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         | Le testimonianze 
  Blitz Diaz, l'inglese Cowell: "Mi sono
        finto morto. Non ce la facevo più, continuavano
        a prendermi a calci"
 (ANSA) - GENOVA, 26 LUG - ''Non ce la facevo più, continuavano a
        prendermi a calci. Ad un certo punto ho finto di essere morto, ma un carabiniere è venuto
        a tastarmi il polso, e quando si è accorto che ero ancora vivo ha continuato a
        picchiarmi''. Mark Cowell, il giovane inglese ancora ricoverato dopo il blitz di sabato
        notte, racconta la sua versione dei fatti dall' ospedale San Martino, dove si trova per un
        grave trauma toracico. ''La maggior parte dei giorni che sono rimasto a Genova - ha
        raccontato dal suo letto d' ospedale, con la testa china su un lato e la voce monocorde -
        li ho trascorsi nella scuola di fronte a quella dove e' avvenuto il blitz, dove lavoravo
        nello staff di Indymedia. Anche quel giorno ero stato li', ma alla sera, quando stavo
        cercando di raggiungere delle amiche nell'edificio di fronte, ho sentito arrivare i mezzi
        delle forze dell'ordine. Non ho fatto tempo a correre dentro la scuola che alcuni agenti
        mi hanno buttato a terra e hanno iniziato a prendermi a calci e a colpirmi con il manico
        del manganello''. Cowell, 33 anni, è originario di Londra, e scrive su alcune riviste di
        controinformazione. Durante la notte di sabato ha riportato la lesione di un polmone,
        diverse costole rotte e un'emorragia interna, che lo hanno fatto giungere all'ospedale di
        San Martino in condizioni gravi. ''Ho pensato di morire - ha proseguito -, seriamente.
        Erano in cinque e continuavano a gridare in inglese 'kill the black bloc, kill the black
        bloc', anche se rispondevo che sono un pacifista, e che i black bloc li detesto anch' io.
        Arrivavano calci da tutte le parti, sembrata una partita di football''. Cowell mentre
        parla fa lunghe pause, in cui, senza peraltro mai distogliere lo sguardo che punta dritto
        alla parete, riprende fiato, e si riposa dopo le numerose interviste di giornalisti
        britannici e i colloqui con il suo avvocato italiano. ''L' Italia è un bel posto - ha
        concluso - dove molte persone sono state gentili con me, ma dopo quanto e' accaduto non
        credo di esagerare dicendo che i carabinieri e la polizia sono degli assassini. Io ero
        venuto a Genova per fare il giornalista indipendente, senza fare male a nessuno, e invece
        torno a casa con un polmone sfondato''. (ANSA).
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