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Le testimonianze

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pallanimred.gif (323 byte) Parla un celerino. "Le violenze alla Bolzaneto sono cominciate venerdì, con i Gom. "Faccetta nera"? L'ho sentita"

di Francesco Paternò

Celerino, in forza a uno dei reparti impiegati a Genova nei giorni del G8, ha prestato servizio anche alla caserma Bolzaneto. Una storia e una cultura molto di sinistra ("no, non mi sento in contraddizione, come poliziotto penso di dover difendere le istituzioni democratiche"), un passato di tifoso ultrà di una squadra di calcio di serie A. Ha accettato di parlare con il manifesto di quei tragici giorni. Ne conosciamo ovviamente nome e grado.
"Le violenze contro i manifestanti portati alla Bolzaneto - inizia il racconto - sono cominciate già il venerdì sera. A compierle, sono stati quelli della penitenziaria, i signori del Gom. Gente presa a calci con estrema violenza e in modo sempre più scientifico, fino al trasferimento all'interno dove nessuno di noi dei reparti mobili ha potuto vedere quel che succedeva. Anche se mi risulta che alcuni colleghi, finito il servizio, si siano uniti a loro nel picchiare. Per picchiare non intendo uno scappellotto, uno spintone, quello ci può stare. Poi c'è stato il pestaggio della domenica, frutto di un'operazione collettiva e fatto da personaggi esterni alla truppa dei reparti mobili. Chi canticchiava ai fermati Pinochet e cose razziste? Sicuramente personaggi esterni alla caserma, gente che conosce bene quel retroterra di destra estrema. Anche se 'Faccetta nera' nella suoneria di un telefonino l'avevo già sentita prima".
Sotto accusa, dunque, torna a essere la figura del "personaggio esterno", riconducibile agli uomini della penitenziaria. Presenti a Genova in una settantina, provenienti da Roma. Perché loro? "Vengono utilizzati - risponde il nostro interlocutore - per operazioni delicate. I Gom sono addestrati all'applicazione di tutte quelle che sono le garanzie di sicurezza legate al trattamento di personaggi sottoposti a regime di carcere duro. Qui, credo, ci sia stato l'errore: è gente abituata a trattare mafiosi, e un mafioso picchiato non parla, a differenza di un manifestante politicizzato che sa di poter contare su referenti politici esterni. I Gom debbono gestire trattamenti di sicurezza particolari, badando anche a salvaguardare loro stessi. E possono passare da trattamenti duri ad altro, qualcuno può eccedere di questo regime anche se io ritengo si tratti esclusivamente di colpe personali. Non ci sono ordini scritti ed è impossibile rintracciare le responsabilità. Ma a questo punto è tutto un gioco di scaricabarile. A cominciare dal capo della polizia che è stato messo alle corde". Alla Bolzaneto sono dunque stati usati i Gom perché davano maggiori "garanzie", se così si può dire? "Lasciare dei fermati alla furia cieca di quattrocento persone di un reparto mobile impegnato in piazza ai limiti di una guerra civile è una responsabilità talmente grande, che avrebbe potuto portare anche a morti in caserma. Così i vertici devono aver pensato di affidare la gestione di questa cosa a chi ha le competenze. Per identificare, fermare, picchiare".
Sabato notte, l'incursione dentro le scuole Diaz e Pertini. Perché? "Non so da chi è partito l'ordine. Di sicuro, lì non c'erano i reparti mobili, ma una settantina di agenti del 7 raggruppamento di Roma, l'élite, quelli del nucleo antisommossa. Io ho una personalissima opinione: questa operazione non sarebbe avvenuta con un governo di centrosinistra, perché non avrebbe mai promosso un'azione che poteva anche essere giusta ma con significati politici di una rappresaglia. In un'informativa ricevuta dai servizi segreti, c'era l'annotazione che dentro la Diaz erano nascosti 15 terroristi di livello internazionale. E invece è stata portata via dentro i sacchi a pelo gente sanguinante". E' stata rappresaglia anche domenica dentro la Bolzaneto, con i fermati picchiati e maltrattati per ore? "Chiamiamola così - continua il nostro interlocutore -certo c'è stata un'esacerbazione degli animi portata avanti due giorni, la violenza era nell'aria anche se il vertice era finito, c'erano ancora voci che si rincorrevano da una parta all'altra della città che trasformavano per esempio un carabiniere ferito a un occhio in un carabiniere morto".
Questo è il dopo. E prima, come siete state preparati? "Ci hanno detto: per il G8, preparatevi alla guerra. In piazza, c'è chi aveva avuto la brillante idea di comunicare attraverso la posizione dei manganelli, i manifestanti hanno risposto provando ad accecarci con il sole riflesso negli specchietti per coprire, per esempio, un lancio di sassi. Prima che cominciasse il G8, la stragrande maggioranza dei poliziotti diceva che quando i manifestanti sarebbero arrivati, anzi, quando le zecche o i comunisti sarebbero arrivati, ci avrebbero massacrati. No, non lo si diceva per paura, ma per i numeri che sentivamo, centomila, duecentomila persone. Noi siamo consapevoli del nostro ruolo e della nostra preparazione, che ritengo adeguata anche se le dotazioni aggiuntive per Genova alcuni reparti non le hanno avute. Si tratta di protezioni rigide per il corpo, corpetti tipo quelli indossati dai giocatori di hochey su ghiaccio, solo i carabinieri le hanno avute tutti. Ci alleniamo ogni domenica allo stadio contro i tifosi violenti, sono tutte situazioni gestibili, mentre a Genova si è rasentato la guerra civile. Ma il clima generale non era 'li andiamo a massacrare', non c'era questa volontà. C'era la volontà di portare la pelle in salvo. Da molto tempo arrivavano informative dei servizi segreti che parlavano di possibili attentati nella città e di possibile uso da parte di alcuni centri sociali più estremi e di frange dell'anarchia nera di mezzi tipo acido muriatico o sangue infetto. Per persone che vanno dai 20 ai 30 anni, sapere di scendere in piazza in questo clima non per difendere il paese da chissà che ma per fare un lavoro che finisce giornalmente, un lavoro come un altro, è dura. Bisogna sapere che ci si arruola in polizia ancora soprattutto dal sud, perché bisogna fare i conti con una disoccupazione ai massimi livelli. Un celerino di base guadagna come un poliziotto, 1.864.000 lire al mese, poi ci sono competenze e indennità. In un mese di particolare lavoro si possono sfiorare i 3 milioni".
Che tipo di cultura c'è dentro i vostri reparti? "La base ha una cultura di destra, una cultura militare. Alla Bolzaneto ci sono simpatizzanti di Forza Nuova, si vede in giro qualche svastica. Ma nella celere non si va per vocazione, è il settore operaio della polizia di stato. E' una scelta di prima destinazione, per chi esce dalle scuole e non ha calci per finire da qualche altra parte. Magari qualcuno chiede di andare in sedi particolari, lì c'è un reparto mobile e così ti ritrovi nella celere e sei stato pure accontentato. C'è cultura della violenza, a molti piace l'idea di picchiare. Il livello di cultura è medio basso anche tra gli ufficiali, tutti di destra. E si sentono discorsi che rasentano il limite dell'incostituzionalità, di sfiducia estrema nelle istituzioni democratiche. La violenza nasce da questo retroterra".

(Il Manifesto, 1 agosto 2001)

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