persone era di nazionalità polacca (119 persone), cui seguivano francesi (56), tedeschi (42), ungheresi (34), austriaci (25), belgi (22). Furono registrati anche alcuni rumeni, russi, greci, slovacchi, croati, lituani e turchi.
Non è possibile conoscere precisamente la vita quotidiana durante i due mesi di permanenza nel campo di Borgo San Dalmazzo: gli ebrei venivano utilizzati per lavori vari, pulizie, sgombero delle caserme, ecc.
La mattina del 21 novembre le SS deportarono i prigionieri di Borgo dalla stazione ferroviaria. I profughi di St. Martin Vésubie furono mandati di nuovo a Nizza, da dove furono trasferiti a Drancy. Il 7 dicembre partirono con destinazione Auschwitz.

IL SECONDO CAMPO (4 DICEMBRE 1943 – 15 FEBBRAIO 1944) Passate due settimane la caserma di Borgo riaprì il suo portone di legno. L’ordine di utilizzo porta la data del 9 dicembre ’43 e risponde ad una disposizione del 2 dicembre. Poche possibilità rimanevano agli ebrei provenienti dalla provincia cuneese, dopo che la carta di Verona aveva formalizzato, nell’Italia della Repubblica di Salò, la caccia all’ebreo. Si può affermare che fino a tutto dicembre e all’inizio dell’anno nuovo, la popolazione del secondo campo di Borgo raggiungeva a stento le dieci unità. Gli ultimi arresti avvennero alla fine di gennaio e quindi per molti la permanenza a Borgo si limitò ad una quindicina di giorni.
Alla sorveglianza dei prigionieri provvedevano i carabinieri di Cuneo, il Comune si occupava del vitto e all’assistenza con regolamentari sussidi.
Il 15 febbraio venne ordinata la deportazione e i ventisei ebrei del cuneese raggiunsero il campo di concentramento di Fossoli, da cui sarebbero stati poi trasferiti a Mauthausen.

Oggi, della costruzione di allora, non rimane quasi nulla: una scuola media statale ha occupato la parte più ampia dell’intera area.

INFORMAZIONI:
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