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Le testimonianze

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pallanimred.gif (323 byte) Versioni a confronto: il vice della Digos Perugini, accusato di violenze, e il ragazzo

 

E la vittima quel giorno gridò "Mi massacrate, fate schifo" Il ragazzo bersaglio di Perugini è un minorenne di Ostia

Genova - Sabato 21 luglio, tre del pomeriggio a Genova, in via Diaz, vicino alla Questura. Sulla carreggiata opposta a quella dove si apre il portone principale della sede della polizia, vicino a un benzinaio, in quattro - tre ragazzi e una ragazza - raccolgono per terra del pietrisco e lo lanciano per aria contro la Questura e alcuni agenti. Poi si sfogano a urla. Il corteo del Genoa Social Forum ha già subito alcune cariche, è stato spezzato in due tronconi, uno verso corso Italia che da via Diaz è poco distante. Marcello, chiamiamolo così perché è minorenne, ha solo 16 anni, è uno di quei tre ragazzi. Poco dopo gli agenti li aggirano e li prendono alle spalle. Sono botte per tutti. Le foto che testimoniano quelle subite da Marcello fanno il giro di Tv e giornali: è lui il ragazzo piccolino con il volto tumefatto, un occhio che quasi non sia apre e un taglio alla testa che sta accucciato a terra, mentre un agente, tra gli altri, sta per sferrargli, così almeno appare dalla sequenza, un calcio. Quel giorno, Marcello è stato soccorso da un'ambulanza e trasportato al Pronto Soccorso dell'ospedale San Martino. Ecco il suo racconto, drammatico, in lacrime, con il sangue che gli cola dalla testa e l'occhio tumefatto.
Che ti è successo?
« Lasciatemi stare, lasciatemi stare, che cosa vogliono farmi?»
Niente, adesso ti curano.
«Non voglio medici, non voglio nessuno, non voglio andare in ospedale, io devo partire»
Perché sei conciato così?
«Mi hanno massacrato di botte, mi fate schifo tutti, lasciatemi in pace».
Come sei finito in questo caos?
«Non ho fatto niente, non ho fatto niente, ero accucciato giù e loro mi picchiavano senza motivo».
Dove abiti?
«Devo tornare a casa, lasciatemi stare».
Dove è casa tua, a Genova?
«No, no, io stasera vado a Roma».
Adesso calmati .
«No, io devo prendere il treno, mi aspettano, se non mi vedono si preoccupano, non voglio che mi curino, voglio solo andar via».
Senti, prima ti devono vedere l'occhio, poi ti lasciano andare
«Ma io non voglio stare nemmeno un minuto di più qui, non voglio stare neanche un giorno dentro, voglio solo tornare a casa, ve l'ho detto mi aspettano, ho il treno, stasera, non posso perderlo».
Marcello non starà in carcere, ma solo in ospedale, nel reparto di oculistica. Tornato a casa, adesso vuole avere giustizia e si è affidato a un legale.

 

Perugini: solo qualche calcio
ma non ho colpito nessuno

Il vice della Digos genovese accusato di violenze a un ragazzo

GENOVA - «Ho tirato qualche calcio: ma osservate bene le immagini, le pedate vanno quasi tutte a vuoto. Il ragazzo si era già ferito ad un occhio prima del nostro intervento. E poi non si trattava di un manifestante inerme, pacifico: quella è la scena di un arresto». Interrogato nei giorni scorsi dagli ispettori del Ministero dell'Interno, il vicequestore Alessandro Perugini sarà presto ascoltato dal sostituto procuratore Enrico Zucca, quello che indaga sugli «orrori» della caserma di Bolzaneto. Perché Perugini, numero due della Digos genovese, è il poliziotto in borghese che prende a calci in faccia un dimostrante durante gli scontri di piazza. Ma nei giorni del vertice è stato anche uno dei funzionari di polizia responsabili della gestione delle persone detenute nel complesso di Bolzaneto.
Dicono che lei abbia perduto la testa dopo che due giorni prima, durante il corteo dei migranti, un gruppetto di manifestanti le aveva teso un agguato.
«Quella storia non c'entra nulla».
L'avevano presa a schiaffi all'altezza di corso Barabino, proprio dove sabato pomeriggio lei ha preso a calci quel ragazzo.
«E allora? Fate attenzione a giudicare quelle immagini, che non trasmettono il clima e le emozioni di quei momenti. Era uno dei tanti arresti maturati in un caos incredibile. Non era come andare a comprare un pacchetto di sigarette, capito?».
I presunti «orrori» di Bolzaneto? Lei c'era.
«Io a Bolzaneto ci ho passato la notte, fino all'alba. Ma non ho visto quei pestaggi, quei massacri di cui ho letto sui giornali. Confusione ed asprezza, questo sì: i fermati erano più di cento, forse c'è stata qualche rudezza. Ma le persone accompagnate in caserma, prima coinvolte nei disordini, hanno poi vissuto come uno choc quell'esperienza, come un abuso, un affronto. E certe cose forse sono state inconsapevolmente amplificate. Non ci sono state violenze ingiustificate».
Nessuna incertezza?
«Io ho la coscienza a posto, ma sono amareggiato: di sicuro, con quelle immagini pubblicate, sarà difficile continuare a lavorare alla Digos di Genova. Abbiamo dato tutto per questo G8: non è giusto che sia finita in questo modo. Se qualcuno tra le forze dell'ordine ha esagerato, deve essere punito: ma non ci dovete trattare tutti come dei picchiatori fascisti».
(m.cal.)

(la Repubblica, 5 agosto 2001)

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