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         | I No Global Dibattito: quale futuro per il GSF?  "Marcos leader dei noglobal". La
        svolta del subcomandante
 L'annuncio dei dirigenti Attac: prima uscita il 31 gennaio2002 a Porto Alegre
 
 di Omero Ciai
 
 La data c'è già: 31 gennaio 2002. Lo scenario anche: Porto
 Alegre, la capitale del sud brasiliano dove si svolgerà il
 secondo vertice degli antiglobal. Il protagonista deve ancora
 sciogliere alcuni lacci ma, secondo Bernard Cassen e Ignacio
 Ramonet - rispettivamente direttore e direttore editoriale di
 Le Monde Diplomatique, ed animatori di Attac -, l'occasione
 è quella giusta per presentare il leader del movimento
 antiglobal finalmente senza fucile, né passamontagna. Che il
 futuro, tutto politico, del subcomandante della guerriglia del
 Chiapas sia ormai dietro l'angolo non è una novità. Lo stesso
 Marcos confessò a Gabriel Garcia Marquez, in una intervista
 pubblicata da Repubblica, che considerava conclusa
 l'esperienza guerrigliera nel Chiapas e si avviava - governo
 messicano permettendo - alla trasformazione del suo esercito,
 l'Ezln, in un movimento politico disarmato.
 Ma ora Attac conferma che il passaggio è vicino. «Presto -
 ha detto Bernard Cassen al quotidiano messicano El Milenio -
 Marcos sarà uno di noi, un militante di Attac e del movimento
 noglobal». L'organizzazione francese, nata nel 1998 per
 sostenere l'idea dell'economista Tobin, che propone di tassare
 le transazioni finanziare per destinare nuovi fondi ai servizi
 sociali, è una delle più autorevoli nella vasta galassia del
 movimento, ha sedi ormai in molti paesi e si propone di
 diventare «il cervello pensante» dei no global, il punto di
 riferimento dell'elaborazione teorica. Ovvio che apra le
 braccia a Marcos, profeta dei ragazzi di Seattle.
 Nella chiacchierata di Cassen con El Milenio ci sono tutte le
 conferme della trasformazione in corso. E anche l'invito
 ufficiale, quello già spedito dal sindaco di Porto Alegre, Tarso
 Genso, al subcomandante nella Selva Lacandona del
 Chiapas. Certo - spiega Cassen - se Marcos esce dalla
 foresta per recarsi al Forum sociale di Porto Alegre potrà
 farlo soltanto con tutti i rigori dell'ufficialità. Con un
 passaporto, una foto senza passamontagna, e il consenso del
 governo messicano. Dunque come membro di una
 organizzazione politica e non di un movimento armato.
 Insomma si lavora alla soluzione del problema. O meglio del
 «bivio» nel quale s'è cacciato, dopo le dichiarazioni di Città
 del Messico, il subcomandante. Da allora le cose sono
 cambiate ma non abbastanza. Non quanto «el sub» avrebbe
 desiderato per portare a termine il suo progetto: lasciare la
 selva del Chiapas e dedicarsi, non più da clandestino, alla
 battaglia antiglobalizzazione. Il parlamento messicano ha
 approvato la legge chiesta dagli zapatisti per garantire i diritti
 dei popoli indigeni. Il testo votato è una versione molto
 edulcorata rispetto a quello che era stato proposto. E non ha
 soddisfatto nessuno. Tanto che, a due mesi dall'approvazione,
 i deputati ancora litigano. Da allora Marcos non parla. Un
 silenzio che dura da mesi e che, per i conoscitori del
 movimento zapatista, è un segnale preciso. Sarebbe in corso
 una consultazione, lunga e faticosa, per decidere il da farsi.
 Fanno sempre così, scompaiono per mesi, prima di tornare
 alla luce del sole con una nuova idea.
 A Milenio Cassen ha chiarito che la promessa fatta da
 Marcos agli esponenti di Attac era precisa e convinta. Ma se
 è evidente la forza dell'impatto mediatico di una discesa in
 campo del subcomandante da libero cittadino, non si possono
 nascondere neppure le difficoltà che questa soluzione solleva.
 Quelli di Attac spiegano che «Marcos ha sempre pensato alle
 sue iniziative con una proiezione mondiale, ma gli indios no. E
 Attac è una organizzazione nella quale molti indios forse la
 maggioranza non si sentono rappresentati». Inoltre risulta che
 i settori più radicali del movimento zapatista non condividono
 l'aspirazione di Marcos e questo sarà un altro problema da
 risolvere.
 Senza dubbio però per il «sub» è arrivato il momento delle
 scelte. Qualcuno giustamente ha scritto che nel 1994, quando
 scelse la data di nascita del Nafta, l'accordo di
 liberalizzazione economica fra Messico, Canada e Stati Uniti,
 per lanciare la guerriglia, Marcos iniziò la costruzione di un
 tunnel che sbucò quattro anni dopo a Seattle, teatro delle
 prime gesta del movimento noglobal. Ora, per quanto
 "messicano e nazionalista", «el sub» non può lasciarsi sfuggire
 l'occasione di guidare, o perlomeno, di contribuire al futuro
 del movimento abbandonando la «specificità indigena» al
 fianco della quale ha finora combattuto. Il suo pensiero
 sull'argomento è noto. Attac gli sta offrendo la via d'uscita.
 Tocca a lui approfittarne.
 (la Repubblica, 20 agosto 2001)
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