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Dolores Ibarruri
"El ùnico camino" è il titolo del
libro che Dolores scrisse nel 1962 per ricordare le tappe della sua vita. Proponiamo due
brani tratti da quell'opera uscita in Italia (Editori Riuniti) col titolo "Memorie di
una rivoluzionaria"
Quel 18 luglio del 1936
L'ottimismo di molti dirigenti repubblicani e socialisti che si
ostinavano a chiudere gli occhi davanti al pericolo, sostenendo che noi comunisti
seminavamo l'allarme con le nostre continue sollecitazioni a prendere le precauzioni
necessarie contro un eventuale colpo di forza, era assurdo. (...) Da diversi giorni nelle
sedi del partito comunista dei diversi quartieri, e così pure al Comitato centrale,
mantenevano una guardia permanente. |
La guardia che facevamo a turno ai nostri locali era completata dalla vigilanza
stabilita intorno ai centri reazionari dei quartieri e delle abitazioni delle personalità
più in vista della destra e degli uomini noti per le loro idee reazionarie. Gli uomini e
le donne che formavano le milizie antifasciste si davano il cambio di ora in ora. (...)
Passammo molte notti in bianco. Nessuno voleva andare a dormire. E quando in qualche
compagno si avvertivano tracce di fatica e gli sì ordinava di andare a riposare, egli si
rifiutava fermamente. Non c'era modo di convincere nessuno a ritirarsi nella sua
abitazione. (...) E infine la tempesta, che da tanto tempo minacciava, si scatenò. 1118
luglio 1936 la Spagna fu destata di soprassalto.
I primi colpi di cannone dell'insurrezione furono uditi in Marocco. L'eco degli spari
si diffuse spaventoso per tutta la Spagna. Di bocca in bocca, di casa in casa, dì strada
in strada, veniva dato l'allarme: "Le forze militari distaccate in Marocco si sono
sollevate contro la repubblica!". Le scarse ma allarmanti informazioni che attraverso
diverse vie arrivano alla conoscenza del popolo spingevano decine di migliaia dì
cittadini a scendere nelle strade, nei villaggi e nelle città, in un andito patriottico
di conoscere la verità. dì dimostrare di essere disposti ad appoggiare il governo nelle
difesa della repubblica.
I dirigenti delle organizzazioni operaie e dei partiti politici, tanto i corrispondenti
del Fronte popolare quanto quelli che per diverse ragioni non vi partecipavano, si misero
rapidamente d'accordo per prendere le misure necessarie per la gravissima situazione che
si era creata con la ribellione dei militari, la cui importanza non poteva essere ignorata
da nessuno. Solo il capo del governo repubblicano, il signor Casares Quiroga, avvocato
galiziano, di provenienza repubblicana, iscritto al partito della sinistra repubblicana,
al quale apparteneva anche il presidente delta repubblica Manuel Azaña, tentò di
sminuire l'importanza del movimento sovversivo, considerandolo alla stregua di uno dei
tanti pro pronunciamenti militari di qui era stata così prodiga la storia spagnola del
secolo XIX, e pertanto, facile da liquidare da parte del governo.
La causa principale dello scoppio della guerra, dal punto di vista interno, aveva la
sua radice nell'odio di classe di un'aristocrazia latifondista e di un'oligarchia
plutocratica economicamente collegate, che non accettavano nè lo sviluppo democratico del
paese né la sia pur minima riduzione dei loro privilegi di classe e di casta. Dal punto
di vista esterno, la reazione era stimolata e incoraggiata dall'Italia e dalla Germania,
dove i promotori della sollevazione avevano messo a punto i dettagli e ottenuto aiuti che
furono concessi senza stiracchiamenti e non disinteressatamente. La situazione strategica
della penisola iberica ponte fra l'Europa e l'Africa le sue ricchezze minerali, la sua
prossimità al continente americano e la sua influenza fra i paesi dell'America latina
valevano bene un appoggio alla reazione spagnola (...).Aerei italiani e tedeschi
distrussero Guernica e Nulcs. Cannoni tedeschi facevano saltare le fortificazioni
repubblicane della Sierra Pandols e bombardavano Madrid dal Cerro de los Angeles.Forze
italiane conquistarono Màlaga; navi da guerra tedesche cannoneggiarono Almeria, aerei
tedeschi bombardarono decine di volte Barcellona e Madrid; unità militari italiane furono
sconfitte a Guadalajara; camicie nere italiainc accerchiarono gli ultimi resti
dell'esercito popolare rifugiato nel porto di Alicante... Queste erano le forze della
cosiddetta Spagna nazionalista con le quali dovette scontrarsi e lottare il popolo
spagnolo nella sua eroica resistenza dal luglio 1936 al marzo del 1939. |
E anche se fin dai primi momenti la disparità dei mezzi e delle forze era sfavorevole
al popolo, questo non indugiò certo a contare i nemici, né fu scoraggiato dinnanzi alla
loro forza. Accettò la sfida e si gettò nella lotta ineguale. (...)
Le direzioni di tutti i partiti erano riunite nelle rispettive sedi, attente alle
notizie e disposte ad agire. Il popolo si preparava alla lotta. Le sedi delle
organizzazioni si riempivano di operai, di lavoratori, che volevano indicazioni, che
esigevano le armi. Una rappresentanza del Fronte popolare si recò a chiedere al governo
di armare le milizie operaie per difendere la repubblica. Casares Quiroga, rispose che non
lo credeva opportuno, in quanto il governo era sufficientemente forte per dominare la
situazione.
Ma, man mano che le ore passavano, le notizie erano sempre meno tranquillizzanti. Si
seppe così che le Canarie e tutti i possedimenti africani erano in mano dei ribelli. Che
Valladolid e Valencia si univano al movimento; che Burgos, Avila e la Galizia erano nelle
mani degli insorti; che nei quartieri di Madrid e anche a Barcellona accadeva qualcosa di
anormale. Allora il governo non poté più resistere e dinanzi alla richiesta delle masse
e alla pressione delle organizzazioni del Fronte popolare si vide costretto a consegnare
le armi nelle mani dei lavoratori. Il popolo si preparava a difendere la repubblica.
(
) Madrid, e con Madrid la Spagna leale, ardeva di febbre. "Armi! Armi!"
era il grido del popolo. Camion, camionette, taxi, auto private correvano a velocità
suicide, portando i lavoratori armati che abbandonavano il lavoro per impugnare il fucile.
Le notizie che venivano radiodiffuse dal governo e che annunciavano che l'insurrezione
era stata soffocata in diversi luoghi erano accolte dalle masse con grande giubilo.
Le brigate internazionali |
Madrid sente sul suo viso l'ansimare della fiera che spia, che
striscia, che avanza, che vuole, oggi 7 novembre 1936, anniversario della Rivoluzione
d'ottobre, assestare un Colpo decisivo alla resistenza popolare.
Con un'avanzata fulminea che le apra il cammino sino al cuore della città e obblighi
la Spagna repubblicana a inginocchiarsi, pretende mettere fine alla guerra con la sua
vittoria, cancellare dalla coscienza delle masse anche il ricordo della data immortale. In
sanguinosi combattimenti i miliziani hanno fatto fallire i primi assalti dei ribelli alla
capitale, ma nonostante ciò i fascisti sono riusciti a guadagnare terreno.
Madrid ferita, dissanguata dalla mitraglia, chiude gli ingressi delle sue entrate
periferiche con trincee anticarro, con muri improvvisati, con reticolati di filo spinato.
L'ululato delle sirene rompe il silenzio della città e avverte la popolazione del
pericolo che la sovrasta.
I proiettili dell'artiglieria del Cerno de los Angeles e le bombe dell'aviazione
fascista lacerano dall'alto in basso gli edifici più alti; scoppiano dentro di loro,
distruggono monumenti secolari e tesori artistici di valore incalcolabile, annientano
migliaia di vite. Bombardato e il museo del Prado, incendiato il Palazzo del Duca d'Alba
con le sue ricchezze artistiche e storiche conservate con tanto amore dai nostri
miliziani. Gli abitanti delle strade battute dall'artiglieria si trasferiscono in luoghi
meno pericolosi. La popolazione si concentra nei quartieri ancora non colpiti dai
bombardamenti.
Gli altoparlanti del V° Reggimento danno, a intervalli, istruzioni per evitare rischi
inutili. Preparano i madrileni, li abituano all'idea del nuovo attacco nemico, che i
fascisti visibilmente organizzano e che è necessario respingere. Madrid non è già più
la città libera e aperta di ieri. Oggi è una fortezza assediata. Verso il levante
ospitale sono stati evacuati i bambini, gli infermi e i vecchi. Gli uomini e le donne
che restano nella capitale sono disposti a rinnovare la sua storia gloriosa, a difendere
la loro bella città, pietra per pietra, casa per casa, strada per strada.
L'imminenza dell'attacco nemico tiene la popolazione all'erta e preparata. Si fanno
calcoli si misurano le possibilità. Le ore passano e la tensione si fa insopportabile. |
Coi pugni stretti, con l'orecchio attento e lo sguardo fisso, lì, dove il nemico
pondera e cerca un punto debole dove irrompere, per lanciare all'assalto le sue orde, i
madrileni aspettano...
Aspettano... Nel silenzio impregnato di minacce, di pericoli, di sorprese sanguinose,
comincia a udirsi un rumore ritmico, che scuote, di passi decisi, che cresce, che si
approssima.. Si ode ora distintamente il rumore delle scarpe ferrate sul pavimento delle
strade.
C'è un momento di stupore, di indecisione. Chi viene? Chi sono quelli che si
avvicinano? Chi sono gli uomini che il 7 novembre 1936 marciano per le strade della nostra
Madrid, muti, alteri, severi, col fucile in spalla e la baionetta innestata, facendo
tremare il suolo sotto i loro piedi? Dietro le finestre socchiuse, sguardi febbrili
seguono il cammino di coloro che avanzano, mentre le mani si serrano sulle armi, sulle
bombe pronte per essere lanciate. Le donne disperate dicono agli uomini: "Sono
entrati!...Che aspettiamo?...".
Sì ode un ordine, una voce di comando in una lingua straniera, che spazza come una
frusta l'aria della strada. le prime strofe di un inno vicino e caro accompagna il ritmico
movimento degli sconosciuti. L'aria si riempie di suoni e di parole vibranti, solenni, che
fanno fremere i madrileni. "Dio mio! Non è un sogno, questo?" - si chiedono le
donne con parole in cui tremano i singhiozzi.
Gli uomini che sfilano per le strade di Madrid assediata, cantano l'Internazionale in
francese, in italiano, in tedesco in polacco, in ungherese, in romeno! |
Sono i volontari delle Brigate internazionali, che all'appello dell'Internazionale
comunista sono venuti nel nostro paese per lottare e forse morire insieme con noi.
Il popolo madrileno si lancia per la strada incontro a coloro che sa suoi amici. E
uomini e donne, in un impulso incontenibile e commosso, abbracciano piangendo i
combattenti delle brigate internazionali...
La formazione è stata spezzata. Tutti voglion salutare con ciò che hanno di meglio
gli "internazionali". Ogni madrileno vuoi portare a casa sua qualcuno di quegli
uomini, o tutti. Ci sì è dimenticati che il nemico spia, si è dimenticato il
pericolo... E improvvisamente... Superando le grida e le esclamazioni di gioia e di
entusiasmo che riempiono le strade, un rombo di motori incomincia a roteare per i cieli,
si approssima a Madrid.
C'è un istante di panico nella gente che si è precipitata nelle strade incontro agli
"internazionali".
"L'aviazione! L'aviazione!" gridano. Alcuni punti neri che crescono, che si
profilano, che si approssimano volando basso. Non son gli essers, non sono i
Savoia. Aerei sconosciuti hanno fatto irruzione nel nostro spazio aereo, vengono verso di
noi... E non mitragliano. E non lanciano bombe... Che vuol dire, questo?
Una squadriglia di I-15 e di I-16 che più tardi il popolo chiamerà affettuosamente
"rincagnati" e "mosche", vola rapida, incrociando nel ciclo di Madrid,
quasi a guardia della città, e saluta la popolazione profondamente impressionata.
Sulle ali degli aerei che si abbassano in segno di omaggio ai combattenti sta la
bandiera repubblicana.
Il momento è indescrivibile. Un grido immenso di gioia, di entusiasmo, di sollievo,
uscito da migliaia di gole sale dalla terra al cielo, accoglie e accompagna l'apparizione
dei primi aerei sovietici nel cielo della nostra patria, sentinelle vigilanti che
impediscono al nemico di avvicinarsi.
"Sono aerei sovietici! Sono nostri... nostri! Nostri!".
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