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La dittatura franchista (1939-1975)

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Franco e il Principe Juan di Borbone

Quanti sanno che, in tempo di pace, il regime franchista fu forse addirittura più sanguinario e repressivo del fascismo e del nazismo? Che, di fronte alle poche decine di sentenze capitali eseguite dal 1922 al 1939 dal regime italiano (si parla delle sentenze pubbliche: le esecuzioni “illegali” furono senza dubbio maggiori), e ai pur numerosi eccidi compiuti dalla Germania nazista fra il 1933 e il 1938, vi sono 190.000 spagnoli giustiziati o morti in carcere fra il 1939 e il 1945, ovvero in tempo (per la Spagna) di pace, e che alcuni storici giungono a parlare di 500.000 esecuzioni complessive (comprendendo le esecuzioni “informali”)? Certo, il paragone è largamente improprio, in quanto in Spagna fra il 1936 e il 1939 fu combattuta una cruenta guerra civile, in quanto il franchismo sorse da tale guerra civile: le origini del fascismo italiano e del nazismo tedesco furono diverse, addirittura elettorali, nel secondo caso.

Dopo la vittoria, Franco impose alla Spagna una strategia di isolamento e di autarchia. Non solo autarchia economica, ma anche autarchia politica, ideologica, culturale. La Spagna voluta dai vincitori doveva essere una Spagna isolata da ogni scambio e dialogo, pura e purificata da ogni idea diversa di Spagna. Tutto ciò che riguardava la Seconda Repubblica, ovvero l’esperienza democratica vissuta in Spagna fra 1931 e 1936, era associato a “degenerazione”, “morbo”, “infermità”, era l’antitesi di ciò che la Spagna doveva essere. E nel dopoguerra la pratica “chirurgica” continuò: il nemico principale della Spagna franchista fu, costantemente, un “nemico interno”.

La stessa strategia fu attuata anche nell'economia. La Spagna degli anni quaranta soffrì una enorme regressione economica. La mano d’opera fu soggetta a disciplina coercitiva, e sulla fame di gran parte dei lavoratori fu costruita la nuova accumulazione di capitale necessaria alla ricostruzione. Ogni identità collettiva dei gruppi sociali sconfitti (lavoratori del campo, delle miniere, dell’industria) fu distrutta, ogni diritto di espressione soppresso.

La spietata dittatura franchista ebbe anche i suoi «schiavi»: 110 mila prigionieri, tutti militari catturati durante la «Guerra Civil» '36-'39. Con la legge sulle «responsabilità politiche» il dittatore perseguì, incarcerò, condannò tutti coloro che si erano opposti all´«Alzamiento». Il regime cominciò a schedare «los Rojos», ossia tutti i suoi prigionieri, allestendo una maniacale banca dati sul loro profilo professionale. Se gli incarcerati nel frattempo non erano morti né giustiziati, entrava in gioco il «Sistema de Redenciones de Penas» motivato così: «E´ giustissimo che i prigionieri contribuiscano con il lavoro alla riparazione dei danni arrecati con il loro appoggio alla ribellione marxista». Un decreto del '46 stabiliva l´obbligatorietà del lavoro: «E´ considerata infrazione molto grave rifiutarlo». A differenza della mano d'opera impiegata nei lager hitleriani, il «Caudillo» pagò il lavoro coatto. Ma i forzati ricevettero solo il 25% del salario pattuito (appena il 14% di quello percepito dagli operai civili dell'epoca). Infatti la remunerazione degli schiavi venne fissata in 2 pesetas al giorno (la diaria di un operaio era di 14 pesetas) di cui i tre quarti vennero destinati al loro mantenimento. Poi altre 2 pesetas se erano sposati in chiesa (molti «rojos», atei, erano solo conviventi), più 1 peseta per ogni figlio a carico. Il resto andò nelle casse del regime. Non solo: dal '39 al '70, Franco affittò i suoi internati a 36 imprese private (le fabbriche pagavano allo Stato il salario di 14 pesetas), incassando un ingente bottino, calcolabile intorno ai 780 milioni di euro. Detenuti in 72 campi di concentramento, gli schiavi ricostruirono le infrastrutture distrutte durante il conflitto, dagli aereoporti alle strade, dalle dighe ai porti, dalle ferrovie ai ponti ma anche mausolei franchisti come la famigerata madrilena «Valle de Los Caidos» (ove è sepolto il tirannno). La vita degli schiavi, in quei lunghissimi trentatré anni, fu disumana: fame brutale, estrema durezza nel lavoro fisico. E castighi terribili. Ad El Dueso, per esempio, obbligavano i puniti a mettersi sulle spalle un sacco da 50 chili ricoperto da filo spinato.

Una repressione particolare fu rivolta alle donne: rispetto all’incerta mobilitazione dei decenni precedenti, la condizione della donna visse una regressione alla sfera domestica. Alle donne fu negato ogni accesso educativo di tipo moderno.

I concetti di purificazione e redenzione assunsero per milioni di spagnoli un aspetto di quotidiano terrore. La Spagna, dopo la purificazione della “cruzada”, fu posta in “quarantena” da un regime che vietava qualsiasi dialogo con l’esterno e qualsiasi dibattito sul futuro.

Solo nel '75, dopo la morte di Franco, gli spagnoli si sono liberati dalla dittatura e hanno finalmente respirato l'aria della democrazia.
   

pallanimred.gif (323 byte) Biografia di Francisco Franco

pallanimred.gif (323 byte) La Spagna dal Franchismo alla monarchia parlamentare

 

info.gif (232 byte) per approfondire:

M. Richards, Un tiempo de silencio. La guerra civil y la cultura de la represión en la España de Franco, 1936-1945, Barcelona, Crítica, 1999

Isaías Lafuente, Esclavos por la patria, Temas de Hoy, 2002

 

 

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