Insieme alle adesioni arrivano anche
i primi successi militari: le difese di Viterbo (che vide la cittadinanza stringersi
attorno ai militanti antifascisti per respingere l'assalto degli squadristi perugini) e di
Sarzana (nei cui scontri restarono uccisi una ventina di fascisti), organizzate dagli
arditi del popolo dei due centri, disorientano e incrinano la compagine mussoliniana: le
due anime del fascismo individuate da Gramsci, quella urbana - più politica e disponibile
alla trattativa - e quella agraria - essenzialmente antipopolare e irriducibile a ogni
compromesso - giungono a un passo dalla scissione. Ma, violentemente osteggiati dal
governo Bonomi, gli Arditi del popolo non ricevono - tranne qualche eccezione - il
sostegno dei gruppi dirigenti delle forze del movimento operaio e nel volgere di pochi
mesi, riducono notevolmente il loro organico, sopravvivendo in condizioni di
clandestinità solo in poche realtà tra le quali, Parma, Ancona, Bari, Civitavecchia e
Livorno; città in cui riusciranno, con risultati differenti, a opporsi all'offensiva
finale fascista nei giorni dello sciopero generale "legalitario" dell'agosto
1922. Già nell'autunno precedente, comunque, l'azione congiunta di governo e Magistratura
aveva dato i suoi frutti: le sezioni dell'associazione si erano ridotte a una cinquantina
e gli iscritti a poco più di seimila.
Il motivo di questa brusca battuta d'arresto non va però ricercato
solamente nell'atteggiamento delle autorità. I provvedimenti bonomiani contro i corpi
paramilitari (che danneggiarono le sole formazioni di difesa proletaria), le disposizioni
prefettizie, gli arresti, le denunce e lo stesso atteggiamento della Magistratura
(ispirato alla politica "dei due pesi e delle due misure"), non sarebbero stati
possibili o comunque pienamente efficaci se le forze politiche popolari avessero
sostenuto, o quantomeno non osteggiato, la prima organizzazione antifascista. Ma esse, per
ragioni differenti, abbandonarono al proprio destino la neonata struttura paramilitare a
tutela della classe lavoratrice.
Tolta la piccola Frazione terzinternazionalista, Il PSI, il principale
partito proletario, oltre a fare propria la formula della resistenza passiva, si illuse di
poter siglare un accordo di pace duraturo con il movimento mussoliniano (il cosiddetto
"patto di pacificazione"), e con la quinta clausola di questo patto scellerato,
dichiarava, non senza una dose di calcolato opportunismo, la propria estraneietà
all'organizzazione e all'opera degli Arditi del popolo.
Colto alla sprovvista dalla loro comparsa, ma propenso ad opporre forza
alla forza, il Partito comunista decide di non appoggiare gli Arditi del popolo poiché -
a detta del Comitato esecutivo - costituitisi su un obiettivo parziale e per giunta
arretrato (la difesa proletaria) e, dunque, insufficientemente rivoluzionari. La difesa
proletaria doveva realizzarsi esclusivamente all'interno di strutture controllate
direttamente dal partito, e gli Arditi del popolo - definiti infondatamente
"avventurieri" e "nittiani" - dovevano considerarsi alla stregua di
potenziali avversari. Ma moltissimi comunisti (tra cui anche qualche dirigente e,
all'inizio, lo stesso Gramsci) non accettarono simili disposizioni e restarono all'interno
degli Arditi del popolo o proseguirono nell'azione di collaborazione e/o appoggio. Solo
dopo ulteriori interventi da parte del "Centro" (accompagati da vere e proprie
minacce di gravi provvedimenti disciplinari) la maggior parte delle strutture del PCd'I si
adegua alla linea ufficiale e va ad allargare le fila delle Squadre comuniste d'azione.
Questa scelta politica viene criticata duramente dall'Internazionale comunista che, a
partire dall'ottobre del '21, avvierà un serrato dibattito con i dirigenti del PCd'I,
stigmatizzandoli per il loro settarismo.
Con l'eccezione del Lazio, del Veneto e della Federazione giovanile,
per quanto riguarda i repubblicani, e del Parmense e di Bari, per sindacalisti
rivoluzionari e legionari fiumani, le forze politiche della "sinistra
interventista" si orientano quasi subito anch'esse verso soluzioni di autodifesa che
escludono la confluenza o la collaborazione con gli Arditi del popolo. Anche queste
formazioni preferiscono organizzare l'autodifesa a livello partitico, teorizzando, nella
maggioranza dei casi, la perfetta equidistanza tra "antinazionali" (anarchici,
socialisti e comunisti) e "reazionari" (fascisti, nazionalisti e
liberal-conservatori).
Lunica componente proletaria che sostiene apertamente larditismo popolare
è quella libertaria. Un'area composita e numericamente consistente al cui interno vi sono
anime tra loro assai diverse. In ogni caso, sia lUnione sindacale italiana che
lUnione anarchica italiana sono, per tutto il biennio 1921-22, sostanzialmente
favorevoli alla struttura paramilitare di autodifesa popolare. Dopo l'allineamento di
Gramsci e de "L'Ordine nuovo" alle direttive del partito, il quotidiano
anarchico "Umanità Nova" rimane infatti lunica voce proletaria a perorare
la causa degli Arditi del popolo.